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Autore: Dearly Beloved    18/08/2017    3 recensioni
Tre anni dopo la sconfitta di Papillon, Parigi è tornata alla sua routine e sembra ormai aver dimenticato i suoi paladini, per i quali, però, il finale di questa storia di amicizia, coraggio e amore, non è stato per nulla lieto.
Ma è nel momento esatto in cui un gatto nero, stanco di combattere, decide di gettare la spugna, che l'amore che ha sostenuto le gesta dei due eroi dal principio della loro storia gli garantirà la forza necessaria per ritrovare la sua coccinella.
Genere: Avventura, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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When the night has come
And the land is dark…




Gli bastava tenere gli occhi chiusi per un solo secondo, ed ecco lì scorci di giorni sereni susseguirsi rapidi nella sua mente, ricordi della quiete apparente che covava in sé le premesse di una delle lotte per il bene più folli della storia dell’umanità. La paura di perdere tutto, l’emozione di mettere alla prova se stessi, l’ansia di vincere.
Adesso aveva in mano solo rimpianto e nostalgia.
Una volta rientrati in casa in religioso silenzio, Plagg si era accasciato sul cuscino di Adrien e aveva chiuso gli occhietti. Anche in quel leggero dormiveglia, il suo muso conservava un’espressione addolorata.
Il ragazzo, uscendo dal bagno, pronto per la notte, si soffermò a guardarlo. Il giorno dopo sarebbe stato di nuovo completamente da solo, proprio come lo era stato prima che quell’avventura iniziasse. Certo, molte cose erano cambiate per il meglio, ma altrettante erano state perdute, e la presenza di Plagg era l’unica davvero in grado di risollevare il suo spirito. Del resto, avevano condiviso tutto.
Quindi ora doveva concentrarsi per imprimere nella memoria anche quegli ultimi dolorosi istanti, e il sottile e irregolare respiro del suo kwami nella stanza a colmare un silenzio che altrimenti avrebbe potuto schiacciarlo.
Ne era valsa la pena. Anche se non era stato “per sempre”, come si era trovato più volte a immaginare.
“E adesso dove dormo io?” si chiese abbozzando un sorriso e rivolgendo un’occhiata tenerissima al suo amico.
Beh, del resto poteva anche non dormire affatto e attendere l’alba. In un momento come quello, dormire sembrava quasi uno spreco.

«Che importa se è tardi! Se mi addormento adesso mi perdo la parte migliore, no?»

Adrien sorrise, stendendosi sul divano e socchiudendo le palpebre.

«Che simpatica che sei, principessa», protestò Chat Noir seduto alla scrivania della ragazza con un enorme vassoio di formaggi stagionati di fronte. Lei, al suo fianco, riusciva a malapena a tenere gli occhi aperti.
«Cosa fai micetto, mi soffi contro? Non è colpa mia se scommetti in modo imprudente e poi perdi.»
«Sono le tre del mattino, io non ho neppure fame, e non vedo poi perché dovevi metterci proprio il Camembert…!», protestò estenuato.
«Salvi Parigi ogni giorno ma non riesci a esaudire una richiesta così semplice da parte di una umile cittadina? E poi fai sempre puzza di Camembert, tanto che all’inizio pensavo ti piacesse…»
«Questo non è assolutamente vero!» sgranò gli occhi allarmato.
«Oh sì che lo è! Una super-puzza!» annuì lei incrociando le braccia al petto e sbadigliando a bocca aperta. «E comunque non puoi sottrarti alla tua penitenza: hai perso la scommessa.»
«Non del tutto…» brontolò appena il gatto nero, «Non avevamo neppure fissato una scadenza!»
«Sì che l’avevamo fissata, sei tu che non stai attento.»
«Sono certo di no, e poi… stava per cedere, lo giuro!»
«Niente scuse», Marinette ridacchiò e prese con uno stuzzicadenti uno dei cubetti di formaggio per poi portarlo in prossimità della sua bocca. «Fai “aaaah”.»
Una volta a pochi centimetri dal pezzo di formaggio il ragazzo gli si scagliò addosso con voracità. Marinette lo guardò sconcertata per un paio di secondi, per poi scoppiare a ridere di cuore.
«Per essere il primo sulla lista dei formaggi che odi, sembra ti piaccia molto. Guarda come ti lecchi i baffi, micetto!»
Chat Noir sospirò e si arrese alle carezze che Marinette gli stava posando sul capo come premio, con espressione beffarda. Come spiegare a quella ragazzina che non era lui l’appassionato di Camembert, ma il suo kwami? Troppo complicato probabilmente.
Intanto, nonostante l’ora tarda e la stanchezza, la sua amica aveva tutta l’aria di starsi divertendo un mondo. In classe non rideva mai tanto sguaiatamente, e questo faceva della sua allegria scomposta di quel momento qualcosa di prezioso.
«Se mi avessi dato ancora un po’ di tempo», iniziò lui con tono scherzosamente offeso, «ti dico che mi avrebbe abbracciato. Sono un maestro nel creare l’atmosfera giusta!»
Marinette alzò gli occhi al soffitto, prese un altro cubetto di formaggio e fece di nuovo per imboccarlo. «Non per ferirti, Chat Noir, ma ho la vaga impressione che Ladybug non sia molto... intenzionata ad abbracciarti.»
Il ragazzo allontanò stizzito il pezzo di formaggio dal viso. Plagg doveva essere molto felice in quel momento, ma le narici di Adrien proprio odiavano quell’odore, e le sue papille gustative il sapore.
«Perché dovrebbe non esserlo? In fondo, modestamente, non mi reputo poco attraente.»
«Non si tratta di questo…» Marinette si fece seria, inspirando profondamente. «È che certi amori troppo complicati bisognerebbe lasciarli perdere e basta.»
Ma poi abbassò lo sguardo. Del resto, chi era lei per dargli consigli?
Il ragazzo notò quel mutamento d’umore e aggrottò le sopracciglia.
Si avvicinò all’amica di qualche centimetro e le strinse piano il braccio, come a volerla scuotere.
«…tutto può cambiare. Sempre. Ci credo fortemente.»
A quelle parole lei sorrise dolce, e lui sentì il cuore più leggero.
“Non te la cavi male a consolare le ragazze, eh”, pensò con una punta di soddisfazione.
«Amori complicati, poi…» sbuffò simulando irritazione.
Lasciò la presa sul suo braccio e le diede un lieve buffetto sul viso.
«Mi dirai un giorno per colpa di chi sei diventata così pessimista per le faccende di cuore, principessa?»
«Non sono pessimista, micetto. Sono scema proprio come te, solo… un po’ più stanca.» Marinette chiuse gli occhi e poggiò la testa sulla scrivania. L’altro le si avvicinò un po’ con la sedia e parlò con sicurezza: «Farò l’impossibile per te, vedrai. Farò innamorare di me Ladybug e ti dimostrerò che le cose belle possono accadere a chiunque, anche agli sfortunatissimi gatti neri. E allora capirai che non c’è motivo per cui non debbano accadere a te.»
Non poteva neppure immaginare quanto le sue parole mettessero in subbuglio i sentimenti di Marinette.
«O in alternativa posso andare a provocare qualche cataclisma nella vita del tuo amore complicato, se preferisci.»
Quella possibilità lo allettava molto. Si era scoperto piuttosto protettivo nei confronti di Marinette, e odiava il pensiero che qualcosa o qualcuno potesse ferirla.
«Non parlare più, ti prego» sussurrò lei con un filo di voce.
«Principessa…?»
Chat Noir era così buono, pensava in quel momento. Perché a lei il compito ingiusto di spezzargli il cuore? Perché non riusciva a smettere di struggersi per Adrien se avrebbe potuto trovare l’amore con la persona che le stava ora di fronte? Un buffo, maldestro e a volte fastidioso gattone dal cuore d’oro.
Per quanto ingiusto, non c’era nulla che potesse fare per cambiare le cose. Marinette aveva imparato a conoscere le leggi del cuore.
E anche in quel momento, decise di seguirle.
Alzò la testa, due pomodori per guance e gli occhi lucidi.
Chat Noir sbatté le palpebre un paio di volte, incapace di cogliere pienamente le intenzioni nello sguardo di lei.
La sua più cara amica era innegabilmente bella, ma quando gli rivolgeva quegli sguardi – o meglio, quando li rivolgeva a Chat Noir -, lo era persino più del solito.
Gli si avvicinò cauta, incerta… per poi fiondarsi sul suo petto e circondarlo con le braccia.
«Sei un bravo gatto, davvero.»
Chat Noir rimase rigido senza sapere cosa fare di preciso. Il corpo minuto di Marinette era caldo e il suo profumo delicato. Ogni fibra di lei gli stava mandando una quantità spropositata di affetto, poteva percepirlo da quella stretta, gli attraversava la pelle e arrivava dritto al cuore… Non ne riceveva tanto da quando sua madre era scomparsa. L’emozione gli rendeva difficile rispondere.
«È il sonno», mugugnò lei, senza staccarsi. «Mi rende docile. Non illuderti, eh.»
Quasi temendo di romperla, ricambiò piano l’abbraccio, e prese ad accarezzarle lentamente la schiena.
«Certo, principessa…», si ritrovò a sussurrare con uno strano sorriso stampato sulle labbra.
«Sì, sei proprio un maestro nel creare l’atmosfera giusta.»

«Ho vinto la scommessa, ma mi hai ugualmente fatto scontare la penitenza. Che ingiusta», mormorò tra sé e sé disteso sul divanetto di camera sua.
I giorni, le notti, trascorrevano tutti così, ripercorrendo con la memoria i momenti in cui poteva ancora stringerla tra le braccia.
«Hey, sei sveglio?»
«Plagg, credevo dormissi…»
Il kwami nero gli volò accanto.
«Stavo pensando a…»
«Lo so, parlavi da solo prima, come ogni volta che ci pensi.»
«Mi sa che nessuno di noi riuscirà a dormire stanotte. Hey, mi è venuta improvvisamente voglia di Camembert prima, lo sai?»
«Adrien, non abboffarti di Camembert a partire da domani solo per non sentire la mia mancanza, altrimenti diventerai un modello per taglie forti.»
«Che poi fa veramente puzza.»
«Allora non mangiarlo, è mio, tutto mio.»
«Ah, allora è quello il problema…» ridacchiò tirando fuori una scatoletta da sotto il divano. «Ultimo spuntino notturno, goditelo.»
Plagg fissò colpevole la scatoletta e la indicò con la coda.
«A proposito Adrien, quello… mi sa che l’avevo già trovato, quindi…»
Adrien strabuzzò gli occhi e la aprì frettolosamente, senza neppure curarsi di non strappare la bella confezione. Del Camembert là dentro non erano rimaste neppure le briciole.
«Plagg! Ma è possibile?!» alzò il tono della voce, sorpreso.
Poi ridacchiò. Come avrebbe fatto senza avere quell’ingordo tra i piedi, da lì in avanti?
Forse Plagg pensò lo stesso, perché prese a ridacchiare insieme a lui.
«Mi raccomando, signorino,» esordì allegro tentando di nascondere una punta di malinconia nella voce, «adesso non hai più bisogno di scappare di casa per andare a trovare i tuoi amici, quindi circondati di tante persone simpatiche.»
«…smetterò di tenere il muso lungo…»
«Tieniti stretto Nino, e nascondilo qui per tutto il tempo che servirà se Alya dovesse di nuovo cercarlo sventolando un rastrello o altri attrezzi da giardinaggio per le vie di Parigi.»
«Quando lui smetterà di chiamare “fratello” suo padre e “sorella” sua madre.»
«Non litigare con Gabriel se riaffiorano certi discorsi, mangia tanti croissant dei Dupain-Cheng e non dimagrire troppo. E ti prego, molla quella tremenda Scuola della Moda o come si chiama perché si vede da cento chilometri che non hai un briciolo di talento.»
Adrien scoppiò a ridere di cuore. «Finalmente una cosa su cui ti trovi d’accordo con mio padre!»
«No, lui pensa che la tua creatività faccia fatica a esprimersi nel campo della moda, io penso che tu sia stupido.»
«Ti voglio davvero bene.»
«E per quanto riguarda quello…» Plagg abbassò il tono di voce, indicando con la coda l’orecchino rosso sulla mensola. «Non lo buttare via. Tienilo con cura. E non scarabocchiarci più di sopra, perché se un giorno la proprietaria dovesse tornare potrebbe averne bisogno, e poi è sempre un manufatto antico…»
Adrien assottigliò lo sguardo.
«Scarabocchiare? Perché ci dovrei scarabocchiare?»
Plagg lo guardò in silenzio come se fosse ovvio. Ma non lo era, non per Adrien.
«Non ho scarabocchiato nulla…»
Plagg continuò ignorandolo: «Ammetto anche io che è piuttosto anonimo senza i suoi pois, però allo stesso tempo tenerlo intatto mi sembra la maniera migliore per-»
Bi-bip.
«Plagg?»
«Eh?»
Adrien aveva gli occhi verdi spalancati, quasi fossero pronti a schizzargli fuori dalle orbite.
«Ma che faccia hai?» chiese perplesso Plagg.
«Non hai sentito…?»
«Sentito cosa?» il kwami iniziò a sentirsi agitato sotto la pressione dello sguardo dell’amico. «Secondo me il poco sonno e il troppo stress prolungato a tratti ti rendono un po’…-»
Bi-Bip.
«…aaaaAAAAAHHH!!! »
Scattò dietro il collo del ragazzo, terrorizzato.
Conoscevano entrambi bene quel suono. Era quello di un Miraculous a pochi minuti dalla detrasformazione.
«Hai detto…», ruppe il silenzio Adrien con un filo di voce, fissando la mensola immersa nell’ombra, «…che sono spuntati dei pois?»
«Pensavo li avessi disegnati tu per fare… una cosa carina…» Plagg si affacciò a guardare nella stessa direzione dell’amico spostando il suo padiglione auricolare.
Bi-bip.
I due sobbalzarono contemporaneamente.
«Che diamine, avvicinati, no?!» gli gridò quasi il più piccolo dentro l’orecchio.
«Calmo! Stai calmo!» urlò in risposta, nervoso. «Ora lo faccio…»
Premette cautamente l’interruttore della luce per poi avvicinarsi sospettoso alla mensola, a passo felpato, quasi come se quella potesse esplodere da un momento all’altro. Allungò incerto un braccio e con un movimento rapidissimo prese l’orecchino. Lo tenne in mano giusto il tempo di notare tutti e cinque i pois accesi, ma poi fu costretto a gettarlo sul letto massaggiandosi il palmo, con una smorfia irritata.
«Scotta maledettamente.»
Il ragazzo non capiva. Era confuso e il cuore gli batteva all’impazzata; negli ultimi tre anni quell’oggetto non aveva mai dato un cenno di vita.
Plagg si accasciò incredulo sulla sua spalla. Entrambi si ritrovarono a fissare in silenzio quel pallino rosso e nero sul copriletto, trattenendo quasi il respiro.
Si trattava di un buon segno, oppure li avrebbe privati di ogni speranza residua?
«Stanotte non riusciremo davvero a dormire.»
«E all’alba andremo dal Custode come avevamo programmato» ricordò Plagg in un sussurro.
Nello sguardo di Adrien brillò una strana luce. «No, non proprio.»
«Che intend-»
«Plagg. Trasformami.»

In quel momento esatto scoccò la mezzanotte. Chat Noir pensò che di qualsiasi segnale si trattasse, era arrivato entro il termine di scadenza, e tanto bastava. Si lanciò fuori dalla finestra di villa Agreste, nel buio.
Sentiva il sangue pulsargli nelle tempie.
Non poteva essere un’illusione, non poteva trattarsi di una strana coincidenza, e in particolar modo, non in un giorno come quello.
«Buon compleanno, Marinette. »















Note dell’autrice svitata:
Mi dispiace avervi fatto aspettare tanto per questo, ma in fin dei conti nei miei ritagli di tempo ce l’ho messa proprio tutta per sfornare un nuovo capitolo. Somiglia molto a quello di prima, siamo sempre in un momento di attesa – che noia -. C’è giusto qualcosina in più e magari si iniziano a scorgere vagamente le mie intenzioni future. Forse è anche un po’ più dinamico dello scorso, o almeno, è quello che mi auguro. I personaggi stanno iniziando a muoversi, grazie al cielo.
Ringrazio di cuore le persone che hanno inserito la storia tra le seguite, tra le ricordate e tra le preferite, e ancor di più chi ha speso cinque minuti del suo tempo per lasciarmi un commentino. Non mi stancherò mai di ripetere quanto i vostri pareri siano preziosi per me, e con quale ansia li attendo (anche le critiche, ovviamente, perché fanno crescere e io ho molta voglia di crescere, altrimenti non pubblicherei qui).
Grazie anche a chi è passato da queste parti solo di sfuggita. Aggiornerò prima possibile!

Sempre grata,
Dearly B.

   
 
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