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Autore: bulmasanzo    19/08/2017    3 recensioni
Alfred ha accantonato il suo sogno di diventare un musicista per aprire un negozio di ciambelle, ma fatica ancora a definirsi un fallito. Le cose si fanno particolarmente bizzarre quando crede di concludere un affare per l'ottenimento di un ingrediente segreto per rendere le sue ciambelle più dolci, che però causa un effetto completamente inaspettato.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1


Alfred si era svegliato presto quella mattina, come tutte le mattine, perché la ciambelleria non si apriva mica da sola.

Le ciambelle non si preparano mica da sole, i soldi non li trovi mica sotto al tappeto, il pane quotidiano non te lo danno mica gratis.
Al aveva un sogno non poco ambizioso, voleva creare una ciambella che fosse nominata da tutti la migliore. Dolcissima, ma non così tanto da risultare sconcertante.

Voleva che chiunque la assaggiasse dicesse che si trattava della cosa più deliziosa che avesse mai mangiato. Che ne chiedesse ancora. Che ne parlasse con gli amici, che li portasse nel suo negozio.
Perché, al diavolo gli interminabili studi di marketing all'università, il passaparola è la forma migliore di pubblicità. Al questo lo sapeva, e Al si definiva una persona intelligente.
L'unico problema di Al era che non credeva abbastanza nei propri sogni. Forse era stato per questo che aveva smesso di suonare.
Aveva preso lezioni di fisarmonica fin dal giorno prima del suo settimo compleanno.
La mamma, vedendosi di fronte quel venditore ambulante che offriva lezioni di chitarra o fisarmonica a domicilio, doveva aver pensato, ehi, visto che a nostro figlio piace la musica, perché non lo facciamo diventare un magnete per le ragazze?
E così la scelta era stata ovvia.
Ci aveva creduto e, nonostante la bizzarria dello strumento, era diventato il dj della scuola.
E invece di incontrare le ragazze che gli aveva auspicato di trovare la mamma, aveva incontrato Steve, che era diventato in poco tempo il suo migliore amico. Steve, con il suo inseparabile basso.
Avevano condiviso passioni e immaginato una vita di successi e avevano scritto le loro prime canzoni.

I testi erano parecchio demenziali, ma la musica era di qualità e questo nessuno lo poteva negare.
Poi avevano litigato, non sapevano neppure per quale stupido motivo.

Qualcuno si era messo in mezzo e aveva distrutto la loro amicizia.

E le loro strade si erano divise.
Steve, con i suoi pantaloni tagliati a metà, le sopracciglia depilate, il cerchietto con le orecchie da coniglietta di playboy, le braccia infilate per metà nella cioccolata, come la moda imponeva a quei tempi, si era guardato nello specchio e aveva capito quanto sembrava ridicolo.
Aveva così ricominciato a studiare e aveva cercato di ottenere quella laurea che il suo vecchio amico Al aveva già preso anni prima.

Ma non ci era riuscito, era tornato sui suoi passi.
Ma a quel punto, Al aveva già scoperto una nuova passione e aveva aperto il suo negozio.
Rifiutare la sua proposta di riprendere a suonare era stata la decisione più difficile della sua vita.
Ma cercava di massimizzare la soddisfazione, mischiando le sostanze più dolci che trovava, nell'intento irrealistico di creare la ciambella più buona del mondo.
Okay, non ci sarebbe mai riuscito veramente, lo sapeva, non era così ingenuo da non riconoscerlo. Ma ci si sarebbe avvicinato.
La vita non va forse avanti per tentativi?

Se ogni giorno fai una piccola cosa migliore di ieri, tra dieci giorni avrai ottenuto un risultato nettamente migliore di ciò che avevi all'inizio.
Il suo approccio alla vita era, o per meglio dire tentava di essere, ottimista.
No, non voleva commettere lo stesso errore, questa volta non avrebbe mollato.
Ding.
Qualcuno era entrato nel suo negozio.

La prima cosa che saltava all'occhio di questo tipo era la sua incredibile bassezza.
Una volta che lo avevi finalmente scorto, laggiù sul pavimento, ti accorgevi del suo prominente naso a punta. Un naso lungo e incurvato all'ingiú, che ricordava vagamente il becco di un tucano.
E poi vedevi le sue orecchie. Grandi e molto sporgenti, con dei lobi allungati e pendenti come quelli di un bonzo.
Una cascata di capelli lunghi, lisci e biancastri gli spioveva sugli occhi che, nessuno avrebbe potuto immaginarlo, presentavano due improbabili iridi rosse con tante pagliuzze gialle intorno alla pupilla, come delle saette.

Il mento era celato da una barba piuttosto incolta, anch'essa bianca.
Per completare l'effetto da gnomo da giardino che il suo aspetto ispirava, questo bizzarro individuo indossava una casacchina viola che gli arrivava a coprire i piedi, e in testa portava un minuscolo cappellino marrone, ma non era teso a punta, per fortuna, era piegato.
Al non aveva mai visto un personaggio talmente brutto, ma visto che non è carino insultare la gente per il modo in cui si presenta, la sua mente sostituì istantaneamente la parola 'brutto' con 'singolare'.
La sua voce, quando gli chiese di dargli "la ciambella più dolce che avesse nel negozio", era talmente potente che Al stentò a credere che provenisse proprio da quel tappo di persona...

Ma fu professionale al massimo, non lasciò trapelare i propri pensieri e servì con celerità ciò che gli era stato ordinato.
Il tizio prese il prodotto con due dita e diede un morso in silenzio.
I suoi capelli vennero scostati dagli occhi, e Al venne trapassato da uno sguardo che esprimeva un enorme disappunto.
"Tutto qui ciò che hai da offrire, ragazzo?" fece il piccoletto "È questo il meglio che sai fare?"
"Mi dispiace" balbettò Al "Sto ancora cercando la giusta ricetta"
Si sentì a disagio, il suo cliente non era soddisfatto.

Era ancora parecchio lontano dal raggiungimento del suo obiettivo.
L'ometto si guardò intorno. Non c'erano altri clienti, era stata una giornata piuttosto tranquilla, fino a quel momento.
"Non mi stupisce che questo negozio sia vuoto, se il livello di qualità che offri è questo" disse.
Al si sentì offeso. Ma allo stesso tempo sapeva che quelle parole erano vere, quindi non si arrabbiò.
"Non desidereresti cambiare le cose?" continuò in un tono che voleva probabilmente suonare accattivante.
"Sicuro che lo vorrei" disse Al, era come sovrappensiero, forse doveva provare a mettere più zucchero direttamente nell'impasto, ma aveva paura che la spolverata di zucchero a velo che dava alla fine rovinasse gli equilibri.
"Mi sembri un tipo simpatico, Alfred, vorrei proporti un affare"
Al si irrigidì. Non ricordava di avergli mai detto il proprio nome. Ma doveva concentrarsi su questo dettaglio o sull'affare di cui stava cianciando?
"Io possiedo una sostanza che potrebbe rendere le tue ciambelle irresistibili" dichiarò.
Dritto al sodo.
Ma Al non era uno sprovveduto, non si sarebbe fatto imbrogliare tanto facilmente.
"So che probabilmente non ti fidi" continuò il tipo "Quindi, naturalmente, prima di vendertela te la lascerò provare"
Avanzò sotto al suo naso un sacchettino. Svolse con una certa impazienza nelle dita il cordino che lo chiudeva. Ne venne fuori una bottiglietta che dalla forma ricordava quelle della salsa Tabasco, quindi con il collo lungo. Fu a questo che Al pensò subito, ma sperava che fosse dolce e non piccante.
L'omino svitò il tappo e versò una unica goccia del contenuto in un cucchiaino. Era un liquido dal colore violaceo.
"Assaggiala e poi mi saprai dire" lo esortò.
Al non aveva certo intenzione di assaggiare una strana sostanza datagli da uno strano sconosciuto...

Perciò, non riuscì proprio a spiegarsi come si convinse a prendere il cucchiaio e a metterselo in bocca.
Non se ne pentí, perché le sue papille gustative iniziarono subito a ballare la tarantella.
Era un sapore indescrivibile, infatti neppure ve lo so descrivere, ma la cosa importante è che Al capí che si trattava dell'ingrediente mancante che aveva tanto cercato negli ultimi mesi.

Quello era ciò che gli serviva e niente sarebbe potuto supplire alla sua mancanza.
"Quanto vuole?" disse. C'era una festa nella sua bocca, i peli del naso si intrecciavano tra di loro e le sue iridi marroni vorticavano attorno alla pupilla.
L'omino sogghignò e disse una cifra così alta che Al sentí il sangue defluire dalla sua faccia, lasciandogliela completamente bianca e fredda.
"Non svenire. Questo è il prezzo che chiederei normalmente se volessi vendere la mia creazione a qualche grossa industria dolciaria che possa effettivamente permettersela... Ma siccome tu sei una persona povera e io sono di buon cuore, sono disposto a darti la sostanza in offerta."
Al fece una smorfia "Ne dubito" biascicò.
"Non scherzo. L'unica cosa che ti chiedo in cambio è di firmare un contratto"
"Che genere di contratto?" fece Al interessato.
"Un contratto standard di esclusiva. Se lo firmi, sarai l'unico ad avere la sostanza. Ma devi impegnarti a mantenere il segreto, non voglio assolutamente che tu dica a qualcuno della sua esistenza!"
Al ci pensò per meno di mezzo secondo, se quella era l'unica clausola, la cosa si poteva fare benissimo. Neppure lui aveva intenzione di diffondere quella notizia e rischiare che qualcuno gli copiasse la ricetta.
"C'è un'altra cosa" aggiunse l'omino.
Al sospirò. Gli pareva troppo facile...
"Il contratto deve essere firmato con il sangue, se no non funziona"
Automaticamente, la mano di Al si allungò verso quella dello sconosciuto.

L'intenzione era quella di stringergliela. Ma quello gliela afferrò invece.

E prima che potesse cambiare idea, fece spuntare un ago.

Il dito indice venne subito punto e poggiato sulla superficie di un foglio di carta. Il contratto.
Al tracciò il proprio nome con un po' di impaccio, non gli era mai capitato prima di dover usare il proprio sangue al posto dell'inchiostro.
"Alfred M."- qui si fermò
"Nome completo, per favore" precisò lo gnomo.
Al continuò, riprese il punto, continuando "...atthews" scrisse.
Dopo aver scritto anche il proprio cognome, si sentì un po' indebolito.
Ma l'omino era sparito senza salutare.

Di lui restò solo il sacchetto, che come Al costatò, conteneva diverse bottigliette.
Al restò imbambolato a chiedersi se ciò che aveva appena vissuto fosse stato la realtà o soltanto un sogno a occhi aperti.

Ma le bottigliette erano lì, concrete. Sembravano chiedergli soltanto di essere utilizzate.

Non si accorse di essere rimasto impalato a fissare il punto in cui il bizzarro individuo era sparito, con una espressione mezza sconvolta sulla faccia.
La persona che entrò successivamente fu Jon, un cliente abituale.
Questi gli sventolò la mano di fronte agli occhi per qualche secondo, prima che lui lo notasse.
"Ehi, Al! Sei su questa terra?" fece, divertito dalla sua faccia da completo ebete.
"Non so" si riscosse Al "Può essere di no"
"Posso ordinarti una cinquantina di ciambelle ai gusti assortiti per domani?" chiese Jon "Mia moglie fa il compleanno e sto dando una festicciola"
"Certo" acconsentí Al, con aria assente.

Era ancora frastornato, ma poi realizzò cosa gli era stato chiesto e non ci poteva credere, era la perfetta occasione per collaudare il nuovo ingrediente.
"Va bene, allora passerò alle tredici domani, fammi i soliti... Cioccolato, marmellata, con la glassa e con i confettini, 'ste cose qua, ché a mia moglie piacciono"
"Certo" ripeté Al "Nessun problema"
"Vuoi un acconto?" continuò Jon.
"No, tranquillo, saldi tutto domani quando le vieni a prendere"
"Ma guarda che cinquanta sono tante!"
"Le devo preparare comunque" Al si avvicinò al suo cliente e lo condusse gentilmente alla porta "Adesso scusa, devo chiudere la ciambelleria"

"Ma come, adesso? Non è presto?" si stupí Jon.
"È il momento migliore" si accorse che fremeva per l'eccitazione, quelle bottigliette sul bancone erano irresistibili. Doveva assolutamente provarle.
"Sei sicuro di stare bene, Al?" adesso la voce di Jon suonava allarmata.
"Sto benissimo" cercò di tagliare corto.
"Come mai la tua mano sanguina?"
Al si era dimenticato. Guardò la mano destra, dalla punta del dito indice scorreva un lungo rivolo di sangue che gli era sceso lungo tutto il polso e aveva raggiunto la manica della camicia, imbrattandola.
Ne fu disturbato, non si era davvero aspettato di aver perso tutto quel sangue.
"Non è nulla" disse.
"Sei sicuro?" si premurò Jon.
"Ci vediamo domani" lo spinse letteralmente fuori e chiuse la porta a chiave, poi girò il cartellino appeso lì per indicare che da quel momento il negozio sarebbe stato chiuso.
Prese quindi un po' di carta e ci avvolse direttamente tutta la mano, bloccando l'emorragia. Si sbottonò i polsini e arrotolò le maniche.
Le bottigliette sembravano brillare. Non poteva più resistere al loro richiamo.
Sul retro del negozio c'era ovviamente il suo laboratorio, in cui si dedicava alla preparazione dei dolci.
Al raccolse i suoi lunghi capelli dentro la cuffia da lavoro, indossò il grembiule, si lavò le mani, le asciugò con cura, si applicò uno di quei cerotti blu sul dito... e poi cominciò subito a preparare l'impasto.

Voleva vedere se una goccia sarebbe stata abbastanza o se ce ne sarebbero volute due. La sostanza era abbastanza potente, non voleva esagerare.
Jon era fortunato, sarebbe stato il primo a provare la nuova ricetta. Ma prima, naturalmente, Al doveva testarla su se stesso.
Quando le ciambelle furono pronte, Al ne prese un morso.
Nella sua bocca esplose, per la seconda volta, un piacere impossibile da descrivere. Gli sembrò che i colori intorno a lui si facessero più intensi, più belli, più vividi.
Prima che se ne accorgesse aveva mangiato quasi tutta la ciambella.

Non la finì perché si si sentí girare la testa. Si portò istintivamente una mano alla fronte.
Così vide qualcosa di inaspettato.
La sua mano era grande il doppio del normale.
Sussultò e controllò anche l'altra. Anche quella era più grande.

Stavano crescendo, di secondo in secondo.
I muscoli delle braccia si iniziarono a ingrossare sotto ai suoi occhi.

La stessa cosa accadde ai suoi piedi e alle gambe.

Le scarpe si sfondarono, i pantaloni si strapparono, il tessuto della camicia si tese, il petto venne tutto in fuori e i bottoni si staccarono e vennero sparati in giro.

Il ventre in particolare diventò enorme, sembrava che qualcuno stesse gonfiando il suo corpo come un palloncino. La cintura si ruppe.

Adesso l'unica cosa che stava su era il grembiule, rimasto attaccato sul davanti perché ce l'aveva appeso al collo, ma tutti gli altri vestiti erano ridotti a brandelli.
"Che cavolo succede?!" urlò.

Si tastò il viso, sentí un doppio, un triplo mento, delle guance enormi, deformate da strati di grasso.
Era diventato obeso.
"Mi ha imbrogliato!" esclamò incredulo "Quel tizio bizzarro mi ha dato una sostanza fasulla"
Eppure il sapore era quello, inconfondibile. Cosa era successo?
Si sentì uno stupido, come aveva potuto crederci davvero?

Nessuno avrebbe mai comprato delle ciambelle che ti fanno gonfiare, come la bambina della Fabbrica di cioccolato che si trasforma in un mirtillo gigante...
Era un po' arrabbiato, quindi diede un calcio alla prima cosa che si vide di fronte.
Era il lampadario.
Al strabuzzò gli occhi.
"Che cosa ci fa il lampadario a terra?" si chiese.
Qualcosa non tornava, l'oggetto era attaccato al soffitto, come era giusto che fosse.
Era lui a trovarsi al suo livello.
Sotto i suoi piedi non c'era nient'altro che aria.
Al si rese conto di stare levitando.
"Forse sono soltanto ripieno d'aria, dopotutto" mormorò, sgomento.
Era un ciccione volante. La cosa era talmente ridicola da risultare, in effetti, interessante.
Si mise a fare dei giri di prova, mettendosi a svolazzare in tondo dentro alla stanza.
La sensazione era bellissima, aveva un corpo così pesante, eppure si sentiva una piuma.
Si diresse verso il pavimento. Gli sembrava di conoscere il modo di fare quelle planate da una vita, gli veniva tutto così stranamente familiare.
Aprí la porta e si fiondò di nuovo nella parte frontale del negozio.
Adesso gli si presentava un dilemma. Tutti gli uomini volevano volare, ma a pochissime persone piaceva essere grasse.
Non sapeva cosa fare, ma non ebbe modo di pensarci troppo perché, per qualche motivo, aveva perso la concentrazione e si andò a schiantare contro la dispensa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Questa storia è vagamente ispirata alla serie di Fatman, ma la trama è originale creata da me.
Spero che il primo capitolo vi sia piaciuto e di ricevere qualche recensione.

Tanti saluti e a presto!

  
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