Fumetti/Cartoni americani > A tutto reality/Total Drama
Segui la storia  |       
Autore: Elsa Maria    20/08/2017    2 recensioni
Dopo 8 anni Heather si è fatta una nuova vita. L’orgogliosa calcolatrice, l’egoista ape regina, è cresciuta, lasciandosi alle spalle macigni del passato, tra i quali: le parrucche, l’intolleranza per il genere umano e il rapporto con un certo latino.
Non tutto è male quel che finisce male… Ma è davvero finito?
Cosa vuoi Heather Wilson?
Scappare.
---
[One-shot divisa in 2 capitoli] [AejandroxHeather] [sidestory: DuncanxCourtney SierraxCody]
Buona lettura!!
Genere: Comico, Erotico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alejandro, Courtney, Duncan, Heather, Sierra | Coppie: Alejandro/Heather, Cody/Sierra, Duncan/Courtney, Trent/Gwen
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 2




Non scherziamo.- digrignò i denti tanto forte che sentì quello finto vacillare. Alejandro era dall'altra parte del marciapiede, la guardava con il suo solito sorrisetto beffardo, in una posizione da campione, sembrava prenderla in giro: “Alla fine ti ho incontrato e non potrai investirmi.”
Lo odiava.
Dopo tutto quello che era successo la aspettava con quell'espressione in volto? E, che non lo nascondesse, lui la stava aspettando, non poteva essere lì per caso, solo uno sciocco ci avrebbe creduto.
Esitò più del dovuto, non battendo ciglio, non muovendo nessun muscolo, fatta eccezione per il cervello che stava producendo così tanta energia negativa che era in grado di trasmettergliela, a discapito della distanza. Non vide neanche lui muoversi, si osservavano, attendendo che fosse l'altro ad aprire le danze; ma a scuoterli fu un'inaspettata voce fuori campo.
“Ma dai, non ci credo.” Una voce sgraziata e fastidiosa con cui non voleva avere a che fare in quel momento. “Vi prego, ditemi che vi siete beccati per caso.”
“Sta zitto, Duncan!”
“Uh, che tensione, ricominciamo con i coretti?” Ridacchiò, raggiungendo la parte di Heather.
“Questa è opera tua.” Gli ringhiò contro additandolo contro il petto.
“Non fraintendiamo, ho di meglio da fare.”
“E cosa? Rubare?” Delle parole che le furono prese di bocca da una voce dall'accento latino che si era fatta più vicina. “Non ci si vedeva da tempo.” Aggiunse dando la mano all'amico.
“Ma sappiamo che tornano sempre.” Così aveva commentato Duncan, dandosi uno spalla contro spalla con l'altro.
“Cosa mi sarei persa?” Una nuova presenza si aggiunse al trio, un elemento essenziale per completare il quartetto.
Donna, guarda chi ho incontrato per caso?” Ma lo distaccò, guardandolo in cagnesco.
“Duncan, quante volte ti ho detto di non chiamarmi così.” Sospirò, le liste non erano mai abbastanza. “Comunque mi sono persa qualcosa?” E questa volta l'occhiata la condivisero Heather e Alejandro, uno concentrato su di lei, l'altra, imbronciata, con lo sguardo rivolto da altre parti.
“Un'amichevole rimpatriata, che ne dite di una bella uscita a quattro, eh?” No, non era una proposta stile Duncan, ma farsi sfuggire un quadretto come quello? Un'uscita a quattro era d'obbligo.
“Io avrei un impegno.” Affermò Heather, volendo riprendere il pieno controllo della situazione.
“Vederti Sharknado?” Duncan la prese nuovamente in contropiede, facendola rabbuiare come un cane a cui era stata levata la crocchetta, anche se per Heather si trattava di un'ancora di salvezza. Courtney persino voleva aiutarla, dato che voleva evitare qualunque tipo di contatto fra i due, ma fu Alejandro ad anticiparla, lasciandola stupita dall'affermazione che stava per fare.
“Non è una pessima idea, conoscete un buon ristorante?” Ormai era ora di cena, andare a chiudersi in un ristorante era l'opzione migliore, anche per poter fuggire dalla finestra del bagno se la situazione fosse stata insopportabile. Trovarono posto ad un locale stile America anni 50, Courtney fece riferimento a un qualche musical, Grease forse, ma non l'aveva ascoltata, aveva staccato la spina, non sapeva dove guardare, Alejandro prendeva davvero troppo campo visivo, colpa di quelle spalle ampie e... basta.
Cervello smettila ora.-
“Heather?” Courtney la richiamò alla realtà invitandola accanto a lei con Duncan e Alejandro che sedevano di fronte. A prendere il menù per primo fu quest'ultimo, lesse attentamente frase per frase, quasi a dover analizzare il senso delle parole e non scegliere da mangiare. Heather fece lo stesso, capendo perché quelle parole fossero degli interessanti soggetti di studio: l'atmosfera stava peggiorando di secondo in secondo.
“Io ho scelto.” Annunciò Courtney dopo 5 minuti di totale gelo
“Anche io.” La seguì Duncan. Lei alzò la mano per chiamare una cameriera dato che gli altri due avevano annuito, concordi.
Tutti ripeterono le loro ordinazioni, l'avvocatessa andò sul leggero con un solo hamburger, Heather la seguì, aggiungendo però un frappé alla sua ordinazione, l'elemento di disturbo (alias il punk) esagerò come suo solito, neanche dovesse battere Owen ad una sfida mangereccia, mentre Alejandro, sfoderando tutta la sua galanteria e il sorriso ammaliatore, ordinò un insalata cesar, leggera, perché, come ricordava diceva sempre: “il suo corpo era il suo tempio e tale doveva rimanere: puro ed intatto”.
La cameriera finì di segnare tutto sul palmare, arrossendo quando il bel latino le passò i menù.
Il lupo perde il pelo, ma non il vizio.- si disse fra sé e sé vedendo come Alejandro osservava soddisfatto lo sgambettare della ragazza, rivolgendo immediatamente dopo lo sguardo a lei: “non ho perso il mio tocco. questo forse intendeva la sua occhiata, ma aveva voltato troppo in fretta la testa per poterlo dire con certezza.
“Allora, cosa ci racconti?” Fu Courtney ad aprire le danze, sia perché non riusciva a sopportare quel silenzio sia per evitare che Duncan dicesse qualcosa di cretino.
“Nulla di particolare.” Intrecciò le dita, facendole aderire bene sui dorsi delle mani. “Ammetto che, seppur sono passati tanti anni, è stato tutto alquanto monotono, soprattutto se penso un po' alla mia famiglia. L'unica cosa che è veramente cambiata è la carriera, ma non sono l'unico a cui ha portato molto.” Uno sguardo eloquente rivolto alla ragazza vestita di tutto punto con tanto di ventiquattr'ore.
“Sono riuscita nel mio intento, mi sono laureata e ora ho un mio studio.” Disse fiera, alzando di qualche spanna il viso, accentuando il suo naso già all'insù. “Tu invece?”
“Diplomatico, come mio padre. È stato più duro studiare che entrare nell'ambiente lavorativo, devo ammettere.”
C'era una cosa che la stava particolarmente innervosendo: la tranquillità nel tono di Alejandro. Non era sotto pressione quanto lo era lei, non era infastidito, irritato, arrabbiato, non era nulla e questo la stava facendo impazzire. Significava forse che non avesse più presa su di lui? Che avesse perso il suo interesse? Non esisteva al mondo che qualcuno perdesse interesse per lei -anche dopo quel che era accaduto fra loro, lei rimaneva pur sempre lei.
“Mentre te, Heather?” Le provocò una scossa profonda sentirlo pronunciare il suo nome, non pensava l'avrebbe fatto, l'aveva colta alla sprovvista e non doveva mostrarsi impreparata.
“Io lavoro al bar con Gwen, quello dove mi stavi aspettando.” Precisò, volendo metterlo a disagio.
“Un posto davvero grazioso, fate degli ottimi cappuccini.” Ma non colse la provocazione, la evitò con eleganza, lasciandola senza poter ribattere.
“Sono la specialità di Gwen, io sono più portata per il caffè amaro.” Puntualizzò, tamburellando una volta le dita, rilanciando con uno sguardo di sfida. Non gli avrebbe dato tregua e gli avrebbe fatto nuovamente capire chi comandava. Un piano geniale.
“E a me nessuno chiede cosa faccio?” Si intromise Duncan, spezzando un silenzio di cui non si era accorta, e ora Alejandro sorrideva, nuovamente, come se in realtà quella sfida l'avesse vinta lui. Sbuffò, preferendo dar corda a Duncan che all'altro essere.
“È già tanto se sei fuori di galera.”
“Heather da parte tua ricevo sempre una parola dolce.”
“Dovere.”
In risposta a quel breve battibecco toccò a Courtney sbuffare, già stanca della situazione.
“Ma come mai stavi aspettando Courtney sotto il suo ufficio?”
“Ero passato a prenderla.” Un gesto quasi romantico, dato il soggetto che era, per nulla a misura del Duncan del reality -infatti lasciò tutti sbalorditi, la stessa diretta interessata.
“E perché diamine mi- l'hai portata qui?” E con qui non intendeva il posto, ma la situazione particolarmente spinosa.
“Non mi aspettavo che Alejandro arrivasse questa sera, non potevo farmi scappare l'opportunità di rivedere un vecchio amico e poi, ehi, più si è più ci si diverte.” Si era persa dove Duncan avesse imparato ad essere così falsamente accomodante a parole, aveva affinato le sue abilità di truffatore, non poteva che riconoscerglielo.
“Toglimi una curiosità.” La parola la riprese Alejandro, che ora si accarezzava il pizzetto con fare distratto. “Ma come siete tornati insieme?”
Courtney e Duncan si scambiarono un'occhiata e lui rise, lei invece abbassò lo sguardo, imbarazzata da ciò che avrebbe dovuto raccontare.
“In maniera molto veloce ci siamo rivisti durante il mio periodo di tirocinio.”
“Incontro casuale?” Alejandro lanciò un'occhiata eloquente ad Heather, portandola a fare una smorfia e ad intervenire.
“Era il suo primo cliente.”
“Ehi, non sono un tipo che sorprende.”
“Era difficile da difendere. Le prove erano un video e un testimone oculare... diciamo pure che era impossibile, soprattutto come primo caso di una tirocinante. Però, essendo io la migliore del mio corso, sono riuscita a dimostrare che il video non era chiaro, scoprendo anche che durante l'ora del furto della macchina il testimone era ubriaco, quindi non in grado di distinguere indistintamente il volto del ladro; per cui posso affermare di averlo salvato da un periodo un po' lungo di galera.” Concluse la sua arringa con volto fiero, facendo accigliare il criminale.
“Pft, non esageriamo ora.”
“E dopo?”
“E dopo, ognuno per la sua strada.” Disse Courtney, provocando un'espressione di stupore al latino. “Il vero poi è stata Heather in un certo senso... in effetti ancora stento a crederci che mi sia stata tanto utile.”
“Grazie tante.”
“Di certo io lo sono stata più a te.”
“Non ci provare, abbiamo saldato il debito, non riportare in mezzo quella storia.” Sbuffò, stringendo al petto le braccia.
“In pratica.” Riprese la narrazione Duncan. ”ero con la band ad esibirmi la sera in un locale, a questo punto è stato un caso, perché le due qui presenti sono arrivate per una serata fra amiche, con evidenti intenzioni poco caste, te lo assicuro.”
“Ora indossare dei vestiti eleganti sarebbe poco casto?”
“Se lo vuoi proprio definire elegante, Heather.” Lanciò ad Alejandro un'occhiata d'intesa: “chi vuole intendere intenda” e la fece innervosire -molto più di quanto già non lo fosse. “Fatto sta che io e il mio gruppo suoniamo, ovviamente questa meraviglia.” Indicò se stesso. “non può essere ignorata, quindi dopo non molto mi ritrovo il soggetto di fronte a te.” Indicò Heather. “che: senti, Duncan, invece di fare il coglione come tuo solito perché non offri da bere o che ne so... insomma Courtney è sola, per una volta metti in moto il cervello.”
“Non ho detto proprio questo!” Lo riprese Heather in contropiede, non volendo passare per un'analfabeta disfunzionale, bastava Lindsay per quel titolo.
“Il coglione l'hai detto.”
“È la tua faccia ad ispirarlo, non posso farci nulla.”
“Alla fine, dopo litigate e varie, che c'erano state anche durante il processo, ci siamo ritrovati di nuovo ed eccoci qui. Ora stiamo tentando qualcosa di simile al convivere, ma Duncan fa più il mantenuto che altro.” Courtney aveva concluso in breve il discorso per evitare degenerasse, non lasciandosi sfuggire però l'occasione di lanciare una frecciatina.
“Che posso dirti, mi piace vivere comodo, senza pressioni.” Si mise le mani intrecciate dietro la nuca in una posizione di completo relax. Ora poteva riconoscere il vecchio Duncan.
“Allora mi spieghi perché vivi con Courtney?” Heather si azzardò a fare una battuta che Alejandro si era tenuto per sé, in nome della pace e della calma di Courtney.
“Come prego?”
Ma a salvarla fu l'arrivo tempestivo della cameriera che lasciò sul tavolo le ordinazioni. Se ne andò guardando in modo eloquente, avrebbe addirittura osato dire lascivo, Alejandro. Lui non si trattenne dal ricambiare lo sguardo, facendo scivolare sotto il tavolo un bigliettino ripiegato che gli era stato passato con il piatto. Duncan sbirciò e tirò fuori un fischio dando un colpetto con il gomito al braccio dell'amico che, con sorriso compiaciuto, mise il biglietto nella tasca dei jeans.
“E il latino conquista ancora.” Annunciò, prendendo il suo panino e addentandolo. “A tal proposito, nessun qualcuna nella tua nuova vita?” Ammiccò, sperando in commenti piccanti.
Heather abbassò gli occhi sul suo piatto, il frappé le sarebbe finito di traverso, si accontentò di sgranocchiare nervosamente qualche patatina. Non voleva sentire certe storie.
“Oppure qualcuno?” O forse voleva.
Si voltarono tutti verso Courtney che aveva ben marcato l'accento sul genere del pronome. Il seducente diplomatico si passò platealmente una mano nei capelli, lasciandosi andare contro il divanetto.
“Non ci credo che gliel'hai raccontato.” Duncan rideva e quando rideva così a crepapelle Heather tentava sempre di essere ben lontana.
“Ho dovuto, sai quanto può essere pressante quando vuole sapere qualcosa.”
“Sapere cosa?” Avrebbe ignorato quel detto sulla curiosità che uccise il gatto: doveva sapere.
“Ormai, quanti? Cinque o quattro anni fa ho ospitato da me Alejandro, per un motivo o per un altro il nostro amico qui era un bel po' sconvolto e siamo finiti a bere entrambi... solo che uno dei due c'era andato giù pesante e quella volta non sono stato io.”
“Taglia corto.” Finalmente Alejandro si mostrò infastidito da qualcosa. “Gli ho chiesto se voleva...” non riusciva a dirlo.
“Se voleva fare sesso con lui.” Courtney invece fu persino troppo esplicita, un buon avvocato deve usare delle parole chiare e concise in ogni situazione. Duncan ormai non respirava più dal ridere.
“Nessuna ragazza avrebbe rifiutato, insomma Heather, lo sai bene, no? E chi ero io per rifiutare?”
“Fatto sta che alla fine mi sono addormentato prima ancora di ascoltare la sua risposta.”
“Si era avvicinato tutto felino e poi... boom, addormentato! Ci sono rimasto davvero male, sai?”
“Davvero contento che tu ci sia rimasto male.” Sorrise, felice che quella serata si era conclusa nei modi meno tragici.
Ad Heather non bastò sbattere più volte le palpebre per metabolizzare quella rivelazione; ma c'era un dettaglio che aveva veramente catturato la sua attenzione.
“E come mai eri tanto triste da finire persino per accontentarti di lui?”
“Una situazione di particolare sconforto e sconvolgimento.” E con quelle parole voleva dire molto più di quanto si potesse pensare. “Niente di particolare.”
“Dovresti capirlo.” Intervenne il punk, passando alle difese di Alejandro. “Non ti è andata meglio.” Si sentì un tonfo da sotto il tavolo e Duncan guaire ferito. “Ma che diamine ti prende.”
“Che ne dici di star zitto.” Courtney invece si era schierata dalla parte di Heather, che era rimasta per un momento scossa.
“Dubito possa essere peggio dopo quello che abbiamo raccontato.” Alejandro non avrebbe dovuto forzare, non poteva più permetterselo.
“Passo, grazie.”
“Allora parliamo di questo.” Duncan li indicò entrambi, spostando lo sguardo insieme all'indice. “Come vi siete lasciati?” Un altro calcio raggiunse lo stinco del ragazzo. “E che cavolo.” Biascicò, guardando la fidanzata in cagnesco.
“Ormai sono passati tanti anni, non è un problema raccontarlo.” Aveva osato, aveva fatto quel passo falso, contro regolamento, che lei aspettava da tutta la sera: cartellino rosso, signor Burromuerto.
“Non è un problema?” Lui aspettava una sua reazione oltre quell'eco, una sua risposta, lo vedeva da come i suoi occhi la volessero risucchiare. Ora era uno scontro a viso aperto, al tavolo, come in tutto il locale, c'erano solo Heather e Alejandro.
Primo tempo.
Vinceva chi resisteva di più. “È come hai detto tu, è passato molto tempo.” Heather sfoderò una ripresa dell'affermazione dell'avversario: un punto bonus. “Da cosa vogliamo cominciare?” Il braccio da sotto il tavolo passò sulla superficie levigata, la sorvolò per posarne solo il gomito, il mento sul dorso della mano di cui le dita tese. Protesa in avanti, verso la controparte, attendeva la sua difesa.
Colto di sorpresa. “Cosa?” Ridacchiò. “Da cosa vorresti cominciare tu?” Era ovvio, c'era solo una cosa da cui tutto aveva avuto inizio e fine; ma non era solo quello, non per lei. “Il contratto della casa? O ancora prima quando hai smesso di voler uscire con me? O vogliamo parlare di quando evitavi le mie telefonate?”
Ti prego, eravamo entrambi impegnati con il lavoro.”
“Per questo hai voluto costringermi a convivere?”

“L'ho fatto per te!”
“Intendi me o te stesso per caso?”
“Non fare l'arrogante come tuo solito, sei tu che volevi certezze.”
“Eri tu quello che non si fidava!”
“E infatti sei stata così brava a darmi torto.”
“Time out!” Chiamò Duncan notando la poca distanza fra le loro fronti. Courtney si era limitata a scuotere la testa, sapendo bene che sarebbe finita in quella maniera.
“Non c'è che dire, non siete cambiati affatto.”
“Duncan sta zitto.” Ringhiò Heather. “Questa situazione è assurda, sarei dovuta tornare a casa mia.”
“E fuggire come sempre?”
“Quello che se ne è andato senza neanche salutare non sono di certo io, caro Alejandro.”
“Sei sempre stata così velenosa?”
“Con te? Sempre.” Sibilò, simile ad un serpente. Voleva andarsene da lì, ma scappare sarebbe valsa come una sconfitta, e fino a quel momento stava vincendo lei i round... no?
“Comunque non hai risposto alla domanda dei nostri amici.”
“Veramente ti sei proposto tu di rispondere, puoi anche dirlo, per me non c'è alcun problema... se il tuo labile orgoglio non ne risentirà.”
Si guardarono in cagnesco per qualche secondo, lasciando alla risata di Duncan di spezzare il momento.
“Ho capito, io e Courtney ce ne andiamo, così vi lasciamo alla vostra privacy, e tu che avevi scommesso non sarebbero tornati assieme.”
“Non stiamo tornando insieme.”
“Avete scommesso?” Una ferma, ma incerta, affermazione era stata sovrapposta da una domanda sconcertata.
“Lui ha scommesso, io invece non volevo si creassero queste situazioni, il tutto per evitare che tu ritornassi al tuo periodo di depressione votato alla perdizione personale. Ma sai cosa? Duncan ha ragione. Siete fatti l'uno per l'altra non esiste al mondo una persona che vi sopporti se non voi stessi.” Sentenziò Courtney, arrivata ormai al suo limite di sopportazione -aveva dato ragione a Duncan, se non era arrivare al limite quello.
Dallo sbiancare di Heather, però, si accorse di ciò che aveva detto e che era stato promesso non sarebbe stato rivelato.
“Io me ne vado.” Fu un attimo: prese il giacchetto, la sciarpa e pochi secondi dopo la sua ombra era fuori dal locale. Alejandro rimase per dei secondi interminabili ad osservare la porta, mentre Duncan aveva ripreso in mano il suo panino, sospirando annoiato.
“Stai aspettando un invito scritto?” Non servì essere più espliciti che anche Alejandro era andato, lasciando dietro di sé silenzio. Duncan rubò un morso al panino osservando Courtney che sembrava stesse attendendo qualcosa. Poi realizzò.
“Paghi tu.” E lui non poté che star zitto, ben conscio del fatto che fosse tutta colpa sua.
D'altronde Heather aveva ben altri problemi per la mente, come il bel latino che la stava seguendo.
“Potresti gentilmente evitare di inseguirmi.” Sbottò alzando la zip del giacchetto fin l'ultimo dente.
“Tu potresti smettere di correre?” Si stava trattenendo, lo sapeva, l'avrebbe superata da un pezzo altrimenti.
Non seguirmi, smettila, basta- la sua mente era un susseguirsi di questi singoli pensieri, uno sull'altro, sull'altro e sull'altro ancora. Quello che stava provando era una sensazione di angoscia non dissimile a quando Chef le aveva avvicinato il rasoio elettrico per renderla calva, una sensazione di cui avrebbe fatt a meno.
“Neanche se mi fermi.” Prese le chiavi della macchina nella tasca, iniziando a guardarsi intorno nella speranza di rivederla, ed eccola lì.
“È così assurdo che io ti voglia parlare?”
“Dopo 5 anni? Uhm, fammi pensare... sì!” Aprì la portiera lanciandosi dentro, ma nel chiudere lo sportello incontrò le mani di Alejandro. Come volevasi dimostrare: era più veloce.
“Neanche tu hai nulla da dirmi?” Lo guardò dallo specchietto e solo per parlargli gli rivolse il suo sguardo.
“Solo una cosa: lasciami in pace!” E tirò la portiera schiacciandogli le mani. Quel gesto violento li riportò per un istante sul vulcano alle Hawaii, tant'è che Heather sogghignò, mentre lui si accigliò, ringhiando. Il momento dopo, però, era sfrecciata via con un'unica, sicura destinazione in mente, lasciandosi, di nuovo, quel peso alle spalle.
Fu a casa che finalmente si sentì calma.
Non si era mai accorta quanto il suo divano potesse essere confortevole e di quanto un edificio potesse essere una salvezza. Finalmente aveva un posto che poteva chiamare casa e non sarebbe stato Alejandro a portarglielo via.
Un cuscino si fiondò contro il muro.
“Parlare?! Voleva parlare?!” Urlò digrignando i denti per scaricare la rabbia. Ora? Aveva aspettato 5 anni e ora si stava chiedendo: chissà come l'ha passata Heather e chissà come mai ha finito per baciare Josè; no. A lui era bastato non avere la sua fiducia, beccarla in fallo per sfuggire dalle sue responsabilità: vigliacco, viscido, pagliaccio. Non solo lei non aveva pensato al poi, ma neanche lui. Forse aveva sperato che tutto venisse da sé, che chissà per quale motivo lei lo seguisse. Se solo l'avesse conosciuta bene avrebbe saputo che la risposta sarebbe stata: no. E cosa voleva risolvere parlando? L'avrebbe ascoltata? Che gli facesse il piacere di farsi una vita; alla fine quella separazione aveva fatto più bene a lei -quel particolare anno a parte.
Cosa vuoi Heather Wilson? Non vederlo per altri 5 anni, non incontrarlo, andare avanti, trovare qualcuno di meglio di lui, qualcuno con il quale non dovesse combattere ogni istante per poter affermare la sua supremazia. Non stava sperando che qualcuno suonasse alla porta e si fosse rivelato essere lui, perché, tutto sommato, avrebbe potuto rivalutarlo se le fosse venuto dietro fino a quel punto. Ma forse. Quindi non era contraddittoria, solo ogni tanto le succedeva di sperare nelle persone.
“Per cui, cervello, smettila per un momento di pensare.” E lanciò l'ennesimo cuscino prima di potersi abbandonare alla morbidezza del divano.
Chiuse gli occhi per poco, o almeno le sembrarono pochi minuti, prima di scattare in piedi al trillo del campanello. Un moto di eccitazione venne bloccato dalla sua stessa essenza che non la fece lanciare contro il citofono. Era inutile sperarci, eppure a quell'ora chi poteva essere?
“Buonasera anche a te, Sierra.” E non poteva che essere Sierra, ovviamente, che, con Zack in braccio, era tornata per riprendere un non sapeva cosa che aveva dimenticato, senza il quale il piccolo pargolo non riusciva a dormire, o almeno questo aveva compreso tra le varie frasi accavallate fra di loro.
“Un giochino di Zack, credo mi sia caduto dalla borsa quando... oh! Eccolo qui.” Si chinò sotto il divano, recuperando l'oggetto. Poi si accorse dei cuscini e di una Heather più suscettibile del solito, oltre che spettinata. “Oddio l'hai incontrato.” In risposta ricevette un'alzata di occhi al cielo.
“Non avrei voluto, davvero.”
“Come è andata?”
Indicò i cuscini. “Secondo te?”
“Oh, bene direi. Vi siete parlati?”
“No, ma cosa ti interessa? È evidente che non possiamo stare insieme, non so come ho fatto a sopportarlo prima, adesso basta, non voglio più vederlo.” Disse così convinta che non era Sierra la persona da convincere.
“Heather, per quanto tu possa essere stata male con lui, sei stata peggio quando ti ha lasciata, lo so, quella volta quando eri ubriaca c'ero io dall'altra parte della cornetta.” Le poggiò una mano sulla spalla. “Nell'assurdo voi due vi completate, perché siete uno l'antistress dell'altro e concentrandovi a distruggere l'uno l'altro, non potete pensare a come far del male a voi stessi.” Da come gli spiegò la situazione sembrava tutta così semplice ed evidente, ma, davvero, per lei non lo era.
Stava per ribattere ancora una volta, acida, ma la fece tacere il campanello della porta.
“Potrebbe essere Cody.” Ipotizzò Sierra non potendo proprio immaginare chi altro potesse essere, mentre la coscienza di Heather si ritrovò nuovamente divisa a metà, e la metà non razionale, a cui non doveva dar retta, sperava fosse Alejandro.
L'unico modo per scoprirlo e mettere a tacere i dubbi era andare alla porta e scoprirlo. La mano si posò sulla maniglia, lentamente, scandendo il movimento di ogni singolo dito che abbracciò il metallo freddo, prima di fare pressione e tirare. Cody non era alto, non aveva dei fluenti capelli castani, tanto meno aveva dei muscoli ben definiti e posava con eleganza anche quando non era visto, soprattutto poi per la camicia portata ordinata... non era proprio Cody.
“Heat-”
“No.” E richiuse la porta rimanendo ferma davanti questa per un po'. Nel momento in cui si girò fu schiacciata dalla presenza giudiziosa di Sierra.
“Sei proprio incorreggibile.” Sbuffò aprendo al suo posto la porta. “Alejandro, ma che piacere!”
“Sierra? Come mai qui?”
“Non è una domanda che dovresti porre tu.” Frecciatina acida alla Heather.
“Suvvia Heather; sono venuta a trovarla questa mattina e ho dimenticato un giochino di Zack.” Mosse il piccolo peluche di fronte il viso del bimbo che lo strinse possessivo.
“Pensavo quasi viveste insieme... è una casa grande per una persona sola.”
“Chi te lo dice che sono sola?” Lo fronteggiò apertamente avanzando un passo verso di lui.
“Oh, pft, è solissima!” Sierra doveva immediatamente uscire da quella casa.
La sorprese che Alejandro non inveì, ma anzi cambiò discorso puntando tutta la sua attenzione sul bambino. Si chinò e accarezzò la guancia con l'indice, facendolo ridere.
“Il figlio tuo e di Cody, eh?”
“Non è evidente? Ha gli stessi lineamenti delicati di Cody, i capelli morbidi e fini, le orecchie molto stondate, le guanciotte piene!” Disse euforica. “Oppure non credi che il padre sia Cody?” Sierra lo squadrò male, pronto ad attaccarla -le ricordò mamma Condor.
“No, no, mi fido sulla tua nobile parola.”
“Più che altro ci stupisce che Cody ne abbia uno con te.” Specificò Heather, notando poi quanto il suo posto confortevole era riuscito a diventare una prigione.
Ora basta-
“Comunque è tardi, avete salutato, avete fatto le vostre cose, adesso fuori da qui!”
“Io veramente non ho fatto assolutamente nulla.” Il tono serio di Alejandro la prese in contropiede, lasciandogli lo spazio necessario per continuare a parlare. “Perché tu non mi hai da modo per dirti nulla, quindi ora mi ascolti.”
“Ascoltarti?” Rise con il fuoco negli occhi. “Dovrei ascoltarti dopo che per 3 anni mi hai ignorata, facendo solo ed esclusivamente quello che volevi tu?”
“Ignorata? Mentre tu invece sei stata così dolce e premurosa. Mi hai allontanato per mesi solo perché avevo deciso di farmi crescere la barba e a te dava fastidio.”
“Hai idea di quanto dà fastidio su una pelle delicata come la mia?!”
“E tu hai idea di quanto dia fastidio... questo.” La indicò tutta. “A persone con una pazienza come la mia?”
“Non ti davo così fastidio quando non volevi altro che-” un pianto interrotto bloccò qualunque oscenità stesse per dire. Entrambi si voltarono verso Zack che si agitava fra le braccia della madre. Una madre molto arrabbiata.
“Ricordami una cosa.” Intervenne Alejandro, fissando la porta che gli era stata sbattuta davanti. “Non è casa tua?”
“Dovrebbe.” Sbuffò Heather, messa in castigo sul pianerottolo da Sierra.
“Adesso fatemi il favore di parlare come persone adulte.” Urlò da oltre la porta, facendo sbuffare nuovamente Heather. Alejandro incrociò le braccia al petto, pronto a parlare -le ricordò Courtney prima di una delle sue filippiche.
“Allora...”
“Senti non ne posso più di litigare, quindi che ne dici se io, te ognuno per la sua strada?”
“Parlare ti fa così schifo.”
Quasi più del cibo cinese che ci fece mangiare Chris.” Gli fece scappò una risata, ma scaricò la tensione con un sospiro.
“Seriamente.”

“Seriamente cosa? Di cosa vuoi parlare? Tanto lo sai no? Con tutto il tempo che è passato direi che ci hai pensato, o almeno spero tu l'abbia fatto.” Gli rispose. “Non voglio parlare perché non ne posso più. Questa giornata è stata tremenda per colpa tua.” Lo additò, puntandogli l'indice contro il petto e spingendo, con tutta l'intenzione di trapassarlo da parte a parte. “Hai rovinato il mio incontro con Sierra, hai rovinato la mia giornata di lavoro, hai rovinato la mia serata ed ora mi trovo fuori da casa mia a condividere il pianerottolo con un essere viscido come te.” Scandì le ultime parole battendo il tempo contro di lui, arrabbiata come poche volte lo era stata. “Se non ti odiavo prima, ti odio ora. Non è da me, tutto questo non è da me, anche perderci tempo ora anziché battere contro quella dannata porta per rientrare.”
“Fallo, nessuno ti trattiene.”
“E perché?!” Alzò le braccia al cielo. “Dovrei farmi odiare da tutto il palazzo? Io qui ci vivo, sei tu l'elemento in più, il topo che nessuno vorrebbe ritrovarsi in appartamento.”
“Hai finito?”
“No! Volevi parlare? Ti sto parlando! È colpa tua. Tutta colpa tua. Se non ti avessi mai incontrato avrei vissuto meglio, sicuramente! Adesso non starei qui a perdere tempo a litigare con te, a spiegarti le tue evidenti colpe. Perché oggi poteva essere una giornata meravigliosa, c'era il sole, i saldi al mio negozio preferito e Gwen è stata addirittura sopportabile, ma no dovevi intervenire tu. Tu. Tu. Io non ne posso più del tuo tu!” Iniziò a gesticolare furiosa, probabilmente sull'orlo di una crisi di nervi, ma cosa poteva farci? D'altronde era tutta colpa sua.
Alejandro le afferrò le mani e la spinse verso di sé con delicatezza. Il viso di Heather sbatté quasi sul suo collo, mentre il seno aderì perfettamente al suo petto.
“Hai finito o vuoi continuare a darmi importanza?”
“Importanza?! Ma sei fuori? Vedi che non ascolti, poi ti chiedi perché non parlo, finisce sempre con queste assurdità!” Si liberò da lui dandogli dello svitato a gesti. “E poi staccati.” Si spinse via, nascondendo il suo imbarazzo dietro una ciocca che aveva preso a sistemarsi frenetica. Non poteva fargli sempre quell'effetto, era finita, basta.
“Io ti ascolto, sei tu che non ascolti né quello che ti si dice né quello che dici, la tua ostinazione finisce sempre per mettere a nudo quello che disperatamente nascondi, tu non vuoi allontanarmi, è sempre la solita storia e tu sei sempre la vecchia Heather.”
“Io sono cambiata al contrario di te, che ancora cerchi spiegazioni.”
“Cambiata tu? Ti emozioni e scappi appena mi avvicino.” Si chinò verso di lei, sornione. “Non sei cambiata affatto.”
“Si può sapere cosa vuoi da me?”
“Voglio semplicemente un po' di onestà, una volta ogni tanto. Non ti macchierai di ridicolo, lo prometto.”
“Detto da te.” Avrebbe potuto iniziare ad elencare vari momenti in cui si era dimostrato ridicolo, ad iniziare dal loro primo bacio.
“Dannazione Heather, riesci a vivere per un secondo senza punzecchiarmi?”
“E tu riesci ad essere coerente e chiaro? Insomma prima mi ignori per tutta la sera, poi mi segui ed ora vorresti parlare, ma non mi stai chiedendo nulla!

“Perché non mi stai permettendo di farlo, continui a lamentarti! Non va bene se te lo chiedo, ma devo chiedertelo, si può sapere cosa vuoi che faccia? Perché, a differenza tua, io almeno ho avuto la faccia di chiedertelo!” Alzò la voce. Heather era riuscita a portarlo al limite della pazienza, lo vedeva da come teneva tutti i muscoli tesi per non perdere quell'aria di compostezza che lo caratterizzava.
“Voglio che me lo chiedi!”
“Perché?!” Scattò in risposta al suo nervosismo, calmandosi immediatamente dopo. Alla fine glielo aveva chiesto. “Perché hai baciato mio fratello?” Heather rimase a bocca aperta. Ammetteva che doveva aspettarselo, ma l'essere tanto diretto? L'aveva sorpresa. Alejandro non sentendo risposta dalle sue labbra schiuse si sedette sconfitto. “Lascia perdere.”
Heather si accarezzò le labbra con la lingua, mordendole poi. Non sapeva cosa raccontargli, quale storia Alejandro volesse sentire, in che modo questa dovesse essere raccontata e lui non la stava aiutando, perché neanche la guardava negli occhi. Nel sedersi gli accarezzò la gamba con la sua, sospirando piano.
“Non c'è un perché, io non volevo baciare Josè, quindi la vera domanda è perché l'ho fatto.” Voleva parlarne? No, altrimenti avrebbe dato ad Alejandro tanto di quel materiale per ricattarla a vita... “Ero sconfortata, okay? Infastidita dal fatto che il mio fidanzato volesse legarmi ad una casa per assicurarsi di ritrovarmici dentro, senza contare che ero certa mi tradissi. Josè mi ha trovata sola e alticcia... diciamo che era una buona spalla su cui consolarsi.”
“Era ovvio che non ti tradissi, Heather.”
“Ovvio? Tutte quelle cene e quei pranzi, i messaggi mandati durante i nostri momenti insieme?”
“Forse non così ovvio, ma non avevo nessun motivo per tradirti.”
“Oh, davvero? Non ti infastidiva tutto questo?” si indicò. “Inoltre non mi andava giù il fatto che avessi fatto tutto da te: comprare una casa per noi, senza che avessimo mai definito un noi, mi ha messa nel panico, non capivo cosa volessi dirmi.”
“Chiederlo?”
“Come tu mi hai chiesto della casa? L'unica cosa che mi chiedevi era se mi fidavo... volevi testare la mia fedeltà o quanto io credessi nella tua?”
“Temevo potesse accadere quello che poi è accaduto, per questo te lo chiedevo.” Ci fu un minuto di silenzio fra di loro; la quiete prima dell'ennesima tempesta?
“Quindi avevi paura per questo?” Toccò prima la sua spalla poi il proprio petto.
“In pratica.”
“Capito... e ora cosa vorresti fare?” Heather lo guardò, incrociando immediatamente il suo sguardo.
“Non lo so, forse è andata meglio così, ognuno per la sua strada.” Non poteva dire se era rimasta più delusa o sollevata, la morsa allo stomaco era stata seguita da un: è andata meglio così, convinto nella sua testa; per cui era più confusa che altro.
“Sì, hai ragione, alla fine è andata meglio così.” Un altro silenzio e nessuno dei due che si mosse di un millimetro.
“Però.” Fu Heather a riprendere parola, prima che potesse essere Alejandro. “A parte quegli eventi poco gradevoli, dei quali è totalmente colpa tua, non era poi così male.”
“Di certo non ci annoiavamo.”
“Noia è l'ultima parola che userei.” Concordò, nascondendo un sorriso nato ripensando ad alcuni dei loro ricordi. Per questi momenti di debolezza odiava più se stessa che lui.
Al cigolare della porta entrambi alzarono la testa, rimettendosi in piedi di scatto, come se beccati in flagrante a fare chissà cosa.
“Zack si è finalmente addormentato e io mi sono intrattenuta troppo, anche se ne è valsa la pena.” Le fece un occhiolino che non capì e non volle capire. “Vedete di non lasciare cose a metà, chiaro?” Li sorpassò, facendo tutta la rampa di scale prima di voltarsi a guardarli. “Ah, Alejandro, Heather lo sa, ma se vi servisse un consulente di coppia sono sempre disponibile.” E zampettò via tutta allegra, volendo sbrigarsi a tornare dal suo Cody.
“Sì, è una consulente di coppia.” Confermò Heather prima che l'altro chiedesse. “Mi ha mandato la foto della targhetta del suo ufficio, la trovi anche su internet, quindi non se lo dovrebbe essere inventato.” Entrò poi nel suo appartamento ignorando la reazione sorpresa di Alejandro alla sua affermazione, che anzi la seguì dentro senza che lei partisse in escandescenza per evitarlo.
Era affacciata alla finestra, stava vedendo Sierra che abbracciava e baciava Cody e lui, succube, ricambiare tutta quella energia.
“Quindi è vera anche la storia di Cody, non ha rapito nessun bambino.” La voce di Alejandro la spaventò, avendolo dimenticato per un momento.
“Si può sapere chi ti ha invitato ad entrare?”
“Sai che volendo potremmo essere noi.” Ma il latino sapeva bene quale sarebbe stata la reazione dell'altra, una reazione a tal punto schifata degna di un ritratto.
“Ma anche no.” Rispose, rimandando indietro una sensazione di schifosa sdolcinatezza. Dal nulla a Cody e Sierra? C'era un oceano di mezzo, probabilmente un'infinità di oceani. “Che ne dici di iniziare da... non lo so... un noi?”
“Quindi vuoi affrontare quel poi?” Rimase felicemente sorpreso dalla sua proposta.
“Sappi che ti dovrai sforzare, soprattutto per il lavoro che hai. Io non posso mollare Gwen, Courtney non me lo permetterebbe, e non voglio che mi dichiari causa.”
“Sono pronto ad affrontare anche la sua ira, se necessario.” Solo se necessario.
“E la mia?”
“Vivrei solo di quella.

“Certo che sei proprio incoerente.”
“Ma da che pulpito.”
Heather sbuffò incrociando al petto le braccia, sapendo bene di non poter ribattere ad una cosa tanto vera.
“Comunque abbiamo tempo, possiamo ricominciare da zero, non dobbiamo sposarci domani.” Chiarì Alejandro, non volendo che si creassero nuovi malintesi.
“E meno male direi.” Lanciò un'ultima occhiata alla scena, ma non era rimasta traccia né di loro né dell'auto. “Quindi vorresti ricominciare, eh? Quale vorrebbe essere il tuo approccio per riconquistarmi?”
Alejandro non era mai stata una persona che rigirava intorno le questioni, solo se gli era utile, ma quando serviva arrivare al punto riusciva perfettamente a colpirlo e a totalizzare 100 punti. Non si ricordava quanto fossero calde le sue labbra o salda la presa sul suo corpo, dell'adrenalina che le trasmetteva quelle volte che prendeva posizione.
“Pensavo ad una soluzione più diretta.” Sussurrò al suo orecchio, mordendolo delicatamente.
“Allora mi dica, signor Burromuerto, quanto vuole essere diretto il suo approccio?” Mormorò, mentre la mano risaliva lungo la nuca, intrecciandosi ai suoi capelli.
“Abbastanza per soddisfare tutti e due.”
Da lì a poco fu un escalation di baci e carezze che Heather, non delicata quanto Alejandro, trasformò in morsi e graffi che si riversarono sulla pelle bronzea dell'altro. Segni su segni, l'espressione del bisogno di Heather di marcare il territorio, il suo territorio. L'aveva sollevata da terra e lei si aggrappò alla sua vita, intrecciando le gambe, per poi spingersi in avanti con il bacino, sorprendendolo.
Non perdere il ritmo.” Gli sussurrò, indicandogli poi la camera da letto, in fondo al corridoio.
Alejandro non era mai eccessivamente passionale, sapeva che a Heather non piaceva se aggiungeva quel pizzico di violenza in più, cosa che invece lei metteva sempre, garbando ad entrambi. Una cosa era anche vera, Alejandro avrebbe confermato: l'ardita passione della ragazza bastava per tutti e due.
La fece scivolare lentamente sul letto, lei, però, non si sganciò, lo accompagnò con lei. Lui non si buttò a peso morto, creò una distanza fra i loro petti che Heather annullò per raggiungere il suo fondoschiena. Alejandro già si aspettava qualcosa di particolarmente intenso, invece la mano affondò nella tasca dei pantaloni, mostrandosi a lui con un bigliettino fra le dita.
“Di questo non avrai più bisogno.”
“Oh, allora è una cosa seria.”
“Non farti fantasie particolari, Burromuerto.” Gli strinse il colletto della camicia, tirandolo. “Una volta assaggiato il nettare dell'ape regina, niente ti soddisferà abbastanza.” E lo vedeva da come la trattava: le era mancata. Come in un tango, dopo la tentazione, si passava al ballo fuocoso, a quel legame indissolubile fra le due parti, in cui i corpi andavano a congiungersi in un unica fiamma. I vestiti erano stati abbandonati e solo Heather si era tenuta la licenza di tenersi addosso il reggiseno in pizzo nero e il tanga più trasparente che di sostanza. Sembrava quasi che si aspettasse un fine serata del genere.
“Devo farti una confessione.” Esordì lei, calandosi sul suo petto.
“Sei in vena questa sera.” Le accarezzò i fianchi, delineandone con i polpastrelli le curve vertiginose del suo corpo, dai seni, alla vita stretta, fino a quel sedere tondo e sodo che gli faceva perdere qualunque concezione.
Gli lasciò un succhiotto sulla clavicola. “Nel mio periodo di depressione votato alla perdizione personale...” o come diamine l'aveva chiamato Courtney. “...ho avuto innumerevoli relazioni, penso che non bastino le liste che Courtney fa su Duncan per elencarle tutte.”
Alejandro si morse il labbro in risposta del segno sul suo corpo. “Non è il tipo di confessione che volevo sentire in questo momento.”
“Invece credo che potrebbe interessarti, dato che da allora non ho più avuto alcun tipo di rappor-” Non servì una conclusione a quella frase per far scattare Alejandro che la bloccò sotto di sé.
“A questo punto posso farti una confessione io.” La guardò negli occhi mentre con le dita aveva percorso nuovamente il suo corpo, non avendone mai abbastanza. “Non ha perso il suo tocco, signorina Wilson.” Sogghignò, tirando con il mignolo il lembo dello slip.
Non aveva mai creduto in quelle sciocchezze romantiche di cui spesso Sierra le raccontava, come l'importanza del primo bacio, della cotta, del conoscere bene il proprio partner prima di intraprendere qualunque atto sessuale o, la più divertente, di non praticare troppo sesso per non perderne il significato profondo del momento. Cose belle da dire, ma irreali da provare. Il primo bacio, in media, faceva schifo, tanto quanto la prima volta, il sesso non era che sesso alla fine e conoscere la persona era addirittura limitante, spesso molte cose era meglio non saperle; ma, perché c'era sempre un ma, quella notte aveva vissuto e sentito il significato della notte indimenticabile, quel non sminuire il sesso come atto e di viverlo nella sua completezza. Non l'avrebbe mai ammesso a voce, ma credeva nell'essere intuitivo di Alejandro e che leggesse nell'intera notte passata a rotolarsi nelle coperte quanto le fosse piaciuto, d'altronde arrivata l'alba non avevano ancora concluso. Si tirò su con la schiena, poggiandola contro la testiera del letto. Ancora le dava le spalle quando dormiva, non aveva perso quel vizio, ma forse era un modo per mostrarle fiducia, lei era famosa per le pugnalate alla schiena. Sorrise ripensando proprio alla sua schiena, non l'aveva pugnalata, ma martoriata per bene. Quanto sarebbero durati quei segni? Una settimana buona sicura, ma, ehi, lei era l'unica ad averne pieno diritto, e guai a privarglielo.
Pensando a qualcosa di più presente, forse quel giorno non sarebbe andata a lavoro, anzi era certa sarebbe accaduto, perché le sue gambe avevano idee ben diverse dalle sue, troppo indolenzite per sopportare il suo peso tutto il giorno; però chi avrebbe sopportato Gwen? Poteva già sentire le prese in giro della darkettona sul perché non si era presentata, supposizioni che lei avrebbe negato fino alla morte, poco ma sicuro, ma che sarebbero parse evidentemente false. Courtney l'avrebbe chiamata solo la sera, l'aver perso una scommessa con Duncan sicuramente non l'aveva messa di buon umore, tanto meno il fatto che lei non le avesse dato retta. Sierra, tempo qualche giorno e tutti i suoi blog sarebbero tornati a parlare della Aleather. Alla fine era tutto così normale che non la stupiva più di troppo, tanto meglio, avrebbe più facilmente gestito le situazioni circostanti, dato che si era affibbiata un bel grattacapo da risolvere. Le sarebbe servito davvero tanto tempo per riabituarsi a lui, alle loro giornaliere litigate e... aveva diversi ritmi da dover riprendere, sicuramente.
Gli accarezzò un orecchio, volendo sussurrargli che si fidava di lui, e mai come in quel momento ne era convinta. Ma non l'avrebbe fatto, non era da lei, glielo avrebbe detto durante una delle prossime sfuriate. Avevano almeno tre anni di prova per arrivare a non fidarsi più, tanto valeva tenersi quella carta finché era buona.
Alejandro mugugnò girandosi verso di lei, con un sorriso beato sulle labbra. Aprì lentamente i suoi occhi verdi per guardarla. Un risveglio che finalmente gradiva.

“Buongiorno.”

“Buongiorno.”

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni americani > A tutto reality/Total Drama / Vai alla pagina dell'autore: Elsa Maria