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Autore: _Aliceinthewonderland_    22/08/2017    6 recensioni
Crossover tra Kodocha e Love and Lies.
In un futuro non molto lontano, quando i giovani giapponesi raggiungono i sedici anni, il governo gli assegna un partner da sposare; in tal modo nessuno deve sforzarsi di trovare un partner adatto e la maggior parte della popolazione accetta di buon grado il fatto che sia il governo a trovare per loro un compagno compatibile con cui essere felici.
Akito Hayama e Sana Kurata saranno una delle tante coppie prescelte, entrambi innamorati di altre persone ed ostili a questo sistema governativo… riusciranno a fuggire da questa “trappola” o, contro ogni aspettativa, finiranno con l’innamorarsi perdutamente l’uno dell’altra?
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Akito/Fuka, Naozumi/Sana, Sana/Akito
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Unmei no akai ito.

-Prologo.






L’avviso del governo era arrivato da una settimana circa, poco dopo il compimento dei miei sedici anni, e ancora non riuscivo a farmene una ragione.
“Sana Kurata”, l’attrice giapponese di fama internazionale, ammirata e venerata da tutti, era stata la prescelta per diventare mia moglie.
Ero sicuro che chiunque, al mio posto, avrebbe fatto i salti di gioia, ma io no.
Come potevo gioire di una cosa che non ero stato io a scegliere?
Come potevo gioire di un qualcosa che avrebbe rovinato il mio rapporto con Fuka?
Era lei, quest’ultima, la donna che amavo e non riuscivo ad immaginare nessun’altra al mio fianco.
 Eppure, volente o no, ero costretto ad accettare quella terribile situazione in cui mi avevano incastrato.
La legge fondamentale contro il decremento del tasso di natalità, comunemente chiamata “Legge Yukari”, era entrata in vigore da quarant’anni: in Giappone, al compimento dei sedici anni, ragazzi e ragazze ricevevano un messaggio dal governo con il nome del loro futuro partner, amare altre persone era proibito.
Grazie a quelle misure politiche, il tasso di natalità aveva smesso di calare, e anche le abilità dei nuovi nati erano migliorate rispetto al periodo precedente, per cui quei matrimoni combinati dai messaggi governativi venivano chiamati “Il filo rosso della scienza”, che prometteva la felicità via genetica.
Ma a me, al tempo, quel tipo di sistema non andava per nulla a genio.
-Siamo arrivati- mi avvisò freddamente mio padre, accostando l’automobile fuori ad un’enorme villa, circondata da un altrettanto enorme giardino, decorato il tipico stile orientale.
Non gli risposi e scesi dal veicolo.
Io e mio padre non parlavamo quasi mai, se non in casi strettamente necessari e la causa di tutto ciò risaliva alla mia nascita quando, dandomi alla luce, mia madre morì.
Ero convinto mi odiasse per avergli portato via la donna amata, anche se non l’aveva mai ammesso apertamente, a differenza di Natsumi, mia sorella maggiore, che non si faceva scrupoli a rinfacciarmi tutto il suo disprezzo, ad ogni ora del giorno, picchiandomi, urlandomi contro parole della peggior specie e affibbiandomi odiosi appellativi, tra cui “Demonio”.
-Non posso crederci, finalmente conoscerò la famosa Sana Kurata- esultò Natsumi, portandosi le mani sul volto.
Mia sorella provava una sorta di venerazione nei confronti di quella ragazza, era una sua fan accanita, e l’unico motivo per il quale aveva deciso di accompagnarci era quello di incontrare lei, il suo idolo.
Camminammo lungo il vialetto che ci separava dall’ingresso e nel mentre mandai l’ennesimo messaggio a Fuka, rassicurandola ancora una volta che tra me e quell’attrice non ci sarebbe mai stato nulla e che al compimento della maggiore età, terminato il liceo, saremmo scappati insieme, lontano da tutto e da tutti, fregandocene altamente di quella stupida legge.
-Benvenuti. Voi dovete essere la famiglia Hayama- ci accolse una signora sulla sessantina, con un grembiule legato intorno ai fianchi.
Mio padre annuì, chinandosi in un inchino e pochi istanti dopo vedemmo comparire una donna con un buffo copricapo ricoperto di piante varie, sul quale faceva bella mostra una piccola palla di pelo marrone, ma nessuno di noi si stupì del suo aspetto, dopotutto Misako Kurata, la nota scrittrice di romanzi, era conosciuta da tutti per la sua indole stravagante.
-Finalmente siete arrivati, non stavo più nella pelle- ci sorrise e saltati i primi, inutili, convenevoli, ci fece accomodare all’interno di un salone grande quanto la mia intera casa.
-Accomodatevi pure, Sana sarà qui a momenti-
Prendemmo posto accanto al tavolo,stracolmo di bevande e delizie varie e nonostante la presenza del sushi, il mio piatto preferito, non toccai alcuna pietanza.
Ero troppo nervoso per mangiare qualcosa e l’unica cosa che avrei voluto fare in quel momento era scappare via a gambe levate.
-Eccomi, perdonate l’attesa- proferì una voce femminile dietro le nostre spalle.
Ci girammo in contemporanea, imbattendoci in una ragazza della mia età, dai lunghi capelli ramati e gli occhi color cioccolato, magrolina ma con le forme al punto giusto.
Era molto bella, molto più di quanto comparisse sulle riviste o per televisione, ma non era lei colei che volevo.

Natsumi si alzò e le andò incontro, stringendola in un caloroso abbraccio… con me non l’aveva mai fatto.
-Non posso crederci, sei davvero tu? Santo cielo, di persona sei ancora più bella e… io  sono Natsumi Hayama, una tua grandissima fan! Non hai idea di quanto sia felice di conoscerti, aspettavo questo momento da una vita- parlò a mitraglietta e Kurata le sorrise.
-Il piacere è tutto mio, è sempre bello conoscere nuove fan-
Presentatosi anche mio padre, Kurata mi guardò e il sorriso sul suo volto scomparse, chiaro segno che quella faccenda del fidanzamento combinato dal governo non andasse a genio nemmeno a lei.

Almeno avevamo una cosa in comune.
-Tu devi essere Akito, Akito Hayama-
Mi limitai ad annuire, senza aggiungere altro e il pungo sulla testa, da parte di mia sorella, non tardò ad arrivare.
-Potresti avere il buon senso di mostrarti un tantino più educato, Demonio che non sei altro-
-Demonio?- ripeté Kurata, sconcertata –Perché hai chiamato tuo fratello in quel modo?-
-E’ una lunga storia, ma è meglio che tu non la sappia o finirai con l’odiarlo ancor prima di conoscerlo- bonificò, guardandomi con disprezzo.
Sbuffai, ma non me ne curai più di tanto.
Dopotutto ero abituato a ricevere simili trattamenti.
-Natsumi, smettila. Ti voglio ricordare che siamo ospiti dalla famiglia Kurata, cerchiamo di non creare inutili casini, almeno qui- la richiamò mio padre e lei sbuffando tornò a sedersi al suo posto.
-Akito, non hai ancora toccato nulla. La cena non è di tuo gradimento?- mi chiese la signora Misako, vedendo il mio piatto ancora vuoto.

-Non ho molta fame-
Annuì, guardando la figlia, impegnata ad ingozzarsi di gamberetti fritti.
Ero convito che le dive come lei fossero ossessionate dalla linea e mangiassero esclusivamente cibi leggeri, come insalatine o riso bollito e invece quella tipa sembrava un pozzo senza fondo, era già alla terza porzione.
Chissà dove metteva tutta quella roba
-Tesoro, non hai nulla da chiedere al tuo futuro marito?- Quel “futuro marito” fece gelare entrambi.
Sana deglutì, posando lo sguardo su di me –Ehm, non saprei. Che scuola frequenti?-
-Il liceo Jimbo-
-Oh, capisco- prese un involtino primavera e se lo portò alla bocca –Io invece frequento delle lezioni private qui in casa-
Scrollai le spalle, cercando di farle capire che per me potevamo anche smetterla di parlare, che non m’importava nulla di lei e della sua vita.
Ma a quanto pare, la mia “futura moglie”, non colse il segnale.

-La tua media di voti com’è?-
-Abbastanza alta-
-Quindi ti piace studiare?-
-No, ma m’impegno ugualmente-
-Qual è la materia che preferisci?-
-Non ne ho-
-Materia che odi?-
-Nemmeno- grugnii.
-Hai qualche hobby?-
-Il Karate-
-Uhm, davvero? Che cintura sei?-
-Marrone-
-Dopo la cintura marrone viene quella nera, dico bene?-
Annuii.
-E credi di riuscire ad ottenerla in tempi brevi?-
-Chissà- sbuffai.
-Gli allenamenti sono duri?-
-A volte sì, altre volte no-
-Per quale motivo, tra tanti sport, hai scelto proprio il karate?-
Mi scompigliai nervosamente i capelli.
Ma quanto parlava?
-Che domande, perché mi piace, è ovvio- borbottai, seccato ai massimi livelli.
Kurata mi guardò indispettita, storcendo il naso –Perché sei così scorbutico?-
-E tu perché fingi di interessarti alla mia vita?- le risposi a tono, ignorando gli sguardi di rimprovero della mia famiglia.
-Non stavo fingendo un bel niente, Hayama. Cercavo semplicemente di intavolare una conversazione civile e conoscere meglio colui che mi è stato affibbiato come fidanzato dal governo. Non pretendo di piacerti, dopotutto non ci conosciamo, ma….- batté le bacchette sul tavolo –Nemmeno tu mi piaci, accidenti, però mi sto sforzando di mostrarmi gentile ed educata, a differenza tua-
Alza gli occhi al cielo, ma non le risposi.
In fondo sapevo che avesse ragione ma era più forte di me, se una situazione non mi andava bene non riuscivo a fingere il contrario, mostrandomi falsamente gentile e pacato.
La signora Misako finse un colpo di tosse, interrompendo l’imbarazzante silenzio creatosi intorno al tavolo e porse una domanda che, invece di migliorare l’atmosfera, non fece altro che peggiorarla –Signor Fuyuki, come mai sua moglie non si è aggregata a voi? Sarei stata lieta di conoscere anche lei-
Mio padre si rattristò di colpo, fissando il vuoto dinnanzi a sé –A dire il vero la mia povera moglie non c’è più, da molti anni oramai-
-Oh, mi spiace. Le chiedo umilmente scusa, non lo sapevo- bisbigliò mortificata.

-Non si preoccupi, è tutto apposto-
-Dev’essere stata dura per lei crescere due figli da solo-
-Non è stato facile, lo ammetto. Ma tutto sommato credo di essermela cavata piuttosto egregiamente-
Senza che potessi farne a meno scoppiai in una risata sarcastica, spostando l’attenzione dei presenti sul sottoscritto.
Con quale coraggio affermava una cosa del genere?
Lui non c’era mai, era un padre assente, costantemente occupato con il lavoro e difficilmente trovava del tempo libero da dedicare ai propri figli.
-Cos’hai da ridere in quel modo, Akito?- sbraitò Natsumi, fulminandomi –Non sarà un padre perfetto, ma almeno si sforza per dare del suo meglio e dovresti apprezzarlo, soprattutto tu che sei la causa delle nostre disgrazie. O hai dimenticato di essere il colpevole della morte di nostra madre?-
La fulminai a mia volta, stringendo con rabbia il tovagliolo tra le mani.
Perché doveva ricordarmelo in continuazione?
-Non l’ho deciso io di nascere- sbottai.
-Che tu l’abbia deciso o meno, non cambia nulla. E’ colpa della tua nascita se adesso non c’è più-
-Tua madre è morta dandoti alla luce?- mi chiese Kurata, tristemente, e io rimasi in silenzio, dando una tacita risposta alla sua domanda.
La vidi irrigidirsi e guardare male mia sorella –E’ per questo motivo che lo chiami “Demonio”?-
-Esatto. Avrei voluto evitare che tu lo venissi a sapere, sicuramente adesso anche tu lo disprezzerai e…-
-L’unica persona che disprezzo, intorno a questo tavolo, sei tu, non lui- sbottò furiosa, battendo le mani sul tavolo –Come puoi incolpare tuo fratello di una simile disgrazia?-
Natsumi sussultò, fissandola con sgomento –Ma se lui non fosse nato mia madre sarebbe ancora viva, è colpa sua se…-
-Smettila di incolparlo- urlò, sorprendendo tutti, compreso me.
Perché se la prendeva tanto?
In fin dei conti non mi conosceva nemmeno, e nella breve conversazione avvenuta poco prima mi ero mostrato tutt’altro che gentile… che le importava se venivo incolpato di una cosa del genere?
Perché voleva difendermi da tali accuse?
-Comprendo il tuo dolore, perdere un genitore dev’essere una cosa a dir poco terribile, ma vostra madre si è impegnata con tutta se stessa per darlo alla luce e sono sicura che gli abbia voluto bene ancor prima che nascesse, che gli abbia dato la vita per amore e non avrebbe mai voluto che lo trattassi in questa maniera- bonificò, prima di scappare, senza un’apparente motivo, al piano di sopra.
Tentai di non darlo a vedere ma quelle parole cambiarono qualcosa dentro me, come se, in un certo senso, avessero avuto il potere di affievolire quel senso di colpa che mi portavo dietro da sedici lunghi anni.
Possibile che avesse ragione?
Mia madre mi aveva dato la vita per amore?
Ormai, dopo essere stato accusato per tanti anni, ero giunto alla conclusione che anche lei mi avesse odiato, che se avesse avuto la possibilità di tornare indietro avrebbe deciso di abortire pur di continuare a vivere ma… se mi fossi sbagliato?
Mia sorella e mio padre si ammutolirono, chinando il capo e rialzandolo solo quando la videro ricomparire in soggiorno, con un dvd tra le mani –Questo è per voi. Guardatelo a casa, tutti insieme.  E’ un mio vecchio film, poco conosciuto, registrato quando ero solo una bambina e la trama è grosso modo simile alla spiacevole situazione che siete costretti a vivere- glielo porse e mi guardò, questa volta sorridendomi con sincerità e dolcezza –Sono sicura che si sistemerà tutto, non temere-
   
 
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