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Autore: DarkkkAngellll    22/08/2017    0 recensioni
Solo chi ha pianto fino a finire le lacrime sa cosa si prova a fissare il vuoto e non poter esplodere.
Genere: Malinconico, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Scolastico
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Me ne sto seduta sulla fredda panchina ad aspettare l'autobus 250, un ammasso blu che non arriva mai in orario ed è sempre troppo pieno per potersi permettere un posto a sedere.

Sono arrivata in anticipo, quindi so già che passerò molto tempo ad aspettare.

Eppure, qui da sola, sorrido, perché sto bene.

Un anno fa, dopo di lui, colui che mi fece tornare quella che ero prima di conoscerlo, non mi sarei immaginata qui, coi capelli raccolti in una coda alta, perché non temo di far vedere il mio viso, e con addosso vestiti non del solito nero.

Un anno fa, semplicemente, non riuscivo ad immaginarmi felice.

Ero una ragazza estremamente chiusa; avevo difficoltà nel relazionarmi con gli altri, anzi, non ci parlavo proprio, perché ero convinta che qualunque cosa avessi detto sarebbe risultata stupida o inadeguata al contesto.

Preferivo essere ignorata.

Serrare le labbra e guardare a terra.

La scuola, perciò, era un vero inferno per me.

Odiavo andare alla lavagna, sentivo il peso di tutti gli sguardi dei miei compagni addosso a me, pronti per vedermi fallire, ancora.

Ecco, ero terrorizzata all'idea di sbagliare.

Sapevo che non sarei mai stata in grado di rimediare ai miei errori. Ero troppo debole.

I miei capelli erano molto lunghi e perennemente sciolti, in modo tale da coprirmi, coprire i miei occhi neri, come le mie felpe.

All'epoca prendevo il treno, e c'era sempre un gruppo di ragazze che appena passavo iniziavano a ridermi dietro, a indicarmi e affibbiarmi terribili soprannomi.

Sapevano trovare un difetto in tutto ciò che facevo, dal modo in cui camminavo al mio tono di voce.

Mi facevano sentire così sbagliata.

E iniziai a vedermi come loro mi vedevano, senza pregi, con un carattere insopportabile, un fisico che era meglio nascondere sotto abiti di due taglie più grandi e un'autostima inesistente.

Detestavo essere me, volevo cambiare... ma non ne avevo idea di come fare.

Il mio umore iniziava ad essere sempre più instabile; qualche volte ero così arrabbiata da trattare male chiunque, altre volte così triste che temevo di sprofondare nelle mie stesse lacrime...

C'era un negozio, sempre aperto, dove vendevano fiori di tutti i tipi, e io ogni mattina ci passavo davanti, perché era nel mio tragitto stazione-scuola.

Quanto ho odiato quel posto.

Era sempre pieno di persone sorridenti e ragazzi che uscivano con enormi bouquet, e io non potevo fare altro che odiarli, e odiarli, perché sapevo che nessuno avrebbe mai regalato a me anche solo una semplice rosa.

E soprattutto perché l'unica persona che l'aveva fatto, è diventata poi in seguito la causa di tutto il mio dolore.

Perciò acceleravo sempre il passo, i miei occhi fissi sul cemento screpolato del marciapiede, la musica a tutto volume nelle mie orecchie.

Avevo deciso; volevo tagliare tutti fuori dal mio piccolo mondo.

Sapevo che se non mi sarei affezionata più a nessuno, non avrei più sofferto... eppure stavo già malissimo. Ricordo ancora perfettamente quel giorno; era una tiepida mattinata di marzo, e mi stavo dirigendo a prendere il treno. I miei capelli erano completamente sulla mia faccia ed ero immersa nei miei pensieri, ecco perché non mi accorsi che davanti c'era qualcuno, e gli andai a sbattere contro.

Due grandi mani m'afferrarono per le spalle, impedendomi di cadere.

Distinto, cercai di divincolarmi, ma non ci riuscii.

I miei capelli vennero fermati dietro un orecchio e una voce roca mi domandò se stessi bene.

Abituati a quella luminosità, i miei occhi misero a fuoco un ragazzo dai capelli scuri e un sorriso gentile.

Aveva un incarnato chiaro e uno sguardo dolce.

Mi ridomandò se stessi bene. Io scossi il capo in segno di si.

«Qual è il tuo nome?»

«Non parlo con gli sconosciuti», in realtà non parlavo a nessuno.

«Io sono Aaron, e mio padre lavora qui, al negozio di fiori più grande della città. Ogni tanto lo aiuto. Bene, ora mi sono presentato, quindi non sono più uno sconosciuto. É il tuo turno » disse incurvando ancora di più le labbra verso l'alto.

«Ashley. Io sono Ashley» e mi sorprese il tono della mia voce. Poi mi ricordai che era passato davvero tanto, tanto tempo, dall'ultima persona che voleva conoscermi davvero.

Iniziammo a parlare, o meglio, iniziai a spiaccicare qualche parola in quanto Aaron riempiva tutti i possibili silenzi imbarazzanti della nostra conversazione, cercando di farmi parlare attraverso una serie di domande, alle quali non ero obbligata a rispondere, in quanto erano solo per conoscermi meglio.

Eppure, volevo farmi conoscere da lui.

Notai subito il suo spiccato senso dell'umorismo, per non parlare del suo carattere così allegro e travolgente. Ed era davvero bello.

Fui così presa da lui che mi dimenticai del treno. Cavolo, il treno!

Non ho idea di come mi convinse ad accettare un passaggio in macchina da lui, probabilmente deve avermi detto una battuta e fatto ridere.

Dopo quel giorno, ogni volta che uscivo da scuola, Aaron si presentava sull'uscio del negozio di fiori, con una margherita in mano.

Voleva il mio numero, ma io ero troppo diffidente, perciò mi promise che finché non glielo avessi dato, lui mi avrebbe aspettato sempre, per tormentarmi con le margherite.

Mantenne la promessa. E la cosa più bella fu che una volta che glielo diedi, il giorno dopo, al posto delle margherite, aveva in mano girasoli.

«Il nostro rapporto sta crescendo, così ho pensato che anche i fiori si devono adeguare!»

Iniziò a telefonarmi e invitarmi a uscire. E io ne avevo voglia.

Mi piaceva passare il tempo con lui. Amavo i suoi discorsi e il suo modo di pensare.

Lentamente, iniziai a cambiare. Ero più... spensierata, tranquilla... felice.

Aaron mi dava l'amore di cui avevo bisogno dopo l'accaduto. Mi insegnò ad apprezzare ciò che mi circondava e a trovare il lato positivo in ogni cosa «E se non riesci a trovarlo» mi ripeteva « Ricordati sempre che ci sono io. E lo cercheremo assieme. E se non lo troveremo, beh, lo creeremo».

Con questa frase capii che è fantastico avere qualcuno che, nonostante tutto, rimane al tuo fianco, sempre. E non ti abbandona quando ti senti perso. E ti sta accanto quando ti senti sbagliato.

Divenni un'altra persona. Inizia ad aprirmi di più agli altri. Inizia a non vergognarmi del mio aspetto e del mio carattere, perché ad Aaron piacevano.

E iniziarono a piacere anche a me.

Come si dice, mi fece innamorare prima di lui, poi di me stessa.

Decisi di prendere il tram al posto del treno, così da non rivedere più quelle ragazze, nonostante non facessi più caso ai loro insulti da molto, molto tempo.

Tutti dicono che quando le persone cambiano, diventano talmente diverse da perdere tutti.

Eppure, se qualcuno cambia in meglio, allora le persone che ti lasciano significa che volevano solo il tuo peggio...

Ora, ogni volta che vado a scuola, scendo una fermata prima, per poter camminare, lentamente, davanti al negozio di fiori e sbirciare dalla vetrata lui che aiuta il padre dando consigli alla clientela dagli sguardi sognanti.

Ora so cosa si prova. E adoro immaginare a quale ragazza siano destinati quei bouquet, perché magari è una proprio come me, che non se lo sarebbe mai più immaginato di riceverli.

Riguardo a questo 'lui' non c'è molto da sapere.

Tutto inizio da un messaggio su Tumblr...
 

Alessia<3
 

   
 
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