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Autore: Katty Fantasy    22/08/2017    2 recensioni
Sul pianeta di Cybertron vivevano due razze aliene robotiche in conflitto: gli Autobot, coloro che lottano per la libertà, e i Decepticon, coloro che vogliono la tirannia; a causa della guerra, Cybertron venne devastato, Autobot e Decepticon partirono alla ricerca di Energon per sopravvivere, finché giungono sul nostro pianeta Terra: la guerra è destinato a riprendere.
Ma questa guerra coinvolgerà molte persone tra cui un’adolescente molto speciale: Mariangela Sharon Witwicky Bianchi, orfana di entrambi i genitori, viene affidata dalla zia, Rodhy Witwicky, assieme alla figlia adottiva Zoe, anche ella orfana e nata muta. La famiglia Witwicky si trasferisce a Jasper, in Nevada, dove le due ragazze faranno amicizia con tre coetanei: Jakson “Jack” Darby, Miko Nakadai e Raphael “Raph” Equivel. La vita di Sharon cambierà radicalmente quando lei e i suoi amici si imbattono con i Decepticon ma riescono a scappare e, in seguito, salvati dai Autobot….
Ora, Sharon e Zoe saranno coinvolte in questa guerra, dovranno superare molti ostacoli e le loro paure, nuovi Transformer, nemici e nuove avventure.
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(la storia ci sarà anche su Wattpad)
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Transformers: Prime
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Capitolo 1: Una nuova meta

 
 
<< Quando le stelle cadranno come sfere di fuoco, sul terreno batteranno tocchi di guerra. Guerrieri dalla corazza di metallo camminano alla rovina, amici e nemici in un conflitto eterno. Ma la speranza giungerà, finché non risorgerà la Figlia Perduta. Il segno dei Prime si illuminerà alla Prescelta che guiderà verso la Fonte. La Mappa Stellare mai più nascosta sarà, le tre chiavi unite dovranno essere. L’ultimo dei Prime sfoderà la spada dalla roccia. L’ultimo cavaliere e l’ultima discendente della Settima Generazione, finiranno la guerra e la grande salvezza di Cybertron, darà luce a una nuova era. >>
 
Sono le stesse e identiche parole che le rimbombano nella sua testa, ogni singola giornata, ma la maggior parte nel cuore della notte. Sharon continuava a sognare cose strane e inspiegabili: un paesaggio cupo e distrutto, strane torri di metallo di un nero come la pece che collegano ponti e strade ormai semidistrutte, il suolo era cosparso di cadaveri dall’aspetto di grossi robot ormai distrutti, rumori di spari ed esplosioni ad onda d’urto. Ma quello che le faceva spaventare è quando incrociava i suoi occhi a quel robot… un jet che sorvolava nel cielo fino a trasformarsi in un robot… la sua corazza di colore grigio metallizzata quasi nera e i suoi occhi di un rosso cresimi che le faceva accapponare la pelle… e infine quelle strane frasi che le dicevano nella sua mente.
Si svegliava di sopraffatto quando aveva solo sette anni, urlando a squarciagola e in un bagno di sudore nel suo letto, facendo svegliare i suoi famigliari e precipitare preoccupati nella sua cameretta. Gli adulti erano bravi a rassicurare con i propri figli dicendogli che era solo un brutto sogno, ma per lei non era così. Uno di loro chiesero a Sharon cosa avesse sognato o di che incubo si trattasse; la bambina alzava lo sguardo su di loro con i suoi grandi occhi color ghiaccio gonfi di lacrime, ogni santa notte continuava a ripetere la stessa risposta: “H-Ho sognato loro… ho sognato di nuovo gli uomini giganti di metallo che si  combattono!”
La maggior parte della sua infanzia veniva dedicato dalle visite mediche e dai psichiatri di tutto il globo, cercavano di trovare una spiegazione del suo misterioso trauma e continuando a prescrivere massicce farmaci; tutti pensavano che fosse solo una forma di fantasia visto da qualche film di fantascienza oppure di attirare la sua attenzione per non aver superato la fase dell’abbandonamento. Sharon non era una bambina normale come tutti gli altri, i suoi coetanei la consideravano strana e avevano paura che venivano contagiati dalla sua “fantasia distorta”, ma lei non era pazza, era solo una bambina che non sapeva nemmeno lei cosa stesse vedendo nei suoi sogni o cosa stesse facendo; all’età di dodici anni, passando da un psicologo a un altro, i suoi strani incubi diminuirono, riprendeva a mangiare e a ricuperare il sonno perduto. I psichiatri decisero di non prescrivere più medicinali e di venire da un psicologo una volta all’anno presso alla sede di Filadelfia per eventuali controlli emotivi. Per tutto quello che era successo, dell’incredibile casino che aveva combinato per dei stupidi sogni che non era riuscita a trovare un amico… le sole uniche persone che si poteva come oggi sono i suoi familiari: sua zia e la sua sorella minore.
Sharon si svegliò dal suo sonno pomeridiano a causa dei raggi del sole dai finestrini dell’auto, sbuffò irritata per il suo brusco risveglio, distesa poco comodamente sul sedile posteriore; stropicciò gli occhi per riprendersi dal sonno e alzò le braccia per stiracchiarsi un po’. Si alzò con il busto per rimettersi seduta, cacciando uno sbadiglio degno di un orso.
<< Alla fine ti sei svegliata, piccola orsetta. Hai dormito bene? >> chiese sua zia Rodhy, dietro allo specchietto retrovisore.
Rodhy Witwicky, una donna giovanissima di trent’anni che molti la scambiano una liceale, i capelli rossicci poco ricci e sempre legati da un chignon disordinato, solo qualche ciocca ribelle sulla fronte, i suoi occhi verde smeraldo così dolci che sembra un cerbiatto dietro alle lenti rettangoli dei occhiali da vista e le poche lentiggine sulle guance da bambina. Sembra una donna responsabile e allo stesso tempo una ragazzina scatenata e impulsiva. Da chi avrebbe preso quel carattere? Da lei.
<< Sì, un po’… e comunque, non chiamarmi piccola orsetta, chiaro? >> replicò Sharon, roteando i suoi occhi color blu notte.
Sua zia ridacchiò sull’ultima frase, conoscendo sua nipote, non le piace avere dei soprannomi come quello, ma per lei è solo un modo affettivo. << Fra non molto ci fermeremo a un autogrill, comincia a svegliare tua sorella. >> aggiunse, ritornando a guidare.
Al suo fianco, giace la figura addormentata di Zoe, appoggiata sul sedile di lato in modo scomodo e continuando a sonnecchiare, fortuna che non ha le scarpe perché sua zia non vuole che i sedili si sporcassero, i suoi capelli castani e lunghi le coprono il viso per via dei movimenti, una cuffietta l’è caduta sul grembo mentre l’altro sull’orecchio sinistro.
Sharon fece un piccolo ghigno, è sempre stata una tipa che ama fare solo dei piccoli scherzi innocenti a sua sorella e naturalmente ne subisce una dalla sorellina, diciamo che si vendicano a vicenda. Si avvicinò all’orecchio della ragazzina e urlò << Sveglia, Bella Addormentata! >>
Zoe sobbalzò come un gatto per lo spavento, i capelli le fecero coprire completamente la faccia e spalancò gli occhi color nocciola, per poco non cade sui tappetini della macchina e a sbattere contro il finestrino. Spostò le ciocche dal viso per poi spostare e si girò verso alla sorella maggiore con un’occhiataccia che nel frattempo scoppiò a ridere come una matta. Avrebbe voluto saltarle addosso e strozzarla per i suoi scherzetti innocenti.
<< Dovresti vedere la tua faccia! Ahah! Era epica! >> continuò a ridere come una matta Sharon.
Zoe si vendicò dando una serie di pizzichi letali sulle braccia della sorella, le due cominciarono con la battaglia tra pizzichi e solletichi sui sedili posteriori. È vero che si stuzzicano sempre ma era il loro modo affettivo. La zia non le rimproverò le due ragazze, si limitò solo a sospirare, tanto si sa già che non le fermerebbe nessuno quando cominciano a fare casino. Sharon bloccò la sorella minore con una semplice mossa, le prese per un polso e la fece girare dietro di sé come se fosse una trottola e le bloccò i polsi incrociando le sue braccia al petto, immobilizzandola. << Allora ti arrendi? >> le chiese, ridacchiando.
Zoe sbuffò, rassegnata e Sharon la liberò immediatamente, la lotta finì con la vittoria della maggiore dato che è più forte di lei, aveva frequentato il corso di karate e di raro dimostrava di mal menare qualcuno che prendesse in giro la sorellina oppure di essere presa in giro… tutto preso dallo zio Jim, un ex pugile che vive in Germania. Tutta la famiglia Witwicky era sparsa per tutto il globo e solo pochi vivono in America, erano poche occasioni che facevano visita ai suoi pro-zii durante le feste o durante le vacanze estive.
Dopo un’ora, l’auto si fermò ad un autogrill per sgranchire le gambe. La piccola famigliola non era ancora arrivata a Jasper, come chiamata da Zoe: “La Città del Nulla” perché è solo una piccola cittadina sperduta nel deserto del Nevada. Decisero di trasferirsi lì dopo aver fatto l’ennesimo incontro con il psicologo, il medico disse che Sharon era riuscita a stabilizzarsi del tutto e di non prendere più i medicinali, solo in caso di collasso, così prepararono i bagagli e partirono subito. Si era scoperto due mesi prima che sul testamento di un loro lontano parente abbia una residenza proprio a Jasper… coincidenze? Per Sharon non lo pensa così.
Ripresero di nuovo il viaggio dopo aver fatto il pieno di benzina, le due ragazze guardarono fuori dal finestrino i grandi canyon che passano sotto i loro occhi. Per loro era la prima volta che ne vedono uno da vicino. Sharon si sporse fuori del finestrino per vedere quelle rocce quanto il Colosseo di Roma, il vento che fischiano le orecchie e i capelli a caschetto color ebano che le svolazzano davanti il viso che continuò a spostarli con la mano. Un colpo sul tetto della macchina fece attirare la sua attenzione: anche Zoe era uscita dal finestrino con un sorriso beffo e i capelli scompigliati. Entrambe scoppiarono a ridere una volta rientrare di come ritrovarono i loro capelli spettinati.
In quelle ore di viaggio, fecero dei giochi infantili insegnate dalla zia, diciamo un buon passa tempo fino a che non si trovarono le mani tutte rosse. Intanto Rodhy accese la radio per ascoltare il CD dei Linki Park, la sua banda preferita, tamburellando con le dita sulla portiera al ritmo della musica e ogni tanto a controllare le due sorelle con lo specchietto: entrambe contemplarono il paesaggio in silenzio, guardando il deserto arrido del Nevada.
Sorrise nel vederle, loro fanno tutto insieme e si aiutano a vicenda, proprio come delle vere sorelle. Anche se non solo dello stesso sangue non importa, almeno Sharon non è più sola.
Zoe scossò la spalla della sorella maggiore e indicando sul suo finestrino, Sharon riconobbe quel mezzo di trasporto molto comune che ne rimase stupita: una Chevrolet Camaro del 2001, un modello magnifico e di colore giallo con le strisce nere da corsa. Di raro che ne trovassero uno e per Sharon lo era ancora di più dato che era un’esperta di motori.
La macchina li sorpassò con gran fretta e sfrecciare chissà dove nel bel mezzo del deserto.
Chissà se lo rivedrò di nuovo?, si chiese Sharon.
Forse per la ragazza non se lo scorderà affatto.
 
 
**************
 
 
<< In questa zona c’è un forte segnale. Questo vuol dire che sotto di noi c’è una miniera piena di Energon. >> disse Bulkhead.
La lucetta gialla continuava a lampeggiare da più di cinque minuti, sullo schermo verde del dispositivo di rivelatore che tiene in mano il demolitore, affiancato alla femme blu.
Quel giorno toccarono Blukhead e Arcee a cercare l’Energon, la loro scorta comincia a diminuire e danno a genio di affrontare i loro nemici nel caso di attacco, dopotutto devono pur proteggere i loro amici. L’Energon è la loro fonte di energia per sopravvivere, senza di essi diventerebbero ruggine e cadrebbero a pezzi.
Si trovano in una zona del deserto, i due furono fortunati di essere molto lontani dall’autostrada e in più non c’è alcun anima viva nei dintorni. Il segnale divenne più forte, segno che sono vicini a una probabile miniera, infatti trovarono una caverna dietro a un angolo… la sfortuna vuole che si imbatterono con i Decepticon che stanno estraendo i cristalli pieni di Energon all’interno dei contenitori, sentirono la voce squillante dello skreen argentato, Starscream, che continua a patire ordini.
Bulkhead e Arcee si nascosero dietro a una roccia.
<< Accidenti! Qualcuno ci hanno preceduto. >> esclamò Arcee.
<< E non credo che siamo soli, a quanto pare. >> disse Blukhead, sbirciando un po’ per vedere la situazione: Starscream non è solo a quanto pare, non è mica scemo andarsene solo, è uno fin troppo furbo e anche manipolatore ma non tanto bravo da calcolare le situazioni per diventare comandante ed eliminare Megatron. Dalla sua corazza vi era qualche graffio ancora rimanenti della dura punizione del Lord, a quanto pare. Dalla grotta uscirono Breakdown e una squadra di ricognitori, tra le sue mani tiene un oggetto difficile da identificare dalla distanza. << E quello che cos’è…? >> chiese il demolitore.
<< Non lo so, ma è meglio chiamare gli altri. >> disse Arcee, chiamando il medico dalla base.
Dall’altra parte, Breakdown continuò a girare fra le mani l’oggetto recuperato tra le miniere, sembra un cubo in miniatura fatta di metallo ma solo per metà, sembra che sia “spezzata” in due a forza… ma la cosa più sorprendente per lui è che sulla superficie ci sono delle incisioni molto familiari: Cybertron. Breakdown rimase stupito nell’aver trovato forse una reliquia, ma pensando bene la Nemesis non aveva rivelato altre coordinate per altre reliquie. Il che non ha senso… Intanto Starscream notò la sua presenza dopo un po’, fece una smorfia seccato che stesse “giocando” che invece di fare il suo lavoro. << Breakdow! Che diamine stai facendo?! Non dovresti stare nei paraggi nel caso che gli Autobot ci attaccano!? Razza di idiota!! >> gridò lo skeeren argentato.
Il compagno sbuffò di rabbia, lo odia nel modo in cui urla e credendo di essere il comandante oppure a fare il solito sapientone, comunque mostrò lo strano oggetto in mano, disse di averlo trovato durante gli scavi ed è uscito accidentalmente dalla parete.
<< Un… pezzo di metallo? E che dovrei farmene con pezzo di ferraia?! >>
<< Primo, non è un pezzo di metallo. Secondo, sopra ho notato che ci sono delle incisioni… provenienti da Cybertron. >>
Starscream rimase stupito, come può essere quell’oggetto a essere una reliquia? No. Sembra una qualsiasi rottame come tutte le altre, lo avrebbe buttato di faccia al Decepticon per dirgli che è un “buon annulla” o lanciato via per darlo in testa a qualche miniatore… ma ci ripensò subito dopo, stranamente fece lo stesso ragionamento del compagno: non può essere una reliquia, altrimenti sarebbe tra la lista sulla Nemesis, come le altre coordinate.
Forse prima che ritornasse una comune nave non era riuscito a scansionare altre? Probabile. Se Breakdown abbia trovato un oggetto proveniente dal pianeta natio dev’essere molto importante, basta che Soundware lo scansioni e capire cosa sia e trovare l’altra metà. Starscream prese l’oggetto fra le dita per analizzarlo meglio, riconobbe alcune di queste e granò gli occhi per lo stupore. << In effetti hai ragione… hai detto che lo hai trovato lì dentro? >>
L’altro annuì.
L’argentato riflette sulle probabilità di sapere cosa sia e come utilizzarlo, magari lo aiuterebbe e prendere il posto di Megatron, quindi decise di portarlo con sé sulla nave per studiarlo e forse a Knouckout gli si illuminerebbe la giornata. In quel preciso momento, un ponte terreste si aprì e al suo passaggio appare il leader dei Decepticon che poi si richiuse dietro di sé, i cybetroniani di entrambe le frazioni rimasero sorpresi.
Il mech dai occhi rossi guardò prima Starscream e poi Breakdown con aria da superiore. << Allora? Come procede? >> domanda il Lord, stranamente calmo.
Lo skreen argentato fece quel piccolo sorrisetto sforzato e lanciò indietro il pezzo del cubo mentre l’altro lo prese al volo << Oh, Lord Megatron, qui procede senza alcun intoppo. Come vedete, niente Autobot nei paraggi e solo Energon in quantità pronti a essere trasportati sulla nave. >>
Megatron non si fidava di Starscream fin da primo giorno che era unito ai Decepticon e neanche da quando era ritornato dal suo “coma”, dopo essersi impossessato della mente di Bulblebee. Sinceramente non gli era mai piaciuto che lui diventasse il secondo comando, il suo sguardo si posò su Breakdown. << Che cos’hai in mano? >>
<< L’ho trovato nelle miniere, Lord Megatron, tra gli scavi. Sembra un’oggetto inutile a vista d’occhio ma mi sono ricreduto. >>
<< Il motivo? >>
Breakdown glie le mostrò << Ci sono le incisioni della nostra lingua. >>
Megatron sgranò gli occhi e prese l’oggetto in mano, lo analizzò cautamente e vedendo i simboli con calma, dopo si stupì letteralmente di sapere cosa abbia nelle sue mani << Non può essere… questo è… >> non finì la frase che uno sparo lo interrompe.
Bulkhead e Arcee uscirono fuori dal loro nascondiglio e iniziarono a sparare con i cannoni a plasma contro di loro, i miniatori cominciarono a sparare mentre Breakdown si scontrò con gran voglia il demolitore verde militare, Starscream invece prese la sua forma aerea per attaccare dall’alto. Un ponte terrestre si aprì facendo uscire Bumblebee, Smokerscreen e Optimus Prime. << Megatron! >> gridò quest’ultimo, continuando a sparare.
<< Sono qui, Prime! >> incitò l’altro, correndogli d’incontro e sparando con il suo cannone posto al braccio destro mentre nella mano sinistra strinse l’oggetto.
Il combattimento con Megatron era il più difficile da abbattere per qualsiasi cybertroniano, chiunque lo avesse sfidato sarebbe morto, lui era un gladiatore e anche il più forte ed esperto in combattimento a corpo a corpo nell’Età dell’Oro. Sconfiggerlo non era facile, questo lo sa anche Bumblebee. I due giganteschi robot si scontrarono, lama contro lama, si guardarono a vicenda mentre la battaglia è in corso.
Quante volte aveva combattuto contro di lui per terminarlo? Tante ma senza successo, pensò il Lord fissando il Prime che una volta si consideravano fratelli.
I due leader si respinsero a vicenda, il grande vantaggio di Optimus era di avere le doppie lame e i cannoni a plasma per abbatterlo, dopotutto lo conosce fin troppo bene. Durante la lotta, il mech grigio colpì l’altro con una cannonata al petto e poi colpirlo con un pugno potente a metterlo a terra, il Prime tentò di alzarsi nonostante sia stordito da colpo; Megatron non perse tempo, poteva essere l’occasione unica di terminarlo una volta per tutte, fece uscire la lama del sua avambraccio e sollevarla… un colpo di cannone al plasma lo fece baraccolare: Bumbelbee era riuscito a intervenire appena in tempo.
Optimus colpì l’avversario con un cannone a plasma e a rialzarsi per combattere, mentre Megatron viene scaraventato da una parete della montagna. Poteva essere letteralmente finita fino a quando qualcuno diede la ritirata: i ricognitori e i minatori – mentre Breakdown e qualche Decepticon presero Megatron – entrarono di fretta al ponte terrestre, si direbbe che Starscream abbia comunicato il tecnico dell’agguato. << Via! Ritirata! Ci rivedremo di nuovo, Prime! >> disse l’argentato prima di trasformarsi.
I Decepticon scomparvero dal ponte spaziale, tutto ritornò alla tranquillità e gli Autobot rimasero vittoriosi per aver impedito i loro nemici di portare via le casse di Energon; Smokerscreen rimase entusiasta di aver combattuto questa volta con il Team Prime.
<< Wow! Avete visto? Abbiamo bang e mandato a gambe levate quei Decepticon! >>
<< Frena l’entusiasmo, “ragazzo del destino”, però hai pienamente ragione. Dopotutto abbiamo qualcosa da poter riempire il magazzino. >> disse Bluk, riferendosi alle casse.
<< Ah! Rachet ne farà i salti di gioia nel vederli. >> aggiunse di nuovo il giovane mech argentato e blu.
Optimus Prime comunicò al medico dalla base per la riuscita della missione e di aprire il ponte terrestre, con la coda nell’occhio intravide l’oggetto che teneva in mano il nemico, solo che durante la lotta non lo aveva notato. Si inginocchiò osservandolo attentamente, rimase perplesso, un oggetto che sembra solo un comune metallo ed era piuttosto strano che Megatron lo stringeva a sé? Che sia importante?
Il ricognitore giallo si avvicinò al leader, perplesso, cominciando a parlare con dei specie di squittì meccanici. *Qualcosa non va, Optimus?*
Il Prime alzò lo sguardo sul giovane ricognitore << Non lo so con esattezza, Bumbelbee. Credo che abbiano trovato qualcosa di importante e noi lo abbiamo sottratto. >>
*Che cos’è?* chiese l’altro, curioso.
<< Non ne ho idea… Lo porteremo con noi, forse Rachet ci dirà cosa sia una volta analizzata. Scopriremo di che si tratta. >>
   
 
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