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Autore: _Joanna_    22/08/2017    3 recensioni
Piccola fan fiction dedicata a Merope Gaunt.
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Dal testo del primo capitolo:
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"Un debole rumore di zoccoli, attutito dalle foglie umide sparse sull’acciottolato, annunciò l’arrivo di una carrozza.
Merope, come ogni giorno, si nascose dietro la rozza staccionata che delimitava la proprietà dei Gaunt.
Pochi attimi dopo, una bella carrozza scura risalì il lento pendio. Il tettuccio era stato tirato su, ma le tendine erano aperte e il profilo di un giovane dai lucidi capelli neri fece capolino.
Merope, estasiata dalla sua bellezza, lo guardò passare, beandosi di quei lineamenti precisi ed eleganti, di quegli occhi grigi e profondi che mai si erano posati su di lei.
“Un giorno” pensò Merope “Un giorno gli andrò a parlare”."
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Merope Gaunt, Orfin Gaunt, Orvoloson Gaunt, Tom Riddle Sr.
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Orfani'
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1.1
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Helleborus


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Era una fredda mattinata di dicembre.

Come ogni giorno, Merope si era alzata di buon’ora, aveva indossato uno dei suoi semplici abiti scuri e si era subito messa a preparare la colazione per suo padre e per suo fratello.
La stanza che fungeva sia da salotto che da cucina era gelida. Merope aveva acceso il fuoco, ma quello sembrava generare più fumo che calore: il locale, infatti, si stava già riempiendo di una sottile nebbiolina grigiastra. Avrebbe dovuto spalancare una delle sudice finestre, pensò, ma così la stanza non si sarebbe mai scaldata per tempo.
Presa dal panico urtò una delle tazze, che cadde a terra frantumandosi. Si affrettò a raccoglierne i cocci, incurante dei tagli che si procurava raccattando febbrilmente i pezzi di ceramica dai bordi frastagliati.
Poi udì un cigolio e un rumore di passi. Con il cuore in gola, incapace di muovere un muscolo, rimase inginocchiata sul lurido pavimento di pietra.
«Che stai combinando, stupida creatura?» si annunciò suo padre. Era basso e tarchiato, con spalle larghe e braccia lunghe.
«Mi è caduta» si giustificò Merope in un soffio: la bocca le era diventata improvvisamente asciutta e non era sicura che suo padre l’avesse sentita.
«Questo perché sei una piccola, sudicia Maganò» sbraitò suo padre, tastandosi il vecchio pigiama logoro alla ricerca della sua bacchetta.
Merope schizzò sotto il tavolo, in un patetico tentativo di sfuggire all’ira di suo padre, che però tardava ad arrivare: aveva lasciato la bacchetta nell’altra stanza.
«Che cosa fa?»
Era la voce di suo fratello Morfin. Merope poteva vedere le gambe dei due uomini avvicinarsi e fermarsi a pochi centimetri da lei. Le ginocchia di suo fratello si piegarono e la sua mano si allungò verso di lei, artigliandole il braccio, trascinandola via dal suo misero rifugio.
«Ti rendi conto di che ore sono?» le ringhiò in faccia Morfin.
«Sai benissimo che non ci devi svegliare» aggiunse suo padre in un sibilo rauco «Si può sapere che pensavi di fare?»
Merope non riusciva ad articolare nessuna parola. Aprì la bocca, poi la richiuse. Era stato un incidente, un piccolo, banale incidente, non l’aveva fatto apposta, non voleva svegliarli.
«Io lo so» ghignò Morfin, con un occhio che guizzava famelico da lei a suo padre, mentre l’altro volgeva uno sguardo impazzito per tutta la stanza invasa dal fumo «Oggi è un giorno speciale padre, non ricordi? Oggi è compleanno della nostra Merope»
Per un attimo nessuno fiatò.
«Ma certo, come ho fatto a dimenticarmene!» esclamò suo padre con voce pericolosamente acuta.
Suo fratello l’aveva lasciata andare, ma Merope non osava muoversi, sapeva che farlo avrebbe solo peggiorato le cose.
«Allora è arrivato il momento di consegnare alla mia dolce bambina il dono per la sua maggiore età» aggiunse suo padre, allontanandosi da lei e raggiungendo il vecchio mobile accanto alla porta. Rovistò un po' nei cassetti, finché non trovò quello che stava cercando.
«Ecco,» esclamò infine «Il Medaglione di Salazar Serpeverde».
Merope osservò ammirata il ciondolo dorato, finemente intagliato, e sentì le lacrime inumidirle gli occhi, mentre suo padre metteva amorevolmente al collo il prezioso cimelio: era il primo regalo che avesse mai ricevuto in tutta la sua misera vita.
Non si trattava esattamente di un dono spontaneo: come da tradizione della sua famiglia, infatti, i primogeniti di casa Gaunt ereditavano l’anello dei Peverell, le femmine l’antico medaglione del leggendario fondatore di Hogwarts.
«Sempre che tu ne sia degna» aggiunse suo padre. Aveva abbandonato il tono stridulo e ora parlava con voce bassa e strisciante, sinistra e minacciosa  «Vorresti tutte quelle cianfrusaglie Babbane, non è vero? Rispondimi!» urlò.
Merope era incapace di muoversi, di parlare. Restò in silenzio, terrorizzata, senza sapere in che cosa sperare. Non aveva senso, pensava spesso, vivere in quel modo.
«Ti ho fatto una domanda, piccola ingrata, schifosa Maganò» sbraitò di nuovo suo padre, afferrando la fredda catena del Medaglione, strattonandola. Piccoli solchi rossi si formarono ai lati del suo pallido collo, mentre leggere goccioline di sangue caldo le scivolavano lungo la gola, macchiando il colletto del vestito.
«N-no» balbettò alla fine e, dopo qualche istante, suo padre la lasciò finalmente andare.
Merope inspirò avidamente l’aria resa pesante dal fumo del camino, incurante del fatto che le bruciasse la gola.
Finì di raccogliere i cocci della tazza e li portò fuori, nel gelido cortile incolto.
Il sole pallido era velato da nubi bianche e pesanti: presto avrebbe nevicato.
La strada principale del paese correva proprio davanti all’umile e diroccata dimora dei Gaunt.
Un debole rumore di zoccoli, attutito dalle foglie umide sparse sull’acciottolato, annunciò l’arrivo di una carrozza.
Merope, come ogni giorno, si nascose dietro la rozza staccionata che delimitava la proprietà dei Gaunt.
Pochi attimi dopo, una bella carrozza scura risalì il lento pendio. Il tettuccio era stato tirato su, ma le tendine erano aperte e il profilo di un giovane dai lucidi capelli neri fece capolino.
Merope, estasiata dalla sua bellezza, lo guardò passare, beandosi di quei lineamenti precisi ed eleganti, di quegli occhi grigi e profondi che mai si erano posati su di lei.
“Un giorno” pensò Merope “Un giorno gli andrò a parlare”.
Ma, quando ancora lo scalpiccio dei cavalli era udibile in lontananza, Merope già sapeva che non l’avrebbe mai fatto.
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Angolino dell'Autrice

Salve a tutti! :)
Spero che la mia breve One shot vi sia piaciuta (almeno un pochettino dai)!
Avrei davvero bisogno di conoscere il vostro parere perchè, in effetti, c'è un'ideuzza che mi frulla in testa da un po'... Mi piacerebbe scrivere di Merope (e magari poi anche del bel Tom, chissà) perciò vorrei sapere se la cosa può interessare e trasformare così questa One nel primo capitolo di una long dedicata a Merope.

Quindi, siate gentili e fatemi sapere che cosa che ne pensate, nell'attesa vi abbraccio tutti! (sì, proprio tutti e se recensite vi dò anche un bel biscotto, quindi vedete di mandarmi in rovina, please!)

A presto,

_Jo

  
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