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Autore: Miss Simple    24/08/2017    1 recensioni
Le sensazioni dopo la tempesta erano sempre qualcosa di surreale.
Leopardi era riuscito a catturare quelle sensazioni, quei sentimenti esatti quando scrisse "La quiete dopo la tempesta", realizzai che prima o poi dovevo tradurre quella poesia a Donghae.
Lui era la mia quiete ad ogni mia tempesta.
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Donghae, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Club n°1'
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NA: Buon salve a tutti!!
E' da un po' che non ci si vede. Con questa piccola One Shot, collegata a Club N°1 vi anticipo che stiamo ritornando. Questa volta sul serio, avevamo detto sempre che ci sarebbe stato un sequel, non vi abbiamo mai mentito ma la vita va avanti e molte cose sono successe. Ma ci siamo, io e LadyMaknae abbiamo deciso che è ora. Dateci un po' di tempo in più, una trentina di giorni e scoprirete una nuova avventura di Andrea, Masha, Donghae, Kyuhyun e Co.
Intanto vi posto il link delle due storie precedenti per chiunque vorrebbe rinfrescarsi la memoria o chi vorrebbe iniziare a leggere.
Club n° 1: 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1757752&i=1

Club n°1~The Wedding Day: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3091299&i=1



L'inverno a Busan era davvero freddo, eravamo nel mese di febbraio e si toccavano ben 1°C. Sono una di quelle persone che adora il freddo invernale e le giornate piovose, rispetto al caldo torrido estivo. Lo è anche Donghae. Amiamo la pioggia, soprattutto guardarla scivolare giù sulla grande finestra, ogni goccia insegue l’altra in una danza infinita, ci rilassiamo così, restando sotto le coperte accoccolati rapiti da quella danza. Come avevamo fatto la notte appena trascorsa.
I primi raggi del sole entrarono furtivi accarezzandomi la pelle, istintivamente strinsi ancora di più gli occhi e sprofondai il volto nel solido petto di Donghae mugolando infastidita. Donghae percepì il mio disagio, stringendomi ancora più forte a sé.
 
"Mmmh...Dannato sole" piagnucolai sottovoce.
Il fastidio che provai era davvero tanto, troppo, non riuscivo a riaddormentarmi. Mi spostai dalla calda stretta del mio uomo, e feci per alzarmi e andare a chiudere le tende, che pigramente avevamo dimenticato aperte.
"Dove vai?" Mormorò senza aprire occhio e cercando di stringermi nuovamente a sé " è ancora presto. Non lasciarmi..." piagnucolò come un bambino.
"Chiudo le tende. Torna a dormire" dissi lasciando un tenero bacio sulla sua folta chioma. Mi alzai piano e mi avvicinai alla portafinestra, lo spettacolo, anche d’inverno, toglieva il fiato. Il sole si ergeva dalle acque e cominciava a mostrare i suoi meravigliosi raggi al mondo. La spiaggia, a tratti imbiancata dalla neve, sembrava costellata di diamanti.
 
Aprì la portafinestra, uscendo nel piccolo terrazzo e mi beai dell'odore della prima mattina. L’odore della sabbia bagnata, di salsedine, di rugiada. Le sensazioni dopo la tempesta erano sempre qualcosa di surreale.
Leopardi era riuscito a catturare quelle sensazioni, quei sentimenti esatti quando scrisse "La quiete dopo la tempesta", realizzai che prima o poi dovevo tradurre quella poesia a Donghae. Lui era la mia quiete ad ogni mia tempesta.
Inspirai quella dolce aria e rientrai. Chiusi per bene le tende e ritornai a distendermi accanto all'uomo che tanto amo. Lo guardai mentre dormiva beatamente. Osservai ogni minimo dettaglio di quel volto, era raro che mi alzassi prima di lui, essendo una dormigliona, così altrettanto raro che lo potessi guardare così, beato, innocente, vulnerabile. Pensai che ero stata davvero fortunata ad aver trovato lui, ad averlo accanto. Grazie a lui non mi ero mai pentita di essere arrivata quel giorno a Seoul.
 
"Ti amo così tanto" sussurrai lasciandogli un tenero bacio sulla punta del naso.
Rimasi ancora un po’ ad osservarlo e ad ascoltare il suo respiro pesante e calmo, il respiro di chi vive nel mondo dei sogni. Mi alzai, misi le pantofole e una sua camicia, uscì piano dalla stanza e mi diressi in cucina con l'intenzione di preparare la colazione. Notai che il frigo era quasi vuoto e nei pensili regnava la desertificazione, sospirai realizzando che obbligatoriamente dovevamo andare a fare la spesa prima di pranzo.
Presi quello che c'era per mettere su una colazione perlomeno decente. Canticchiavo un motivetto mentre tagliavo delle mele a tocchetti, ero così presa da ciò che stavo facendo che non sentì Donghae entrare in cucina, finché le sue braccia non scivolarono nella mia vita abbracciandomi teneramente e facendomi sussultare dalla sorpresa. Sorrise alla mia reazione, poggiò le labbra sul mio orecchio e lasciò un bacio.
 
"Anch'io. Ti amo così tanto anch'io" disse continuando a baciarmi teneramente.
Arrossì a quella dichiarazione improvvisa, e il mio cuore perse un battito.
"E-eri sveglio"
"Già."
"Oddio" dissi portandomi le mani al viso coprendomi per l'imbarazzo.
"Oh amore. Perché sei imbarazzata?" Disse voltandomi verso di lui e togliendo le mie mani dal mio viso.
"Lo sai il perché..."
"È bello quando mi mostri i tuoi sentimenti" ammise con un mezzo ghigno tra il divertito e il sognante.
"Ti odio" mormorai nascondendomi nel suo petto.
"No. Mi ami." Disse afferrandomi il volto per guardarmi negli occhi. Mi baciò. Un bacio calmo, senza fretta ma pieno di amore e passione.
"Buongiorno" mormorò sulle labbra.
"Buongiorno" risposi sorridendo.
Consumammo la colazione con calma, assaporando ogni piccolo momento, come di consueto Donghae mi fece sedere sulle sue gambe.
 
Anche se il sole splendeva timidamente su nel cielo, il freddo era davvero pungente. Quando uscimmo una folata di vento gelido si alzò e un brivido mi invase il corpo. Donghae era sempre attento ad ogni minima cosa che mi riguardasse. Si accorse di quel brivido che mi scosse le carni e mi avvolse le spalle avvicinandomi al suo caldo corpo riscaldandomi, mentre, in fretta, ci dirigemmo in auto.
Arrivati al supermercato ci dividemmo i compiti in modo da fare il più in fretta possibile. Non amavo stare chiusa all'interno dei supermercati per ore solo per fare la spesa, specie nei supermercati dei centri commerciali, immensi e dispersivi e sempre pieno di gente, di bambini urlanti, di madri stressate e di uomini al cellulare che chiedono cosa comprare. Per non parlare delle tizie attente al prezzo e agli sconti.
Ricordo che mia madre aveva questo vizio. Doveva controllare ogni singolo prezzo e marca prima di decidersi ad acquistarlo.
 
Dopo aver preso tutto ciò che ci serviva per riempire i pensili, il frigo e la piccola dispensa, mi diressi verso Donghae che doveva prendere detersivi e saponi igienici.
"Fatto!" Lo informai trionfante.
"Anch'io” mi rispose sorridendo. Ad un tratto il suo sguardo si spostò nello scaffale alla sua sinistra e indicò qualcosa.” Oh hai bisogno di quelli?" Disse indicando gli assorbenti.
Stavo per rispondere di sì quando la mia fronte si corrugò e cercai di fare un calcolo veloce. Realizzai qualcosa che avrei voluto tanto non realizzare. Avevo un ritardo.
Non dissi nulla, inghiotti l'eccesso di saliva, feci finta di nulla, annuì con il capo e presi comunque un doppio pacco scorta in promozione.
 
Lungo i corridoi per andare alle casse cercai di non far notare il mio cambio di umore a Donghae, ma continuavo a tenere la fronte corrugata, l'atmosfera era cambiata, l’ansia cominciò a farsi presente e il mio sguardo si puntò automaticamente sui prodotti farmaceutici quando passammo lì vicino. I test in bella vista, quattro o cinque tipi differenti, e il mio sguardo puntato su di essi.
Se Donghae si era accorto di qualcosa non lo diede a vedere. Non disse nulla di quel mio cambiamento o del mio osservare gli scaffali con atteggiamento da stalker.
Finché non varcammo la soglia di casa.
 
"Andrea, qualcosa non va?" domandò con calma, forse cercava di nascondere il tono di voce sinceramente preoccupato.
"Mmh? No!" asserì sorridendo e cercando di rassicurarlo.
"Ne sei sicura?"
"Ma certo Donghae. Perché non dovrei esserlo?" Continuavo a sorridere cercando di coprire la mia ansia.
Iniziai a riporre ciò che avevamo comprato negli scaffali e nei pensili, dandogli volontariamente le spalle.
“Ne sei davvero sicura, sicura, sicura?” mi chiese nuovamente sottolineando la parola sicura ogni volta che la ripeteva.
Presi un bel respiro, mi alzai e sorridendo gli risposi “Sì! Ne sono sicura” e ritornai a ordinare gli acquisti.
"Andrea" mi chiamò calmo ma io non gli diedi ascolto. Si alzò e mi venne vicino. "Andrea vuoi fermarti un secondo!?"alzò il tono di voce togliendomi quello che avevo tra le mani.
"Non gridare, ti sento" risposi infastidita.
"Allora dimmi cosa ti passa per la testa."
"Nulla. Te l'ho già detto"
“Non dire che non hai nulla. Ti sembra che non capisco?” chiese con tono infastidito
“Donghae, non ho nulla, quindi smettila”
“Non è vero. Hai qualcosa e voglio sapere cosa”
“Sai cos’ho? Ho i nervi perché non fai altro che chiedermi cos’ho quando non ho nulla!” gli risposi adirata piantando i miei occhi nei suoi.
Tirò un sospiro, sicuramente per tenere a bada i nervi.
"Mi credi scemo?"
"Cosa?" gli chiesi sorpresa.
"Andrea sai benissimo che non mi sfugge nulla, no? Hai cambiato atteggiamento in un attimo al supermercato. Che diavolo ti sta succedendo?"
"Dannazione Donghae nulla. Una donna non può avere uno sbalzo di umore ?!" Domandai innervosita e alzando un po’ troppo la voce.
“Uno sbalzo d’umore? Così? Dal nulla?” chiese incredulo.
“Sì, dal nulla”
 
Si allontanò un po’, i toni si stavano facendo sempre più caldi. Gli diedi nuovamente le spalle e lo sentì rovistare tra le buste.
"E già, sbalzi di umore. Sono normali se si è pazze, nel periodo del ciclo o…”
“O?” chiesi senza voltarmi
“... o incinta." Asserì tirando sul top della cucina il pacco scorta degli assorbenti.
A quell’ultima opzione rimasi congelata sul posto.
"C-cosa? Non dire stupidaggini."
"ODDIO ANDREA PERCHÉ DEVI SEMPRE FARE COSÌ?!" Gridò
"Ti ho detto di non GRIDARE"
"Allora smettila. Ho visto come il tuo sguardo era puntato sui test di gravidanza poco fa"
"Non è vero..."
"NON MENTIRMI"
“NON STO MENTENDO”
 
Ci urlammo a vicenda guardandoci negli occhi e respirando in modo pesante. Era vero. Stavo mentendo, io lo sapevo, lui lo sapeva, ed io non volevo ammetterlo.
“Andrea per l’ennesima volta. Cos’hai? E non MENTIRMI!” disse puntandomi gli occhi addosso e gesticolando freneticamente verso di me.
"VA BENE. OK. HO UN FOTTUTO RITARDO.CONTENTO?" Gridai esasperata.
Per un attimo calò il silenzio, mi sedetti esausta sullo sgabello. La testa fra le mani. Avevo lasciato andare quel peso con troppa furia e sentivo rimbombarmi nella testa le mie stesse parole.
 
"Quindi..."
Donghae lasciò in aria la domanda, si avvicinò mantenendo comunque una distanza. Aveva imparato a sue spese, fin da quando ci eravamo conosciuti, che in momenti come quelli, in cui si litigava, non avevo bisogno di nessun tipo di contatto fisico. Perché era lì che la mia parte debole si mostrava, veniva allo scoperto con ferocia.
"No..., aspetta non …cioè non lo so. Ho semplicemente un ritardo." gli dissi alzando lo sguardo.
"Va bene. Non è poi così male.”
“Non è così male in che senso scusa?”
“È un ritardo, ma potrebbe essere anche altro. Immagina un piccolo noi in giro per casa" Il tono di voce di Donghae era calmo e a tratti sognante. "Porterebbe più vita e amore in questa casa. Immagina, un piccolino che gira per casa, i giochi sparsi dappertutto, immagino già i ragazzi e le litigate per chi di loro sarà il padrino."
Sorrise. Sapevo che nella sua mente quegli scenari prendevano forma e vita, ma per quanto tutto ciò potesse essere sicuramente bellissimo non riuscivo a sorridere.
 
"No!" proruppi bloccando le sue fantasie
"C-cosa?" chiese con un tono di triste sorpresa.
"No! No Donghae, frena la fantasia. No...non voglio nessun bambino" dissi abbassando lo sguardo sul marmo dell'isola della cucina.
"Non…non vuoi un bambino?" domandò più per conferma. Sentivo la sua voce si abbassarsi di qualche tono con un accenno di delusione. "Non…non vuoi un bambino con…con me? " domandò ancora quando non ricevette nessuna risposta.
"Si, certo che voglio un bambino con te ...è solo..." alzai gli occhi e lo guardai. Mi pentì all’istante di ciò che stavo per dire.
Lo avevo ferito, era chiaro nei suoi occhi. Un velo di lacrime ricopriva le pupille, la sua espressione era di un dolore straziante e lui era immobile, una statua di sale. Gelato.
"Cosa Andrea? Io…io non capisco" mi chiese incredulo
"Io voglio avere un figlio tuo, un figlio nostro, voglio davvero sentirlo camminare per casa, i giochi e tutto, ma…ma non ora. Non adesso." dissi mentre le lacrime scendevano inevitabilmente dal suo volto. "Non sono pronta. Non posso diventare una madre adesso” forse fu per l’evidenza di ciò che dicevo, forse per il dolore che stavo procurando all’uomo che amavo sopra ogni cosa, ma le lacrime iniziarono a rigare il mio volto senza che potessi fermarle “Io...solo non p-posso. Non posso Donghae, non posso…"
"Tesoro non piangere..." disse lasciando andare un sospiro, si asciugò gli occhi e si avvicinò a me. Questa volta non lasciò nessuno spazio, mi abbracciò.
"M-mi dispiace...io..io…" cercavo di dire qualcosa ma non sapevo cosa. Balbettavo e basta tra i singhiozzi.
"Vada come vada sappi che sono sempre qui per te." Mi disse baciandomi la fronte. Fu troppo per me
Non dissi nulla, sospirai cercando di ritrovare la calma ma non ci riuscii.
"Ho...ho bisogno di uscire." Mi staccai dal suo abbraccio, mi alzai e indossai il cappotto. "Scusami ma ho bisogno di stare da sola. Ho bisogno di tempo da sola".
Uscì senza guardarlo negli occhi.
 
La temperatura si era abbassata notevolmente, il sole aveva lasciato spazio ad un cielo grigio, che da lì a poco avrebbe lasciato riversare le sue gocce. Non ebbi neanche il tempo di fare qualche metro in più che mi ritrovai a passeggiare sotto la pioggia. I miei pensieri erano pieni della discussione avuta con Donghae, le frasi urlate e dette mi frullavano in testa e mi sentì così in colpa. Non volevo ferirlo, ma avevo così tanta paura di diventare un genitore. Erano responsabilità, era una nuova vita, avrei messo al mondo una vita, un essere che aveva bisogno di protezione, un essere di cui avrei dovuto prendermi cura.
Cosa sarebbe successo se non fossi stata in grado?
Come potevo proteggerla se un giorno si sarebbe fatto o fatta male come alla sua mamma in passato?
So che avevo Donghae con me e un’intera famiglia su cui contare, una famiglia che non ci avrebbe mai lasciato da soli, in pericolo o meno, ma io non ero pronta. Avevo troppa paura.
 
Dei piccoli guaiti attirarono la mia attenzione, lì in un vicolo, un piccolo batuffolo, bagnato, infreddolito e tremante stava rovistando vicino ad un cassonetto alla ricerca di qualcosa da mangiare.
Era un cucciolo meraviglioso, dal pelo grigio e folto.
"Ehi piccolino..." richiamai la sua attenzione fischiettando.
Si voltò e mi guardò con i suoi piccoli occhi, sembrava un orsacchiotto. Un tenero orsacchiotto triste e spaventato.
"Vieni qui..." mi abbassai cercando di avvicinarlo a me. Ringhiò, tentò di graffiarmi e di nascondersi all'inizio ma poi cominciò a fidarsi avvicinandosi e annusandomi. Era diffidente, come me.
Dopo un po’ poggiò il musino sulle mie ginocchia come se mi stesse supplicando di aiutarlo. Lo presi tra le braccia e corsi verso casa.
 
Quando rientrai ero tutta fradicia come il cucciolo, notai con dispiacere che Donghae non era in casa. Mi affrettai verso la stanza da letto per indossare qualcosa di asciutto, evitandomi un raffreddore, e portai il cucciolo in bagno.
Lo lavai per bene, il suo pelo perse il colore grigio lasciando spazio ad un candido bianco. Lo asciugai e lo lasciai gustare la sua cena. Mi allontanai per coccolarmi un po’. Avevo bisogno di rilassarmi, di rigenerarmi con una bella doccia calda e buttar via tutto lo stress che avevo accumulato. Quando l'acqua calda colpi le mie spalle sentì come se un peso scivolasse via da esse. Mi chiesi dove fosse andato Donghae. Forse era uscito a cercami. Appena avrei finito la doccia lo avrei chiamato.
Dopo aver sciacquato via il sapone uscì dalla doccia facendo in fretta ad asciugarmi per paura che il piccolo cucciolo si sentisse di nuovo abbandonato.
Notai delle macchie sulla tovaglia quando asciugai le mie parti intime.
Tirai un sospiro di sollievo. Era un semplice ritardo.
Mi rivestì in fretta e mi diressi in cucina, ma il cucciolo non era lì né nel soggiorno. Lo trovai in camera da letto, dormiva beato sul tappeto vicino la portafinestra. Facendo attenzione a non svegliarlo lo poggiai sul letto e lo coprì con un plaid.
Sorrisi pensando che si era subito ambientato.
 
Donghae rientrò poco dopo, mi sorrise mentre riponeva il cappotto e l’ombrello nell’attaccapanni.
“Sei a casa” disse allegro.
Gli regalai un sorriso e dissi “Anche tu”
“Sempre!”
Mi si avvicinò, mi baciò e mi porse un pacchetto di carta, quando lo aprì trovai tre test di gravidanza. Alzai gli occhi e lo guardai.
“Dobbiamo sapere” spiegò “e siccome non sono sempre attendibili meglio ripeterlo”
“Non c’è bisogno.” Dissi mordicchiandomi il labbro. Avevo paura della sua reazione, paura di vedere uno sguardo deluso e triste.
“Mi è venuto” gli dissi d’un fiato.
“Cosa?” chiese incredulo. Ogni tanto non afferrava il concetto al volo.
“Il ciclo, mi è venuto il ciclo poco fa. Era un semplice ritardo”
“Oh. Bene” disse sorridendo.
“Mi dispiace” mormorai
“Va bene…” disse abbracciandomi tra le sue forti braccia.
Adoravo i suoi abbracci, mi sentivo sempre protetta. Quella protezione che non avevo provato finché Donghae non era entrato nella mia vita. Quella protezione che sicuramente un giorno avrebbe dato ai nostri figli. Una protezione incondizionata.
“Quando sarai pronta, amore. Non abbiamo fretta, abbiamo tutta l’eternità per avere dei bambini.”
“Beh non proprio, ho un orologio biologico io” scherzai, cercando di spezzare quell’aria pesante.
E ci riuscì ridemmo uno nelle braccia dell’altro.
“Ti amo” mi disse e nel suo tono di voce capì quanto fosse vero e quanto quelle semplici parole fossero riduttive nello spiegare i suoi sentimenti per me. A quella dichiarazione mi alzai leggermente sulle punte e lo baciai. Un bacio di scuse ma pieno di riconoscimento, odiavo litigare con lui ma quello che ne seguiva dopo ne valeva sempre la pena.
Restammo abbracciati in silenzio, respirando uno l’odore dell’altro.
 
Ad un tratto mi ricordai del cucciolo.
“Devo farti vedere una cosa” sorrisi.
“Mmh hai comprato qualcosa di invitante” scherzò scostando leggermente la scollatura della mia maglietta.
“Quanto sei scemo?!” Lo schiaffeggiai con finta indignazione.“No…ma è nella camera da letto” continuai giocosamente dandogli uno sguardo lascivo.
Gli presi la mano e lo condussi nella nostra camera. Quando fummo dentro vidi lo sguardo di Donghae passare dalla sorpresa allo stupore, meravigliandosi vedendo ciò che si trovava sul nostro letto.
Guaiva nella beatitudine, povero cucciolo doveva essere davvero stremato.
“Un… un cane? Dove l’hai preso?” mi chiese con tono felice
“L’ho trovato per strada sotto la pioggia. Poverino era così bagnato e affamato, non potevo lasciarlo lì.” Gli dissi assumendo un tono infantile.
“Sei impossibile” mi abbracciò lasciando un bacio sulla tempia.
“Pensaci…Possiamo prenderci cura di lui, non è un figlio ma è pur sempre una responsabilità. Prendiamolo… come un allenamento!” sentenziai.
Donghae ci pensò su qualche istante, ma era lampante che eravamo concordi nel tenerlo.
“Comunque dobbiamo prendere il pacco scorta dalla dispensa” asserì guardando Donghae che ricambiò il mio sguardo sorridendo e baciandomi il collo.
 
Quel giorno era stato così pieno di avvenimenti ed emozioni che mi ritrovai ad essere così stanca già alle prime ore della sera. In più la sveglia all’alba non aiutava molto. Ci sdraiammo sul letto, abbracciati. Nessuno dei due disse nulla per un primo momento godendoci della tranquillità. Il cucciolo, dopo aver giocato tutto il pomeriggio era crollato ai piedi del letto.
“Sai, sei diversa Andrea" 
“In che senso?" gli chiesi restando abbracciata a lui e nascondendo il viso sul suo petto.
“Sei diversa. Più morbida"
“Vuol essere un modo gentile per dirmi che sono ingrassata?" gli chiesi sarcastica
“No" disse ridendo “più morbida di carattere. Sei più serena, più tranquilla, più sciolta"
“Beh con te mi sento al sicuro, nella nostra semplicità"
“Semplicità?" mi chiese con tono sorpreso
“Sì, semplicità. Niente club, niente problemi, niente coltelli, niente nemici, niente armi"
“Niente Eunhyuk"
“Già, niente Eunhyuk" ridemmo di gusto a quella battuta. Donghae non riusciva a fermarsi.
“Ok, ok basta" disse quasi soffocando “basta Andrea non ridiamo più. Non ce la faccio"
Prendemmo respiro e smettemmo di ridere. Poco dopo Donghae sospirò.
“Cosa stai pensando?" Gli chiesi
“Alla sicurezza semplice. È una bella cosa, ma io..." in silenzio mise la mano sotto il cuscino e tirò fuori qualcosa " io questa la tengo sempre sotto il cuscino".
Mi ondeggiò la sua pistola vicino al viso.
“Ma! Cos... E questa?" Gli chiesi sorpresa alzando il busto per riuscire a guardarlo in viso “Com'è possibile che non la vedo mai quando sistemo le lenzuola la mattina o la sera?"
“Perché io la metto sotto il cuscino quando vai in bagno e la rimetto al suo posto la mattina quando mi sveglio. Dormigliona"
Ridemmo un po’ e tornammo ad abbracciarci.
 
Quella notte una lieve pioggia scese giù dal cielo, accompagnando i nostri sogni in un luogo tutto nostro.

 
  
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