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Autore: _kookieo    24/08/2017    2 recensioni
“Quella notte qualcuno tra le nuvole lassù sembrava aver deciso di voler ricordare ai mortali il vero significato della stagione che loro definivano con il nome inverno. La temperatura aveva raggiunto i -10°, quattro gradi più sotto delle minime medie invernali per la città di Seoul. […] Non avrebbe potuto esserci un contrasto maggiore tra ciò che si stava consumando all’esterno e l’atmosfera nell’appartamento 503.” 
 
Uniti da una salda amicizia, i giovani Jin, Yoongi, Jimin, Namjoon, Hoseok, Taehyung e Jungkook trascorrono sereni la loro vita a Seoul, riempiendo l’uno le giornate dell’altro da ormai alcuni anni. Ora che la fine di dicembre si avvicina è tempo di organizzare la loro solita festa di fine anno. Ci sono però sentimenti non ancora espressi che combattono sempre più per venire alla luce e che sconvolgeranno l’alba del nuovo anno. I ragazzi dovranno imparare che quello che sembra essere un equilibrio perfetto in realtà può imprigionare e immobilizzare come ghiaccio e che se si vuol vivere davvero bisogna permettere al sole di entrare.
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeon Jeongguk/ Jungkook, Min Yoongi/ Suga, Park Jimin, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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CAPITOLO I
 

Amor con l'età fervida
convien che si dilegue;
ma l'amistà ne segue
fino a l'estremo dì.

 
 
(Giuseppe Parini, Il brindisi, 1761)
 

 

28 dicembre 2016

Quella notte qualcuno tra le nuvole lassù sembrava aver deciso di voler ricordare ai mortali il vero significato della stagione che loro definivano con il nome inverno. La temperatura aveva raggiunto i -10°, quattro gradi più sotto delle minime medie invernali per la città di Seoul. Il cielo notturno era se possibile ancora più nero del solito e la presenza della luna si percepiva solo grazie alla pallida luce irraggiata dietro ai nuvoloni scuri che cercavano di coprirla, e che rendeva i loro contorni più evidenti e minacciosi. I fiocchi di neve cadevano gonfi precipitandosi e quando si posavano sul viso dei passanti esplodevano trasformandosi in fastidiose grosse gocce umide e fredde. Il vento soffiava agitato, rendendo del tutto impossibile servirsi di un ombrello. I pochi passanti che cercavano di aprirlo dovevano desistere subito, il turbinio d’aria troppo forte perché potesse aprirsi propriamente. Fino alla settimana prima un tempo del genere forse non avrebbe fermato le folle, smaniose di terminare gli ultimi acquisti di Natale per parenti e amici. Oggi però, quando già le carte delle confezioni regalo erano state stracciate e i fiocchi dei nastri sciolti, solo chi doveva necessariamente uscire si sarebbe avventurato per le strade.

Non avrebbe potuto esserci un contrasto maggiore tra ciò che stava avvenendo all’esterno e l’atmosfera nell’appartamento 503. La grande ghirlanda appesa fuori dalla porta d’ingresso era la perfetta anteprima di ciò che si sarebbe potuto trovare all’interno. Calore, accoglienza, allegria. Le decorazioni e i ninnoli natalizi che abbellivano pareti e mobili della stanza principale della casa segnalavano una grande cura e attenzione da parte di coloro che li avevano disposti. Il pavimento di parquet marrone chiaro era pulito e lucido, tranne alcuni graffi attorno alle gambe dei due divani e altri curiosamente al centro della sala, come se qualcuno ci avesse sistematicamente strisciato con delle scarpette. Il lampadario emetteva una luce calda leggermente fioca, tipica delle lampadine a risparmio energetico, che avvolgeva l’ambiente amalgamando i colori e creando giochi di sfumature e ombre tra i rami del piccolo abete decorato a festa. L’alberello era stato posto vicino al televisore e spinto bene verso il muro, in quella che forse era l’unica posizione che non desse intralcio, come aveva sostenuto uno dei tre inquilini della casa, ma che vista la lontananza dalla finestra all’altro lato della stanza era anche la meno indicata per la povera pianta, come aveva ribadito più volte un altro. Il terzo aveva semplicemente scrollato le spalle e l’alberello era così rimasto nel suo angolo, gonfio di ghirlande oro e argento e pesante di palline rosse. Nell’altra metà della stanza, un grande tavolo rotondo ospitava sette piatti, sette bicchieri, sette coppie di bacchette e tre bottiglie di birra Hite.

Un ragazzo sulla ventina si affacciò sulla soglia della cucina, che si trovava di fronte al tavolo. Andò in direzione di altri due ragazzi, più o meno anche loro della sua età, che si trovavano seduti con le spalle vicine presso la tavola. Il loro chiacchiericcio animato si spense all’improvviso appena videro l’altro che si avvicinava. O meglio, videro cosa indossava. Sopra al suo maglioncino di lana bouclè grigia il ragazzo aveva messo quello che doveva chiaramente essere un grembiule da cucina femminile, rosa a pois bianchi, con merletto ai bordi e taschina in alto al centro all’altezza del petto e con tanto di cuore rosso stampato sulla tasca a concludere l’opera. Le risate che seguirono il primo secondo di frastornamento non sorpresero Jimin. Quando uno dei due, più piccolo dell’altro per età, ma decisamente non per altezza, si era gettato in avanti sulla sedia e si era messo a ridere fragorosamente applaudendo ripetutamente, non aveva potuto far altro che mettersi le mani sui fianchi, alzare gli occhi al cielo e poi sorridere anche lui. Sapeva di essere abbastanza ridicolo. L’altro ragazzo seduto aveva avuto una reazione più contenuta, ma la sua espressione tradiva comunque divertimento anche se misto a un po’ di perplessità. Quando aveva visto Jimin uscire così dalla cucina sulle prime era rimasto incredulo, ma quando poi Hoseok si era piegato in due per il ridere lui aveva cercato di smorzare la risata che già gli era in parte uscita con una mano. Non riuscendo però a trattenersi del tutto, soprattutto per colpa del comportamento dell’amico lì vicino, si arrese ad una piccola risata e drizzandosi su con le spalle cercò di dire nella maniera più composta possibile: 

– Oi, Jimin-ah.. – pausa per soffocare risatina – che cosa… – altra pausa per altra risatina ­ – quali sevizie ti stanno infliggendo in quella cucina? Non so se voglio metterci piede. – e si mise a ridere di più, visto che Hoseok a questo commento aveva praticamente iniziato ad ululare.

– Jungkookie ha trovato questo grembiule in un cassetto della cucina e ha voluto che lo indossassi, io ho detto di no, ma non mi ha dato scelta. – rispose Jimin con tono di sconfitta, fingendosi triste, ma con gli occhi che tradivano il suo divertimento. Un viso sorridente, contornato di lisci e morbidi capelli marrone scuro fece capolino dalla porta della cucina. –  Allora? Che ve ne pare del nostro Jiminie-hyung? – Entrò in sala allegramente, guardando Hoseok e Yoongi con sguardo furbo e vivace. Indossava un maglione nero, la cui stoffa morbida era sottile per essere un maglione invernale, ma sufficiente a mantenerlo al caldo. Gli scendeva fino a poco sotto la cintura dei jeans, lento lungo i fianchi e rimanendo più aderente sul petto così che, grazie anche al colore scuro, riusciva a mettere in evidenza tutta la gloria del suo fisico allenato e della sua giovane età. Aveva 19 anni, ma vestito così avrebbe potuto sembrare un coetaneo di Jimin.

– Junkookie! Lo odi così tanto? – Disse Hoseok non riuscendo a smettere di ridere.

– Era nel cassetto di Jin!! – rispose Jungkook.

– Cosa sta succedendo dentro quella cucina? Jin! – chiamò Yoongi alzandosi lentamente. Si portò di fianco a Jimin, il quale nel frattempo arrendendosi agli eventi presenti aveva ora semplicemente incrociato le braccia sul petto, abbassato la testa e si stava portando una mano sugli occhi con fare sconsolato. Yoongi strinse con la mano sinistra la spalla destra del ragazzo e continuò a chiamare guardando in direzione della cucina quello che a questo punto era il principale indiziato per le nefandezze che stavano avvenendo davanti ai fornelli. 

– Jin-huyng! Sei il più grande! Cosa stai facendo a questi due bimbi?

I quattro ragazzi presero a ridere ancora di più, ormai l’uno contagiato dall’altro, e quando Jimin tra le risate si avvicinò di più a Yoongi, posandogli di istinto la testa sulla spalla, l’altro gli mise una mano sul fianco, quasi ad abbracciarlo. Durò un momento, poiché dalla cucina si levò uno sbuffo esasperato e Jimin si staccò da lui per guardare il ragazzo che rispondeva al nome di Jin arrivare come una scheggia.

– Jungkookie lo ha tirato fuori, perché state incolpando me?? – esclamò cercando di essere serio all’inizio, ma scoppiando a ridere appena finita la frase.

– Perché è il tuo! Mio no, e Namjoon non cucina, sei tu quindi il proprietario. ­– spiegò Yoongi.

Con le larghe spalle che sussultavano per il ridere e leggermente rosso in viso, Jin chiuse gli occhi per un momento, e dopo aver tirato un profondo sospiro rispose di averlo vinto ad una pesca di beneficienza e visto che il grembiule era assolutamente funzionale non aveva visto il senso di buttarlo solo per la discutibile fantasia.

– Forse piace a Namjoon-hyung. – disse Jungkook maliziosamente appoggiandosi con le mani al tavolo e piegandosi a ridere. A questo punto Hoseok si buttò letteralmente per terra, ormai con le lacrime agli occhi e lo stomaco che faceva male. Jimin prese a ridere ancora di più anche lui, lievemente rosso in viso per via dell’allusione di Jungkook, mentre Yoongi fece una smorfia schifata mormorando – Vivo qui, vi prego, cosa fate in quella cucina?

Jin si fece color porpora:

– Come siamo arrivati a me, il più innocente qui dentro, accusato di sevizie e atti di dubbio gusto quando è Kookie che ha fatto tutto??

Hoseok si rialzò da terra e con le poche forze che gli rimanevano chiese ansimando a Jungkook perché avesse voluto far indossare a Jimin quel grembiule tremendo.  

– Ho pensato gli si addicesse. ­– rispose semplicemente. Sembrava una presa in giro, ma l’affetto che c’era in quelle parole era evidente. Avvicinandosi a Jimin aggiunse poi tranquillo, sorridendo: – E poi fai sempre tutto quello che ti dico di fare, quindi è divertente.

Mentre Jimin prendeva a ridere di nuovo e dava dei piccoli colpetti veloci sulle braccia a Jungkook, Jin, fremente dall’inizio, richiamò i più giovani all’ordine, ricordando che c’era una cena da preparare e che sia il ramyeon che gli spiedini non si sarebbero messi sul fuoco da soli.

Yoongi non aveva apprezzato il modo in cui Jungkook aveva guardato Jimin mentre rispondeva alla domanda di Hoseok. Non era il solito sguardo furbo e sicuro tipico di Jungkook, il ragazzo che eccelleva in tutto ciò che decideva di fare. C’era qualcosa di più, non necessariamente negativo, ma che per qualche ragione faceva scaturire in Yoongi un sentimento simile alla preoccupazione. Non era la prima volta che si sentiva così nei confronti del ragazzo più piccolo, c’erano stati altri episodi in cui il suo stomaco si era sentito strano di fronte alle interazioni tra Jimin e Jungkook. Come se fossero presagi di qualche pericolo incombente. Era una cosa piuttosto sciocca da pensare. Ma Min Yoongi, 23 anni, laureato in Music Production, praticante in un’etichetta discografica da un anno, pensava spesso cose sciocche. Questa era ovviamente la sua personale opinione, la quale non era l’unica che contasse, ma certamente l’unica che avrebbe mai sentito visto che non era solito condividere ciò che passava ore a rimurginare. Per questo motivo, giusti o sbagliati che fossero, i giudizi sulle idee di Min Yoongi erano dati solo da Min Yoongi e Min Yoongi aveva decretato che tutta questa cosa, letteralmente non sapeva come altro definirla se non cosa, che sentiva per Jungkook era un’altra delle tante cose sconclusionate che si muovevano nella sua mente sovraffollata. Non aveva nulla contro Jungkook. Davvero. Era un ragazzo in gamba e Yoongi non aveva avuto problemi ad accettarlo quando aveva iniziato a diventare prima un ospite fisso delle loro cene di gruppo e poi di conseguenza un membro della loro compagnia. Queste cene a casa di Yoongi, Jin e il suo ragazzo Namjoon erano iniziate un paio di anni prima che Jungkook si trasferisse a Seul, quando ancora Namjoon non era ufficialmente fidanzato con Jin, Jimin e Tae erano al loro primo anno di università, ed era Hoseok a vivere in questa casa. Seppure amico con quest’ultimo da sempre, i primi due anni di università Yoongi li aveva passati in appartamento da solo. Hoseok, o Hobi, come a volte si divertiva a chiamarlo, era il suo unico vero amico e dato che durante il suo primo anno di università il ragazzo frequentava ancora l’ultimo anno della scuola superiore, Yoongi aveva deciso di affittare un piccolo studio per conto suo. Non era un granché, ma gli permetteva di concentrarsi sulla musica e i suoi studi. Neppure in seguito, durante il secondo anno di università, i due avevano potuto convivere, poiché nell’Accademia di ballo a cui Hoseok era stato ammesso vigeva la regola per le matricole di vivere il primo anno in campus. Dal terzo anno però le cose cambiarono. Hoseok era finalmente libero di scegliersi una casa ed ovviamente sapeva che sarebbe andato a vivere con Yoongi. Una coincidenza fortunata volle che durante il corso di rappresentazione teatrale a cui si era iscritto e che frequentava due volte a settimana facesse amicizia con l’all’epoca ventenne Kim Seokjin. Jin veniva da una famiglia piuttosto agiata, che possedeva un bell’appartamento spazioso con tre camere in una buona zona di Seoul. I suoi genitori gli avevano lasciato l’appartamento a disposizione, ma lui non si era ancora mai deciso a trasferirvisi. Quando aveva saputo che Hoseok stava cercando casa con un amico per l'anno scolastico successivo non aveva esitato due volte a proporgli di andare a vivere insieme a partire dall'estate. I due ragazzi si trovavano bene l’uno con l’altro, erano entrambi socievoli e pronti allo scherzo e dunque avevano legato più o meno sin da subito.

Yoongi aveva fatto la conoscenza di Jin una sera davanti a un ricco barbeque. Avrebbe detto di sì alla convivenza anche a scatola chiusa: innanzitutto il suo interesse principale era vivere con Hoseok ed era questo ciò che lo interessava; in secondo luogo, sembrava che all’amico piacesse davvero questo ragazzo e dunque Yoongi si fidava del suo giudizio. In ogni caso Hoseok ci teneva che i due facessero conoscenza prima del trasferimento e dunque accettò la proposta. Non se ne pentì perché passò una bella serata, durante la quale tra l’altro apprese che Jin era molto bravo a cucinare, un bonus assolutamente da non sottovalutare. Quella sera il ragazzo più grande pagò la cena, la prima di una lunga serie di volte in cui il suo portafogli sarebbe venuto in soccorso dei due, nettamente più squattrinati. Il bello di Jin però è che faceva cose del genere senza la minima traccia di presunzione o vanità. Non metteva mano al borsellino con aria di chi può concedersi tutto e regala in modo magnanimo il suo aiuto ai bisognosi. Yoongi aveva capito fin da subito che lo faceva per sincera generosità e con totale disinteresse. Questa impressione gli era stata confermata sempre di più durante il periodo di convivenza e si era dunque trattata di una delle poche volte in cui una sua idea non si era rivelata sciocca. Yoongi era grato a Jin anche di questo.

Jin non faceva mai nulla per apparire “figo”. Non era un qualcosa che ricercava perché onestamente non ci si sentiva. Aveva senza dubbio una bella presenza. Soprattutto quando indossava maglie a collo alto, come aveva fatto la sera del loro primo incontro in quel ristorante elegante dalle sedie con cuscini rossi, Jin aveva un portamento incredibile. Il suo volto era regolare e piacevole, i capelli castani e le labbra piene dalla forma insolita rendevano particolarmente bello un viso che sarebbe altrimenti stato semplicemente bello. Le grandi spalle e il torace ampio e ben sviluppato, oltreché l’altezza, completavano il quadro di una persona obiettivamente di bell’aspetto. Jin se ne rendeva conto, come però si rendeva anche conto di essere obiettivamente goffo. Dalla goffaggine però nasceva anche la spontaneità, e per questo Yoongi era più che contento di star ancora condividendo, tre anni dopo, lo stesso tetto con lui. Vivere invece con Hoseok un po’ gli mancava, anche adesso dopo più di un anno. Nell’estate dell’anno precedente l’amico era dovuto partire per uno stage di sei mesi che si era aggiudicato tramite la sua Accademia di danza. In quello stesso periodo Jin e Namjoon avevano ufficializzato la loro relazione per cui era sembrata a tutti l’opzione più naturale che quest’ultimo prendesse il posto lasciato da Hoseok. Yoongi anche in quel caso non aveva avuto nulla da ridire, in fondo era grazie a lui se i due si erano messi insieme e Namjoon era una persona come si deve. Quando poi Hoseok era tornato a novembre era andato a vivere in un altro appartamento insieme a Jungkook, “trovato” da Taehyung in qualche modo – Yoongi non ricordava mai bene i particolari dell’incontro tra i due – e praticamente adottato dal gruppo degli altri sei che ormai erano diventati come una grande famiglia. Ed esattamente come una famiglia si comportavano, senza filtri e stuzzicandosi a vicenda. Come stava avvenendo ora.

– Ma Namjoonie? Dov’è?? Hey, Namjoon-ah! – Hoseok guardò dall’altro lato della sala, verso il divano, cercando segni di vita dall’altro ragazzo. Nel frattempo dalla cucina iniziarono ad arrivare suoni di pentole che sbattevano e attività in atto, al che Yoongi pensò che finalmente le urla di Jin avevano avuto effetto e ci si stava dando seriamente da fare per preparare da mangiare. Mentre tornava a sedere sulla sedia da cui si era alzato prima guardò il vecchio orologio vicino la porta della cucina. Era appeso in equilibrio precario, ma miracolosamente ancora mai caduto. Il chiodo lo aveva messo Namjoon una giornata di due anni prima, quando la sua presenza in quella casa era solo di visita e doveva ancora dimostrare a Jin di essere un uomo, come disse esplicitamente Namjoon stesso. Guardando il risultato finale tutti i presenti in quel momento pensarono, ovviamente senza esprimerlo ad alta voce, che la decisione di Jin sul se Namjoon fosse un vero uomo o meno sarebbe sicuramente dipesa da altro. Nonostante tutto però, il chiodo reggeva ostinato. E l’orologio ora impolverato (nessuno si azzardava a toccarlo per pulirlo, nemmeno il super ordinato Jin) rimaneva impettito lì anche quella sera, segnando le otto e mezza precise. Yoongi si lasciò sfuggire un sospiro, lo stomaco che brontolava.

– Ha le cuffie, non sente! – suonò nel frattempo un’altra voce. Senza sentirlo parlare, nessuno avrebbe mai associato quelle parole calde e basse con la figurina di ragazzo che le aveva pronunciate. L’aspetto esile e delicato di Kim Taehyung non avrebbe infatti mai fatto pensare che potesse nascondere una tale tonalità di voce. Questa era però solo una delle tante cose che lo rendevano una persona particolare. Uscendo dal bagno ed entrando in sala aveva sentito l’amico chiamare Namjoon e poiché lo aveva visto alla sua sinistra sul divano agitare la testa a ritmo di musica con le cuffiette nelle orecchie si era sentito in dover di comunicarlo. Non sapeva bene cosa stesse accadendo, ma l’importante per Taehyung era buttarsi e partecipare, che si trattasse di grandi sfide della vita o conversazioni altrui senza importanza come quella in svolgimento ora. Mentre si avviava verso il tavolo cambiò direzione bruscamente, andando verso il divano, un’idea chiaramente in testa. La felpa rossa oversize che stava indossando lo faceva sembrare ancora più sottile, ma difficilmente quando si era attorno a Taehyung ci si riusciva a ricordare di quanto fosse gracile. L’energia che sprigionava dalle sue piccole ossa metteva in ombra tutto il resto e trasformava quella che all’inizio sembrava solo delicata fragilità in grazia. I suoi movimenti frenetici diventavano grazie al suo aspetto estremamente eleganti. Un’altra delle particolarità di Kim Taehyung, ventuno anni, specializzando al secondo anno di Arti Figurative.

Si avvicinò silenziosamente e a passetti piccoli al ragazzo che stava ascoltando la musica ad occhi chiusi, i piedi al caldo nei calzini grigi che battevano il ritmo. Taehyung gli si portò di lato, facendo ben attenzione ad essere il più silenzioso possibile, si piegò in avanti, poi strappò all’improvviso la cuffietta dall’orecchio della vittima e lo chiamò col suo nome urlandogli direttamente nel timpano.

L’urlo e salto del malcapitato Namjoon seguirono all’istante. Si ritrasse a un lato del divano con le mani davanti al petto, guardando con occhi spaventati la fonte del suo terrore.

– Taehyung!!! Che diamine…???

Il ragazzo in piedi di fronte a lui si mise semplicemente a ridere e Yoongi e Hoseok fecero lo stesso. Spaventare Namjoon era fin troppo facile, ma non per questo meno divertente. Saltellando per unirsi agli altri due, Taehyung comunicò a Namjoon che era probabilmente tempo di alzarsi da quel divano e sospirando Namjoon concordò. Mentre si alzava pigramente dal soffice divano nero e si avviava verso il tavolino, Hoseok gli disse:

– Ci chiedevamo cosa ne pensassi del grembiulino rosa di Jin.

– Quale grembiulino? –  Fece perplesso in coro insieme a Taehyung, il quale aveva perso tutto ciò che era accaduto mentre si trovava in bagno. Rispose Yoongi:

– Jiminah lo sta indossando ora.

Mentre però Taehyung si precipitò subito in cucina curioso di capire di cosa si stesse parlando, Namjoon scrollò semplicemente le spalle e si mise a sedere su una sedia, a un posto di distanza da Hoseok. Quest’ultimo osservò per un attimo il ragazzo che si era appena seduto.

–  Ci sono ospiti e tu li ignori.

–  Ti senti davvero nella categoria “ospite”?

–  Come sei rude Joonie. – disse Hoseok fingendo un’espressione ferita. Si rivolse poi a Yoongi: – Yoongi-ah, spiegami di nuovo come una persona così cortese e affabile come te sia finita amica di questo cafone?

– Era bravo a scuola.

La risposta asciutta di Yoongi arrivò mentre Namjoon si portava una mano sugli occhi ripetendo sottovoce –  Cortese e affabile… – e scuoteva la testa ridendo tra sé.

Kim Namjoon, classe 1994 come Jung Hoseok, sapeva fare tante cose. Parlare l’inglese, comporre musica e saltare anni scolastici per via della sua intelligenza erano nella lista. Cucinare o rendersi utile in casa non erano decisamente nella lista. Era anzi molto meglio non fargli toccar nulla, come dimostravano i numerosi cocci che ora giacevano nei cimiteri delle discariche di Seoul, resti di tazze che avevano avuto la sfortuna di fare l’incontro con le mani di Namjoon. Consapevole di questo suo limite, il ragazzo aveva reputato più opportuno non dare nell’occhio, e soprattutto non sabotare la cena di sette persone, mettendosi semplicemente tranquillo in un angolo del divano ad ascoltare nuova musica. Di solito in effetti pur non aiutando rimaneva con gli altri ragazzi per chiacchierare, ma oggi per qualche motivo si sentiva particolarmente stanco per cui aveva scelto la soluzione più riposante. In ogni caso Jin se la cavava egregiamente in cucina, si sarebbe occupato lui di tutto. Come al solito d’altronde.

Le risate di Taehyung che doveva aver visto Jimin nella sua tenuta rosa riempirono la stanza e furono seguite a breve da un nuovo urlo esasperato di Jin, al momento intento ad occuparsi delle verdure. Avere persone extra in cucina lo rendeva inquieto e la sua capacità di sopportazione quando oltre che a star cucinando era anche affamato diventava pari a zero. Tae stava distraendo sia Jimin che Jungkook, i quali avevano ripreso a ridere, e vista l’ora tarda al momento questo era un lusso che non ci si poteva permettere.

– Taehyungieee, non distrarmi la manovalanza!!!

Ognuno aveva il proprio ruolo all’interno di quella organizzata cucina, come sempre. Jungkook si stava occupando del ramyeon, per la cui preparazione sembrava provare una particolare simpatia e dunque quasi sempre si incaricava lui del compito di cucinarlo. Jimin era intento a preparare gli spiedini di carne, cavandosela piuttosto bene, mentre Jin, che si era messo un grembiule bianco per proteggere la maglia verde muschio e il cardigan beige che portava sotto, sovrintendeva e guidava come un abile capitano di nave tutte le operazioni culinarie, dispensando consigli e guidando i più inesperti. Gli sarebbe piaciuto che anche Namjoon avesse quantomeno provato ad imparare qualche piatto, ma ormai era un desiderio che sapeva non avrebbe visto esaudito in questa vita. Forse nella prossima, se le loro anime si fossero incontrate di nuovo, come lui sperava, avrebbe avuto più fortuna.

Come se Jin non avesse nemmeno parlato, Taehyung per tutta risposta si mise la mano nella tasca dei jeans grigi, tirò fuori il cellulare e mise della musica. Jimin prese a cantare la canzone sottovoce, muovendo leggermente la testa e facendo così cadere un po’ di ciuffetti di capelli neri davanti agli occhi, e aggiunse un pochino di olio a quello che già sfriggeva nella pentola con gli spiedini. Taehyung, che nel frattempo si era avvicinato saltellando a Jungkook, anche lui vicino ai fornelli, gli si mise a ballare dietro e Jungkook non esitò ad unirsi, agitando il bacino e le braccia a ritmo di musica e ridendo divertito. A questa scena Jin posò rumorosamente sul bancone la pentola su cui aveva appena messo le verdure crude e che si stava avviando a mettere sul fuoco e guardò i due con sguardo glaciale. Jimin dal canto suo semplicemente sorrise. Di nuovo ignorando del tutto l’impazienza del più grande, Taehyung continuò a ridere e prese Jungkook per i fianchi, aggrappandosi al maglione nero e sporgendosi al di là della sua spalla per osservare la situazione del cibo in preparazione. Il suo viso si rabbuiò. Il ramyeon non dava segni di essere ancora pronto e la carne degli spiedini era decisamente più rosa di quanto si fosse aspettato. Capendo che il momento di cenare non era poi così vicino come credeva sospirò deluso:

– Aaah, perché ancora non è pronto nulla?

– Non sarà pronto mai se non esci da questa cucina! – sbottò Jin, serio in teoria, ma incapace di rimbrottare il più giovane senza accennare un sorriso alla fine della frase.

Ridacchiando Jungkook riprese a mescolare il brodo, mentre Taehyung a malincuore si staccò da lui e uscì, lasciandosi alle spalle l’ampio bancone moderno, le tende bianche della porta finestra e le mattonelle delle pareti umide per la condensa del vapore sprigionato dal cibo in cottura. Non ancora pronto ad accettare la sconfitta, tornò alla carica nell’altra stanza. Posò il cellulare che aveva in mano affianco al suo piatto, al posto che avrebbe poi occupato durante la cena, vicino a Namjoon, e prese ad improvvisare un nuovo balletto di fronte ai tre ragazzi. Come era prevedibile Hoseok si alzò all’improvviso, entusiasmato dal ritmo, e si unì gioioso alla danza di Taehyung, facendo versetti acuti e agitando vivacemente le mani in ogni direzione. La netta disparità nelle capacità motorie dei due non scoraggiò all’iniziò Taehyung, il quale cercò di star dietro agli intricati movimenti dell’altro. Non poteva però competere con un ballerino semi-professionista, per cui dopo un po’ semplicemente si fermò, ridendo forte e continuando ad osservare Hoseok e la sua inesauribile energia.

Era davvero felice che Jimin fosse entrato nella stessa Accademia di danza del ragazzo e i due avessero così potuto avere l’occasione di diventare amici. Hoseok era al secondo anno quando aveva conosciuto Jimin, il quale invece aveva appena iniziato ed era quindi nuovo al mondo al di fuori della scuola superiore, come d’altronde lo era anche lui, Taehyung. I due ragazzi, all’epoca entrambi di diciotto anni, si conoscevano da quando ne avevano tredici e perciò ovviamente si erano trasferiti in casa insieme. Sebbene a volte fosse faticoso vivere lontani dalla propria famiglia, per Taehyung era comunque bello affrontare le piccole e grandi novità della vita da adulti con il proprio migliore amico. Rendeva tutto più semplice e più magico, se ciò poteva avere un senso. Erano entrambi alla scoperta dell’universo e della vita e intraprendere insieme questa avventura significava non solo condividere i momenti di difficoltà, ma anche contagiarsi a vicenda, passarsi tutto l’entusiasmo e la curiosità che potevano avere due ragazzi ancora estremamente giovani. Significava trasmettersi emozioni e guardare la realtà l’uno con gli occhi dell’altro, come appunto per magia. Sarebbe stato difficile dire fino a che punto ciò che ognuno dei due era ora non fosse stato dovuto alla presenza dell’altro nella propria vita. Proprio come una coppia di fratelli.

Era stata proprio questa loro unione a portare indirettamente alla situazione presente. Jimin aveva preso ad un certo punto a frequentare sempre più assiduamente la casa di Hoseok, quindi all’epoca questo appartamento, perché quest’ultimo si era offerto di aiutare il più piccolo con gli esercizi di danza. Il grande salotto spazioso era infatti ideale per muoversi liberamente, decisamente il contrario di quanto sarebbe accaduto nella piccola zona giorno della casa di Taehyung e Jimin. Quando per la prima volta Jin gli propose di fermarsi a cena con loro, Jimin, sentendosi in colpa all’idea di lasciare Taehyung da solo tutta la sera, chiese se poteva chiamare anche lui. Si può dire che fu da quel giorno che le ormai tipiche cene della compagnia ebbero inizio.

Mentre Hoseok continuava a far mostra delle sue doti di ballerino sotto lo sguardo divertito di Taehyung, impassibile di Yoongi e perplesso di Namjoon, dalla cucina si sentì arrivare nuovamente la voce di Jin, che chiedeva una mano da parte di qualcuno per occuparsi del taglio della frutta. Gli piaceva avere tutto già pronto e presentato in maniera appetitosa e invitante, per cui anche l’impiattamento della fine del pasto doveva essere preparato con cura. Rabbrividiva all’idea di quelle ciotole enormi dove la frutta veniva ammassata senza un ordine e lasciata alla mercé di ogni mano. Yoongi decise di proporsi. Far andare Namjoon non era in nessun caso una buona idea, neppure per sbucciare una mela, e Taehyung e Hoseok avrebbero rischiato di compromettere definitivamente i nervi già provati del capo cuoco. Entrò nella ariosa cucina trascinando leggermente i piedi. I pantaloni neri di tuta che stava indossando erano troppo grandi per lui, per cui gli davano un po’ di difficoltà quando camminava. Non voleva decidersi a buttarli perché ci era affezionato, ma li aveva dovuti relegare alla funzione di vestiti per casa. Non era inusuale per Yoongi indossare indumenti più grandi di lui. Non era alto, le sue spalle erano piuttosto strette e le ossa delle gambe estremamente sottili. Non sapeva nemmeno se avrebbe potuto metter su una massa muscolare, qualora un giorno ne avesse mai sentito il desiderio per qualche assurdo motivo. Per ciò che faceva aveva comunque bisogno solamente del suo orecchio musicale, che era ben allenato, e delle sue mani, anche loro della grandezza giusta e stranamente piuttosto maschili. Il resto di sé Yoongi non lo considerava particolarmente maschile, né tantomeno attraente. Questa era un’altra di quelle verità a cui credeva ciecamente e che non aveva mai dato l’opportunità a nessuno di sconfessare poiché rimanevano solo nella sua testa.

Tirandosi su le maniche della felpa che aveva messo sopra una maglietta nera a righe bianche chiese istruzioni precise su cosa dovesse fare. Sbrigativamente Jin gli disse come muoversi e lo mise a tagliare frutta seduto sul piccolo tavolo quadrato della cucina. Mentre era intento in questa occupazione la sedia vicino a lui si mosse, spostata da una coppia di piccole mani tondine. Riconobbe subito il proprietario. Jimin. Il ragazzo si sedette di fianco a Yoongi e appoggiando i gomiti sul tavolo si portò un braccio a tenere la testa mentre con l’altra mano si mise ad usare il suo telefono. Il suono del coltello che sbatteva sul tagliere, lo sfrigolare dell’olio e l’ululato del vento fuori dalla finestra furono per qualche minuto gli unici suoni nella stanza. Dopo un po’ Jimin parlò:

– Ho fame, hyung.

– Anche io Jimin-ah, ma in questa cucina accadono cose strane e noi intanto fuori moriamo di fame. – Girò la testa di lato per guardarlo e squadrandolo velocemente sorrise:

– Jungkookie ha ragione, ti si addice.

– Woaah, basta, per favore – rispose l’altro, sorridendo a sua volta e coprendosi il volto con una mano. Le orecchie gli si erano fatte leggermente rosse.

– Jimin-ah, devi imparare a farti rispettare. – disse guardandolo con uno sguardo misto a divertimento e tenerezza. Jimin si limitò a fare spallucce, sempre sorridente, dando ad intendere che quello era lo stato delle cose e ormai se ne era fatto una ragione.

– Farsi rispettare?? Yoongi-hyung, non mettergli strane idee in testa!

Jungkook aveva udito quanto i due ragazzi si erano detti e si stava dunque precipitando ad andare in difesa dei propri interessi. Il suo ramyeon era pronto, un coperchio messo sopra al pentolone per tenerlo caldo. Avvicinandosi a Jimin gli mise le mani sulle spalle e con una salda stretta gliele scosse leggermente. Jimin emise un finto gemito di dolore. Jungkook lo guardò solo per un attimo. Era consapevole di essere molto più forte sia di Jimin sia di chiunque altro del gruppo, ma sapeva anche di essere bravo a regolare bene la sua forza e dunque era anche sicuro che Jimin non stesse provando realmente dolore. Facendo scorrere le mani lungo il maglioncino grigio le portò ai lati del braccio del ragazzo, continuando a tenerlo ben stretto e piegandosi leggermente verso di lui.

– Se non fosse arrendevole, non sarebbe Jimin-hyung. – concluse sorridendo.

Yoongi dette un piccolo sorriso alle parole del ragazzo, guardandolo velocemente per poi tornare a fissare lo sguardo sulla lama del coltello, bagnata di piccole goccioline di succo di mela. Prese a contarle e poi si chiese perché. Nel frattempo Jimin stava cercando di difendersi. La sua risata chiara e dalla tonalità leggermente più acuta del normale per un ragazzo era decisamente segno di come non si fosse offeso.

– Io non sono arrendevole! – disse accompagnando le parole a piccoli colpetti sul braccio di Jungkook. Da parte sua Jungkook semplicemente alzò un sopracciglio e disse:
– I tuoi spiedini stanno per bruciarsi, devi girarli.

Jimin si fece quasi serio e molto incredulo: – Non puoi andare tu visto che sei in piedi?

– No.

Con un sospiro Jimin si alzò e si affrettò verso il fornello, terrorizzato all’idea di commettere un simile errore davanti a Jin. Eppure Jin avrebbe urlato se avesse visto qualcosa bruciare… Yoongi sapeva cosa stava per accadere, e scosse la testa come a dire non c’è davvero speranza che impari.

– Li avevi girati tu gli spiedini, ma mi hai fatto alzare!! – esclamò appena vide la situazione della carne nella padella. La risata di Jungkook irruppe fragorosa e anche Jin nonostante tutto quel caos prese a ridere piano. Jimin era davvero senza speranza.

Avvicinatosi con una piccola e leggera corsa al ragazzo che continuava a ridere piegato in due e battendo piano le mani, Jimin prese a dargli altre piccole botte sulle braccia, in parte divertito anche lui, in parte lamentandosi.  

– E avevi detto che non eri arrendevole!! – questo pensiero suscitò ancora più ilarità in Jungkook che tra le risate sollevava le braccia cercando di ripararsi dagli attacchi di Jimin. Alla fine decise di porre fine alla situazione bloccandogli entrambe le mani, girandolo e prendendolo su per un fianco come se fosse stato una piuma. Quando lo sollevò da terra Jimin si mise a ridere ancora di più e prese a scalciare piano senza però molta convinzione, sapendo di non avere speranze di liberarsi da quella morsa da solo senza che Jungkook decidesse di sua volontà di lasciarlo andare. Yoongi si fissò ad osservarli.

La voce di Jin che decretava con sicurezza – Fra venti minuti mangiamo. – lo scosse e lo fece tornare alla sua frutta, riportando anche gli altri obbedienti alle loro file. Jimin, finalmente rimesso giù, si posizionò di nuovo nella sua postazione davanti alla carne, mentre Jungkook, che non aveva più nulla di particolare da fare, decise di sistemarglisi vicino, piegandosi con un braccio lungo il bancone e dicendo cose che portavano l’altro a ridere in continuazione.

In effetti, come profetizzato dallo chef, dopo venti minuti tutto era pronto. Quando si misero a tavola portando il cibo fumante, Jimin prendendo posto vicino a Yoongi, Jungkook tra Jimin e Taehyung e Jin in mezzo a Namjoon e Hoseok, i tre ragazzi furono accolti dall’applauso generale degli altri quattro, ormai in lacrime per la gioia di poter finalmente placare i loro stomaci. La serata procedette tranquilla come sempre, al caldo confortevole di quella casa che ormai da diverso tempo aveva smesso di essere solo casa dei legittimi inquilini e aveva preso ad essere un po’ la casa di tutti. Vi furono come sempre urla, risate, le battute imbarazzanti da parte di Jin, i salti improvvisi sulla sedia di Hoseok, le frasi senza senso di Taehyung, momenti di caos e momenti di silenzio confortevole. Il piccolo universo che si erano creati, l’equilibrio che avevano costruito nel corso degli anni era sempre riuscito a mantenersi stabile. Non si era scomposto nemmeno quando Yoongi e Namjoon si erano laureati e avevano preso a lavorare. O quando Hobi aveva cambiato casa. Neppure quando si era unito al gruppo Jungkook. Le stagioni si erano susseguite, la natura attorno a loro aveva spesso mutato forme e colori, e loro stessi erano cambiati a poco a poco, in quella crescita continua che è tipica dell’inizio della giovinezza, senza che tutto ciò intaccasse il loro legame. In questo momento, chiunque tra i sette ragazzi avrebbe risposto che sì, di nuovo la primavera avrebbe trasformato il paesaggio e ancora una volta loro l’avrebbero salutata fieri della consapevolezza che se il passare del tempo poteva cambiare il mondo, non sarebbe riuscito ad avere effetto sulla loro unione. Ma la primavera era lontana e c’era ancora un altro inverno da passare.
 

 

 

 

Note dell’autrice: Ciao a tutti! Grazie tantissimo se avete letto questo primo capitolo e grazie ancora di più se dedicherete cinque minuti a leggere queste note. Questa è la prima volta che scrivo (o provo a scrivere) qualcosa che non sia una oneshot quindi non posso dire di essere pratica di storie lunghe. Lette tantissime, ma scritte, come ho detto, mai. Di solito sono sempre andata su storie autoconclusive e solo in un paio di casi le avevo cercate di allungare di qualche capitolo, ma poi non sapendo bene cosa fare della storia mi sono fermata (né le ho mai pubblicate). In questo caso invece per la prima volta ho progettato una trama completa per cui l’idea è quella di finirla. Scrivere mi piace tantissimo, ma non posso dire di essere una macchina sforna storie. Una volta che ho una trama scrivo anche per dieci anni, ma il mio problema è proprio creare trame. Dal momento che ora una trama ce l’ho, ho deciso di voler cimentarmi in questa impresa e dunque provare a buttarla tutta giù. L’ho preso come un esercizio per me stessa, per divertirmi a vedere come si fa a creare e realizzare una storia e dei personaggi dall’inizio alla fine. Mi scuso dunque fin da ora se a tratti nella mia storia dovessero capitare incongruenze o cose che hanno poco senso. Spero ciò non accada, ma gli errori capita di farli. Un feedback mi sarebbe dunque incredibilmente utile, per cui se avete modo di lasciare un commento mi fareste una donna davvero felice <3


Quanto ai personaggi della storia e a come saranno costruiti: una cosa a cui cerco sempre di stare attenta è la caratterizzazione, perché di solito non mi piacciono molto i personaggi OOC. Adoro i BTS con tutta me stessa, e vorrei davvero descriverli nella mia storia in modo tale che siano almeno simili alle loro vere (o comunque quelle che ci vengono mostrate) personalità. Non devono essere realistici al 100%, ma quantomeno credibili. Dato che non ho grande esperienza in fatto di creare personaggi per storie lunghe, se ci sono consigli (non solo qui, ma anche nel corso degli altri capitoli) sulla loro caratterizzazione, siete i benvenuti.


Queste note dovevano limitarsi a due righe, ma ecco già scritta una pagina di word. Mi fermo qui. Nelle note del prossimo capitolo magari entro più nel dettaglio della storia, ma per il momento non credo ci sia molto da dire, questo capitolo è introduttivo, l’azione inizierà a muoversi un pochino dal secondo. Per favore, se avete letto questo leggete anche quello. <3


PS: non sono mai stata a Seul, quindi le mie descrizioni della città sono assolutamente generiche, così come non so in dettaglio come funzioni il sistema scolastico coreano, per cui ho preso a riferimento quello europeo con scuola superiore di 4 anni e università con 3+2. Era più semplice fare così e poi a livello di trama la loro istruzione non è un punto chiave, per cui spero vada bene anche così ;)
 
Ci vediamo sul capitolo due, baci
Elle

   
 
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