Fanfic su attori > Robert Pattinson
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Autore: RiceGrain    17/06/2009    21 recensioni
Da quando lui se ne era andato avevo deciso di chiudere i ponti con la famiglia Pattinson. Avevo creduto che avrebbe fatto meno male, forse, far finta che quella parte della mia vita non fosse mai esistita.
Stupida illusa.
"-Forse è stato meglio che tu non sia venuto, altrimenti avresti trovato il tuo posto occupato-
L’azzurro dei suoi occhi si fece improvvisamente più scuro.
-Forse è così che devono andare le cose, Rob. Non vedi? Non riusciamo mai a trovare il momento giusto. Gli passiamo accanto e non lo cogliamo mai.-
"
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '๑Maybe Memories๑'
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L'odore di caffè stantio in questa cucina mi darà la nausea prima o poi, me lo sento

LISTEN TO à http://www.youtube.com/watch?v=-Q6nKP10j4s

 

 

 

1

 

 

 

L'odore di caffè stantio in quella cucina mi avrebbe dato la nausea prima o poi, me lo sentivo. Come una lenta consapevolezza che ti scivola dentro, dura ma inesorabile e più ti ci fissi, più diventa concreta e di conseguenza inevitabile.
Com'era possibile che nessuno fosse più stato a casa sua? Insomma, d'accordo che io mi ero rifiutata categoricamente di rimetterci piede - il suono delle nostre risate in quelle stanze era ancora troppo chiaro e fresco - ma mi aspettavo che quantomeno Victoria o Lizzy l'avrebbero fatto, perlopiù per cercare di evitare quell'aria di disfacimento totale che adesso regnava sovrana nel piccolo mondo di Robert Pattinson.
Sollevai il coperchio di una pentola e lo riabbassai l'istante successivo, disgustata. Ma era partito così in fretta e furia? Neanche il tempo di pulire le stoviglie?
Scossi la testa e un po' mi venne da sorridere.
Tipico di lui d'altronde.
Un giorno ci sei, quello dopo sei dall'altra parte del mondo. Ed io che come una stupida lo avevo aspettato sotto la pioggia torrenziale, senza uno straccio di ombrello, solo per poterlo salutare, per augurargli buona fortuna, per assicurarmi che sarebbe stato bene là, da solo. Il mio piccolo Rob.
Ma lui non era venuto. Inutile dire come lo sapessi, come il ricordo di quello che era successo tra noi il giorno prima bruciasse ancora come fuoco dentro me, eppure avevo soffocato la mia vocina interiore e ci avevo creduto.
Riuscii a sentire di nuovo chiaramente ogni singola goccia di pioggia posarsi delicata sulla mia fronte.
Ma lì sulla nostra panchina, ero rimasta sola.
Non c'era voluto poi molto prima che quel pensiero mi entrasse dritto dritto nel cervello e vi penetrasse così a fondo da lasciarvi una cicatrice indelebile. Avevo pianto quella sera, da sola, come lo sarei stata da quel momento in poi. Sul pavimento del salotto, sdraiata lì ad ascoltare la nostra canzone.
Niente sarebbe mai più stato lo stesso.
Perchè siamo dovuti crescere, Rob? Perchè le cose sono dovute diventare così complicate? Non era meglio quando tu eri semplicemente il mio dreamcatcher, ed io la tua dose di zucchero quotidiana?
Ti ricordi, riuscivamo a stare svegli tutta la notte solo a contare le stelle, o a leggerci le storie o ad inventarle completamente se non avevamo voglia di leggere. E tutto era colorato quando ero insieme a te. E non smettevo mai di sorridere, non sapevo neanche che si potessero provare sentimenti che non fossero allegria e libertà.
-Tesa?- la voce di Lizzy squarciò la bolla dei ricordi e mi fece tornare con i piedi per terra.
-Un po’- le sorrisi, con una stretta allo stomaco improvvisa.

Mi ero scordata quanto assomigliasse a Robert, nonostante fosse cambiata dall’ultima volta che l’avevo vista. I capelli più corti e una nuova luce negli occhi. Mi ci era voluto un secondo per capire che della Lizzy che conoscevo un tempo, non era rimasto niente.

Da quando lui se ne era andato avevo deciso di chiudere i ponti con la famiglia Pattinson. Avevo creduto che avrebbe fatto meno male, forse, far finta che quella parte della mia vita non fosse mai esistita.

Stupida illusa.

-Credo che gli farà piacere trovarci qui- fece Lizzy dopo un po’, guardandomi in volto.

Non le risposi, cercando disperatamente di credere in quale universo parallelo a Robert avrebbe fatto piacere la mia presenza a casa sua.

-Tutte e due- puntualizzò lei, forse notando la mia espressione avvilita.

Non potei trattenere una risatina nervosa, sarebbe stato davvero così?

Purtroppo ne dubitavo fortemente.

Il modo in cui ci eravamo lasciati non lasciava spazio a niente da equivocare, il solo ripensarci bastava a mandarmi il cervello in pappa, nonostante fosse passato quasi un anno.

Si sedette al tavolo di cucina e continuò a guardarmi, in silenzio. Forse non aveva coraggio di chiedermi perché all’improvviso avessi smesso di farmi sentire, di chiederle di andare a fare shopping e tutte quelle cose che facevamo insieme.

Eravamo amiche io e Lizzy, eravamo cresciute insieme praticamente, nonostante fosse Robert il mio migliore amico e la persona con la quale avevo condiviso tutto.

Ma Lizzy era solo un anno più grande di me, ed a volte era bello avere un’amica con cui parlare del più e del meno, che avere sempre e soltanto aver a che fare con i progetti sconclusionati di Robert.

 

Eppure era lui quello da cui correvo quando il mondo faceva schifo, ma schifo davvero.

Sempre con lui preparavo le ricerche per i progetti del laboratorio di scienze, o dipingevo le pareti della mia camera color glicine

 

“Ma che colore è il glicine?”

“Taci e dipingi”

“Agli ordini, signorina”

“E non ridere, un giorno capirai”

“Cosa? Il perché stiamo facendo diventare la tua stanza come la casa di Barbie?”

“No, genio. Perché è così importante per me”

“Ma io lo so, Sugar”

“Davvero?”

“Sarah Crewe, la piccola principessa. Secondo te aveva una camera dalle pareti color glicine.”

“Non posso credere che te lo ricordi, avevamo 7 anni!”

 

 

Una fitta all’altezza del petto mi ricordò che non faceva mai bene farsi trasportare dai ricordi, e velocemente tornai con la testa al presente.

Adesso non c’era nessuno con cui condivedere la mia stanza dalle pareti color glicine.

-Sugar- alzai gli occhi su Lizzy e la trovai ancora intenta a fissarmi, probabilmente non aveva mai smesso.

-Non voglio farmi gli affari tuoi, né tantomeno essere indiscreta ma non ho mai capito…-

Abbassai velocemente lo sguardo e lei si bloccò all’istante.

-Se non ti va di parlarne non c’è problema- continuò, ma il suo tono suggeriva tutt’altro.

Continuai a tenere lo sguardo basso, trattenendo il respiro. Non ne avevo mai parlato con nessuno, mai. Non che ci fosse qualcuno con cui parlare, ad essere del tutto sinceri, ma in qualche modo, essendomi tenuta quello che era successo solo per me era come se non fosse mai accaduto davvero, e adesso parlarne con qualcuno equivaleva a rendere tutto troppo reale.

Il pensiero di ammettere a voce alta quello che era successo fra me e Robert quella notte, di rivederlo impresso negli occhi di qualcun altro, bastava a farmi tremare da capo a piedi.

Non sarei mai stata forte abbastanza.

-E’…complicato- provai ad alzare timidamente lo sguardo un’altra volta e la trovai sempre intenta a guardarmi, non un cambiamento in quegli occhi così maledettamente simili ai suoi.

-Beh,  Victoria mi ha chiamato 10 minuti fa, per cui dovrebbero essere qui a momenti. Vado a dare una pulita-

Ed esattamente come se non mi avesse detto niente, si alzò e si diresse verso i fornelli, lasciandomi lì imbambolata come una stupida.

Che poi, in due parole, è proprio quello che ero.

Una stupida ragazzina ancora innamorata delle fiabe, in cerca di quel posto magico dove poter passare il resto dei suoi giorni felice, desiderosa di chiudere fuori tutto ciò che avesse inteso minare quella felicità.

Ed io ancora ci credevo in fondo, ci speravo che quando Robert avesse varcato quella soglia i suoi occhi si sarebbero illuminati come solo i suoi sapevano fare, mi sarebbe corso incontro e mi avrebbe stretta a sé, così come era successo un’infinità di volte in passato.

Ma quello, per l’appunto, era il passato. Stavolta lui non stava ritornando dalle vacanze.

Stavolta se n’era andato per un anno intero.

Stavolta non ci eravamo lasciati con i soliti bisticci fra bambini.

Stavolta avevamo fatto l’amore.

Niente avrebbe mai più potuto essere lo stesso, neanche se fossimo tornati amici, neanche se lui fosse riuscito a passare sopra al fatto di averlo lasciato solo sul pavimento del suo salotto nel cuore della notte, neanche se io fossi riuscita a dimenticare l’umiliazione della consapevolezza che se n’era andato senza salutarmi.

Quello che era successo ci aveva cambiati, troppo. Non saremmo mai più stati capaci di tornare i bambini di un tempo.

 

-Pensavo ti avrebbe fatto piacere saperlo…-

-…sì…cioè…ovvio che mi fa piacere…è che, non me lo aspettavo-

-beh, potresti venire anche tu a casa sua..ad aspettarlo. Come sorpresa di bentornato-

-…io non lo so. Insomma, non so quanto…-

-Mi ha chiesto di te, Sugar-

-Di me?-

-Lo fa tutte le volte.-

-…ah.-

-Hai ancora le sue chiavi di casa, no?-

-Sì, certo-

-Allora ti aspetto lì-

 

Non ero riuscita ad uccidere le dannate farfalle che avevano iniziato a danzarmi nello stomaco quando quelle parole mi erano entrate nel cervello “Lo fa tutte le volte” . Dannato Robert Pattinson.

Costava troppo prendere in mano un fottuto telefono e comporre il mio numero? Non poteva chiedere di me alla sottoscritta?

Ma forse, pensai, dopotutto Robert pensava che fra me e Lizzy non fosse cambiato niente e che fossimo sempre amiche…perché avrebbe dovuto cambiare qualcosa?

Solo perché lui se n’era andato non significava che la mia amicizia con sua sorella dovesse finire.

Evidentemente non aveva messo in conto i risvolti sentimentali che la sua partenza aveva provocato.

E così, mettendo completamente a tacere la mia parte razionale mi ero chiusa la porta di casa alle spalle senza pensarci due volte, prima che quella vocina nella testa diventasse troppo forte da ignorare e mi facesse fare dietrofront immediato, e mi ero diretta a casa sua.

Proprio lì, fra quelle mura che racchiudevano miliardi di ricordi, compreso il più bello e doloroso di tutti.

Dio, non riuscivo nemmeno a guardare il pavimento del salotto senza iperventilare.

Mi passai una mano fra i capelli e sbirciai fuori dalla piccola finestra, giù nel vialetto.

La macchina di Victoria era lì.

Deglutii, ma mi resi conto di avere la salivazione azzerata.

Un rumore di chiavi e di un chiacchiericcio sconnesso, risate e porte che si aprivano.

Il cuore avrebbe finito con lo spaccarmi la cassa toracica, ne ero più che certa.

Gli occhi erano puntati all’ingresso, incapaci di guardare altro, in attesa di veder comparire quella chioma scompigliata che mi era mancata più dell’aria stessa.

Ci mancava solo che iniziassi a sudare e poi eravamo davvero tutti.

 

-Sì, sì ho promesso di raccontarti tutto, Vic…-

E poi, esattamente come avevo sempre sognato per tutte le 267 notti che eravamo stati lontani, lo vidi.

Ascoltai la sua risata farsi più vicina, finchè non comparve sulla soglia della cucina, sorridente e bellissimo come il sole.

Robert, il mio Robert.

E mi guardò.

E sorrise.

 

 

Non so, davvero non so che cosa mi sia preso. Sarà dovuto alla sfilza di canzoncine moooolto allegre che ho ascoltato stasera, alla quantità industriale di gelato che ho ingurgitato prima, al fatto che non ho sonno, o alla moltitudine di foto di Rob che mi sono vista [probabilmente sono tutti questi fattori uniti insieme, invece ^^], insomma fate voi. Fatto sta che a me è venuto da scrivere ciò.

Premetto che non so dove voglio andare a parare, o meglio…l’idea generale c’è, ma appunto è molto generale :D

Per ora comunque sono abbastanza ispirata, spero sia così per un po’ di tempo :)

A voi, la parola!

E ovviamente, grazie in anticipo a tutti quanti leggeranno, commenteranno, metteranno tra i preferiti eccetera, eccetera.

Ah, già.

Rob non mi appartiene in nessun modo e bla bla bla, nessuno scopo di lucro, se non quello di nutrire la mia testa malata di stupide fantasie.

Ok, penso di aver detto tutto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
 
 

   
 
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