LISTEN TO à
http://www.youtube.com/watch?v=-Q6nKP10j4s
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L'odore di caffè stantio in quella
cucina mi avrebbe dato la nausea prima o poi, me lo sentivo. Come una
lenta consapevolezza che ti scivola dentro, dura ma inesorabile e più ti ci
fissi, più diventa concreta e di conseguenza inevitabile.
Com'era possibile che nessuno fosse più stato a casa sua? Insomma,
d'accordo che io mi ero rifiutata categoricamente di rimetterci piede - il
suono delle nostre risate in quelle stanze era ancora troppo chiaro e
fresco - ma mi aspettavo che quantomeno Victoria o Lizzy l'avrebbero fatto,
perlopiù per cercare di evitare quell'aria di disfacimento totale che
adesso regnava sovrana nel piccolo mondo di Robert Pattinson.
Sollevai il coperchio di una pentola e lo riabbassai l'istante successivo,
disgustata. Ma era partito così in fretta e furia? Neanche il tempo di pulire
le stoviglie?
Scossi la testa e un po' mi venne da sorridere.
Tipico di lui d'altronde.
Un giorno ci sei, quello dopo sei dall'altra parte del mondo. Ed io che come
una stupida lo avevo aspettato sotto la pioggia torrenziale, senza uno straccio
di ombrello, solo per poterlo salutare, per augurargli buona fortuna, per
assicurarmi che sarebbe stato bene là, da solo. Il mio piccolo Rob.
Ma lui non era venuto. Inutile dire come lo sapessi, come il ricordo di
quello che era successo tra noi il giorno prima bruciasse ancora come fuoco
dentro me, eppure avevo soffocato la mia vocina interiore e ci avevo creduto.
Riuscii a sentire di nuovo chiaramente ogni singola goccia di pioggia
posarsi delicata sulla mia fronte.
Ma lì sulla nostra panchina, ero rimasta sola.
Non c'era voluto poi molto prima che quel pensiero mi entrasse dritto dritto
nel cervello e vi penetrasse così a fondo da lasciarvi una cicatrice indelebile.
Avevo pianto quella sera, da sola, come lo sarei stata da quel momento in poi.
Sul pavimento del salotto, sdraiata lì ad ascoltare la nostra canzone.
Niente sarebbe mai più stato lo stesso.
Perchè siamo dovuti crescere, Rob? Perchè le cose sono dovute diventare
così complicate? Non era meglio quando tu eri semplicemente il mio
dreamcatcher, ed io la tua dose di zucchero quotidiana?
Ti ricordi, riuscivamo a stare svegli tutta la notte solo a contare le
stelle, o a leggerci le storie o ad inventarle completamente se non avevamo
voglia di leggere. E tutto era colorato quando ero insieme a te. E non smettevo
mai di sorridere, non sapevo neanche che si potessero provare sentimenti che
non fossero allegria e libertà.
-Tesa?- la voce di Lizzy squarciò la bolla dei ricordi e mi fece
tornare con i piedi per terra.
-Un po’- le sorrisi, con una stretta allo stomaco improvvisa.
Mi ero scordata quanto assomigliasse a Robert,
nonostante fosse cambiata dall’ultima
volta che l’avevo vista. I capelli più corti e una nuova luce negli occhi. Mi
ci era voluto un secondo per capire che della Lizzy che conoscevo un tempo, non
era rimasto niente.
Da quando
lui se ne era andato avevo deciso di chiudere i ponti con la famiglia
Pattinson. Avevo creduto che avrebbe fatto meno male, forse, far finta che
quella parte della mia vita non fosse mai esistita.
Stupida
illusa.
-Credo che
gli farà piacere trovarci qui- fece Lizzy dopo un po’, guardandomi in volto.
Non le
risposi, cercando disperatamente di credere in quale universo parallelo a
Robert avrebbe fatto piacere la mia presenza a casa sua.
-Tutte e
due- puntualizzò lei, forse notando la mia espressione avvilita.
Non potei
trattenere una risatina nervosa, sarebbe stato davvero così?
Purtroppo ne
dubitavo fortemente.
Il modo in
cui ci eravamo lasciati non lasciava spazio a niente da equivocare, il solo
ripensarci bastava a mandarmi il cervello in pappa, nonostante fosse passato
quasi un anno.
Si sedette
al tavolo di cucina e continuò a guardarmi, in silenzio. Forse non aveva
coraggio di chiedermi perché all’improvviso avessi smesso di farmi sentire, di
chiederle di andare a fare shopping e tutte quelle cose che facevamo insieme.
Eravamo
amiche io e Lizzy, eravamo cresciute insieme praticamente, nonostante fosse
Robert il mio migliore amico e la persona con la quale avevo condiviso tutto.
Ma Lizzy era
solo un anno più grande di me, ed a volte era bello avere un’amica con cui
parlare del più e del meno, che avere sempre e soltanto aver a che fare con i
progetti sconclusionati di Robert.
Eppure era
lui quello da cui correvo quando il mondo faceva schifo, ma schifo davvero.
Sempre con
lui preparavo le ricerche per i progetti del laboratorio di scienze, o
dipingevo le pareti della mia camera color glicine
“Ma che colore è il glicine?”
“Taci e dipingi”
“Agli ordini, signorina”
“E non ridere, un giorno capirai”
“Cosa? Il perché stiamo facendo diventare la tua stanza
come la casa di Barbie?”
“No, genio. Perché è così importante per me”
“Ma io lo so, Sugar”
“Davvero?”
“Sarah Crewe, la piccola principessa. Secondo te aveva una
camera dalle pareti color glicine.”
“Non posso credere che te lo ricordi, avevamo 7 anni!”
Una fitta
all’altezza del petto mi ricordò che non faceva mai bene farsi trasportare dai
ricordi, e velocemente tornai con la testa al presente.
Adesso non
c’era nessuno con cui condivedere la mia stanza dalle pareti color glicine.
-Sugar-
alzai gli occhi su Lizzy e la trovai ancora intenta a fissarmi, probabilmente
non aveva mai smesso.
-Non voglio
farmi gli affari tuoi, né tantomeno essere indiscreta ma non ho mai capito…-
Abbassai
velocemente lo sguardo e lei si bloccò all’istante.
-Se non ti
va di parlarne non c’è problema- continuò, ma il suo tono suggeriva tutt’altro.
Continuai a
tenere lo sguardo basso, trattenendo il respiro. Non ne avevo mai parlato con
nessuno, mai. Non che ci fosse qualcuno con cui parlare, ad essere del tutto
sinceri, ma in qualche modo, essendomi tenuta quello che era successo solo per
me era come se non fosse mai accaduto davvero, e adesso parlarne con qualcuno
equivaleva a rendere tutto troppo reale.
Il pensiero
di ammettere a voce alta quello che era successo fra me e Robert quella notte,
di rivederlo impresso negli occhi di qualcun altro, bastava a farmi tremare da
capo a piedi.
Non sarei
mai stata forte abbastanza.
-E’…complicato-
provai ad alzare timidamente lo sguardo un’altra volta e la trovai sempre
intenta a guardarmi, non un cambiamento in quegli occhi così maledettamente
simili ai suoi.
-Beh, Victoria mi ha chiamato 10 minuti fa, per
cui dovrebbero essere qui a momenti. Vado a dare una pulita-
Ed
esattamente come se non mi avesse detto niente, si alzò e si diresse verso i
fornelli, lasciandomi lì imbambolata come una stupida.
Che poi, in
due parole, è proprio quello che ero.
Una stupida
ragazzina ancora innamorata delle fiabe, in cerca di quel posto magico dove
poter passare il resto dei suoi giorni felice, desiderosa di chiudere fuori
tutto ciò che avesse inteso minare quella felicità.
Ed io ancora
ci credevo in fondo, ci speravo che quando Robert avesse varcato quella soglia
i suoi occhi si sarebbero illuminati come solo i suoi sapevano fare, mi sarebbe
corso incontro e mi avrebbe stretta a sé, così come era successo un’infinità di
volte in passato.
Ma quello,
per l’appunto, era il passato. Stavolta lui non stava ritornando dalle vacanze.
Stavolta se
n’era andato per un anno intero.
Stavolta non
ci eravamo lasciati con i soliti bisticci fra bambini.
Stavolta
avevamo fatto l’amore.
Niente
avrebbe mai più potuto essere lo stesso, neanche se fossimo tornati amici,
neanche se lui fosse riuscito a passare sopra al fatto di averlo lasciato solo
sul pavimento del suo salotto nel cuore della notte, neanche se io fossi
riuscita a dimenticare l’umiliazione della consapevolezza che se n’era andato
senza salutarmi.
Quello che
era successo ci aveva cambiati, troppo. Non saremmo mai più stati capaci di
tornare i bambini di un tempo.
-Pensavo
ti avrebbe fatto piacere saperlo…-
-…sì…cioè…ovvio
che mi fa piacere…è che, non me lo aspettavo-
-beh,
potresti venire anche tu a casa sua..ad aspettarlo. Come sorpresa di
bentornato-
-…io non
lo so. Insomma, non so quanto…-
-Mi ha
chiesto di te, Sugar-
-Di me?-
-Lo fa
tutte le volte.-
-…ah.-
-Hai
ancora le sue chiavi di casa, no?-
-Sì,
certo-
-Allora
ti aspetto lì-
Non ero riuscita
ad uccidere le dannate farfalle che avevano iniziato a danzarmi nello stomaco
quando quelle parole mi erano entrate nel cervello “Lo fa tutte le volte” .
Dannato Robert Pattinson.
Costava
troppo prendere in mano un fottuto telefono e comporre il mio numero? Non
poteva chiedere di me alla sottoscritta?
Ma forse,
pensai, dopotutto Robert pensava che fra me e Lizzy non fosse cambiato niente e
che fossimo sempre amiche…perché avrebbe dovuto cambiare qualcosa?
Solo perché
lui se n’era andato non significava che la mia amicizia con sua sorella dovesse
finire.
Evidentemente
non aveva messo in conto i risvolti sentimentali che la sua partenza aveva
provocato.
E così,
mettendo completamente a tacere la mia parte razionale mi ero chiusa la porta
di casa alle spalle senza pensarci due volte, prima che quella vocina nella
testa diventasse troppo forte da ignorare e mi facesse fare dietrofront
immediato, e mi ero diretta a casa sua.
Proprio lì,
fra quelle mura che racchiudevano miliardi di ricordi, compreso il più bello e
doloroso di tutti.
Dio, non
riuscivo nemmeno a guardare il pavimento del salotto senza iperventilare.
Mi passai
una mano fra i capelli e sbirciai fuori dalla piccola finestra, giù nel
vialetto.
La macchina
di Victoria era lì.
Deglutii, ma
mi resi conto di avere la salivazione azzerata.
Un rumore di
chiavi e di un chiacchiericcio sconnesso, risate e porte che si aprivano.
Il cuore
avrebbe finito con lo spaccarmi la cassa toracica, ne ero più che certa.
Gli occhi
erano puntati all’ingresso, incapaci di guardare altro, in attesa di veder
comparire quella chioma scompigliata che mi era mancata più dell’aria stessa.
Ci mancava
solo che iniziassi a sudare e poi eravamo davvero tutti.
-Sì, sì ho
promesso di raccontarti tutto, Vic…-
E poi,
esattamente come avevo sempre sognato per tutte le 267 notti che eravamo stati
lontani, lo vidi.
Ascoltai la
sua risata farsi più vicina, finchè non comparve sulla soglia della cucina,
sorridente e bellissimo come il sole.
Robert, il
mio Robert.
E mi guardò.
E sorrise.
Non so,
davvero non so che cosa mi sia preso. Sarà dovuto alla sfilza di canzoncine
moooolto allegre che ho ascoltato stasera, alla quantità industriale di gelato
che ho ingurgitato prima, al fatto che non ho sonno, o alla moltitudine di foto
di Rob che mi sono vista [probabilmente sono tutti questi fattori uniti
insieme, invece ^^], insomma fate voi. Fatto sta che a me è venuto da scrivere
ciò.
Premetto
che non so dove voglio andare a parare, o meglio…l’idea generale c’è, ma
appunto è molto generale :D
Per ora
comunque sono abbastanza ispirata, spero sia così per un po’ di tempo :)
A voi, la
parola!
E
ovviamente, grazie in anticipo a tutti quanti leggeranno, commenteranno,
metteranno tra i preferiti eccetera, eccetera.
Ah, già.
Rob non
mi appartiene in nessun modo e bla bla bla, nessuno scopo di lucro, se non
quello di nutrire la mia testa malata di stupide fantasie.
Ok, penso
di aver detto tutto.