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Autore: Monijoy1990    24/08/2017    0 recensioni
Questo racconto rappresenta il proseguimento di "Love story". Quindi invito chiunque non lo abbia letto a farlo prima di iniziare.
Roberto è un ragazzo arguto e intelligente con un futuro già scritto a lettere cubitali nel suo destino e un sogno in minuscole chiuso in un cassetto. Avvocato, dottore o ingegnere questo ciò che vorrebbero i suoi genitori per lui. Ma cosa vuole davvero Roberto? Diventare un cantante. Così il Giappone diventerà la sua strada e la Kings Record la sua meta. Durante il suo viaggio verso il successo il destino gli tenderà tante sorprese improvvise. Riuscirà grazie alla sua arguzia e al suo buon cuore a superare le sue insicurezze? Tra triangoli amorosi e amicizie inaspettate, sarà in grado di realizzare il suo sogno? Troverà la sua strada?
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Cross-over | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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CAPITOLO 40
NULLA È MAI PERSO DAVVERO


Giappone
 
Erano arrivate le otto di mattina quando Kei, avvolto da una calda coperta che gli solleticava il mento, provò ad aprire i suoi occhi. Si sentiva le palpebre pesantissime e la testa gli faceva un male atroce. L’alcool non lo aveva mai retto benissimo. Provò almeno a sollevarsi ma si rese conto di avere il braccio sinistro bloccato. Con uno sforzo sovraumano aprì i suoi occhi gonfi e stanchi e notò Nami che dormiva appoggiata a lui. Faceva dei respiri brevi e misurati, sul viso ancora qualche residuo del trucco della sera prima. Kei allora ritornò al suo posto il più delicatamente possibile in modo da muoverla il meno che poteva. Con la mano libera le scostò un ciuffo di capelli dal viso. Era bellissima. Si ritrovò a pensare che fino a quel momento, non aveva diviso il suo letto con nessun’altro se non che con Shin. Svegliarsi e scoprire Nami al suo fianco lo rese stranamente felice. Era così bello guardarla mentre dormiva tra le sue braccia che, quasi senza volerlo, Kei iniziò a sorridere. Poi come un fulmine a ciel sereno i ricordi legati alla sera precedente tornarono a tormentargli l’anima. Il suo sorriso si ritirò e al suo posto si fece spazio uno sguardo cupo e preoccupato. 
“Cosa dovrei fare? Dovrei davvero dire almeno a te la verità?”
Pensò osservando Nami al suo fianco.  Dopo poco, la stessa iniziò a stiracchiarsi facendo degli strani lamenti, e con il braccio sinistro avvolse il busto di Kei affondando il proprio viso nel suo petto. Il ragazzo rimase immobile mentre lei si avvinghiava a lui. Il profumo dolce di Nami gli penetrò le narici. Dopo un primo istante di imbarazzo anche Kei ricambiò la stretta della ragazza poggiando il mento sulla sua testa.
Era una sensazione completamente nuova per Kei. In quel momento gli sembrò di aver recuperato tutte le forze perse la sera prima. Si sentiva capace di sfidare il mondo intero. Si sentì rigenerato. Carico di una forza nuova e sconosciuta.  
Poi improvvisamente Nami aprì i suoi occhi scuri e penetranti, e con uno scatto fulmineo si allontanò da Kei rossa in viso dall’imbarazzo.
«Oddio… cosa diavolo stavamo facendo?» disse coprendosi con le braccia il corpo quasi come fosse nuda.
Kei si schiarì la voce un paio di volte.
«Guarda che hai fatto tutto da sola! Ti sei avvinghiata a me quasi fossi l’ultimo uomo rimasto su questo pianeta!».
«Impossibile… non mi avvinghierei a te nemmeno in quel caso!» proseguì mettendosi seduta sul letto.
«Beh, eppure è la verità, che tu lo creda o meno…».
Nami si sollevandosi repentina dal letto.
«Vado a preparare il caffè» concluse in imbarazzo uscendo dalla stanza.
Kei aveva uno strano sorriso stampato sul viso mentre la vedeva scappare via.
Nami stava preparando il caffè istantaneo quando scosse la testa indignata.
“Non posso averlo fatto. Oddio che vergogna… chissà che idea si sarà fatto di me Kei. Con l’ego che si ritrova penserà che si è trattato di un tentativo di avvicinamento mal riuscito…”.
Stava zuccherando il caffè rigirando il cucchiaino nella taza con eccessiva persistenza, quando qualcuno l’abbracciò improvvisamente alle spalle portando le proprie braccia intorno al suo ventre e il mento sulla sua spalla destra. A causa di quel contatto improvviso  Nami sobbalzò e per poco non rovesciò il caffè sul tavolo.
«Non affannarti troppo. Con questo siamo pari…» gli sussurrò ad un orecchio Kei.
A Nami vennero i brividi per tutto il corpo. Avrebbe voluto dire qualcosa, qualsiasi cosa, ma le parole le rimasero bloccate in gola. Kei sorrise sotto i baffi contento di averla destabilizzata. Poi riprese le distanze.
«Hai davvero intenzione di rimescolare quel caffè in eterno?» le domandò infine strappandole di mano la tazza bianca e prendendo posto su uno sgabello vicino la penisola della cucina.
Nami si portò una mano al petto. Il suo cuore stava battendo in modo incontrollabile. Eppure più ci pensava e più non riusciva a capire cosa fosse cambiato in una sola notte. Possibile che stesse ricominciando a piacergli Kei?
Recuperando il proprio autocontrollo anche lei prese posto vicino la penisola di fronte al ragazzo con il ciuffo sull’occhio sinistro cercando di mascherare il più possibile il suo disagio.
Ma farlo era davvero difficile. Proprio non riusciva a guardarlo negli occhi.
Kei sogghignò vedendola in difficoltà. La cosa lo divertiva parecchio. Per un attimo gli sembrò di rivedere la vecchia Nami. La ragazza timida che pendeva dalle sue labbra.
«Non dirmelo… è la prima volta vero?»avanzò con fare canzonatorio mentre beveva a piccoli sorsi il caffè caldo tra le sue mani.
Nami si irrigidì. 
«Non capisco di cosa tu stia parlando…» provò a ignorarlo mentre prendeva a bere anche lei il suo caffè caldo.
«Sai benissimo di cosa sto parlando… dormire con un ragazzo… nello stesso letto…Ti si legge in faccia che è la prima volta che lo fai».
A Nami per poco non finiva il caffè di traverso. Tossì un paio di volte mentre fissava Kei furibonda. “Alle volte sa proprio come rendersi odioso”.
«Beh e se anche fosse? In ogni caso non sarebbero affari che ti riguardano…» cercò di ribattergli a tono. Kei depose la tazza vuota sul tavolo guardandola senza più ghigni provocatori.
«Per me è la prima volta…».
Nami a quelle parole vide sfumare tutta la rabbia e la frustrazione provate. A disagio spostò il suo sguardo da Kei alla tazzina tra le sue mani. Una parte di lei se lo sentiva, stava succedendo un’altra volta: stava per perdere nuovamente il controllo del suo cuore.
“Nami calmati… sicuramente adesso se ne uscirà con una delle sue solite battutine”.
Poi Kei prese nella sua, la mano di Nami, staccandogliela di forza dalla tazza ancora calda.
«Nami… io… devo dirti una cosa importante…».
Nami riversò i suoi occhi smarriti e preoccupati in quelli scuri e seri di Kei.
«Nami…»
TOCK! TOCK!
Qualcuno interruppe improvvisamente quel momento imbarazzante e Nami fu grata a quell’ignoto salvatore. Senza pensarci due volte sciolse la presa di Kei dalla sua mano e si catapultò alla porta lasciandolo solo con una frase incompiuta sulla labbra. Quando aprì la porta si ritrovò davanti Shin.
«Ciao Nami… scusami, per caso è qui mio fratello?» le chiese il piccolo del gruppo, la ragazza non fece in tempo a rispondergli che Shin sporgendosi oltre l'uscio della porta, notò Kei seduto vicino la penisola. Senza pensarci due volte si catapultò all’interno dell’appartamento raggiungendo su fratello in lacrime.
«Hai idea di quanto fossi preoccupato?» lo ammonì abbracciandolo singhiozzando.
«Mi dispiace Shin… ieri devo aver bevuto parecchio… scusami non volevo farti preoccupare» cercò di consolarlo tamponandogli il viso con la manica della maglia.
«Kei, ti prego non lasciarmi mai più così… per un attimo ho creduto davvero di averti perso come la mamma…» quelle parole irruppero come un terremoto nel cuore di Kei disarmandolo ancora una volta. Istintivamente lo stesso rivolse il proprio sguardo rammaricato verso Nami. Ecco, la sua vita era tornata ancora a quel dannato bivio: da una parte la sua famiglia e dall’altra la donna che amava.
Nami intuì immediatamente quali pensieri tormentassero il suo amico. Non era la prima volta che assisteva a quella scena e conosceva già quale ne sarebbe stato l'epilogo.
“Che ingenua… per un attimo ho quasi pensato che Kei stesse per scegliere me… ma chi voglio prendere in giro? Questo non accadrà mai!”. Nami chiuse la porta da cui era da poco entrato il piccolo del gruppo e reclinò amaramente il capo. Guardare il passato ripetersi come un dejavù la faceva sentire incredibilmente stupida. Dopo aver appreso la sera prima di aver occupato un misero secondo posto nel cuore di Roberto, dover rivivere quell’esperienza anche al mattino con Kei la faceva sentire insignificante. Avrebbe mai trovato qualcuno capace di metterla al primo posto?
Mentre lei rifletteva in un angolo, Kei continuava a fissarla, ma questa volta vederla afflitta per colpa del suo ruolo di fratello maggiore lo stava dilaniando. Per quante volte ancora avrebbe dovuto rivivere e farle rivivere quella scena?
Notandolo perso con lo sguardo verso Nami, Shin riscosse suo fratello, richiamandolo. «Fratellone gli altri ti stanno aspettando e sono tutti in pensiero per te!». Kei acconsentì sollevandosi a malincuore dallo sgabello. Al fianco di Shin raggiunse Nami vicino la porta. Lei continuava a evitare il loro sguardo. Kei al contrario non riusciva a staccarle gli occhi di dosso. Più la osservava e più ripensava a quel momento nel letto e a quella sensazione provata: all’esile corpo di lei avvolto tra le sue braccia, al caldo respiro sul suo petto a quel profumo di vaniglia dei suoi capelli che gli solleticavano le narici.
Senza pensarci si arrestò prima di aprire la porta.
«Shin, ti dispiacerebbe andare avanti senza di me? Prometto che ti raggiungerò subito…» propose a suo fratello. Nami sollevò il suo sguardo incredulo verso Kei. Shin non capiva perché suo fratello volesse rimanere ancora lì, ciò nonostante anche se insoddisfatto decise di assecondarlo e a capo chino abbandonò l’appartamento.
Quando la porta fu chiusa Kei ritornò verso Nami. Erano l’uno di fronte all’altra.
«Perché non sei andato con Shin?» gli chiese lei con gli occhi lucidi.
«Non potevo andare via così. Prima di uscire da quella porta dovevo dirtelo…»
«Dirmi cosa?»
Kei l’avvolse tra le sue braccia.
«… non sei un secondo posto… o almeno non voglio più che tu lo sia per me. Ovviamente sarei un ipocrita se ti dicessi che al primo posto ci sei solo tu, naturalmente  quello che intendo è che fino ad oggi c’è sempre stata la mia famiglia a ricoprire quel posto nel mio cuore, e questo non potrò cambiarlo, quello che spero cambi è il tuo posto nella mia vita. Voglio che da oggi tu diventi parte della mia famiglia… » Nami avvertì due lacrime scenderle dagli occhi.
«Kei… non scherzare. Ti prego… ».
Con sicurezza Kei le cinse le spalle con le sue mani e tornò a guardarla dritto negli occhi.
«Non voglio più perderti… e Dio solo sa quanto ho rimpianto quel momento. L’ho permesso una volta e non voglio rifare lo stesso errore».
«Non essere ridicolo, non mi avresti mai persa. Noi due siamo amici…»
«Nami, io non posso più essere tuo amico… In verità, se ci penso, non credo di esserlo mai stato veramente. È ironico che abbia aspettato tanto tempo per dirtelo, ma fino ad oggi ho davvero creduto mi andasse bene esserti solo amico. Potevo starti vicino, asciugare le tue lacrime, ascoltare i tuoi problemi. Potevo farti sorridere… ma adesso tutto questo non mi basta più. Io voglio potermi svegliare e trovarti al mio fianco, voglio sentire le tue braccia che mi cercano e il tuo calore sulla mia pelle, voglio essere la ragione dietro i tuoi sorrisi. Non voglio più vivere come un’ombra nella tua vita…».
«Kei, io… la mia testa è così confusa…».
Kei allentò la presa sulle sue spalle.
«Mi dispiace… »
«Per cosa?»
«Perché sto per confonderti ancora di più…» senza esitare Kei spinse Nami vicino il muro e poi la baciò. Era su di lei mentre con le sue mani le sfiorava i fianchi. Erano così sottili. Poi salì su seguendo con le sue mani l’onda inflessa della schiena di lei. Allo stesso modo Nami, portando allo stesso modo le sue sulla schiena di Kei, si avvinghiò alla sua maglia come se non volesse lasciarlo andare.
Baciandola Kei arrivò al collo, ma Nami lo fermò ansimante.
«Aspetta…» diventò rossa in viso.
Kei le sorrise.
«Non dirmi che non lo hai mai fatto prima…?» le chiese squadrandola divertito.
«Beh, e se anche fosse…?» gli rispose offesa lei. Kei le sfiorò con la mano il viso.
«Beh in quel caso sarebbe la prima volta per entrambi, in ogni caso credo sarebbe meglio fermarsi… non voglio che tu te ne penta… Ho già detto quello che volevo dirti, mi basta questo…».
Nami gli sorrise.
«Che ironia sembra tu sia destinato ad essere le mie prime volte…»
Kei corrucciò la fronte perplesso.
«Cosa vuoi dire?»
«Lo avevo già deciso quando ero piccola che saresti stato l’uomo delle mie prime volte e fino ad oggi è stato così».
«Ti stai sbagliando Roberto ti ha baciato prima di me… vi ho visto fuori dalla Kings Record quella sera…»
«Pensi davvero che quello fosse il mio primo bacio?»
«Non lo era?» le domandò stupito Kei.
«Pensavi davvero che avrei aspettato tutto questo tempo per il mio primo bacio?»
«E allora chi è stato il tuo primo bacio?»
Nami sorrise di gusto coprendosi la bocca con la mano.
«Davvero non lo ricordi?»
Kei continuava a non capire a cosa si stesse riferendo.
«No…»
«Eravamo piccoli ma io lo ricordo benissimo. Venni a trovarti all’orfanotrofio con Toshi perché non stavi molto bene. Toshi rimase con Shin giù nell’atrio perché JJ ci aveva avvertiti che eri contagioso. Io però quatta quatta salii in camera tua e ti vidi avvolto nelle coperte mentre tremavi come un cucciolo impaurito. Allora mi avvicinai e provai a sentirti la temperatura come faceva spesso la mamma. Poggiai le mie labbra sulla tua fronte e proprio in quel momento ti vidi chiudere gli occhi e ne approfittai.»
Kei le sorrise.
«Adesso ricordo. Ma pensavo si fosse trattato di un sogno.»
«E invece no. Era tutto vero… ma pensavo tu lo avessi capito».
Kei scosse la testa.
«Invece non avevo capito proprio niente… forse la febbre alta mi aveva confuso le idee all’epoca»
«Beh, adesso sai come sono andati i fatti…»
Kei l’abbracciò.
«Nami grazie… se non fosse stato per la tua testardaggine credo avrei vissuto per tutta la vita con il rimorso di non essere stato il tuo primo bacio… grazie di avermi amato così tanto… ».
Nami ricambiò felice quell’abbraccio. Finalmente il suo desiderio di essere amata si era realizzato. Sentiva che adesso nulla avrebbe potuto ledere il loro amore. Si erano persi, riavvicinati e alla fine si erano ritrovati. Improvvisamente per Nami le lacrime versate la sera prima per Roberto le sembrarono incredibilmente inutili. Aveva creduto di aver perso tutto in quel momento ma la verità era che in quel preciso istante aveva guadagnato  qualcosa di molto più importane: la possibilità di essere amata da Kei. Silenziosamente ringraziò Roberto per essere corso da Marika.
Dopo quell’abbraccio Kei si distanziò da Nami.
«Nami, se ho capito quanto fossi importante per me è merito degli errori di un amico e delle parole di una ragazza coraggiosa. Grazie a Roberto ho capito di essere stufo di vedere gli altri fallire miserabilmente nel tentativo di renderti felice. Più che dire loro cosa fare per portare gioia nel tuo cuore, ho capito che era arrivato il momento per me di fare qualcosa. Inoltre se non fosse stato per Marika non avrei mai realizzato che amare non è solo una ingenua forma di debolezza, ma anche un dono prezioso in grado di fornirci una forza che prima non pensavamo neanche di possedere. Grazie a loro due ho compreso finalmente che ho bisogno di te come mai nella mia vita. Per questo mi sento in debito con loro… Grazie a quei due ho capito che da soli non si arriva da nessuna parte. E io non voglio più andare avanti da solo. Non posso e non voglio più mettere da parte quello che provo per te. Non voglio perderti ancora».
Nami gli sorrise stringendogli la mano.
«Sai che sono qui. Puoi contare su di me. Non andrò da nessuna parte…».
«Grazie». Nami acconsentì. Kei le diede un ultimo bacio prima di allontanarsi da lei.
«Con Roberto ci parlerò io… dopotutto devo ringraziare quell’amico per i suoi errori» asserì prima di chiudere la porta ed uscire.
Nami sorrise felice dell’amore ritrovato. Ma una parte di lei non capiva cosa centrasse Marika con Kei. Che i due avessero parlato?
Quando Kei raggiunse l’appartamento degli Hope si ritrovò Toshi, Shin e Roberto seduti intorno al tavolo ad attenderlo. Non appena fece il suo ingresso il leader si sollevò dalla sedia furibondo come non mai e, sollevandolo per il collo della maglietta, lo schiacciò vicino una delle pareti della cucina.
«Cosa cavolo ci facevi nell’appartamento di mia sorella?» gli chiese a un palmo dal suo naso.
«Non le ho permesso di fare nulla di cui si sarebbe potuta pentire in futuro… quindi puoi stare tranquillo…».
Toshi aveva gli occhi rossi di rabbia. Dovette intervenire Roberto per calmare la situazione.
«Adesso finitela… Toshi lascialo, se ha detto di non aver fatto nulla a Nami allora dovresti credergli!» Toshi rivolse il suo sguardo contrito da Kei a Roberto.
«Come fai a rimanere impassibile quando la tua ragazza ha passato l’intera notte con un altro uomo?».
Roberto si avvicinò all’amico allontanandogli la mano dal colletto di Kei.
«Nami da ieri sera ha smesso di essere la mia ragazza… Scusa, so che avrei dovuto dirtelo subito… ma io e tua sorella abbiamo rotto ieri alla festa…»
Toshi non riusciva proprio a capirne il motivo.
«Questo cosa significa? Per quale motivo avete rotto voi due?»
Roberto tornò a sedersi mentre Kei si massaggiava il collo.
«Semplicemente ho capito che non sarebbe stato giusto continuare a mentire sia a lei che a me e a voi. Io amo un’altra ragazza. Mi dispiace Toshi… ho provato a renderla felice dandoci una possibilità ma ho fallito miserabilmente…». Il leader si avvicinò a Roberto.
«Per questo Nami non è venuta alla festa ieri sera? Perché hai rotto con lei?»
Roberto acconsentì suo malgrado. Toshi stava per gettarsi anche sull’amico italiano quando Kei lo trattenne bloccandolo dalle spalle. «Toshi, calmati. Non c’è bisogno di reagire in questo modo… Nami sta bene… devi credermi… è stata una rottura reciproca» cercò di placare l’altro. A quel punto Toshi si voltò verso di lui con due occhi sottili come fessure.
«E tu subito sei corso da lei, non è così? Bravo il nostro sammaritano. Sapete, proprio non vi capisco. Come potete giocare in modo tanto sconsiderato con i sentimenti di una persona? Tu prima la tratti male e poi gli curi le ferite… lui le fa credere di amarla quando invece ama un’altra. Ma si può sapere dove avete la testa?».
Kei puntò il suo sguardo glaciale su Toshi.
«Io non ho mai giocato con i sentimenti di Nami…  l’ho sempre amata e solo che forse avevo solo troppa paura di ammetterlo. Toshi, non mi importa che tu non mi creda, al tuo posto probabilmente farei lo stesso, ma ti prometto che qualsiasi cosa accada non farò più soffrire Nami. Potrai rempirmi la faccia di cazzotti… ma io non rinuncerò più a lei… »
«Tu cosa?»
«Si, io e Nami… adesso… stiamo insieme!».
Shin sgranò i suoi occhi sorpreso dalla notizia.
Roberto dalla sua sorrise soddisfatto. Finalmente il suo amico aveva trovato il coraggio di amare qualcuno. Era felice che almeno lui avesse avuto una seconda possibilità per farlo.
Toshi, svuotato di ogni forza, si sedette su una delle sedie vicino il tavolo.
«Ma si può sapere cosa ho fatto di male per meritarmi tutto questo?».
Kei scambiò con Roberto uno sguardo di riconoscenza lui lo ricambiò. Poi il ragazzo italiano si avvicinò al leader seduto vicino il tavolo, poggiando una mano rassicurante sulla sua spalla.
«Toshi, credo che Nami abbia trovato davvero un bravo ragazzo… dovresti dare una possibilità a Kei. Lui ci tiene davvero. E io so che non la farà soffrire…» provò a confortarlo Roberto. Il leader si arrese.
«Ok, va bene… non spetta a me scegliere con chi mia sorella desidera uscire… ma giuro quanto è vero Dio che se la farai soffrire ti verrò a cercare in capo al mondo e ti distruggerò con le mie stesse mani… » disse puntando il dito indice contro l’amico giapponese.
Kei acconsentì.
In quello stesso momento Shin si sollevò dalla sedia correndo verso la sua camera. Kei lo seguì. Una volta dentro lo trovò riversato sul letto a pancia in giù che piangeva.
«Shin… cos’hai?» gli chiese premuroso l’altro sedendogli vicino mentre gli accarezzava la schiena.
Il più piccolo sollevò il viso pieno di lacrime dal materasso singhiozzando «adesso le cose cambieranno… non è così?»
«Penso che qualcosa inevitabilmente cambierà. Sarei un bugiardo se ti dicessi il contrario… Ma sai, i cambiamenti non sempre sono negativi. Ci sono cose che possono cambiare in meglio. Se ci pensi, adesso non avrai più solo me su cui contare ma anche l’affetto di Nami. Potrai contare su entrambi in ogni momento. E poi tra tante cose che cambieranno c’è comunque una cosa che non cambierà mai…» proseguì asciugandogli le lacrime.
«Cosa?» chiese Shin tirando su con il naso.
«Il fatto che tu sia mio fratello. Ti vorrò un mondo di bene sempre… qualsiasi cosa accada…».
Shin gli sorrise.
«Sai Kei, in realtà non piangevo perché ero triste… ma perché sono felice. Credevo di essere un limite per te… e invece sono felice di scoprire che non è così… Sono contento per te e Nami. E comunque non sono più un bambino, anche tu puoi contare su di me…».
«Lo so». Detto questo i due si abbracciarono.
Dopo quel momento di turbolenza Kei e Shin tornarono in cucina dagli altri due.
«Ragazzi, in ogni caso ieri sera non abbiamo avuto modo di parlare del gruppo e di Take… » avanzò Toshi tornando a ricoprire i panni di leader.
«Cosa dovremo fare secondo te?» avanzò Kei.
«Penso che la strategia migliore sia aspettare… ieri sono andato da Yukino. Ho avuto finalmente conferma dei miei presentimenti… È stata lei a strapparci via Take e solo per vendicarsi di mio padre per averla ceduta alla Music Station… La cosa peggiore è che lei non prova nulla per lui…».
«Vuoi dire che lo ha fatto solo per allontanarlo da noi?» gli chiese conferma Shin.
«Si, ovviamente non ho ancora le prove di questo, ma lei me lo ha fatto capire molto esplicitamente…»
«Come faremo per il concerto? Dovremo farlo senza di lui? Mancano meno di tre  settimane…» gli chiese Roberto.
«Se tutto va secondo i miei piani al concerto saremo di nuovo tutti insieme… » gli rispose il leader.
«A proposito dello stare tutti insieme… Jona… qualcuno lo ha sentito?» chiese Shin preoccupato per l’amico.
«A dire il vero no… sarebbe già dovuto arrivare in Cina… è strano che non si sia fatto ancora sentire. Proverò a contattarlo più tardi…» disse Roberto cercando di rassicurare i suoi amici.
«Per quanto riguarda Take come hai intenzione di muoverti?» proseguì Kei. Toshi si massaggiò il collo esausto.
«Ieri notte ho lavorato a lungo… ho provato a risalire a qualcosa di interessante dal sito della Music station su Yukino… ma devo dire di essere davvero molto scarso come hacker».
«Se volete potrei fare un tentativo io…» si propose Roberto.
«Davvero saresti in grado di accedere ai database interni?» si sorprese Kei.
«Potrei provarci… ».
Senza esitare Toshi prese il suo pc e lo portò a Roberto.
«Ecco… se trovassimo qualcosa di utile potremmo ricattare Yukino e costringerla a confessare la verità a Take, in questo modo lui ritornerebbe dalla nostra parte… ».
Roberto non esitò e si mise subito all’opera. Non era la prima volta che infrangeva dei protocolli di protezione informatica… lo faceva più che altro per passatempo.
«Bene, mentre Roberto prova a entrare nel sito della Music Station… io andrò a chiedere informazioni su Jona da mio padre… Shin, Kei, ho bisogno che voi due seguiste Take, magari potreste scoprire qualcosa di interessante», concluse il leader.
I tre ragazzi acconsentirono, mettendosi subito all’opera. Adesso iniziava la loro operazione di recupero di Take. 

 
Cina
Jona era tornato davanti quella porta. Una porta che aveva avuto il potere di distruggere la sua vita.
Facendosi coraggio, nuovamente, la riaprì.
Dentro sorprendentemente non trovò sua madre, ma solo suo padre. Aveva gli occhi chiusi. Sembrava stesse riposando. Probabilmente  sua madre era uscita a cercarlo. Facendo attenzione a non fare troppi rumori, richiuse la porta e raggiunse suo padre occupando la sedia vuota vicino al suo letto.
«Papà, è ironico, per tutto questo tempo ho odiato te e la mamma. Ho pensato addirittura che per voi fosse stato un peso avermi avuto. Non avrei mai immaginato quello che stavate passando mentre io stupidamente mi lamentavo di voi. Mi sento così in colpa. E pensare che se non fosse stato per una ragazzina testarda adesso non sarei nemmeno qui» a Jona scappò un sorriso amaro ripensando ad Hana a cui aveva detto addio appena una sera prima. «Sai papà ti sarebbe piaciuta, intendo quella ragazza. Ha un bel caratterino proprio come la mamma. Sai prima di partire le ho letto un brano del Piccolo Principe. Ricordi? Me lo regalasti quando ero molto piccolo. Dicevi che ero proprio come lui. Ma la verità è che non lo sono… non sono coraggioso come quel principe. Sono un codardo e un egoista vanitoso… sembro più simile a quella rosa egocentrica. Papà non so se mi puoi sentire, ma tutto quello che voglio dirti è che mi dispiace, davvero. Forse dovrei mollare tutto, anche la musica è stato un egocentrico capriccio… e poi non posso lasciare mamma da sola» Hiro si mosse improvvisamente aprendo gli occhi e osservando suo figlio con uno sguardo che sembrava più lucido che mai.
Jona non se lo aspettava di certo. Poi l’uomo iniziò a balbettare qualcosa, muovendo le dita della mano sinistra verso Jona che le strinse subito tra le sue mani.
«Papà non c’è bisogno che ti sforzi… riposa», ma l’uomo non voleva saperne. Doveva assolutamente dire quella parola a suo figlio.
Jona allora si avvicinò e quasi in un sussurrò avverti la voce flebile di suo padre pronunciare quell’unica parola.
«suona…». Jona non capiva. Sembrava che suo padre volesse suggerirgli di non smettere. Poi crollò assopito proprio come lo aveva trovato appena entrato. A quel punto si sollevò dalla sedia e uscì dalla stanza. Lì nel corridoio incontrò sua madre.
«Allora eri qui» esordì Misako raggiungendo suo figlio. Jona era ancora sorpreso dalla reazione di suo padre.
«Mamma, ma papà sapeva del gruppo?»
Misako acconsentì con la testa.
«Jona, forse è meglio che andiamo a bere qualcosa…».
Senza esitare Jona seguì sua madre verso l’ascensore.
 
Tokyo
Hana riconosceva il mattino dal calore dei raggi solari che radenti penetravano furtivi dalla finestra della sua stanza baciandole il viso. Come ogni mattina anticipava la sua sveglia di cinque minuti. Seduta sul letto aspettò che la stessa suonasse prima di sollevarsi. Infilate le pantofole raggiunse il bagno. Aprì come ogni mattina il rubinetto aspettando che la caldaia facesse in modo che l’acqua diventasse calda poi iniziò la lavarsi.
Come sempre scese i gradini per raggiungere il piano di sotto. Erano le sette all’incirca e Hana sapeva che a quell’ora nel bar di suo padre c’era un gran via vai di gente, ma stranamente quella mattina non si percepiva un solo suono provenire dal piano terra. Quando finalmente raggiunse il bancone. Si rese conto che in giro non c’era nessuno. Poi improvvisamente la campanella che indicava l’ingresso dei client suonò alle sue spalle. Era la prima volta che suo padre la lasciava da sola senza neanche avvertirla sul dove fosse andato.
«Papà? Sei tu?» tentò presa dal panico.
«Si Hana sono io..» la rassicurò la voce di suo padre. Hana tirò un sospiro di sollievo.
«Ma si può sapere che fine avevi fatto? Mi sono preoccupata davvero…»
L’uomo raggiunse sua figlia stringendola forte tra le braccia.
Hana era spaesata davvero non riusciva a capire la reazione di suo padre.
«Papà così mi stritoli» lo ammonì.
«Hana, finalmente potrai tornare a vedere come un tempo». Hana non capiva a cosa alludesse suo padre
«Papà cosa stai dicendo?» era sconvolta.
«Ho appena parlato al telefono con il dottore che ti opererà, dice che ci sono buone possibilità di una ripresa totale nel tuo caso. Occorrerà aspettare il donatore giusto ma dice che con il trapianto della cornea potrai tornare a recuperare sicuramente l’novanta percento della vista. Non sei contenta?»
Hana era abbastanza sotto shock.
«Papà, ma dove troveremo i soldi per l’operazione?»
L’uomo si schiarì la voce.
«Di questo non devi preoccuparti».
In Hana sorse un dubbio.
«Papà, per caso Jona centra in qualche modo in questa storia?»
L’uomo era indeciso se confessare la verità a sua figlia oppure tacere. Sentiva che se le avesse detto la verità, per orgoglio sua figlia non si sarebbe fatta operare.
«Ma cosa dici? Non conosci proprio il tuo vecchio. Sai benissimo che sono un  gran risparmiatore. Ho messo da parte i soldi per la tua operazione e devo anche sentirmi dire che il merito è di un altro».
Hana sentiva dentro sé che qualcosa non quadrava, ma preferì ad ogni modo ignorare quella vocina scettica dentro di lei. Così sfoderò uno dei suoi più bei sorrisi.
«Vuoi dire che veramente tornerò a vedere papà?»
«Certamente!» gli confermò lui.
La ragazza dai capelli color inchiostro abbracciò suo padre.
«Papà grazie, di tutto. Finalmente potrò vedere il tuo volto e quello di Jona… non vedo l’ora che torni così potrò dirglielo di persona».
Otto deglutì vistosamente. Non se la sentì di distruggere i sogni di sua figlia così tacque.
Per Hana quella giornata iniziata come molte altra era divenuta speciale nel giro di pochi minuti. 
   
 
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