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Autore: LaFormicaElettrica    27/08/2017    0 recensioni
"Forse sono un fantasma, un fantasma di un ragazzo morto qui dentro tempo fa, di cui però non conservo nessuna memoria affettiva, solo memorie pratiche su come funzionano le cose. O forse sono un tipo di animale molto raro, che l'uomo non ha ancora scoperto, un animale senziente. O forse ancora una specie di semi dio, un angelo caduto, o un demone emerso dal sottosuolo, o dalle fogne."
Genere: Introspettivo, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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If I put on a disguise

will you think everything's alright?

 

The XX - Performance

 

 

 

 

 

C'è un caldo insopportabile qua sotto.

Sento il mio sudore, denso e vischioso, sgorgare fuori dalle branchie sulle mie tempie, e scivolare in grosse gocce lungo le guance, verso il collo e il buco della bocca.

Ho paura che se arrivasse a filtrare attraverso i punti in cui la mia maschera è attaccata al viso potrebbe iniziare a scollarla.

Ho bisogno di andare in bagno. Potrei chiudermi dentro e sfilare la maschera per qualche minuto, asciugarmi la faccia con un fazzoletto e mettere un altro po' di colla sulle giunture.

Il fatto è che la sola idea di dover passare accanto a tutte queste persone, col rischio che potrebbero magari tirare una gomitata distratta sulla mia pelle sottile, magari romplendola, mi angoscia terribilmente.

Meglio che me ne resti ancora un po' qui ad aspettare, in questo angolo in penombra accanto alla libreria, avvolto nel mio impermeabile nero.

Guardo di nuovo il telefono. Magari ha vibrato mentre era nella tasca e non me ne sono accorto. Sblocco lo schermo, ma niente, ancora nessun messaggio. Sarà la ventesima volta che controllo.

Mi ha scritto che sarebbe arrivata entro dieci minuti ormai mezz'ora fa. Inizio a preoccuparmi. Lei è l'unica che potrebbe tirarmi fuori da questa situazione. Mi porterebbe nella sua stanza, io potrei togliermi il cappotto, gli occhiali da sole e il cappello e potremmo passare il resto della serata a scriverci e guardarci, seduti sul letto l'uno accanto all'altra, finché tutta questa gente non si sarà stancata di starsene qui a ridere e bere e se ne tornerà a casa, lasciando sfumare ai margini della loro mente l'immagine di questa figura inquietante e solitaria seduta in un angolo della stanza.

-non bevi niente?

Alzo lo sguardo verso la voce che mi parla. In piedi accanto a me c'è questo ragazzo, alto, con la mascella e le spalle larghe e un sorriso rilassato che gli si distende sulle guance rasate. Riconosco la sua voce. È tutta la sera che, emergendo attraverso il brusio e le risate degli invitati, la sento farsi spazio ora qui e ora lì, a più riprese. È una voce profonda e piena, quando esce dalla sua bocca sembra prendere spazio tra le persone, comporsi in una forma solida e bella, una scultura di parole chiare, ben dosate, necessarie.

Gli faccio cenno di no con la testa, per rispondere alla sua domanda.

-Astemio?

Sempre con un movimento della testa gli dico di si. Non è falso, del resto quando il solo contatto con l'alcol corrode la tua pelle credo che si possa parlare di una forma grave di astemia.

-Capito

Posa su di me uno sguardo benevolo. Mi sento accolto. È come se le pareti della stanza fossero parte di lui, e lui le usasse come braccia, per circoscrivermi in un ambiente che ora sembra essersi fatto improvvisamente più sereno.

Per un attimo la mia angoscia svanisce. Nello sguardo di questo ragazzo mi sento di aver trovato un motivo per essere qui. Ho un posto tra tutti questi giovani universitari ubriachi, ed è il mio posto, come loro hanno il loro, come i pezzi si dispongono su una scacchiera, tutti di diverso valore ma tutti indispensabili.

È un attimo però. Mi ci vuole poco a rendermi conto che le buone maniere del giovane, probabilmente studiate e sempre uguali per qualsiasi persona si trovi davanti, non stanno bene su di me. Se solo sapesse chi sono, cosa sono, si allontanerebbe subito da qui.

Per ora, probabilmente, nella sua testa sono nient'altro che una persona molto timida, un po' scontrosa, magari con qualche problema mentale. Le mie maniere brusche non lo tengono lontano come tengono lontano gli altri, niente del genere può scuotere il piedistallo così solido della sua persona, come un alito di vento non può abbattere un grattacielo.

Ma se mi vedesse per quello che sono? Se svelassi le mie forme gelatinose e trasparenti ai suoi occhi?

L'angoscia torna a dipingere il mio mondo di ombre e minacce.

Non mi toglie gli occhi di dosso. Forse, attraverso il riflesso scuro dei miei occhiali, è riuscito a scorgere il vuoto nelle mie orbite, forse la maschera si è staccata dal collo e ora riesce a intravedere un lembo della mia pelle.

Prendo di nuovo il telefono, controllo l'ora, faccio qualcosa, qualsiasi cosa per fargli capire che voglio restare da solo.

-sei un amico di Sara?

Gli rispondo di si. Non è vero, in realtà conosco solo la sua coinquilina, ma spiegare una cosa del genere non è facile quando non hai una voce, poi magari questa risposta può servire a placare la sua curiosità, a raffreddare i suoi dubbi più pericolosi.

-ah! Piacere di conoscerti! Io sono Pietro, il ragazzo di Sara!

Mi porge una mano. La guardo. È grande, percorsa da grosse vene, pronta a stritolare con decisione quella flaccida creatura piena di tentacolini che se ne sta chiusa in un guanto alla fine del mio braccio. Sventolo la flaccida creatura avanti e indietro per l'aria, come a volerlo salutare da lontano.

Lui ride e imita il mio gesto.

-vabbè, mi sa che te ne vuoi stare un po' per conto tuo è? Io vado a farmi una birra, se ti serve qualcosa chiedi a me o a Sara!

Finalmente mi da le spalle e si allontana, perdendosi di nuovo tra la folla degli invitati.

Mi sento sollevato. L'angoscia allenta leggermente la presa intorno al mio torace. La conversazione mi ha fatto sudare tantissimo. Una sacca piena di liquido si è riempita tra le mie guance e la maschera, e un po' me ne entra nel buco del naso.

Sento il mio telefono vibrare un paio di volte nel palmo della mano sinistra.

Oh! Finalmente! Oh! Cristo Santo finalmente!

Sblocco lo schermo e premo sul logo di Whatsapp. È proprio lei, Caterina.

-Scusami per il ritardo, c'è un sacco di traffico :( altri dieci minuti e sono lì!

Oh, grazie a Dio.

Stringo forte tutte le mie speranze intorno all'immagine mentale di lei. Attingo dalla tavolozza della memoria i tratti del suo viso, le guance magre e lentigginose, le labbra sottili, quasi della stessa sfumatura di colore delle lentiggini, e gli occhi scuri su cui cala, come una tendina, una frangia di capelli rossi e mossi. Continuo a smussare gli angoli, a sfumare i colori, torno continuamente sui tratti per perfezionarli, per renderli più simili al modo in cui mi apparirà il suo volto dal vivo, o forse per renderli ancora più belli di come saranno in realtà. Sgombero la mia mente da tutto il male che la assedia e la trasformo in questo atelier di ossessioni, la stessa cosa che faccio quando non riesco a prendere sonno la notte. Poi, insoddisfatto di lavorare solo sulle immagini, impossibilitato a lavorare anche sulla materia, come farei nel mio rifugio, inizio a tessere, per la milionesima volta, tutta la storia passata tra me e Caterina.

 

   
 
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