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Autore: bluecoffee    28/08/2017    0 recensioni
Di solito, in quei momenti, indossavi solamente i pantaloni che ti avevo tolto con poca grazia attimi prima, anche se non avevi il fisico perfetto, perché alla fine a me non è mai importato.
Una delle ultime volte che venni a casa tua, mi spogliai senza un motivo preciso, ti rubai un maglione blu notte che mi arrivava alle ginocchia e lo tenni addosso per tutto il tempo.
ma non capisco niente quando indossi cose grandi
le maglie che ti arrivano fino alle ginocchia
Genere: Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ma non capisco niente quando indossi cose grandi
le maglie che ti arrivano fino alle ginocchia
 
 
 
 
 
 
 
Dondolavo spesso le gambe avanti e indietro quando mi mettevo seduta sul tavolo della cucina in casa sua e mi soffermavo a guardarlo mentre gironzolavi davanti gli sportelli, aprendoli e chiudendoli con le dita che fino a poco prima erano state su di me. Con quelle dita mi ci avevi sfiorato la pelle che era preclusa a tutti coloro che non ho mai conosciuto fino in fondo o da chi non accettavo una vicinanza troppo esagerata. Non lo facevo con cattiveria, mi veniva naturale.
Di solito, in quei momenti, indossavi solamente i pantaloni che ti avevo tolto con poca grazia attimi prima, anche se non avevi il fisico perfetto, perché alla fine a me non è mai importato. Passavamo i pomeriggi soli in casa tua, io che riuscivo a venire con mille difficoltà e sotterfugi: una volta il treno, una il bus, una mio fratello ed una nonna, che non era mai stata d’accordo, ma che non faceva storie, perché è sempre stata la prima ad essere cresciuta mettendo nonno davanti a tutto.
Una di quelle volte indossavo una tua felpa, quella grigia della Jordan che volevi che tenessi, ti stavo accarezzando le spalle nude con la punta delle dita e, all’improvviso, ho sentito qualche lacrima rotolare giù per le mie guance. Non c’era stato un motivo, te lo dissi mentre mi stringevi ed avevi la mano aperta sulla mia schiena; in verità, ho avuto il terrore di perderti, se ti avessi detto tutto ciò che avevo in mente. Mi aggrappai a te, mi lasciai trascinare in camera tua e ti morsi la spalla che ti avevo accarezzato, mentre la chiave di tua madre apriva il portone ed io raggiungevo consapevolmente l’orgasmo. Ero piccola e non era la prima volta che ci trovavamo entrambi a letto, con i respiri in sospeso da calmare ed il piumone sotto il quale mi rifugiavo sempre, per sentire che ero ancora pulita ed integra e non stavo facendo la grande a soli quindici anni.
Anni dopo, la mania di mordere le spalle alle persone a cui tengono in modo strano l’ho conservata. Anche al ragazzo a cui non dovevo dare così tanta confidenza ho lasciato il leggero segno dei miei denti sulla pelle, però dopo, mentre stavamo sul divano ed io riuscivo a non sentirmi in colpa per nulla. Tra tutti gli altri che sono passati – e che si possono bloccare alle dita di una mano – così tanta importanza non l’ho mai data, anche se con un paio ci è scappata qualche parola di troppo che raccontasse di un futuro prossimo, anche che fossero cinque giorni.
Una delle ultime volte che venni a casa tua, mi spogliai senza un motivo preciso, ti rubai un maglione blu notte che mi arrivava alle ginocchia e lo tenni addosso per tutto il tempo. Ridesti della sua lunghezza e delle mie mani che sparivano e del tessuto che mi prudeva al collo e del colore che mi faceva ancora più chiara ed i capelli biondi che avevo raccolto, ma che sarebbero stati meglio sciolti, ad intrecciarsi tra la trama scura. Mi baciasti così tante volte, per tutta la faccia, mentre io provavo a mangiare una delle mele che tua madre aveva comprato solamente per me, perché ero l’unica che mangiasse della frutta in casa vostra e lei si era talmente abituata a me, che ero come una figlia.
Il maglione me lo lasciasti tenere addosso, prendendoti in ostaggio la mia felpa giallo canarino.
La felpa non so dove la tieni ora, se l’hai gettata o nascosta per paura che chi c’è stata dopo di me – anche se è solo una e c’è ancora – potesse trovarla. Lei sa bene che quella sarebbe la mia felpa, perché l’avevamo comprata insieme e, sempre insieme, mi si era bruciata ad un polsino a causa dell’accendino verde acido di suo fratello, mentre entrambi cercavamo di fumare nascosti dai genitori e le mani ci tremavano.
So che non la trovi bellissima, perché ti conosco meglio di quanto potessi pensare, ma so che sei riuscito a trovare la stabilità emotiva in quel vortice che corrisponde ai diciotto anni. Sei felice, con lei sorridi anche se ci litighi di continuo, perché ti aspetti che delle volte dia di matto e non lo fa. Scusa, se ancora dopo anni, sei abituato ai miei modi di fare.
Il tuo maglione, io, lo tengo tra le grucce del mio armadio, nascosto tra il vestito a fiori che ho messo solamente una volta e la prete, così da poter essere nascosto meglio. Non lo metto mai, non lo guardo neanche, faccio finta che non sia lì ogni volta che apro le ante per prendere qualcosa che non ho trovato sulla sedia o sulla panca o sopra le due scatole con i vestiti della stagione che non è in corso. Non l’ho messo da nessuna parte, perché gli unici occhi da cui lo voglio nascondere sono i miei, perché sono terrorizzata dall’idea di rivedere tutto quanto, anche se mi basta meno di un contatto visivo con ciò che è stato tuo.
Ti continuerò a scrivere, continuerò a prendermela quando dirai che non riesci a venire a trovarmi perché hai altro da fare, anche se hai solamente paura di qualsiasi reazione, che sia mia o tua. Continuerò a tenere quel maglione (mio) tuo lì dove sta ora, sperando di trovare il coraggio di metterlo come un normale indumento o di gettarlo tra i vestiti che anno dopo anno finiscono da qualche parte perché non li porto mai o non mi entrano più o mi vanno troppo larghi.






è un pezzo. un pezzo di qualcosa che ho tirato fuori troppo tardi.
c'è del vero? sì; quel maglione è solo un pretesto, una piccola scusa per tirare fuori un pezzo, ma c'è del vero. (purtroppo).
federica
  
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