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Autore: pampu    29/08/2017    5 recensioni
Stiles e Derek, le loro tempeste, la loro forza, la loro speranza...
Faccio schifo con le introduzioni ma non voglio spoilerare nulla...
Genere: Angst, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Derek Hale, Stiles Stilinski, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Buonasera a tutti! Non so da dove cominciare… in realtà, questa song è metà da una richiesta fatta da ScoSt1124 che, domenica, mi ha detto: “se non hai voglia di passare l’aspirapolvere, vorrei proprio tanto una ff sulla canzone la solita tempesta”. Io non conoscevo minimamente la canzone ma, appena ho letto il testo, mi sono venute alla mente due possibili trame… abbiamo scelto questa perché ci piaceva di più. Penso di non aver scritto niente di più angst… almeno non da sola.
Spero che piaccia quanto è piaciuta a noi! 

A ScoSt1124 perché sì…
A Blu992 perché sì…
Voi sapete!




 
Notti intere fatte fuori a testate sugli specchi 
sulle spalle sempre la stessa scimmia 
di sacrosanti pretesti che uccidono un amore e fanno rima solo con qualche bestemmia


Stiles amava Theo, lo amava davvero. Era stato il suo primo tutto: il suo primo bacio, il suo primo orgasmo, la sua prima volta. Era giovane, aveva solo sedici anni ma era convinto che sarebbe stato il suo per sempre. John, suo padre, non approvava la loro relazione, continuava a ripetergli che era troppo giovane per stare con un ragazzo così grande. Perché sì, Stiles aveva sedici anni e non aveva esperienza mentre Theo ne aveva venti e una vita troppo turbolenta alle spalle. Ma Stiles lo amava e sapeva che anche l’altro, a suo modo, lo faceva. Modo che comprendeva scenate di gelosia che lusingavano Stiles, lo facevano sentire speciale. Il primo schiaffo era arrivato una settimana dopo che erano andati a vivere assieme: Stiles aveva diciotto anni e un enorme litigio con suo padre alle spalle che lo aveva costretto a passarci sopra. Theo gli aveva chiesto scusa due ore dopo amandolo con una dolcezza che non aveva mai usato. Stiles lo aveva perdonato raccontandosi che era solo arrabbiato, quelle cose potevano accadere, che lo amava e che suo padre non aveva ragione. La seconda volta Stiles non aveva capito nemmeno per quale ragione Theo lo aveva colpito, sapeva solo che era arrabbiato, così arrabbiato che doveva per forza aver fatto qualcosa di male. Ci erano voluti altri tre schiaffi, due ricoveri, uno specchio rotto e una cicatrice sull’addome per far capire a Stiles che quello non era amore, non lo era mai stato. Lasciarlo era stata la cosa più difficile del mondo. I sensi di colpa, la paura, l’idea che, forse, le cose potevano cambiare, la delusione di aver visto qualcosa che non era mai esistito lo avevano spinto a non uscire più di casa per mesi. John era stato molto paziente perché capiva la delusione di quel grande amore che era stato tutta un’illusione, un grandissimo incubo, e lo aveva aiutato ad uscirne. C’era voluto del tempo ma Stiles ce l’aveva fatta, aveva ripreso in mano la sua vita.

 
Gli occhi fissi sgranati sulle crepe dei muri a cercarci verità nascoste
ma non c'è nulla da capire non c'è nulla da dire sempre e solo le solite risposte
Poi la solita tempesta che strappa i capelli e si porta via sbattendo le porte quell'amore
che ci ha ridotto a brandelli così tante tante tante tante tante troppe volte


Conoscere Lydia era stata una ventata di aria nuova dopo Theo. Lydia era simpatica, bella e intelligente. Sapeva tenergli testa e, allo stesso tempo, sembrava capirlo come nessuno aveva mai fatto. Fare l’amore con lei per la prima volta, mostrargli le sue cicatrici, non era stato facile. Ma si fidava di lei, lo aveva fatto dal primo istante in cui l’aveva vista. A niente erano serviti gli avvertimenti di Scott: lui credeva ancora nell’amore e voleva dimostrare a se stesso che poteva ancora amare ed essere amato.
La notizia della sua gravidanza era arrivata come un fulmine a ciel sereno: Stiles era più che certo di essere stato attento ma era pronto a prendersi le sue responsabilità.
La proposta di matrimonio era arrivata assieme alla firma di un contratto che Stiles aspettava da tempo. Avevano comprato una piccola casetta un po’ malandata che, pian piano, avevano cominciato a sistemare. Nei giorni di riposo, Stiles stuccava le crepe cercando di trasformare quella casa in un nido perfetto per le sue donne. La piccola Rose cresceva a vista d’occhio bella come la mamma, con gli stessi occhi e i capelli rossi. Ma Lydia non sembrava felice e Stiles non riusciva a capire dove stava sbagliando, cosa gli stesse facendo mancare. Lavorava più del dovuto, le viziava come poteva ma sembrava non bastare mai. Lydia era fredda, distante e sembrava sempre irritata.
Era crollato tutto un giorno di fine novembre: le cose in azienda non stavano andando bene già da tempo. Gli avevano ridotto l’orario due settimane prima e, il mese precedente, non era stato pagato. Le cose con Lydia andavano sempre peggio ma il sorriso di Rose lo faceva sempre stare bene. Trovare la casa vuota, completamente vuota, gli aveva fatto mancare un battito. Un foglio piegato in due giaceva sul tavolo. Lo aveva preso con dita tremanti e aveva pianto mentre leggeva quelle poche parole: Lydia se n’era andata ammettendo che Rose non era davvero sua figlia e non poteva restare con uno sfigato del genere. Il test del DNA in una busta sotto al foglio: aveva perso tutto!
Questa volta non ce l’avrebbe fatta, pensava davvero di non poter più rimettere assieme i pezzi. Che poi, cos’era rimasto da mettere assieme? Solo una crepa sul soffitto della cucina. La sua gioia non era sua, Rose non era sua figlia e a lui non restava più niente se non la sua inutile vita e la bottiglia di vodka che lo aveva accompagnato fino sul ciglio di quel dirupo, appena fuori città.


 
Notti intere bruciate con anime spente solo per sentirsi migliori
altre notti passate a fare finta di niente o a fare finta di non sentirsi soli


Derek era solo un poco di buono, un teppista. Così lo definivano tutti e come tale si comportava. Non rispettava le regole, non rispettava sua madre, faceva solo quello che voleva senza rendere conto a nessuno.
A niente servivano i richiami degli insegnanti che vedevano qualcosa che lui proprio non riusciva a vedere e nemmeno le parole preoccupate di sua madre. Si sentiva solo, incompreso. Il silenzio gli faceva paura: per questo cercava la confusione in locali affollati e beveva, beveva fino a dimenticarsi chi fosse. Breaden era bella, indipendente e aveva la sua stessa paura. Mettersi insieme era stato naturale, così come passare le notti assieme scambiandosi il piacere e dimenticandosi del mondo. Non si amavano, lo sapevano perfettamente, ma stavano bene e questo gli bastava. Almeno fino a quando Breaden non si era innamorata davvero e lo aveva lasciato di nuovo al buio, da solo. Ma Derek era forte, sapeva di esserlo e ce l’avrebbe fatta.


 
Gli occhi persi nel nulla nelle notte più buie sperando che il tempo migliori
per vedere altre stelle dalla luce più viva ma qui arrivano soltanto i rumori
della solita tempesta che strappa i capelli e si porta via sbattendo le porte quell'amore
che ci ha ridotto a brandelli così tante tante tante tante tante tante troppe volte


Aveva messo la testa a posto, ci aveva messo del tempo ma ce l’aveva fatta: aveva finito gli studi, aveva trovato un lavoro e sua madre ora era orgogliosa di lui. Il buio gli faceva meno paura ma non si sentiva completo.
Kate era arrivata con la sua capottabile un pomeriggio di fine marzo nell’officina dove lavorava da quasi un anno. Era solo e lei era davvero bella. Gli aveva lasciato il suo numero per poterla avvisare quando la macchina sarebbe stata pronta e poi, con un occhiolino, gli aveva detto che poteva anche usarlo per chiederle di uscire. Lo aveva fatto una settimana dopo. Ci aveva pensato a lungo ma, alla fine, aveva deciso che un caffè non avrebbe potuto far male. Dopo il caffè c’era stato un pranzo, poi una cena e, ben presto, Derek si era ritrovato completamente innamorato di quella ragazza più grande di lui che, però, lo faceva stare bene come nessuno aveva mai fatto. La felicità con Kate era arrivata assieme a nuove incomprensioni in famiglia: sua madre non approvava quella relazione, continuava a dire che quella donna nascondeva qualcosa di strano e che doveva smetterla di vederla. Derek era stanco, davvero stanco quando quella sera di novembre aveva confessato a Kate dei suoi problemi a casa, delle cose brutte che Talia diceva di lei. Gli occhi di Kate avevano brillato in un modo strano: era furiosa, furiosa come Derek non aveva mai visto nessuno. 
Non ricordava molto della notte dopo, solo l’odore del fumo che copriva le stelle. Ma, probabilmente, non sarebbe riuscito a vederle lo stesso con gli occhi colmi di lacrime mentre gli dicevano che era rimasto solo, che l’incendio aveva ucciso tutta la sua famiglia e che era stata Kate ad appiccarlo mentre lui dormiva nel letto di lei, ignaro di tutto. Eppure questo non gli aveva evitato gli enormi sensi di colpa che gli attanagliavano il petto, impedendogli di respirare. Aveva quasi pensato di confessare che era stata una sua idea pur di essere punito per l’accaduto. Non ricordava dove aveva preso quella bottiglia di tequila, sapeva solo che si trovava sul ciglio di quel dirupo chiedendosi quanto fosse profondo e se avrebbe fatto male.



 
Negli specchi in frantumi nelle notti incendiate i riflessi di mille ferite
di mille stelle cadute di mille lune nuove di tremila storie sbagliate


Stiles è seduto con le gambe a penzoloni, del fumo sale dalla città ai suoi piedi, impedendogli di vedere le stelle, ma sa che ci sono, ci sono sempre. Stanno lì, ad osservarli, fino a quando non si stancano e decidono di cadere. Stiles si sente tanto come quelle stelle e continua a guardare il basso, attirato da tutto quel buio. Dei passi lo fanno sobbalzare, facendogli cadere la bottiglia. “È inutile, non mi impedirai di buttarmi” dice strascicando un po’ le parole ma sicuro del loro significato.
“Non è proprio nelle mie intenzioni.”
La voce roca e profonda lo spinge a voltarsi trovandosi davanti un uomo poco più grande di lui. È buio ma Stiles è sicuro di vedere lo stesso sguardo spento che ha lui. “Cosa fai qui, allora?” chiede più per sentire ancora quel suono che per la curiosità.
“Ho avuto la tua stessa idea” risponde con voce stanca.
“Siediti qua.” Stiles si sposta e batte la mano al suo fianco. Derek si lascia cadere accanto a quel ragazzo, facendo scontrare le loro spalle. “Giornata pesante?” domanda ancora, non sopportando quel silenzio.
Lo sbircia appena e lo vede sospirare. “Vedi quel fumo? È casa mia, o meglio, quello che ne rimane.”
“Mi dispiace” sussurra non sapendo cos’altro dire e appoggiandosi di più alla sua spalla, come a volerlo sostenere.
“È stata la mia fidanzata. La mia famiglia non voleva uscissimo assieme e lei li ha uccisi tutti. E non so perché ti sto raccontando tutto questo.”
“Mia moglie se n’è andata, lasciandomi con un biglietto. Non che le cose tra noi andassero bene ma si è portata via mia figlia, la mia ragione di vita, rivelandomi che, in realtà, non è mia” racconta Stiles per ricambiare la confessione dell’altro.
Si stupisce di sentire la risata di Derek, per poi lasciarsi contagiare. Ridono, ridono per interi minuti, forse ore, ridono fino alle lacrime. Poi Derek smette, all’improvviso, e lo guarda. Lo guarda come nessuno lo aveva mai guardato, gli scava dentro riuscendo a capire tutto quello che sta provando, leggendo tutto il dolore nascosto dietro a quelle risa. Un brivido percorre la schiena di Stiles mentre Derek si avvicina e lo bacia. Nemmeno capisce come si trova nudo, con Derek che si spinge con forza dentro di lui. Non sente dolore, non sente il freddo pungente di fine Novembre. Sente solo il corpo di Derek che lo sostiene, che lo scalda mentre le labbra asciugano le lacrime che sta ancora versando. Vengono assieme e Stiles si sente bene, per la prima volta dopo giorni. Si rivestono in silenzio, troppo imbarazzati per parlare. Si siedono vicini, ai piedi di un albero ma lontano dal ciglio del dirupo, le spalle ancora in contatto. Si alzano assieme, senza bisogno di dire una parola, allontanandosi da quel luogo, ciascuno per la sua strada ma consapevoli che, forse, non tutto è perduto.


 
Poi la solita tempesta che strappa i capelli e si porta via sbattendo le porte quell'amore
che ci ha ridotto a brandelli così tante tante tante tante tante tante troppe volte


Stiles entra nel bar con dieci minuti di anticipo. Gli piace quel lavoro anche se lo stipendio non è dei migliori. Ma gli permette di lavorare per buona parte della notte e di pagarsi il piccolo monolocale dove ora vive. Sono passati sei mesi da quella notte e l’estate è alle porte. Stiles odia l’estate, odia il caldo ma ha come l’impressione che, quella, sarà diversa. Due occhi verdi attirano la sua attenzione. E anche se Stiles non ha visto il loro colore quella notte e i ricordi sono un po’ confusi, è certo che siano quelli di quell’uomo poco più grande di lui. Gli passa affianco, guardandolo di sottecchi ma lui sembra non averlo visto. 
Ma Stiles è incuriosito, vuole sapere. Ci mette mezz’ora prima di prendere un bicchiere, riempirlo e trovare il coraggio di avvicinarsi e porgerglielo. “Ciao.”
Una piccola smorfia che sa di sorriso si dipinge sul volto di Derek. “Pensavo non volessi parlarmi.”
“Perché?”
“Perché ti ricordo brutte cose.”
Stiles appoggia i gomiti e si sporge verso di lui. “In realtà, se sono ancora qui, penso sia solo merito tuo.”
Parlano tutta sera, o meglio, Stiles parla mentre Derek lo ascolta, ma va bene così. Derek torna la settimana dopo e quella dopo ancora mentre Stiles si accorge di aspettare il suo ritorno. Ha paura di quello che significa la stretta allo stomaco che sente ogni volta che lo vede seduto, ma si accorge anche che si sveglia più volentieri ogni mattina e che gli occhi di Derek sono meno tristi ogni volta che li vede. Il primo bacio arriva la sera che Derek decide di accompagnarlo a casa dopo la chiusura. Fuori piove a dirotto e Stiles è a piedi e senza ombrello. Derek l’ombrello ce l’ha ma si rompe a metà strada e si ritrovano a correre sotto l’acqua. Si baciano sotto il portone dell’appartamento di Stiles, le mani che non sanno bene dove appoggiarsi per paura di farsi del male. Stiles vorrebbe dirgli di salire ma non vuole sbagliare, non ancora. Non si stupisce del fatto che Derek, dopo quella sera, non si fa più vedere per quasi due settimane. Lo ritrova sotto casa dieci giorni dopo, lo sguardo basso e colpevole. Stiles gli colpisce appena una spalla con la sua e lo fa salire. Bevono un caffè e parlano tutta notte. Derek se ne va senza nemmeno sfiorarlo. Passa un’altra settimana prima che Stiles senta la necessità di baciarlo di nuovo, lo fa appena prima che se ne vada, pregandolo poi di non sparire. Derek torna il giorno dopo. Mostrare ancora una volta le proprie cicatrici all’altro non è facile ma lo fa stare meglio, gli fa sentire meno il peso delle loro scelte sbagliate. Finiscono di nuovo a letto dopo tre mesi dal loro primo bacio, le mani tremanti e i corpi desiderosi di riscoprirsi. Dopo quella notte Stiles ha paura, davvero paura di aver rovinato tutto, di vederlo scappare via di nuovo. Si gira tra le braccia di Derek con attenzione, cercando di non svegliarlo mentre appoggia la fronte sul suo petto. “Ti amo” sussurra Derek. Un sussurro che sembra un urlo e fa tremare Stiles mentre il suo cuore batte furiosamente. “Anche io” risponde con timore, consapevole di essere di nuovo dentro a quella tempesta chiamata amore. Derek lo stringe un po’ di più e Stiles si permette di credere che questa volta sarà diversa, che Derek è diverso: perché anche lui è un sopravvissuto e, prendendosi per mano, la tempesta fa meno paura.

   
 
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