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Autore: vivienne_90    30/08/2017    3 recensioni
Akashi e Kuroko stanno insieme da diverso tempo quando quest'ultimo parte all'improvviso senza avvisare nessuno, costruendosi una nuova vita a Los Angeles.
Adesso, otto anni dopo, Kagami e Kuroko stanno tornando a Tōkyō, ognuno con le proprie preoccupazioni, chi l'aereo e chi una determinata persona, inizia tutto così...
Dal cap 5
"Il ritorno di Tetsuya metteva in discussione ogni cosa, ogni equilibrio che si era creato, si stava per rompere, perché guardare nei suoi occhi era come ammirarsi in uno specchio che non rifletteva mai l'immagine originale [...] Aveva sempre avvertito quelle piccole, grandi, differenze. Era come se una sottile parete trasparente li dividesse e Seijuurou, incurante, la buttava giù ogni volta, perché sapeva che al di là di essa avrebbe trovato Tetsuya, che lo avrebbe abbracciato, che lo avrebbe fatto sentire a casa."
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AkaKuro || AkaMayu || KagaKuro || MidoTaka || MuraHimu || AoKi || Past!AoMomo || Past!KagaHimu ||OOC!Mayuzumi || No!Bukushi/Oreshi || Future!AU
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Chihiro Mayuzumi, Seijuro Akashi, Taiga Kagami, Tetsuya Kuroko
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Non disobbedire o causare problemi ai tuoi superiori;
Non tradire il gruppo o i tuoi compagni;
Non lottare con i tuoi compagni o non rompere l'armonia dell'organizzazione;
Non sprecare i fondi dell'organizzazione;
Non toccare alcuna donna dei membri dell'organizzazione.

Questo recitava il wakamono no kokoroe, il codice d'onore della Yakuza.



 

L'uomo aveva prestato fedeltà alla famiglia Takeda tanti anni fa; alle spalle dell'altare shintoista si ergevano gli stendardi con il nome di Amaterasu – divinità del sole – e di Hachiman – dio patrono dei guerrieri – era tutto pronto per il rito di inizializzazione.
L'uomo, adesso rinchiuso nella sua cella, ricordava bene il proprio sakazuki, per quanto l'idea di appartenere alla criminalità organizzata giapponese lo disgustasse, trovò quel momento quasi magico: immerso nel silenzio assoluto, l'oyabun si era seduto di fronte a lui mentre gli azukarinin – servitori di livello inferiore – preparavano il saké mischiandolo con il sale, una volta servita la bevanda ne bevve un po' e condivise la tazza con l'oyabun, questo fece di lui un kobun, un nuovo membro della famiglia. Si apprestò a giurare fedeltà e in cambio gli venne consegnata la spilla con l'emblema della ikka di appartenenza da portare con orgoglio – , e ricevette anche un documento con tutte le informazioni necessarie.
Dal quel giorno Kouno Seiji dedicò anima e corpo alla famiglia Takeda, apparentemente.
Seiji, un giovane uomo dai capelli magenta e gli occhi dorati, era un sognatore che credeva nel bene, in un mondo più giusto; fin da bambino prendeva sempre le difese del più debole, non importava chi si trovasse davanti e per questo si era cacciato spesso nei guai. Crescendo aveva iniziato ad interessarsi al mondo criminale e decise di entrare nei corpi speciali di polizia, c'era un motivo per cui aveva deciso di unirsi al gruppo Yakuza più violento della storia: per smantellarlo dall'interno, sotto copertura, protetto dal falso nome fornitogli dai suoi colleghi, ʻTakaki Ichiroʼ.
Avrebbe fatto di tutto per riuscire nel suo intento, compreso finire in carcere per un crimine commesso da un suo superiore. Grazie alla sua intelligenza Seiji aveva fatto ʻcarrieraʼ in fretta, ma non era ancora abbastanza, doveva trovare un modo per affermarsi ulteriormente e arrivò alla conclusione che con quel gesto avrebbe avrebbe conquistato la totale fiducia del suo oyabun, sarebbe stato promosso e avrebbe ricevuto una grande cifra di denaro, avrebbe potuto infiltrarsi ancora di più. Prendersi le colpe di un superiore e venire arrestato per lo stesso motivo, era visto come un atto di grande coraggio, per questo veniva tanto premiato.
Il secondino aprì la cella facendogli segno di uscire, gli ridiedero i propri effetti personali e ad accoglierlo trovò il capofamiglia insieme al suo vice.

«Ichiro, hai tutta la mia gratitudine.».
«Ho fatto solo quello che ritenevo più giusto.».
«Andiamo, sono tutti qui fuori ad aspettarti.».

Uscito dal carcere trovò i membri della ikka e delle organizzazioni amiche, il rituale aveva un termine preciso, demukai, una cerimonia pubblica, volta a sfidare lo Stato nella riabilitazione del detenuto: la famiglia e i loro alleati partivano dai propri quartieri generali sfoggiando macchine lussuose, l'ordine di arrivo dei mezzi e la posizione occupata al loro interno rispettava la gerarchia del gruppo; scambiati i convenevoli di dovere, si sarebbero disposti in ordine piramidale di fronte alle mura del carcere, indicando il loro posto nella famiglia.
Infatti fu proprio quella la scena proposta agli occhi dorati, Seiji accettò i diversi doni e le diverse lodi, tornando poi a casa.
Il quartiere generale della famiglia Takeda era lontana dal chiasso della città di Kobe, una grande costruzione tradizionale ospitava i membri più importanti e, prima di finire in prigione, Seiji abitava lì. Grazie al suo gesto ricevette una camera più spaziosa, il futon matrimoniale non sfuggì al suo sguardo e questo gli fece sorgere ulteriori domande.

«Ichiro, parliamo da uomo a uomo, vieni.».
Annuì seguendo il capofamiglia, inginocchiandosi poi davanti a lui sul tatami, «Sono qui per servirla.».
«E lo fai molto bene, sei un membro importante, per questo ho deciso di farti dono di mia figlia.», senza distaccare gli occhi dal colore diverso – marrone scuro e azzurro – dall'uomo, incrociò solennemente le braccia al petto, «Tetsuna, puoi entrare.».
Seiji osservò le ante in carta di riso scorrere e vide una ragazza avvolta in un costoso, pregiato, kimono farsi avanti; l'aveva già notata qualche volta, di solito passeggiava in giardino scortata dalla cameriera, in verità la casa era talmente grande che le donne avevano un'area tutta per loro.
«Tetsuna, il tuo futuro marito ha fatto un grande atto di coraggio, sii meritevole di divenire sua moglie, non metterlo in imbarazzo.».
Prima che la ragazza potesse rispondere Seiji si prostrò ai piedi dell'oyabun, «Signore, sono io a non essere meritevole di tale onore, sposare sua figlia è un privilegio che non mi è concesso.» — In realtà non sapeva se si fosse potuto sposare, era sotto copertura, non uno di loro, sposare la donna avrebbe portato solo guai, doveva prendere tempo, abbastanza da poter contattare i suoi colleghi e avere il permesso di procedere con l'operazione.
«Adesso lo hai, ti sto offrendo io stesso il privilegio.».
«E io le sono grato, solo credo che dovrebbe scegliere un uomo più adatto per ».
«Tu sei l'uomo adatto e se non dovesse dimostrarsi così credimi che pagherai.».
Seiji riconobbe il tono, non avrebbe accettato altre repliche, se lo avesse fatto si sarebbe messo nei casini con le proprie mani «Accolgo umilmente la richiesta, sua figlia non rimarrà delusa, tanto meno lei.».
«Celebreremo le nozze tra un mese, pote impiegare questo tempo per conoscervi meglio. Ho solo una condizione, la cameriera di Tetsuna sarà sempre con voi, fino al giorno del matrimonio.».
«Come desidera.» — Magari sposandola sarebbe riuscito ad ottenere informazioni importanti.

 

*


Takeda Tetsuna era una giovane donna avvolta da un'aria di malinconia, ecco la sensazione che percepì Seiji stando insieme a lei. Il matrimonio era stato annunciato e i due futuri coniugi avevano preso l'abitudine di passeggiare per un'ora nel pomeriggio, quando il sole iniziava a dare il suo saluto alla città; erano passate due settimane e nonostante tutto la ragazza continuava a rifiutarsi di parlare, non importa quante domande le porgesse.
Seiji pensò che doveva essere arrabbiata per le nozze forzate, parlando in tutta onestà il rosso lo era, perciò Tetsuna aveva tutto il diritto di infuriarsi in silenzio. Una cosa però non poteva negarla, Tetsuna era bella, molto bella, i capelli color del cielo estivo, l'eterocromia dei suoi occhi, azzurro e rosso rubino, affascinanti, ipnotici, uno sguardo affilato seppur apatico allo stesso tempo.
Ed ora erano lì, nel solito giardino a passeggiare con la cameriera qualche passo indietro, Seiji sospirò iniziando a parlare, «Tuo padre mi ha fatto un bellissimo dono permettendomi di sposarti, sei una creatura celestiale.» — E forse pensò che sarebbe stato meglio starsene zitto, faceva pena a corteggiare le ragazze.
«Mio padre ti ha fatto dono dei miei occhi, non della mia persona.».
Sorpreso indirizzò lo sguardo dorato su di lei, finalmente gli aveva rivolto la parola, «I tuoi occhi sono senz'altro splendidi, ma non credo che ».
«No, tu non capisci.», continuò Tetsuna pacata senza fermarsi, «Ogni membro della famiglia che nasce con l'eterocromia è automaticamente il successore, il prossimo oyabun.».
Si appuntò l'informazione mentalmente, aveva senso: Takeda Eichi aveva un occhio marrone e uno azzurro, mentre quelli del fratello erano entrambi scuri. Sapeva che avrebbe potuto scoprire qualcosa, anche il più piccolo dettaglio insignificante andava bene, «Quindi questo fa di te la prossima oyabun giusto?».
«Sbagliato.», lo corresse senza rimprovero nella voce, «Sono poche le donne che hanno un ruolo nella Yakuza e mio padre è di vecchio stampo, non permetterebbe mai una cosa del genere.».
«Allora chi?» Nel momento in cui pose la domanda la realtà lo colpì come un treno in corsa, stava per sposare Tetsuna, lei aveva ereditato l'eterocromia, lei l'avrebbe passata ad eventuali figli. I doveri del matrimonio. Figli. Seiji non aveva pensato a questo. Maledizione.
«Tu non hai fratelli?», l'ansia era appena percettibile, comunque presente — «Non per offenderti, solo che non ho mai pensato a mettere su famiglia, diciamo.».
«Pensi che il mio desiderio più grande sia fare figli con un uomo che non conosco?», chiese retorica, «Avevo un fratello, è morto durante una guerra tra famiglie. Mio padre mi ha sempre disprezzata, sia me che lui, ma almeno uno dei due aveva gli occhi dal colore diverso, la figlia sbagliata, comunque avrebbe potuto usarli un giorno.».
«E se nessuno dovesse nascere con quella caratteristica?».
«In quel caso si sceglierà la persona più idonea, fino a quando la genetica non farà il proprio corso.», accennò un sorriso guardandolo, «Mio padre pensa che in questo momento la persona più idonea sia tu, per questo ti ha fatto dono dei miei occhi.».
«E se non dovessi mostrarmi all'altezza?».
«Mi renderebbe vedova e mi farebbe maritare un'altra volta.».
In sintesi lo avrebbe ucciso e l'avrebbe costretta a sposare un altro uomo, corretto? — Non sarebbe successo, ci teneva alla vita dopo tutto, eppure furono altre parole a scappargli dalle labbra, «Non permetterò che ti accada niente di male, te lo prometto.».
Tetsuna sorrise e il cuore di Seiji iniziò a martellargli nel petto, improvvisamente si sentì invaso da un piacevole calore. Non andava bene. Non andava affatto bene.
«Allora direi di essere fortunata a dover sposare te, Ichiro.».

I giorno passarono in fretta e presto l'uomo si ritrovò ad assecondare gli umori della giovane donna, alle volte Tetsuna era la ragazza più gioiosa che avesse mai incontrato, altre la più malinconica, la più triste e non capiva perché; un brutto pensiero iniziò ad insinuarsi nella sua mente, ʻvoglio che sia sempre sorridente, voglio poterla rendere feliceʼ, forse per colpa delle passeggiate al tramonto, forse per colpa della mano di Tetsuna che stringeva la sua — Non poteva permettersi di innamorarsi di lei, Seiji lo sapeva bene, dovette riportare a galla la sua determinazione: era un agente sotto copertura; il compito era di distruggere la famiglia Takeda dall'interno; detestava il mondo della Yakuza e Tetsuna ne faceva parte, volente o nolente. Ecco le parole che Seiji si ripeteva ogni volta davanti allo specchio, chiare, semplici, lineari, la realtà dei fatti. Eppure quando la vide in abito da sposa camminare verso di lui, capì di essere perdutamente innamorato di lei, di tutto quello che era, amava i suoi momenti di gioia, la risata cristallina, ancora di più i suoi silenzi e il suo sguardo triste.
La cerimonia si tenne nel corso della giornata dell'hanami, ovvero quando i boccioli di ciliegio sono in piena fioritura, Seiji poté confermare che nessun altro giorno al mondo sarebbe stato più bello, nessun'altra notte.
Vedendola dormire serenamente accanto a sé, lo sposo decise di alzarsi e tirò fuori dal nascondiglio il telefono prepagato, la stanza matrimoniale dava sulla veranda, fece scorrere le porte in carta di riso e avviò la chiamata. Non seppe per quanto tempo continuò a confrontarsi con i colleghi, l'unica cosa certa era che, una volta terminata la telefonata, Tetsuna lo aveva immobilizzato puntandogli un taglia carte alla gola — «Posso spiegare.».
«Ho sentito tutto, non c'è niente da spiegare, traditore.».
«Tetsuna... », chiuse gli occhi respirando affondo; sì era un traditore, la sua copertura era saltata, eppure l'amore sbocciato nel giro di un mese era reale, purtroppo — «Ascoltami, per favore.».
La donna premette ancora di più sulla pelle delicata e fragile, «Tu vuoi distruggere mio padre, la mia famiglia.».
«Sì.», ammise senza rimorsi, «Sì è proprio quello che voglio fare e non mi limiterò a questo, vuoi sapere qual è il mio sogno? — Estirpare la Yakuza fino alle radici e lo vuoi anche tu.».
«Non dire assurdità, perché mai dovrei desiderare una cosa tanto assurda? — Io ci sono nata e cresciuta in tutto questo, tu non sai niente.».
Sentendo la presa farsi più incerta, Seiji ribaltò la situazione buttando l'arma sul tatami e la strinse a sé, «Proprio perché ci sei nata, desideri di non averlo mai fatto Tetsuna.».
«Tu sei pazzo.».
La sentì combattere per liberarsi dall'abbraccio, l'uomo aumentò la stretta, «È vero, ti conosco solo da un mese, ma per tutto questo tempo ti ho osservata, non dire che non so niente su di te, perché è l'esatto contrario.», posò un bacio deciso sulla chioma azzurra, «La tua stagione preferita è la primavera, perché i primi fiori iniziano a sbocciare nonostante le avversità dell'inverno; poi ti piacciono le farfalle, le loro ali sono delicate, eppure sono abbastanza forti da volare, da poter scappare dalla casa dove tu sei rinchiusa da quando sei nata.», parve calmarsi, così sciolse l'abbraccio guardandola negli occhi illuminati dalla luna, «Tu puoi uscire Tetsuna, puoi farlo devi solo credere — ».
«Chi ti ha detto queste cose?».
«Sono vere?».
«Chi è stato?», ripeté con più fermezza.
«Te l'ho detto, ti ho semplicemente osservata.», in risposta alla minaccia, Seiji le accarezzò la guancia, «Solo una cosa ancora non mi è chiara, perché ogni volta che ti specchi nel laghetto diventi tanto infelice?».
Sentendosi sconfitta si aggrappò alla t-shirt bianca del marito, la fronte sul suo petto e gli occhi stretti, per non piangere, «Perché non mi piace quello che riflette, ogni volta che mi guardo allo specchio mi sento così... — Come puoi amarmi?».
«Forse perché quando io ti guardo vedo una bellissima donna, delicata come una farfalla, qualcuno ti ha stropicciato le ali, io sono qui per metterle a posto, ma sei tu a dover trovare la forza di volare, Tetsuna.».
La donna si lasciò andare al pianto discreto e composto, «Ichiro io — ».
«Seiji... — Chiamami Seiji.», sospirò posando la guancia sui capelli della moglie.

 

*


«Ichiro vieni, accomodati a prendere un tè con me.».

Takeda Eichi, oyabun della famiglia Takeda, incuteva timore, anche se non avesse avuto gli occhi dal colore diverso il risultato non sarebbe cambiato; l'unico che non si era mai fatto intimorire da lui era proprio il genero, per questo aveva scelto di dargli in sposa Tetsuna, sarebbe stato un capofamiglia forte un giorno.

Seiji si accomodò davanti a lui notando la tazza ancora fumante, «Signore, mi ha fatto chiamare?».
«Sì.», guardò il ragazzo negli occhi sicuro di sé, «Come procede il matrimonio con mia figlia?».
«Bene, sono quattro anni ormai, amo Tetsuna con tutto me stesso, posso assicurarglielo.».
«Non vi siete divertiti abbastanza?», chiese serio, «La famiglia deve andare avanti Ichiro, mi auguro che tu capisca.».
«Capisco, spero di poterle dare un nipote quanto prima.».
Seiji sapeva che prima o poi quel momento sarebbe arrivato, avrebbe voluto dei figli da Tetsuna? — Oh sì, con tutto il cuore, sarebbe stato l'uomo più felice del mondo, però non avrebbe mai permesso che accadesse; coperto dalla moglie, Seiji continuava ad inviare rapporti sulla famiglia, solo che non trovava mai informazioni realmente rilevanti e questo impediva loro di poter scappare lontano.
«Bene, è tutto.», soddisfatto di se stesso Echi riprese a sorseggiare la bevanda calda, «Avete programmi per oggi pomeriggio?».
«Pensavo di portare Tetsuna in città, le piace molto.».
«Fa' che non le accada niente, puoi andare adesso.».

Seiji si alzò celando la rabbia in un garbato, rispettoso, inchino ed uscì dalla stanza lasciando calare la maschera. Che uomo piccolo e meschino era il grande capofamiglia, non si preoccupava della possibilità che potesse accadere qualcosa di brutto alla figlia, il suo unico pensiero era assicurarsi che i suoi occhi fossero al sicuro.


«Oh eccoti, io sono pronta vogliamo andare?».
Bastò vedere la moglie in abiti occidentali, il sorriso sulle labbra, per fargli passare l'arrabbiatura, «Sei splendida.».

Tetsuna amava andare in città e non era stato facile convincere suo padre, gli ci vollero due anni di matrimonio affinché Seiji ottenesse il permesso, inoltre gli ci volle un altro anno per far sì che la moglie potesse indossare degli abiti occidentali; per quello era dovuto ricorrere ad un piccolo inganno, ʻi kimono di questi tempi sono rari, potrebbero riconoscerla e approfittarneʼ, l'importante era che avesse funzionato – anche se in casa avrebbe dovuto continuare ad indossare il kimono – .
Il volto di Tetsuna si era illuminato la prima volta che erano usciti insieme, per Seiji non poteva esserci visione più bella e la cosa che lo rendeva ancora più felice, se possibile, è che non smetteva mai di avere quell'aria ingenua e curiosa, come se vedesse sempre tutto per la prima volta.
Era bello poter passeggiare liberamente tenendosi per mano, dimenticandosi del resto, avrebbero mai avuto una vita così? — Sì, le avrebbe dato la libertà, glielo aveva promesso durante la loro prima caotica notte di nozze, Seiji manteneva sempre le promesse.
Seduti in un bar osservava la moglie bere un grande milkshake alla vaniglia, il suo preferito, non avrebbe voluto guastare il suo buon umore, comunque non aveva scelta.
«Ho parlato con tuo padre, vuole un nipotino.», sarebbe stato inutile perdesi in vuoti giri di parole, perciò decise di strappare il cerotto, «Ha immaginato che stessimo usando delle precauzioni, ci ha cordialmente chiesto di smettere.».
«Quindi cosa facciamo?», chiese Tetsuna restando tranquilla, «Non possiamo ingannarlo ancora a lungo, e tu ».
«Lo so! Lo so che non sono minimamente vicino al mio scopo.», borbottò nervoso, «Scusa, non volevo arrabbiarmi con te, per il momento prendi queste.», da sotto il tavolo le passò una scatoletta.
La donna la mise subito nella borsa senza nemmeno guardarla, «Di che si tratta?».
«Pillola anticoncezionale.», bisbigliò in modo che solo lei potesse sentirlo, anche i muri avevano orecchie nella loro situazione, «Prendila tutti i giorni alla stessa ora, quando la confezione finisce devi fare una pausa di una settimana, okay? — Mi raccomando, tienila sempre con te, non lasciarla in giro, puoi nasconderla facilmente nel kimono.».
«Non preoccuparti, ho capito.», sorrise carezzandogli la mano per rassicurarlo.

Tetsuna aveva realmente capito cosa dovesse fare, poteva anche non essere mai uscita di casa fino a quando Seiji non entrò a far parte della sua vita, questo però non faceva di lei una stupida; aveva letto con attenzione le istruzioni e le aveva rispettate, mai tardato di un secondo, mai saltato un giorno, ma alla fine se il destino decide di remarti contro, beh non ci sarebbe stato modo di fermarlo.
Dopo un anno dal cambio di anticoncezionale, una mattina Tetsuna si svegliò in preda ad una forte nausea mattutina e purtroppo non fu l'ultima volta; era sempre stanca, non faceva altro che dormire, poteva vedere la preoccupazione negli occhi del marito e lei lo rassicurava.

«Mi scusi se la disturbo Takeda-sama, sono venuta per riordinare la camera.».
Pigramente aprì un occhio guardando la cameriera, «Non ora per favore, ho sonno.».
«Takeda-sama, stavo pensando, scusi ancora se mi permetto, non è che è incinta?».
La donna sentì il proprio corpo gelarsi, non era possibile, prendeva la pillola tutti i giorni alla stessa ora, non era possibile — «Dov'è Ichiro?».
«A lavoro Takeda-sama.».
Doveva averne la conferma, solo che non poteva uscire da sola e non poteva nemmeno chiamare Seiji, non le era concesso avere un cellulare; non ebbe il tempo di esprimere tutti i pensieri che le stavano affollando la mente che un'altra cameriera entrò in camera sua.
«Takeda-sama mi scusi, c'è il dottore di famiglia.».
«Yamasaki-sensei? Come mai è qui?», chiese ad un passo dal farsi prendere una crisi emotiva.
«Takeda-dono, suo padre, era preoccupato per lei, così lo ha chiamato.», la cameriera si avvicinò aiutandola a rendersi presentabile, mentre l'altra iniziava a sistemare la stanza.
Tetsuna le lasciò fare sentendosi pervadere dal caos, voleva suo marito, sentiva la sua privacy venir violata con poco tatto. Non si era nemmeno resa conto che il dottore la stesse visitando, avrebbe voluto, no, avrebbe dovuto vivere il momento prezioso insieme a Seiji, eppure eccola lì, circondata da stupide cameriere e da uno stupido dottore che sarebbe andato a riferire tutto a suo padre. Non era giusto.

«Congratulazioni Tetsuna-sama, suo padre sarà felice per lei, a breve diventerà mamma.».

No. No. No.
Pianse e tutti pensarono che si trattassero di lacrime di gioia, gli ormoni e altre storie simili, glielo lasciò credere.
Passò la giornata rannicchiata nel futon aspettando che Seiji tornasse e quando lo fece fu abbastanza plateale; l'anta in carta di riso venne aperta violentemente e subito si ritrovò fra le sue braccia, non ci fu bisogno di parlare, sentiva che in qualche modo il marito era già stato informato, suo pare l'aveva privata anche quel diritto.

«Mi dispiace, io non so come... — Ho fatto tutto nel modo giusto, mi dispiace... », singhiozzò stanca stringendolo forte.
«Va tutto bene Tetsuna, troveremo una soluzione okay?», cercò di tranquillizzarla carezzandole la nuca, «C'è sempre una soluzione.».
«Forse dovremmo crescere il bambino qui, forse ».
«No, non esiste, mio figlio non crescerà in questo posto.».
«Beh che altre soluzioni abbiamo?», chiese frustrata, «Non vorrai mica insinuare di », solo il pensiero di abortire la fece stare male.
«Cosa? No, ovvio che no, è nostro figlio non farei mai una cosa del genere, non te lo chiederei mai.», la baciò dolcemente rassicurandola, «Ma tu davvero vuoi che faccia parte di tutto questo schifo? Hai perso un fratello in una guerra tra famiglie, potrebbe succedere lo stesso a nostro figlio, in più se prendesse da te, se ereditasse l'eterocromia, vuoi davvero che diventi il prossimo oyabun? È questo che vuoi Tetsuna?».
«No, ovvio che no, darei la mia vita se servisse a qualcosa, solo... Che altra scelta ci resta?!».
«Troverò un modo, te lo prometto.».

 

*


Seiji manteneva sempre le sue promesse, lo fece anche quella volta, a costo di sacrificare anni di lavoro, i suoi principi, era disposto a tutto pur di proteggere la sua di famiglia.
Due sere dopo dalla scoperta della gravidanza, aveva contattato i colleghi, gli chiese di poter entrare nel programma protezione testimoni insieme alla moglie, l'avrebbero ottenuta solo se avessero sporto formalmente una denuncia e consegnato tutti i rapporti, senza esitazione i due fuggitivi fecero quanto richiesto.
Scapparono di notte, sotto scorta, prendendo contanti e pochi vestiti, quando furono abbastanza lontani da Kobe li costrinsero a tingere i capelli di nero nel bagno di uno squallido autogrill, diedero il tempo alla tinta di far effetto e risciacquarono, asciugarsi o cambiarsi non era un lusso che potevano permettersi, dovevano mettere più distanza possibile tra loro e Kobe entro l'alba.
Furono costretti a tenersi sempre in movimento per un totale di tre mesi, esibendo i documenti falsi a chiunque chiedesse informazioni; Tetsuna non era abituata alla vita frenetica, come poteva? Lei, che aveva passato la vita in una gabbia dorata. Seiji era preoccupato per il bambino, la futura mamma non aveva fatto nemmeno una visita da quando erano scappati e aveva paura che tutto quello stress potesse fargli male, eppure la moglie guardava rapita ogni paesaggio che incontravano, ogni scadente motel, ogni paesino, ogni città nuova che incontravano sul loro percorso. Paradossalmente Seiji poteva vedere Tetsuna felice, come probabilmente non era mai stata, forse perché aveva appena iniziato a vivere.
Quando la scorta decise di potersi fermare per qualche mese, finalmente Seiji portò la moglie a fare una visita ginecologica e quasi non svennero entrambi, lo stupido dottore di Kobe non aveva capito che aspettasse due gemelli.
Si abbracciarono pieni di felicità anche se durò poco, dopo solo un mese riuscirono a trovarli e furono costretti a partire di corsa, cambiando di nuovo identità.
Approdarono in Hokkaidō e si trasferirono a nella città portuale di Wakkanai, capoluogo della sottoprefettura di Sōya; una volta che si furono sistemati la scorta gli parlò con molta franchezza: la Yakuza non si sarebbe arresa, molto probabilmente li avrebbero rintracciati, sarebbero stati costretti a ricominciare tutto da capo e con due bambini a seguito sarebbe stato ancora più difficile; infine gli posero una domanda specifica, ʻvolete davvero coinvolgere i vostri figli in questa storia? Se trovano voi troveranno anche loro.ʼ.
Sia Seiji che Tetsuna, in silenzio, per conto loro, ci avevano già riflettuto, però nessuno dei due aveva detto niente per non dover leggere la paura e il dispiacere negli occhi dell'altro. Erano consapevoli del fatto che, separandosi dai gemelli, gli avrebbero permesso di vivere una bella vita, era il loro desiderio più grande, questo nonostante tutto non appagò il dolore quando entrambi acconsentirono all'adozione. L'importante era proteggerli, anche se nel farlo potevano sentire la loro anima dilaniarsi.

«Ho una richiesta.», iniziò Tetsuna guardando il poliziotto negli occhi con estrema determinazione, «Mio padre mi ha privato di ogni gioia, per favore, potete fare in modo di non permettere a nessuno di cambiare i nomi che sceglieremo per loro?».
Il poliziotto annuì in risposta, «Lasci fare a noi.».

Nonostante i bambini non fossero ancora nati, iniziarono a compilare i documenti necessari per rinunciare alla paternità e alla maternità dei gemelli, stavano facendo la cosa giusta.
Ora al settimo mese, Tetsuna era pigramente sdraiata a letto, un milkshake alla vaniglia in mano e la pancia sembrava di essere sul punto di esplodere.

«Lo sai che non dovresti bere o mangiare cose dolci prima di andare a dormire.», ridacchiò Seiji raggiungendola, «Poi ti lamenti che scalciano tutta la notte.».
«Veramente è solo Tetsuya a scalciare, Seijuurou non pare subire il fascino della vaniglia.», rispose sorridendo.
«Vedo che hai deciso i nomi, mi piacciono.», dolcemente iniziò ad accarezzare il ventre sporgente della donna, «Scritti in che modo?».
«ʻTetsuyaʼ come me, in katakana visto che è il maggiore, invece ʻSeijuurouʼ in kanji, come te.».
«Lo sai che sei più grande di me di un mese vero?», chiese ironico.
«Tetsuya lo sarà di qualche minuto, eppure sempre il maggiore resta mio caro.».
«Ogni battaglia è persa con te perfida donna.», rise divertito, «Non vedo l'ora di vedervi sapete?» Oh adorava parlare con loro, a volte si sentiva stupido, eppure continuava a farlo ogni sera, «Sarete splendidi e avete dei nomi splendidi, Seijuurou e Tetsuya.».

Seiji si godette la felicità di quel momento, non sapendo che sarebbe finito tutto anche troppo presto.
Una mattina di diversi mesi dopo, Tetsuna si alzò e si vestì, parte della scorta l'avrebbe accompagnata a fare l'ultima visita ginecologica, ormai era giunta al termine della gravidanza e si sentiva sempre più emozionata. Avrebbe voluto che il marito potesse essere presente, purtroppo era impegnato con il lavoro, pazienza, gli avrebbe mostrato le ultime ecografie.

«Controlliamo l'appartamento come al solito, aspetti qui per favore.».

La donna annuì spensierata restando sul pianerottolo, ogni volta che uscivano poi la casa andava ispezionata da cima a fondo a loro ritorno, eppure Tetsuna notò qualcosa di strano, ci stavano mettendo decisamente troppo tempo.
Facendosi coraggio aprì la porta e per poco non scivolò su qualcosa di viscido, guardò a terra: sangue.

«No.».

Vide due poliziotti a terra, morti, erano morti. Gli avevano sparato tante di quelle volte che potevano essere solo che morti.

«Seiji... ».

Come un automa iniziò a controllare le diverse stanze, finché non individuò gli altri poliziotti radunati nella camera matrimoniale. Cosa avevano da guardare?
Si fece largo e un urlo animalesco espresse tutta la disperazione quando vide il padre dei suoi figli per terra, ricoperto di sangue.

«PORTATELA FUORI DI QUI!».

Si districò dalla presa sul suo braccio, nessuno sarebbe riuscito a fermarla, non avrebbe risposto delle proprie azioni se qualcuno ci avesse minimamente provato.
Goffamente si lasciò cadere in ginocchio accanto a lui scrollandolo più forte che poté — «SEIJI! SEIJI SVEGIATI! SEIJI DEVI — Devi conoscere i gemelli ricordi? — I bambini... Tetsuya e... Seiji ti prego.», con gli occhi appannati dalle lacrime che scorrevano copiose osservò il volto del marito, era deturpato e livido; tastò il corpo incurante di sporcarsi, gli avevano sparato diverse volte, «Che cosa ti hanno fatto... » — Lo strinse a sé affondando il volto nella chioma magenta che odorava di ruggine piangendo tutto l'amore che provava nei suoi confronti, il dolore di averlo perso per sempre.
L'agente provò a staccarla dal corpo morto, senza riuscirci, «Tetsuna dobbiamo andare via.».
«Non toccarmi.», lo scansò bruscamente.
«Tetsuna dobbiamo ».
«NON TOCCARMI HO DETTO!», lo guardò furente, «VOI DOVEVATE PROTEGGERLO!».
«SÌ E ABBIAMO FALLITO, ORA DOBBIAMO PENSARE A PROTEGGERE TE E I TUOI FIGLI!», tirò su la donna di peso, non voleva essere brusco, però aveva bisogno che riacquistasse il controllo, «Dobbiamo andare via da qui, Seiji lo avrebbe voluto, avrebbe voluto sapere te al sicuro okay?».
«Non possiamo lasciarlo qui.», realizzò tutto ad un tratto, «Non possiamo lasciarlo da solo.».
Il poliziotto ignorò i vaneggiamenti della donna provocati dallo shock, concentrò l'attenzione sui suoi colleghi, «Pensateci voi, io devo portarla fuori da qui.».
«NO! NO IO DEVO STARE CON LUI!», iniziò a gridare di nuovo sentendosi trascinare via, «SEIJI APRI GLI OCCHI TI PREGO! APRI GLI OCCHI!».
Si aggrappò a porte e a mobili pur di opporre resistenza, due volte cadde per terra, eppure non bastò a fermare l'uomo che la stava allontanando da suo marito, era di nuovo sul maledetto pianerottolo «SPOSTATI! LASCIAMI PASSARE! QUESTO È UN ORDINE!».
Furiosa, senza controllo, iniziò a battere i pugni sul petto dell'agente fino a quando il dolore fisico non prese il sopravvento su quello mentale, facendola accasciare a terra.
«Che succede, ti senti male?», chiese con apprensione inchinandosi per stare alla sua altezza.
Si carezzò il ventre scuotendo la testa, «Credo di essere entrata in travaglio.», rispose distrutta singhiozzando sommessamente.
L'uomo imprecò tra i denti, dovevano allontanarsi da Wakkanai al più presto e sarebbe stato impossibile farlo in quelle condizioni, quanto poteva portare lontano una donna in travaglio? — Si sarebbe inventato qualcosa.
L'aiutò ad alzarsi e la caricò in macchina, scelse l'ospedale più distante dall'appartamento, sapeva che sarebbe stato rischioso, ma era meglio che ritrovarsi la Yakuza davanti; arrivarono giusto in tempo e il medico gli spiegò che sarebbe stato necessario praticare un cesareo d'urgenza, questo significava altri giorni in ospedale, altri giorni fermi nella stessa città.

Tetsuna riaprì gli occhi sentendosi stordita e vuota, nonostante la pancia fosse ancora gonfia non sentiva i bambini muoversi come loro solito, cosa era successo? — Allarmata si tirò su a sedere sentendo il ventre farle male, qualcosa tirava.

«Devi stare tranquilla.», l'uomo la guardò comprensivo, «Sei entrata in travaglio, i gemelli erano in sofferenza, hanno dovuto praticare un cesareo d'urgenza.».
«Come — ».
«Stanno bene, più che bene, sono forti, proprio come i loro genitori.».
«Dove sono? Posso vederli?».
«Stanno facendo gli esami di routine, non preoccuparti tra poco te li porteranno, riposa adesso.».

Tetsuna non voleva dormire, voleva vedere i suoi figli, comunque la stanchezza prese il sopravvento, o forse era colpa dell'anestesia; fatto sta che gli occhi si chiusero da soli e sprofondò in un sonno agitato, rosso, viscido, dello stesso odore del ferro e della ruggine, pieno di incubi.
Si svegliò di soprassalto quando sentì bussare alla porta, sentì il terrore invaderla, non potevano aver già trovato anche lei; con il cuore martellante in gola, rimase ferma nell'osservare la porta aprirsi piano e tutto il panico passò quando vide un'infermeria spingere una culla ospedaliera.

«Oh bei ragazzi la vostra mamma è sveglia finalmente ~ ».
Facendo uno sforzo si mise a sedere impaziente allungando le braccia, «Me li dia per favore... ».
«Ecco qui.», con maestria l'infermiera accomodò i due fagotti tra le braccia della madre, «Vi lascio da soli, per qualsiasi problema prema il bottone.», in silenzio lasciò la stanza.
«Siete perfetti.», bisbigliò piano stringendoli a sé facendo attenzione, «Siete assolutamente perfetti.», scansò le maniche delle tutine leggendo i nomi, «Seijuurou, somigli così tanto a tuo padre.», le lacrime ripresero a scendere da sole, «Vi amiamo così tanto... così... tanto.».
Durante i giorni di permanenza in ospedale diversi agenti si diedero il cambio, Tetsuna poteva percepire la loro tensione, eppure non gli diede importanza, voleva solo godersi il tempo che le restava con i suoi bambini: li accudiva, li allattava, giocava con loro, gli cantava dolci ninnananne e continuava a ripetergli quanto fossero amati, quanto fosse splendido Seji, quanto avrebbe voluto conoscerli.
La porta si aprì di botto e Tetsuna lanciò al poliziotto uno sguardo glaciale, «Grazie, ero appena riuscita a farli addormentare.», gettò un occhio nella culla riconoscendo l'espressione da pre-pianto del maggiore, «Tetsuya no, non ricominciare, lo sai che se inizi tu poi comincia anche », non fece in tempo a finire la frase che la stanza venne riempita dai vagiti dei due neonati, dai polmoni forti, molto forti «Non è successo niente ~ ».
«Mi dispiace, devo parlarle con urgenza.».
«Beh in questo momento mi è un po' difficile se non si fosse notato.».
I gemelli riuscirono a calmarsi nel giro di una mezz'ora, solo allora Tetsuna prestò attenzione all'uomo dalla faccia contrita, non potava buone notizie — «Di cosa vuoi parlare? — Dillo in fretta per favore.».
«I suoi figli stanno bene, possono uscire dall'ospedale, per questo domani mattina gli assistenti sociali verranno a prelevarli, li porteranno al sicuro, lontano da qui.».
«C'è altro vero?».
«Per la loro sicurezza verranno divisi, anche se la Yakuza dovesse cercarli non saprebbero nemmeno da dove iniziare, mi dispiace, però è la scelta migliore.».
«Sì lo è.», ammise guardandoli dormire, «È stata aggiunta la clausola di cui abbiamo parlato?».
«Sì, nessuno potrà cambiargli il nome e tutti i documenti risalenti a voi quattro sono inaccessibili o stati distrutti.».
«Bene.».

Tetsuna rimase sveglia fino a quando non vide il sole sorgere, non voleva sprecare nemmeno un secondo, avrebbe potuto dormire il pomeriggio.

«Tra poco vi porteranno via.», bisbigliò piano per non svegliarli, «Andrete in città diverse, altre gente si prenderà cura di voi, crescerete e farete tante belle cose, questo è sempre stato il desiderio dei vostri genitori.», con amore accarezzò i capelli azzurri e magenta, «Nessuno è più importante di voi due e non permetterò mai a nessuno di farvi del male, se per far sì che questo accada devo lasciarvi andare, allora è quello che farò.», li baciò a turno sulla fronte chiudendo gli occhi, profumavano di innocenza, di latte, di vita, «Siate forti, non permettete a nessun ostacolo di fermarvi, non fatevi spaventare da niente, non fatevi mettere i piedi in testa, siate sempre fieri di voi stessi, qualsiasi cosa facciate — È il nostro sangue che vi scorre nelle vene, un sangue forte, non dimenticatelo e non dimenticate mai quanto vi amiamo.».

 

*


«Dimmi dov'è il bambino.».
Sono due, sono due e tu non lo saprai mai, pensò trionfante — «È morto.».
«Non mentirmi Tetsuna!», si allungò afferrando la figlia per i capelli tinti di nero, «Il dottore ha detto che ti hanno fatto un taglio cesareo.».
Sono vivi e tu non lo saprai mai «È morto dopo il parto.», rispose senza battere ciglio.
«Bugiarda!», le tirò uno schiaffo.
Tetsuna cadde all'indietro per l'impatto, eppure non poté cancellare il sorriso soddisfatto.
«Non ha importanza, sei ancora in età fertile.», la guardò con disgusto, «Sposerai un altro uomo e mi darai un altro nipote.».

Suo padre, l'oyabun tanto amorevole, lasciò la stanza, mentre Tetsuna si ritirò nei suoi alloggi restando sveglia fino a notte fonda.
Aveva sempre odiato guardarsi allo specchio, perché provava vergogna, non le piaceva il riflesso che mostrava, la sua stessa immagine, eppure adesso era proprio davanti ad un grande specchio, avvolta in un prezioso kimono e sorrideva.
La famiglia alla fine era riuscita a trovarla, l'avevano drogata per tutto il viaggio e riportata a casa, nella galera dorata e questa volta buttarono via la chiave per non permetterle di fuggire nuovamente.
Avrebbe dovuto sposare un altro uomo? — No, non sarebbe mai successo; Seiji le aveva insegnato finalmente cosa significasse essere liberi di poter scegliere, di poter decidere.
Allungò la mano, poteva vedere il marito, poteva vedere i suoi figli, avrebbero compiuto sei anni di lì a poco — «Siete diventati così grandi.», sorrise nostalgicamente, «Non c'è un giorno che io non vi pensi... Seijuurou, Tetsuya, i miei amati bambini.».
Poté vedere se stessa nello specchio, le piaceva il riflesso che mostrava, la sua stessa immagine: la testa alta, lo sguardo fiero, finalmente libera.
Non avrebbe buttato al vento il dono prezioso che Seiji le aveva regalato. Non avrebbe insultato la sua memoria, il suo amore, sposando qualcun altro, non avrebbe permesso al padre di privarla di un altro figlio, era una persona diversa adesso. Non avrebbe passato un secondo di più in quella prigione.

Con sicurezza estrasse la katana corta dal fodero, non aveva rimpianti, aveva vissuto e voleva davvero riabbracciare il marito, «Ci vedremo presto.».
Conficcò la lama provocandosi un grave taglio orizzontale all'altezza dell'addome, il corpo si accasciò sul tatami, per riflesso premette la mano contro la ferita mentre sentiva il sangue caldo fluire dal suo corpo.

Finalmente il vuoto.

E poi sorrise felice — «Seiji... ».


 


Ero solita a guardarmi allo specchio e provare vergogna
Oggi mi guardo allo specchio e amo ciò che sono Drew Barrymore









 

 

Angolino dell'autrice, si fa per dire u.u


Eccoci, quante persone sono il lacrime? Su le mani che inizia la conta... No okay faccio la seria.
Questa fanfiction non mi sembrava completa senza questa straziante(?) OneShot, per me era importante descrivere come fossero finiti Kuroko e Akashi in quella situazione, quale fosse la loro storia e le loro origini. Ecco perché ho deciso di raccontare la storia di Seiji e Tetsuna. Ho scelto questi nomi per facilitare un po' la vita a tutti(?), sono nomi che vengono usati molto in altre ff perciò ho seguito lo stesso schema. Spero che vi sia piaciuta e che vi abbia coinvolti.

Vi metto qui sotto due canzoni che mi hanno accompagnata durante tutta la stesura della OS


"The Way it Ends" di Landon Pigg

https://www.youtube.com/watch?v=iZXvyHrad5k

E "All Again" di Ella Henderson

https://www.youtube.com/watch?v=z49tvEHC31A


Che dire... ci siamo, è il momento dei saluti. Vi ringrazio ancora di cuore, tutti voi che avete seguito questa fanfiction. Spero che per voi i miei aggiornamenti siano stati un piacevole appuntamento che vi abbia fatto distrarre ed emozionare detto questo piangiamo tutti insieme(?) qwq
Bene, credo di aver detto tutto, se avete ancora domande non esitate a chiedere <3


Ci vediamo con la prossima fanfic, se vi va ~

Ja ne ^_^

 

 

 

 


 
  
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