Anime & Manga > Tokyo Mew Mew
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Autore: GaTTaRa PaZZa    30/08/2017    1 recensioni
Cosa sarebbe successo se Ryou e Keiichiro avessero scelto altre ragazze con il DNA compatibile a quello degli animali codice rosso? Se invece di Ichigo, Minto, Zakuro, Purin e Retasu avvesero trovato altre candidate?
Questa fiction è un adattamento delle puntate dell' anime secondo il carattere di queste altre mew mew (vedrete moltissime similitudini e citazioni, le battute a volte sono anche le stesse, a volte con varianti). Noterete che le mew mew non saranno cinque, ma ben sette. Sono ispirate alle mie amiche più intime, non potevo tralasciarle!!
Spero vi piaccia, commentate negativamente o positivamente, voglio sincerità! :)
Genere: Azione, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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«Mi stavo dimenticando cosa volesse dire essere una studentessa qualunque».
Satou s' era accasciata sul banco con un' espressione esausta, borbottando ingiurie contro professori e stupidi kanji che non era riuscita a capire.
«Beh, pensa positivo, manca meno di un mese alle vacanze di Natale!» cercò di incoraggiarla Kurumi, dandole lievi pacche sulla spalla a quella specie di morto apparente ch' era la sua amica.
A completare questo quadretto di tenera amicizia adolescenziale, la figura di Sakuranbo si stanziava dietro le due; le braccia incrociate, le gambe rigide, gli occhi severi e una strana oscurità sul viso le conferivano un aspetto autoritario ed inquietante.
«Satou-san...» mormorò, in un sussurro macabro.
L' orsetta decise finalmente di alzare la testa dal banco, incollando i suoi occhi stanchi sulla bionda, che stava emanando una strana aura nera.
Subito tutta la sonnolenza sparì. «S-sakuranbo..?» domandò, assumendo unì espressione spaventata.
«Per quanto tempo ancora hai intenzione di rimanere in questa classe?» domandò con una finta pazienza terrificante.
«Ehm... perché?».
«PERCHE' FINALMENTE ITSUKI SI E' FATTO VIVO ED E' AI CANCELLI CHE MI ASPETTA! MUOVI QUELLE CHIAPPETTE E SBRIGATI!».
Mezzo nanosecondo dopo, le tre ragazze si trovavano fuori dalla scuola, trascinate giù per le scale da una furia supersonica chiamata Sakuranbo Chukonen.
Il ragazzo era appoggiato alla sua moto rossa, pacifico, con una faccia tranquilla e beata. Sembrava essere privo di qualsivoglia preoccupazione, stretto nella sua giacca nera e col casco in mano.
Quando vide arrivare l' amica, le sorrise. «Ma salve, cucciolotta!» salutò, e rise quando lei gli lanciò la consueta occhiataccia.
«Itsuki, pezzo d' idiota, ti ho detto di non chiamarmi così!».
«Certo,certo...».
Sakuranbo scosse i capelli con fare alezzoso, dandogli le spalle, e rimase stupita quando si rese conto che le due mew mew erano evaporate senza lasciare traccia. «... ma come hanno fatto...?» biascicò, incredula.
Funsui alzò un sopracciglio, un sorriso accennato sulle labbra. «Andiamo? Ti avevo detto che saremmo andati nel migliore Caffé del quartiere!».
La ragazza sospirò, prendendo il casco appoggiato al manubrio, infilandoselo con una smorfia. «Chiudimelo!» ordinò, perentoria.
«Hai, ojou-sama! 1» disse, imitando una voce da maggiordomo. Dopodiché salirono sulla moto e, con il solito rombo assordante, partirono a tutta birra.
Dopo aver mezzo investito una vecchietta, un gatto e un tizio in bicicletta, la nostra coppia arrivò al famigerato Caffé. Era un posticino grazioso, piccolo e piuttosto semplice. I tavolini di ferro tinti di bianco erano riparati da un gazebo di paglia intrecciata, e qua e là da qualche vaso sbucava un' anemone ibrida, con quei suoi bei fiori bianco rosati che sbocciano curiosamente in autunno, diversamente da tutti i suoi colleghi.
Si sedettero su un tavolino vicino all' entrata, e cominciarono a sfogliare il menù.
«Ti consiglio il parfait di frutta, qui lo fanno buonissimo» attaccò Funsui, tanto per fare conversazione.
«Mmm... invece ho voglia di un frappè alle nocciole!».
«Con questo freddo..? Contenta tu!».
Dopo che un' anonima cameriera prese le ordinazioni, Itsuki, passandosi una mano sui corti capelli bruni, lanciò un' occhiata così disarmante verso Sakuranbo, che quella quasi si paralizzò dall' intensità. «Ehm... vuoi... vuoi dirmi qualcosa?» balbettò lei, cominciando ad arrossire. Forse... forse stava per... poteva essere che lui volesse... insomma... dichiararsi a lei...??
«Saku-chan... »cominciò lui, sempre con quegli occhi scuri concentrati.
«...sì?»
«C'è... una cosa che vorrei chiederti».
Il cuore della ragazza improvvisamente cominciò a pesare cento chili. «..sì?». Tum,tum. Tum,tum. Il livello di rossore alle guance crebbe.
«Ma tu...» continuò, inclinando leggermente la testa.
«...sì???». Oddio! Aveva finalmente capito? Stava per chiederle se le piacesse? Cosa doveva rispondere? La verità? Borbottare qualcosa di incongruo?
«... tu lavori come cameriera, giusto?».
A quel punto la bionda avrebbe voluto prenderlo a sberle per quella sua ingenua e totale imbecillità.
«Ah. Sì » rispose, acida come una vecchia zitella. Quello stupido idiota... perché l' aveva illusa così?!
«PFF..... AHAHAHAHAHAHAHAHAHAHHAHA! Ti vorrei proprio vedere!! Tu! Che lavori! AHHAHAHAHAH non ci posso credere.... la principessa sottosta agli ordini degli altri?» la provocò, sogghignando.
«Ehi! Già cominciamo a sfottere? Guarda che il mio lavoro lo faccio benissimo!! »protestò, altezzosa. In effetti non era così difficile fare da assaggiatrice, tutt'al più che Keiichiro era un ottimo pasticcere, ma Itsuki non poteva sapere che questo fosse il cosiddetto ''lavoro'' dell' amica.
«Ma se non sai neanche allacciarti il casco da sola...»puntualizzò, divertendosi da matti nel punzecchiarla.
Lei gli lanciò un' occhiataccia, offesa. «Beh, guarda che il mio è un mestiere pieno di rischi!!».
«Immagino... "il cliente ha sempre ragione", non posso neanche immaginare quanto sia orribile per te... » rispose, ironico. Poi però sorrise dolcemente. «No, sarei sul serio curioso di vederti. Dov'è che lavori?».
«Oh, qua vicino alla scuola... quel Caffé sulla collina, in mezzo al verde, sai».
«Non ho presente...».
La cameriera ritornò con il frappé e il cappuccino, li poggiò sul tavolo e girò i tacchi.
Itsuki cominciò a sorseggiare dalla sua tazzina, mentre Sakuranbo beveva rumorosamente dalla cannuccia come una bambina di sei anni. «Però è da tempo che non uscivamo da soli... io e te...» osservò, buttandola lì come se niente fosse.
«Hai ragione, ma tu sei sempre così impegnata! Durante le vacanze di Natale potremmo vederci più spesso, però. Solamente noi due».
Quasi si strozzò con la bibita andata di traverso. «C-cosa? In vacanza insieme..?». Suo padre glielo avrebbe proibito sicuramente, non c' era dubbio! E forse sua madre si sarebbe alleata con lui! Ma, maledizione, non poteva dirgli di no!!
«Sì. Dove ti piacerebbe andare?» domandò, gentile.
«Da nessuna parte, non posso stare fuori più di un solo giorno»brontolò, lanciando mille ingiurie mentali ai suoi, al progetto mew e agli alieni.
«Va bene lo stesso. E' sempre speso bene il tempo passato con te».

***


«Ehi Yuzu, mi aspetti, che torniamo a casa insieme?». Kanzou si stava infilando la felpa slargosa di suo padre mentre le altre avevano già ripiegato la divisa nei reciproci armadietti, e la rossa era l' ultima rimasta assieme alla pipistrellina.
«Certo. Non hai un cappotto? Morirai di freddo, così» osservò l' amica, che in testa indossava addirittura il cappello e i guanti.
«Ma va, si sta benissimo! Perché siete tutti fissati con il freddo?» protestò l' altra, vaporizzando i lunghi capelli con le mani.
«Mah, forse perché a quest' ora si gela!» brontolò, sospirando. Uscirono dallo spogliatoio e incontrarono Keiichiro tutto infagottato nelle sua giacca. «Oh, eccovi! Ora posso chiudere!» esclamò il moro, sorridendo, ed estraendo fuori le chiavi come una spada. Ora, chiunque lo conoscesse bene, saprebbe che dietro quel sorriso dolce c' era una furia omicida che si tratteneva dall' urlare: PERCHE' CI AVETE MESSO COSì TANTO, MALEDETTE TR.... beh avete capito.
«A domani, Akasaka-san!» salutò Kanzou.
«Ciao, Keii-chan!» salutò Yuzu, mentre lui salutava entrambe con la mano mentre saliva in macchina.
«Anche questa è fatta. Che scatole, ora tocca pure mettersi a studiare! Non ci posso credere...» sospirò la volpetta, chinando la testa per la depressione.
«Su, non piangerti addosso, è ora di andare».
Così le amiche s' incamminarono verso la fermata dell' autobus, chiacchierando del più e del meno.
«Senti Yuzu, posso dormire da te? Non ho tanta voglia di tornare a casa...» chiese a un certo punto Kanzou, chiudendo il cellulare di scatto.
«Ehm, ok, ma ti ricordo che il mio appartamento è microscopico, se ti accontenti di dormire sul tappeto...».
«Non hai un sacco a pelo, o qualcosa del genere,almeno?».
La rossa scosse la testa.
«Bene, dormiremo in due nel tuo letto» decise la pipistrellina, scrollando le spalle.
«Ma,ma,ma... hai la divisa scolastica e i libri per domattina?»
«No... avevo intenzione di bruciare, non ho voglia di andare...».
Yuzu la guardò scettica. «Ma che cattiva ragazza che mi stai diventando!» scherzò. «No invece... è successo qualcosa in particolare?».
«..no..».
«E l' ameba di Ketanou?».
Kanzou le lanciò un' occhiataccia terrificante. «Ancora nessuna novità» biascicò.
L' amica non seppe cosa risponderle. Consolarla dicendo 'su, vedrai che si riprenderà' non aveva molto senso, sarebbe stata una balla colossale. La cosa interessante era capire perché Ogokami aveva avuto quella reazione al colpo di Sakuranbo. Mentre tutte (ad eccezione della tigrotta) avevano avuto un leggero svenimento, lui era andato in coma. Forse i sensi umani erano così delicati da non poter reggere l' attacco di Sakuranbo? Forse, se loro non fossero state mew mew, sarebbero compagne di lettino di Ketanou, adesso?
Non capiva. Ma mew Sakuranbo doveva imparare ad usare con attenzione la sua arma.
Con questi pensieri, Yuzu scese dall' autobus seguita dalla migliore amica. Camminarono in un cupo silenzio verso il condominio; la rossa tirò fuori le chiavi, aprì la porta, salì le quattro rampe di scale e aprì la porta del suo mini-appartamento, che si aprì con un rumore irritante. Probabilmente si era incastrato qualcosa sotto la porta.
Una voce giocosa provenne da qualche parte della casa: «Finalmente sei tornata, terrestre!».
Yuzu sbiancò. Kanzou la fissò spaesata... e Kisshu comparve tenendo in mano qualcosa. «Mi sono messo a rovistare nelle tue cose (non si sa mai che mi nascondi qualche arma micidiale!) e ho trovato quest... oh». L' alieno si zittì appena vide la figura della mora, che guardò i due con grande circospezione. «Cosa significa?» mormorò, incapace di capire.
Kisshu lasciò cadere l' oggetto. Era uno dei reggiseni di Yuzu -probabilmente stava per fare qualche commento maligno sulla sua misera coppa B-, ma nessuno ci fece caso. I tre si guardavano, immobili, in attesa che qualcun altro aprisse bocca.
La rossa prese un grande sospiro. «Kanzou » cominciò. «Io mi sono alleata con lui».

***


«No, gliel' ho già detto, non ce l' abbiamo in tè bianco, è capace di leggerlo, il menù?». Sakuranbo era più acida del solito. Litigava con un vecchietto in kimono che insisteva disperatamente per un maledetto tè bianco; Shikimi, che era stata la prima a servirlo, aveva rilegato il compito di farlo zittire all' amica, che non si faceva tanti scrupoli grazie alla sua lingua biforcuta.
«Quanti Caffè devo girare per trovarne uno dove me ne servino una tazza..!» borbottò, stizzito.
«Senta, entri in una cavolo di drogheria, se lo compri, e se lo prepari da solo!!».
Shikimi, che era passata per di lì a prendere dei piattini vuoti, trattenne a stento le risa.
Mentre sistemava le stoviglie sporche sul vassoio, la ragazza cominciò a pensare all' ultima volta che era uscita da sola con la tigrotta.
Una fitta le colpì lo stomaco. Si stavano allontanando.
Le scuole diverse erano certamente alla base del progressivo distacco. Poi c'era Itsuki Funsui. Poi c' era Satou.
Shikimi lo vedeva; Sakuranbo e l' orsetta stavano legando moltissimo. Vuoi perché erano compagne di classe, vuoi perché trascorrevano i pomeriggi insieme al caffé, vuoi perché erano entrambe eroine incaricate di proteggere la Terra, vuoi perché andavano naturalmente d' accordo... fatto sta che quando avevano un po' di tempo libero, l' amica usciva o con Satou e Kurumi, o con Funsui. Di conseguenza, Shikimi s' arrangiava a uscire con i suoi compagni di classe, o con Tsumi e Yuzu. Trascorrevano insieme solo il tempo al Caffé, durante il quale comunque lavoravano.
Non è che si sentisse gelosa. Solo... solo che percepiva un cambiamento nell' aria.
Entrò in cucina, a riempire la lavastoviglie già per metà piena, «Eccoci qui! A che tavolo tocca adesso, Keii-san?» domandò, facendo squillare allegramente la voce. Nessuno poteva intuire quanta tristezza le si fosse annidata nel petto; aveva imparato molto bene a non dimostrarla, e aveva masterizzato l' arte di fingere già da tempo.
«17... Shikimi-chan, non mi scappate quando chiudiamo, ci sono importanti novità che tutte voi dovete conoscere il più presto possibile». Keichiro le passò le due cioccolate calde con uno sguardo e un modo di fare solenne che più si addicevano a un' investitura feudale.
«Okay capo!». "Chissà di che hanno scoperto questi qui di nuovo... la trama si fa più complessa..".
Dopo qualche altra ora di ordinario, duro lavoro, le sette ragazze e i due giovani uomini si riunirono su quegli stessi tavolini che avevano appena finito di tirare a lucido; al posto di pasticcini e bevande calde, però, erano appunti e portatili a riempire tutto lo spazio.
«Masha è riuscito a raccogliere alcuni dati riguardanti gli alieni» cominciò Keiichiro. In quel momento, il chiacchiericcio di fondo si spense. Il robottino era collegato tramite alcuni fili allo schermo del computer aperto sul tavolo. Una serie di immagini si riprodussero sullo schermo, mostrando una serie di persone dalle orecchie a punta intenti a svolgere attività quotidiane qualunque; parlavano, camminavano, pregavano in un tempio, e così via. «Queste immagini si riferiscono a un periodo antichissimo del nostro pianeta. Guardate attentamente».
Shikimi si avvicinò ancora di più allo schermo, sbalordita. Così fecero le sue compagne: sentiva Chinoko spiaccicata sulla schiena. L' uomo aveva zoomato su un dettaglio che sarebbe altrimenti passato inosservato. «Questa pianta si è estinta molto prima che il genere umano, per come lo intendiamo oggi, comparisse sulla Terra. Gli studiosi ne hanno trovato tracce in alcuni fossili molto antichi. Possiamo dedurne quindi che questa gente, un tempo abitava la Terra».
Ci fi un secondo di silenzio per assimilare l' informazione. La prima ad uscire dallo shock fu Satou. «Allora... chiamarli alieni non ha senso. Sono anche loro terrestri».
«Già...». Il mormorio sommesso di Shikimi aveva un tono quasi colpevole. Lo percepiva solo lei questo senso di colpa? Le altre non erano ancora arrivate a pensare quello che a lei era subito balzato in mente?
«Ma come è possibile?» sbottò Kinoko, indicando bruscamente le immagini, chiaramente scettica.
«Appunto... non è che mi fidi molto di quel pupazzetto, eh..» le diede man corda Sakuranbo, le sopracciglia così inarcate che quasi prendevano il volo.
Keiichiro passò alle immagini successive. «La loro specie ha preceduto di milioni di anni la nostra sul piano evolutivo, questo è evidente. A causa dei cambiamenti climatici che scossero il globo in quel periodo, furono costretti a rifugiarsi su un altro pianeta. Qui però trovarono un ambiente ostile, e delle condizioni climatiche poco favorevoli. Apparentemente non avevano le risorse per cominciare un nuovo viaggio, così si stabilirono lì. Dopo un lungo processo di adattamento, si abituarono a un clima così rigido, ma continuarono a sognare la Terra, la loro casa, che avevano lasciato». Sullo schermo, persone sofferenti, accampate in quelle che sembravano caverne sotterranee, malnutrite, infreddolite.
«Interessante», commentò Kurumi, acida. «Hanno sognato per millenni, e sono tornati per scoprire che il pianeta è stato occupato e devastato da creature che non hanno rispetto per ogni altra forma di vita al di fuori della propria... se fossi una di loro, certo che odierei e dichiarerei guerra agli umani».
Oh, Kurumi sì che aveva pensato proprio quello che anche a Shikimi era balzato per la testa. Guardò le espressioni delle altre compagne, e notò che Yuzu e Kanzou si erano lanciate un qualche sguardo d' intesa.
«Ignorate tutto ciò che avete appena visto». La voce di Ryou suonava dura e inflessibile.
«Scusa!?» esclamò Satou, sbalordita. «Come puoi aspettarti che dopo che tu ci hai fatto vedere tutto questo noi...». «Qualunque motivazione abbiano gli alieni per attaccare, non toglie il fatto che rappresentino un pericolo per la nostra sopravvivenza» la interruppe il biondo, lanciandole un' occhiataccia tagliente.
«Non possiamo... che so, non possiamo provare a negoziare con loro? Trovare una qualche forma di accordo, ecco...» propose Kinoko, anche se dal modo in cui avanzò l' idea, non aveva neanche un po' di fiducia su quello che aveva appena detto.
«Sembra proprio che non gl' interessi, altrimenti non saremmo qui a difenderci» le rispose Ryou, braccia incrociate e rigido come una statua di gesso.
«Quindi?» l' aggredì Satou, snervata.
Alla coniglietta le rispose a fatica, le parole che combattevano per uscirle dalla bocca nauseata.«Quindi... che guerra sia».


 

***



«Tutto qui quindi? Tre attacchi simultanei in diverse parti della città? E un improbabile tentativo di persuadere Sakuranbo ad unirsi dalla nostra parte, perché dato che lei stessa non sa bene come gestire la sua arma potrebbe comportare un pericolo per chiunque?» domandò Yuzu, decisamente poco impressionata.
«Senti, se tu hai qualcosa di meglio da proporre, vai pure» la rimbeccò Kisshu, irritato.
«Non sono io la stratega di questa banda bassotti... Pai, perché non avanzi tu un' idea?».
I tre ragazzi e la mew mew si trovavano sulla terrazza del condominio della rossa. Mentre lei ricopriva il suo utile ruolo di spia al Caffè (aka farsi schiavizzare da Keiichiro), i tre si erano messi ad elaborare un piano che lei riteneva efficace quanto domare un incendio con un gavettone.
«Perché pare che abbia deluso parecchio Deep Blue l' ultima volta e non abbia ricevuto abbastanza fiducia da farsi dare un nuovo incarico...» le rispose Kisshu maliziosamente, un ghignetto malvagio sulle labbra.
Pai lo uccise probabilmente una dozzina di volte nella sua mente. Ma non si abbassò al livello di rispondergli.
«Quando tu invece gli hai riferito di una nemica passata dalla vostra parte...non male, vero? Felice di avere il tuo ammmore in squadra con te?» lo prese in giro Yuzu, un sorrisetto sornione sotto i baffi. Taruto fece una faccia nauseata e un verso schifato.
«Ma piantala! Sei così irritante che proprio non so come ho fatto a non averti ancora uccisa».
«La smettete voi due? Vogliamo cominciare sì o no?» li bloccò Taruto, stufo dei soliti battibecchi.
«Esattamente. Umana, conosci la tua postazione. Rispetta gli accordi». Pai la fissò con disgusto, ma lei non si faceva intimorire con così poco. «Signorsì, signor capitano...».
«Andiamo!».
I tre si smaterializzarono, lasciando Yuzu sola. Il vento soffiava freddo, arruffandole i capelli corti e dipingendole il naso e le dita di rosso, le quali ora sfilavano tremando una sigaretta dal pacchetto.
Aspirò il fumo con piacere, facendolo uscire dalle narici. "E guerra sia".

 

***


Kanzou inizialmente non ci poteva credere. Quando aveva visto Kisshu a casa di Yuzu, si era sentita il cuore sprofondare negli abissi della coscienza. Tutto si era dissolto in quell' attimo; la distinzione tra bene e male, giusto e sbagliato, ogni costruzione morale creata dagli uomini per dare un senso alla loro vita, e soprattutto, per riuscire a mantenersela... beh, in quel momento ogni invenzione mentale si era rimescolata nel suo tutto originario, diventando nulla.
La ragazza fece ripercorrere il ricordo nella sua mente.
«Ascolta, prima, onee-chan... c'è un motivo». Yuzu l' aveva afferrata per le spalle, gli occhi che brillavano di un' intensità spaventosa. «Devi sentire i loro motivi... e la loro storia. Kisshu... raccontale tutto».
E lei gli aveva fatti sedere ( per terra perché ogni sedia era stracolma di vestiti ed altri beni random della rossa), e preparato del chai caldo e molto zuccherato e speziato per farla riprendere dallo shock inziale, mentre loro parlavano, e Kisshu finalmente si mostrava per la persona che avrebbe potuto essere sempre. Pacato, risoluto, serio, le raccontò della storia della sua gente; la stessa che avevano di nuovo sentito da Keiichiro al Caffè, ma con toni molto più drammatici, più addolorati. Un racconto epico dai risvolti tragici, che quasi la fece lacrimare, e riscoprire la sua empatia.
Come un' intera razza sia dovuta scappare per trovare una parodica forma di rifugio in un luogo in cui potevano solo sopravvivere nascosti in caverne sotterranee, quasi costantemente al buio, la vecchia aristocrazia che aveva potere sulla Terra divenuta ancora più oppressiva e megalomane, unica beneficiaria di quelle poche risorse presenti su quel maledetto, nuovo, estraneo pianeta... e la sua gente che moriva, assecondando l' onnipotente legge dalla selezione naturale... ed infine una piccola forma di speranza, questo leader mitico, questo semidio che avrebbe potuto salvarli tutti dall' estinzione... e il ricordo degli antenati mitici che millenni prima abitavano la Terra... e finalmente, le forze per tornare, spinti da Deep Blue, allo stremo delle sue forze.
«E quando siamo tornati, beh... abbiamo visto a quale scempio la vostra razza ha ridotto il nostro pianeta originario. Non possiamo perdonarvelo. Dobbiamo fermarvi prima che la distruggiate per assecondare il vostro egoismo e la vostra incapacità di accontentarvi delle già ottime risorse che avete... tutto perché volete di più, e di più, finché non avrete più nulla da strizzare fuori da questo pianeta». Così aveva concluso il nemico, mentre sorseggiava la sua bevanda calda, un colore più roseo sull' incarnato bianco neve.
.
Non poteva non essere dalla sua parte. Come le disse anche la sua imouto, "Nonostante io creda che la trappola malthusiana non sia affatto superata, perché non velocizzare il processo ammazzandoci tutti prima di aspettare che la natura faccia il suo corso, magari rovinando sé stessa? Non voglio che ci rimettano tutti, ma solo noi capitalisti stronzi".
Kanzou finalmente capiva. E adesso non sapeva come comportarsi con le altre ragazze del progetto mew. Sapeva che Yuzu era una sorta di informatrice, eppure l' aveva vista combattere contro i chimeri diverse volte, e mica per finta... va bene che le altre non dovevano sospettare di niente, nemmeno lei avrebbe potuto immaginare che la volpetta stava dalla parte degli alieni, eppure il suo comportamento le pareva fin troppo ingannevole. E lei, allora? Qual' era il suo compito? Assassinarle alle spalle? Sarebbe stato così semplice farle fuori, una dopo l'altra, grazie alla sua posizione all' interno di quella cerchia ristretta a apparentemente così leale e legata da una fiducia totale per i suoi membri... S' immaginò isolarsi un pomeriggio con una delle ragazze, si figurò Kinoko che la prendeva in giro e ghignava scherzosa... Provò a ricreare lo scenario della sua uccisione nella sua mente... "NO".
Non ce l' avrebbe mai fatta. Non avrebbe mai potuto ferire personalmente alcuna di loro. Ci si era affezionata, lo dovette ammettere a sé stessa.
"Che cosa dovrei fare?". La ragazza osservò gli occhi gialli del suo gatto, che teneva in quel momento sospeso sopra la sua pancia; lei stava sdraiata per terra, i capelli neri sparsi confusamente sul parquet. Brillavano d' intelligenza -ed evidentemente, anche di seccatura. Non gli piaceva essere trattato come un pupazzo da qualcun altro, proprio per niente.
E guardando quegli occhi dalle pupille sottili, associò immediatamente gli occhi di Kisshu, e il modo in cui non riuscivano a staccare lo sguardo dai suoi quando raccontò la sua storia. Scosse la testa, sospirando forte. Chi l' avrebbe immaginato che lo stesso pezzo di idiota che la chiamava principessa potesse poi rivelarsi un suo alleato. "Chissà se sono in squadra con loro perché davvero crede che le mie abilità gli siano utili, o perché io gli.. ehm, io gli pia... che scemenze", si rimproverò, prima ancora di finire di formulare il pensiero nella sua testa.
E mentre lei pensava al ragazzo dai capelli verdi, Ogokami Ketanou, in un ospedale non molto distante, aprì gli occhi.
Era uscito dal suo coma.
​***
Quella sera, dato che avevano finito così tardi al Caffè, Satou era stata cordialmente invitata a passare la notte da Sakuranbo. Non era stato un problema; aveva già il cambio della divisa scolastica in borsa, e potevano andare a scuola insieme la mattina dopo.
L' orsetta era molto curiosa di vedere dove viveva l' amica. Nella sua testa, se l' era immaginata come una villa enorme, con un numero imbarazzante di cameriere come le Ojou-sama dei manga. Stavano camminando fianco a fianco, dalla fermata fino all' abitazione della bionda.
"Certo che se fosse una brava ojou-sama, avrebbe inviato l' autista in limousine a prenderci..." rimuginò Satou, mentre commentava con un vago aha le alle ciance su suoi progetti futuri con Funsui. che non stava assolutamente ascoltando.
«E così dovranno essere i nostri bambini; gemelli, per forza, e avranno il mio incommensurabile carisma e... oh, eccoci arrivate».
Satou si fermò di colpo, sicura di scorgere un’inferriata con uno stemma di famiglia, un sigillo dei Chukonen, un maggiordomo ad accoglierle… e, invece, la ragazza rimase parecchio sorpresa.
La casa era raccolta, intima, ma spaziosa; una grande porta a vetri dava sulla cucina. Avevano un giardino estremamente curato, l’erba così in ordine da sembrare di plastica. I muri esterni erano tagliati in due; un paio di metri di mattoni rossi, e il resto dipinto di un semplice, luminoso bianco.
Sakuranbo tirò fuori le chiavi ed aprì il cancello. Percorsero il sentierino di pietra, e la bionda annunciò: «Tadaimaaaa!».
Una voce di donna rispose: «Okaeri!», e dopo qualche secondo, una Sakuranbo di mezza età apparve.
Satou la fissò, impressionata: la somiglianza con la figlia era sconvolgente.
«Oh beh, finalmente ti conosciamo, Satou-chan!» esordì, con gli stessi identici modi di fare della tigrotta. In mano teneva una boccetta di smalto per le unghie, di uno spaventoso color rosa barbie.
«Ehm, hajimemashite…» cominciò formalmente l’orsetta.
«Sì, sì, dozo yoroshiku e tutto il resto, cara… spero abbiate mangiato a lavoro perché non ho cucinato niente! Allora Satou-chan, come ti pare questo smalto?» l’interruppe la donna, mentre sventolava il piede sinistro in faccia alla ragazza.
«MAMMA! Ma ti pare?! Grazie al cielo abbiamo mangiato al Caffè… vieni, ti presento mio padre e il mio fratellino».
Satou sorrideva sorniona sotto i baffi. Aveva appena sbirciato nel futuro e visto che cosa sarebbe diventata Sakuranbo fra qualche decina d’anni, ad esclusione forse della tinta per capelli rosso rame.
Conobbe il signor Chukonen, e il fratellino, una versione mini del padre. Ridicolo come seguissero lo schema genetico alla perfezione, doveva esserci un imbroglio comprendente clonazioni e salti temporali…
La camera di Sakuranbo era una vera stanza da principessa viziata, esattamente come l’aveva immaginata. Le prestò tutto il necessario per un bagno caldo, e un soffice pigiama di cotone. S’immerse nella vasca, in totale relax. Poteva distendere finalmente un po’ i pensieri, annullarli in quel vapore caldo… chiuse gli occhi, e divenne tutt’uno con l’acqua.
Nell’altra stanza, la bionda ingannava l’attesa leggendo riviste di moda. Le sfogliava segnando con la penna gli abbinamenti che le piacevano di più, i trend che avrebbe voluto provare. Forse era tempo di donare alla sua stanza un makeover completo; quelle tende di raso bianco, per esempio, le sembravano troppo poco elaborate. Si alzò dal letto, e si avvicinò, per studiare meglio la stanza e le possibili trasformazioni da compiere, quando le venne un colpo al cuore.
Dietro i vetri della finestra le ghignava Kisshu.
«Ciao, koneko-chan» la salutò, beffardo. «È da tanto che non ci si vede».
Le gambe di Sakuranbo si stavano liquefacendo dal terrore. Era passato veramente tanto tempo dall’ultima volta che aveva dovuto affrontare Kisshu da sola, faccia a faccia, proprio come in quel momento. Pensò a quel bacio che le aveva strappato di sorpresa. Pensò alla sua incapacità di combatterlo; se non fosse stato per Kanzou e Satou, chissà che fine avrebbe fatto. Quand'era in compagnia del team non aveva paura, erano tante, e forti, ed unite, ma ora invece le ginocchia le erano diventate di burro, e sentiva una strana sensazione costringente nel petto.
«S-SATOU!» urlò, ritraendosi dentro la sua camera. Afferrò il ciondolo, poggiato sulla scrivania.
«Come sei maleducata, non mi inviti nemmeno ad entrare?» sospirò lui, con finto rammarico. «Quindi anche la tua amichetta è qui… dov’è? Non viene ad aiutarti? Povera piccina… ti conviene arrenderti subito, micetta, perché quando avrò finito di giocare con te, ti porterò nel mio mondo. Cercare di resistermi non ti servirà a nulla».
Era ipnotizzata dai suoi occhi gialli, come una preda davanti a un serpente. Sperò che l’amica l’avesse sentita… probabilmente non era stato così. Doveva pensare lucidamente. Come aveva fatto Kisshu a scoprire dove vivesse? In che razza di pericolo aveva messo la sua famiglia! Doveva allontanarlo da lì, anche senza l’aiuto di quella maledetta orsetta così lenta a lavarsi…
«Questo lo dici tu». Aprì la finestra all’improvviso, colpendo il ragazzo dritto sul muso, e saltò giù dal primo piano. Atterrò con grazia felina, infilandosi il ciondolo in tasca. E poi, iniziò a correre.
«Torna qui, tanto ti prenderò!» grugnì l’alieno, intento a massaggiarsi il naso. Che botta…
«Smettila di seguirmi! Lasciami in pace! Vattene!» urlò Sakuranbo, molto poco convinta. Masha non era mai nei paraggi quando serviva… probabilmente era il turno di Shikimi adesso… dov’erano tutte le altre?? Dov’era Satou??
«Mi dispiace, ma non posso. Devo portarti via con me, e lo farò adesso! Questa volta le tue amiche non potranno venire ad aiutarti. I Chimeri stanno seminando distruzione in tutta la città…». Mentre parlava, le lanciava addosso dei colpi con qualcosa che la ragazza non riusciva a vedere. Non aveva il tempo di girarsi e guardare, doveva solo scappare… finché uno di questi non la colpì in pieno.  «AH!» urlò; uno di quei raggi l’aveva colpita alla gamba, e il ciondolo le era caduto dalla tasca durante il suo capitombolo per terra.
«Scusami, koneko-chan, non volevo farti del male…» mormorò Kisshu, fermo nel suo galleggiare nell’aria, così surreale. La sua pelle candida splendeva sotto la luce della luna. Era bello; sembrava un angelo. Un angelo della morte. «Adesso vieni con me».
«COL CAVOLO!» mugolò la bionda, le lacrime agli occhi dal dolore. Recuperò il ciondolo da terra. «Mew Sakuranbo! Metamorphosis!».
La tigrotta emerse in tutto il suo rosso cremisi. «Ribbon Sakuranbo Spirit!» enunciò, e da una bolla rossa comparsa dal nulla le caddero in mano i suoi tonfa. “Speriamo che funzionino… speriamo che funzionino…”. Provò a maneggiarli come l’ultima volta, ma niente. Nessun attacco. «OH, E ANDIAMO!» esclamò, delusa.
«Che fortuna, sei così imbranata che non sai controllare la tua arma!» le rise in faccia l’alieno, evidentemente divertito. «Adesso basta giocare, micetta. È l’ora che tu venga con me». Kisshu fece evocare i suoi due pugnali.
Sakuranbo sperò in un deus ex machina capace di salvarla dall’ inevitabile… guardò all’orizzonte, ma Satou non comparve dal nulla ad aiutarla… bensì… c’era qualcosa… una figura…
Kisshu si girò; i suoi sensi più acuti gli fecero percepire dei passi.
Un ragazzo. Un alieno, presumibilmente, perché la rossa vedeva le lunghe orecchie a punta così simili a quello dell’elfo dai capelli verdi sopra di lei. Ebbe paura; era un nuovo rinforzo di Kisshu? Era davvero così sfortunata da venire attaccata da due di loro insieme, quando la sua arma faceva di nuovo i capricci? I capelli del nuovo arrivato erano biondi, lunghi, legati in una coda bassa che gli scendeva fino alla vita. Indossava una tunica blu, accollata, lunga fino ai piedi. «Non temere» disse, mentre si avvicinava. «Il mio compito è di proteggervi».
«Chi sei?» domandò la mew mew, diffidente. Lo guardò dritto negli occhi azzurro cielo.
Il ragazzo si mise davanti a lei, in una posizione protettiva. «Sono Blue Knight».
 
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​/!\ A-ehm.Ho rinvenuto questo capitolo dopo aver rovistato per un bel po' in vecchi computer con lo scopo di salvare file ecc dall'estinzione; mancava solo l'ultimo paragrafo per terminarlo, e ho deciso di scriverlo un po' in fretta e finirlo. Non penso che terminerò mai questa fic, soprattutto perché risale veramente a tanti anni fa, anche se l'idea di concludere una delle mie mille saghe lasciate aperte mi stuzzica. Non ho più tempo, ahimè, sono vecchia, dal 2012 sono cambiate un bel po' di cose. Intanto pubblico perché... perché sono affezionata a questa storia. Enjoy. /!\

  
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