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Autore: ArtenKowska    31/08/2017    4 recensioni
La sua mano calda raggiunge la mia guancia interrompendo i miei pensieri, le sue dita si muovono delicate sulla mia pelle arrossata e spostano una ciocca di capelli ribelli dietro l'orecchio. Mi sorprendo quando non si scosta da me, la sua mano è ancora a contatto con la mia faccia che, ne sono sicura, sta diventando sempre più rossa sotto il suo sguardo.
《Hai bevuto?》 mi chiede avvicinandosi ancora un po', il suo alito che sa da alcol mi dà la conferma che qui non sono l'unica che si è concessa un bicchiere.
Annuisco, incapace di far uscire la voce. Perché non riesco a parlare? Lo vedo accennare un sorriso prima che le sue labbra rosse si posino delicate sulla mia fronte a lasciare un semplice bacio.
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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I.


Fatico a stare al passo, James si muove velocemente e, nonostante gli abbia intimato più e più volte di rallentare un po’, non mostra la minima intenzione di aspettarmi.
«Potresti aspettarmi?» chiedo supplicante con il fiatone nella speranza che, almeno questa volta, mi ascolti.
È da ormai mezz’ora che camminiamo, le strade sono già buie e, oltre a noi due, c’è solo il rumore delle poche macchine ancora in movimento nelle strade vicine.
Lo sento sbuffare, le spalle rigide sotto il cappotto, prima di notare che ha diminuito il passo, quasi fermandosi. «Muovi il culo Alis! Arriveremo domani mattina se procediamo così, le lumache ci stanno superando.» dice voltandosi finalmente verso di me. La voce è seria ma il suo sguardo divertito lo tradisce.
Perché deve sempre prendersi gioco di me?
«Stronzo» dico mollandogli un pugno sulla spalla senza riuscire effettivamente a torcergli un capello.
La sua risata cristallina riempie il vicolo e sento la sua cassa toracica vibrare contro la mia faccia quando mi stringe in un abbraccio. Mi mancava avere questi piccoli momenti intimi con lui; da quando siamo cresciuti si è allontanato sempre più da me, sembra quasi che mi eviti come la peste. Fino ad oggi almeno.
Inutile dire che, quando mamma gli ha detto di “prendersi cura di me”, sono rimasta più che sorpresa dal sentirgli dire che non aveva nulla di cui preoccuparsi in quanto mi avrebbe tenuta d’occhio lui.
Come se ci fosse molto da controllare… La mia “intensa” vita sociale consiste in qualche passeggiata al parco con Frost, il nostro cane, un gelato con la mia migliore amica ed intere giornate passate in biblioteca a studiare o, più semplicemente, a leggere. Niente di cui preoccuparsi insomma.
Dopo qualche secondo scioglie l’abbraccio e, sempre tenendomi per mano, riprende a camminare mantenendo però un passo più lento così da non farmi correre. L’aria fresca inizia a solleticarmi le gambe scoperte, chi me l’ha fatto fare di indossare questo stupido vestito? Okay che volevo sembrare un minimo decente ma per quale assurdo motivo mi sono messa così a lustro? Non devo mica impressionare nessuno anche perché, francamente, non ho idea di chi ci sia a questa fantomatica festa di cui James parla ormai da una settimana.
Un sospiro di sollievo lascia la mia bocca quando intravedo una casa in fondo alla via da cui proviene una musica ovattata.
«Siamo arrivati!» James sembra leggere nei miei pensieri e dà loro voce confermando le mie teorie. «Alis mi raccomando, non dare confidenza alla gente ubriaca e-»
Non lo lascio finire perché la mia bocca si muove troppo in fretta per punzecchiarlo, «Non sei mica mio papà!» lo guardo con aria di sfida ma poi, notando che il suo sguardo è -stranamente- serio, aggiungo «Starò attenta, ok?»
Mi scompiglia i capelli ed entra dalla porta aperta. Sembra conoscere perfettamente questo posto e si comporta come se fosse a casa sua.
«Ehi Jack!» lo sento dire, le sue mani, che si sono staccate dalle mie prima di varcare la soglia, scompigliano i suoi boccoli mentre si allontanava andando incontro ad un gruppetto di ragazzi seduti su dei divanetti posti a ferro di cavallo.
Perfetto! Ora che faccio?
Mi guardo un po’ intorno nella speranza di riconoscere qualche faccia familiare ma ogni mia speranza va in fumo quando mi accorgo che qui sono tutti più grandi di me e che, ovviamente, sono tutti dei perfetti estranei.
Mi avvicino ad una ragazza bionda, i boccoli raccolti in una coda bassa, che mi sorride cordiale non appena mi nota.
«Sapresti dirmi dove si trova la cucina?» chiedo gentilmente grattandomi il braccio, mi sento completamente fuori luogo in questo posto: sono l’unica ragazza che indossa un vestito, anche se non elegante, e più sguardi si son già posati su di me per scrutare ogni piccolo dettaglio del mio corpo.
Odio essere al centro dell’attenzione.
«Certo! Vedi quella porta là?» dice indicando un punto dall’altra parte dell’ampia stanza, «Prendi quel corridoio, la prima porta a destra e sei in cucina.» conclude con una risatina leggera riportando l’attenzione ad un ragazzo che le sta difronte.
Mi avvio verso la mia meta quando un braccio si avvolge attorno alla mia vita tirandomi indietro.
«Ciao bambolina» una voce impastata raggiunge il mio orecchio causandomi una serie di brividi in tutto il corpo.
Che schifo!
Allontano subito le sue mani dalla mia vita e procedo velocemente verso la cucina.
Sono così sollevata nel notare che l’accogliente stanza non ospita nessuno al suo interno che mi lascio scappare un piccolo gemito di soddisfazione.
Mi avvicino al bancone e prendo uno dei bicchieri rossi impilati a fianco di alcune bottiglie di vodka ormai semivuote.
Riempio il contenitore con un po’ di liquido trasparente e, dopo aver richiuso la bottiglia, mi avvio verso la porta che dà al giardino. Sono sorpresa nel constatare che si affaccia su una piccola veranda decorata da delle luci gialle che rendono l’ambiente accogliente.
Mi siedo sullo scalino più alto e inizio a bere, la musica è stata abbassata, forse per evitare guai con i vicini.
Qui tutto è più calmo, chiudo gli occhi beandomi del fruscio creato dalle chiome degli alberi mosse dal venticello freddo, la luna e le stelle sono visibili chiaramente e mi chiedo come sia possibile dato che siamo praticamente in centro città. Lascio da parte le mie inutili domande e mi concentro sull’intricato disegno luminoso che ricopre il cielo nero.
Davvero questo posto ha qualcosa di magico, mi segno mentalmente di complimentarmi con il padrone di casa per questa piccola meraviglia.
Quando finisco di bere la poca vodka con cui avevo riempito il bicchiere appoggio il contenitore di plastica ai miei piedi ed estraggo il pacchetto di sigarette dalla mia piccola borsa.
Nonostante mi sia già un po’ riscaldata grazie all’alcol appena entrato in circolo nel mio corpo, ho bisogno di una delle mie dosi quotidiane di “serenità”. Gil dice che è un modo assurdo per definire una cosa che, a lungo andare, nuocerà alla mia salute ma, sinceramente, non può sapere la pace che può donare al tuo corpo anche solo un singolo tiro da una sigaretta. Sul serio, abbiamo discusso più volte riguardo questo argomento ostico e abbiamo anche rischiato di rovinare per sempre la nostra amicizia ma, dopo alcune discussioni animate, siamo arrivate ad un compromesso: lei non mi avrebbe più detto niente se io mi fossi limitata ad una sola sigaretta al giorno. E così è stato. Non volevo perdere la mia più cara amica per una sciocchezza.
Tiro fuori l’accendino e, dopo aver coperto con una mano la sigaretta stretta tra le mie labbra, faccio scattare la fiamma e accendo inspirando il fumo.
Quello che prima era stato il mio bicchiere ora si è trasformato in un perfetto posacenere. Sorrido all’idea e mi do della stupida perché, diamine, ho bevuto solo mezzo bicchiere e son già brilla.
Complimenti Alis, complimenti!
Continuo a far scorrere la nicotina giù per la mia gola, alternando tra istanti in cui tengo gli occhi chiusi e altri in cui fisso rapita il cielo.
Mi sento finalmente felice, tranquilla e rilassata.
In pochi minuti la sigaretta è finita e la schiaccio nel fondo del bicchiere ricoperto dalla cenere grigia.
Ora il vento si è fatto più insistente e inizio ad essere percorsa da brividi che mi fanno venire la pelle d’oca. Potrei rientrare ma non ho nemmeno le forze di alzarmi da questo posto bellissimo, sono incatenata qui.
Sobbalzo colta alla sprovvista quando una voce roca mi raggiunge dalle mie spalle. Dio, quando la smetterà di farmi prendere certi infarti?
«Alis vieni? Se ne stanno andando tutti a casa ed è ora anche per noi» la voce di James è diversa dal solito, lo noto subito, so che anche lui ha bevuto e, quindi, non mi preoccupo di nascondere il bicchiere quando mi alzo.
Sono colta alla sprovvista quando il pavimento inizia a muoversi sotto ai miei piedi appena mi alzo, faccio qualche passo traballante prima di riacquistare un briciolo di lucidità e riuscire a camminare senza distendermi per terra di faccia.
«Arrivo» gli rispondo sistemando meglio la borsetta sulla mia spalla, cammino lentamente verso di lui convinta che si sarebbe spostato per farmi strada verso l’uscita.
Mi blocco sul posto, a qualche passo da lui, quando mi accorgo che non ha intenzione di rientrare, mi sta fissando e il suo sguardo mi mette a disagio, perché continua a farlo correre lungo il mio corpo?
La mia presa sul bicchiere si fa più salda quando si avvicina di un passo, ora siamo faccia a faccia e, per sostenere il suo sguardo, devo alzare la testa. Mi ha sempre sovrastato di parecchi centimetri facendomi sentire una nana da giardino più e più volte con i suoi commentini assurdi sulla mia statura.
La sua mano calda raggiunge la mia guancia interrompendo i miei pensieri, le sue dita si muovono delicate sulla mia pelle arrossata e spostano una ciocca di capelli ribelli dietro l’orecchio. Mi sorprendo quando non si scosta da me, la sua mano è ancora a contatto con la mia faccia che, ne sono sicura, sta diventando sempre più rossa sotto il suo sguardo.
«Hai bevuto?» mi chiede avvicinandosi ancora un po’, il suo alito che sa da alcol mi dà la conferma che qui non sono l’unica ad essersi concessa un bicchiere.
Annuisco, incapace di far uscire la voce. Perché non riesco a parlare? Lo vedo accennare un sorriso prima che le sue labbra rosse si posino delicate sulla mia fronte a lasciare un semplice bacio.
Una piccola scia di brividi mi percorre da testa a piedi a questo piccolo contatto, il bicchiere mi scivola di mano facendo sporcare il legno scuro con la cenere.
«Cazzo» dico abbassandomi a raccogliere e pulire il più possibile.
Sento le sue mani che si stringono ai miei polsi allontanandomi leggermente. Il mio sguardo segue attentamente i suoi movimenti mentre spinge la cenere di nuovo all’interno del bicchiere rosso.
Quando nota che lo sto fissando mi sorride e, concluso il suo lavoro, si rialza porgendomi una mano che afferro e uso come aiuto per alzarmi.
«Andiamo» dice incastrando le sue dita tra le mie e avviandosi verso la cucina.
Chiudo la porta alle mie spalle e vengo accolta dall’aria tiepida all’interno, l’occhio mi cade su un piccolo orologio appeso sopra la porta che si affaccia al corridoio di prima e mi accorgo che manca poco alle due di notte.
Com’è passato in fretta il tempo!
James mi conduce in salotto dove sono rimasti solo sei ragazzi e tre ragazze tra cui la biondina di prima.
«Ehi Harold, chi è lei? Non l’ho mai vista da queste parti!» un ragazzo moro si alza venendoci in contro e, subito, il riccio al mio fianco lascia la mia mano. Mi sento un po’ offesa dal suo gesto ma faccio finta di niente. Vendendo che nessuno ha intenzione di parlare mi presento da sola.
«Sono Alis, la-» James mi interrompe afferrando il mio gomito e spingendomi verso il portoncino di casa, «E ce ne stiamo andando» conclude al posto mio fermando la mia voce che risulta più stridula del solito e rimbomba nelle mie orecchie. Che diavolo ci avevano messo in quella bottiglia? La vodka non mi aveva mai fatto questo effetto!
«Amico è tardi, fermatevi qui con noi! Volevamo fare qualche gioco e poi tutti a nanna!» un altro ragazzo biondo si aggiunge alla conversazione facendo una faccia da cucciolo buffissima.
«No, sul serio dobbiamo andare…» perché è così agitato ed impaziente di andarsene?
«Per me è okay» dico sorridendo. Non ho per niente voglia di camminare al freddo a queste ore.
James mi lancia uno sguardo infuriato, lo vedo benissimo: i suoi occhi verdi sono più scuri e le sopracciglia sono aggrottate. Anche se dovrei spaventarmi è davvero buffo.
Mi allontano da lui, sciogliendo la sua presa, che si è fatta più ferma, e seguo i due ragazzi andando a sedermi sul tappeto verde, in un piccolo spazio tra i due divani già pieni. James mi raggiunge e si siede al mio fianco sbuffando e rifiutando l’invito di una ragazza castana che gli intima di sedersi vicino a lei, è irritato.
«Sistemati la gonna» mi sussurra all’orecchio facendomi diventare rossa come un peperone quando mi accorgo che l’orlo del vestito è salito fin sopra metà coscia.
Mi sistemo imbarazzata e cambio posizione cercando di limitare al minimo i danni.
«Giochiamo a “obbligo o verità”!» un coro entusiasta si alza quando una delle ragazze propone il passatempo che più odio. È un gioco assolutamente inutile inventato solo per mettere in imbarazzo le persone e far fare loro cose impensabili.
Perché ho accettato la proposta di fermarci qui? Mi maledico da sola sbuffando piano. L’unica cosa buona è che non han proposto di giocare a “io non ho mai…” perché sarebbe stato troppo imbarazzante.
Tutti, compreso James, hanno una bottiglia di birra in mano e continuano a bere.
«Inizio io!» il ragazzo biondo di prima si guarda attorno prima di indicare un giovane dagli occhi color ghiaccio che gli sta più o meno difronte, «Obbligo o verità?» chiede sorridendo.
Quest’ultimo ci pensa su un po’ prima di rispondere «Obbligo»
Lo sguardo del ragazzo, che intuisco essere Lucas dai vari commenti, si fa più furbo e subito esplicita la sua richiesta «Palpa il culo a Joanna.»
Tutti gli altri scoppiano in una risata generale, James si limita ad un piccolo sorriso mentre io fisso incredula la ragazza bionda che si alza e si piega a novanta davanti al “povero malcapitato” che porta a termine il suo obbligo prima di parlare «Alis, obbligo o verità?» chiede subito fissandomi. Improvvisamente tutti gli sguardi sono su di me.
Mi sento a disagio e provo a scegliere l’opzione che, secondo me, potrebbe essere quella meno dannosa.
«Verità» sussurro facendo scorrere le mani sulle gambe scoperte, agitata.
«Con quanti ragazzi sei stata?» quasi mi strozzo con la mia saliva quando realizzo la domanda, questo gioco è un’assurdità senza senso. Sento James che si muove agitato al mio fianco.
«U… Uno» rispondo abbassando lo sguardo sulle mie mani che stanno torturando la gonna panna del vestito.
La sensazione che tutti gli sguardi siano puntati su di me aumenta ma so per certo che quello che più mi scruta e analizza è proprio quello del ragazzo al mio fianco.
Certo, sono consapevole che si debba dire la verità ma come posso rispondere che non sono mai stata con nessuno quando qui, quasi certamente, tutti hanno fatto sesso almeno una volta? E poi è solo una mezza bugia. Un ragazzo ce l’ho avuto per davvero. Certo, non ci siamo spinti oltre a dei semplici baci uno disteso sopra all’altra ma, diamine!, avevamo solo quindici anni!
Mi schiarisco la gola consapevole che sia il mio turno e, dopo essermi guardata un po’ intorno, indico Jack, il ragazzo con cui aveva parlato prima James. 
«Obbligo o verità?» la voce un po’ più sicura.
«Obbligo» risponde subito lui, senza indugi.
Ci penso un po’ su, sembra che qui tutto verta attorno argomenti sessuali così decido e parlo «Togliti la maglietta»
Tutti scoppiano subito in una fragorosa risata collettiva ma James mi guarda male. Che problemi ha?
Il giovane si alza e, facendo finta di fare uno spogliarello, si sbottona lentamente la camicia fino all’ultimo bottone per poi farla scivolare lungo le sue braccia muscolose.
Mentre è ancora in piedi ghigna verso la mia direzione e senza indugio chiede «James, obbligo o verità?»
Sento il giovane al mio fianco che si muove agitato, probabilmente anche lui sta vagliando le varie possibilità che lo aspettano.
«Obbligo» finalmente dice, dopo qualche secondo di esitazione.
«Bacia Alis.»
Tutti ci fissano con facce ammiccanti, in attesa di vedere qualcosa tra di noi.
A me manca il respiro, le mani mi sudano e il cuore prende una rincorsa pazza all’interno del mio petto.
James ha gli occhi strabuzzati ma, dopo aver deglutito rumorosamente sotto gli occhi di tutti, si gira lentamente verso di me. Sento che sono diventata rossissima in viso, la palle brucia sotto al suo tocco delicato quando posa la mano sulla mia guancia e si avvicina.
In questo preciso istante vorrei scomparire, mi andrebbe benissimo anche essere inghiottita da questo tappeto.
Contrariamente da quanto mi aspettavo, in realtà contrariamente alle idee di tutti i presenti, James posa le sue morbide labbra sulla mia guancia destra e si stacca dopo qualche secondo con un piccolo schiocco.
«James ma che cazzo! Un bacio vero!» Jack urla scuotendo le braccia in aria.
Lo stomaco mi si stringe e non capisco se è per quello che è appena successo o se per la sua affermazione.
«Non posso» lo sento ribattere mentre torna al suo posto e si ravviva i capelli.
«Che cazzo dici amico, non ti sei mai fatto problemi!» commenta il biondo di prima ridendo.
«Sul serio, non posso!» la sua voce è più alta, si sta innervosendo. I pugni chiusi lungo i fianchi.
«Dove hai messo tutta la tua virilità?» il commento della ragazza col caschetto moro lo fa scattare.
Si alza in piedi e, dopo aver afferrato il mio gomito e avermi tirato su con lui, urla «È mia sorella, cazzo!»
Mi trascina verso la porta e senza salutare usciamo fuori, cammina veloce allontanandosi in fretta da quella casa.
Cosa cazzo è appena successo?

 

   
 
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