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Autore: Yrcade    31/08/2017    1 recensioni
Salve!!! Eccomi tornata con una nuova oneshot!!! Questa volta si tratta di una originale Omegaverse, ovvero che si basa su un mondo dove esistono Alfa, Beta e Omega. In particolare parla di come un giovane Omega è riuscito a trovare il suo posto nel mondo.... Spero vi piaccia!!!
YrCade
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Mpreg | Contesto: Contesto generale/vago
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La società ci impone sempre di tenere determinati comportamenti, di rispettare determinati standard, di accontentare determinate richieste a seconda del genere in cui nasciamo.

Io sono un Omega, ovvero un essere senza diritti, senza alcuna possibilità di vivere una vita mia, guidata dalle mie scelte, dalla mia volontà; sono un oggetto alla mercé degli Alfa, i cosiddetti leader del mondo.

Sin da quando avevo 14 anni, non ho potuto fare a meno di sottomettermi a loro, nei periodi del calore, o quello o avrei dovuto patire sofferenze enormi, che a lungo andare avrebbero potuto farmi diventare pazzo.

Era l’ultima cosa che volevo.

E poi, se mi comportavo bene durante i calori, alcuni Alfa erano anche disponibili a farmi studiare, leggere o imparare cose che fossero differenti dal “come dare piacere al proprio Alfa in ogni momento della propria esistenza” che ogni Omega doveva imparare fin dalla nascita.

Tanto più che nel mio paese i legami tra Alfa e Omega erano gestiti dal governo. Eravamo in periodo di grande crisi, nasceva, in proporzione, un Omega ogni cinquanta Alfa e questo aveva fatto sì che venisse impedito il legame, quello duraturo, che poteva avvenire solo tra compagni destinati. Veniva impedito qualsiasi tipo di accoppiamento che non fosse destinato alla riproduzione, nella speranza che gli Omega mettessero al mondo altri Omega.

Io, personalmente, all’età di diciannove anni, non ho ancora messo al mondo nemmeno un bambino.

Ho avuto due Alfa nella mia vita, sin dal primo calore. E anche se diverse volte sono risultato incinto, quei bambini non sono mai nati.

Mi sono spesso chiesto perché.

Li avrei amati.

Avrei voluto loro molto bene, ma poi mi sarebbero stati portati via, a meno che non fossero stati Omega.

In quel caso il genitore in grado di prendersene buona cura sarei stato io.

Ma altrimenti…

Li avrei persi.

In realtà li ho persi.

Adesso sono in attesa del mio prossimo Alfa, colui che mi terrà per un anno, durante il quale vuole che gli dia dei figli.

Mi hanno già avvisato che se non sarò in grado di farlo, mi riporterà al Centro.

Ho pianto quando me l’hanno detto.

Tornare in quel luogo orribile vorrebbe dire essere rinchiuso in un prigione dove tutto quello che puoi fare, se sei un Omega, è restare disteso a gambe aperte, drogato e completamente fuori controllo mentre gli Alfa che non sono in grado di comprare o affittare un Omega ti usano come animale da riproduzione.

Spesso vengono usati dei farmaci per aumentare al massimo la fertilità e per scatenare il calore anche se esso è appena terminato.

Quel luogo è l’esatta immagine dell’inferno.

L’unica cosa in cui posso sperare è che questa volta il mio corpo accetti la gravidanza e vada fino in fondo, prima che l’Alfa decida di gettarmi via.

Tutto quello che posso fare è pregare, mentre i miei pensieri continuano a vagare senza meta, persi in un sogno di libertà che non potrà mai avverarsi.

°°°

La mattina successiva, mi sveglio di soprassalto sentendo qualcuno sopra di me che mi scuote una spalla e mi dice di sbrigarmi.

I miei poveri occhi azzurro ghiaccio rimangono feriti dalla forte luce del sole che mi colpisce direttamente in viso e mi fa desiderare di rannicchiarmi tra le coperte.

È il pensiero che sto per incontrare il mio Alfa che mi fa alzare per prepararmi. Anche se come Omega sono sempre stato considerato un po’ anomalo da alcuni Beta che mi hanno fatto da tutori, per via della mia insana, secondo loro, passione per i libri e per il modo di vivere degli Omega in altri paesi, molto lontani dal mio, ho cercato in tutti i modi di adattarmi, di comportarmi come ci si aspettava da me.

E sono stato bravo.

Nessun Alfa si è mai lamentato.

Non del mio comportamento, almeno.

Del fatto che non sono mai riuscito a mettere al mondo un bambino…

Quello è stato sempre un tasto dolente con me.

Secondo un dottore straniero che mi ha visitato sotto richiesta del mio precedente Alfa, alcuni Omega nascono con una particolarità che ci rende ancora più speciali e che rende estremamente importante il Legame con l’Alfa che ci è destinato e solo con lui.

Questa particolarità mi rende impossibile, o quasi, spero, di mettere al mondo bambini che non siano figli del mio Alfa designato.

Peccato che nel mio mondo non potrò mai essere reclamato da lui, perché se lo facesse, andrebbe contro ogni legge di questo maledetto paese.

Finirebbe in prigione.

E io finirei al Centro.

Se non peggio.

Anche se non riesco ad immaginare qualcosa di peggio di quel luogo.

I miei pensieri mi hanno portato così lontano che neanche mi sono accorto di avere già completato quelle azioni che ormai svolgo in automatico, abituato a doverle fare anche se distratto da dolore o, in alcuni casi, piacere.

Rabbrividisco ripensando a cosa alcuni Alfa chiedono ai loro Omega, fortunatamente a me è capitato raramente, ma so che alcuni non sono neanche in grado di camminare per la sovra stimolazione sensoriale cui sono sottoposti dai loro Alfa.

Almeno, loro per qualche anno.

Poi saranno di qualche altro Omega, così come gli Omega apparterranno a qualche altro Alfa.

Come è accaduto a me per due volte già.

Non mi è permesso chiedere di loro.

Non mi è permesso sapere se stanno bene.

Non mi è permesso sapere se hanno dei figli.

Non mi è permesso sapere chi o come sono i loro nuovi Omega.

Così come sapere che tipo di persona è il mio nuovo Alfa.

Non mi è permesso sapere nulla.

Sono un oggetto d’altronde.

Un’adorabile oggetto che dovrebbe essere in grado di mettere al mondo dei bambini per il suo padrone di turno.

E al momento non sono buono nemmeno a quello.

I miei pensieri si congelano come sento dei passi affrettati venire verso la porta della mia stanza.

Li riconosco, sono quelli dell’unica infermiera che mi tratta come fossi qualcosa di più di un oggetto.

Lei è l’unica che mi tratta come una persona.

Chissà se il mio Alfa mi chiamerà per nome o se ne sceglierà uno da darmi.

Ma smetto di farmi domande appena la porta si apre.

Carrie, la mia adorabile infermiera, mi sorride incoraggiante e io mi alzo, abbassando la testa per salutare l’Alfa che sicuramente sta per entrare.

Vorrei poterlo vedere in viso, ma se lui non mi dà il permesso di farlo rischio di essere punito per impertinenza…

Perciò attendo.

Il suo sguardo fisso mi fa tremare.

Mi sembra di poterlo sentire come se fosse fisico.

Come se con il solo sguardo potesse toccarmi.

Rabbrividisco in maniera più evidente e lui emette un leggero suono con la gola.

Suono che quasi mi fa crollare ai suoi piedi.

Nessun Alfa mi ha mai fatto un effetto simile.

Non ha ancora detto una parola.

Nessuno ha detto una singola parola da quando è entrato.

Mi domando se gli piaccio.

Mi domando come sia il suo viso.

Mi domando se mi lascerà leggere, nel tempo in cui non potrà stare con me.

Mi domando se riuscirò a dargli un bambino.

Sento l’ansia salire dentro di me.

Ho paura.

E se non gli piacessi?

E se decidesse di non prendermi affatto?

E se mi spedisse direttamente al Centro?

La paura mi chiude lo stomaco in una morsa dolorosa, irrigidisce muscoli già doloranti per il calore imminente.

Mi scappa un pigolio di dolore.

Mi mordo le labbra, pentendomi di non aver fatto più attenzione a non emettere neanche un suono.

Non ho avuto il permesso di parlare.

Ora potrebbe decidere di…

“Avete fatto in modo che abbia qualcosa per combattere i dolori muscolari che porta il calore?” domanda l’Alfa, venendomi vicino.

Mi prende il mento con due dita e mi solleva il viso.

I miei occhi evitano di incontrare i suoi direttamente e rimangono bassi, a dispetto del fatto che il mio viso ormai è davanti al suo.

Distrattamente noto che si è dovuto chinare leggermente per poter portare i nostri volti alla stessa altezza.

“Guardami!” ordina con voce ferma e profonda.

Mi tremano di nuovo le ginocchia, mentre i miei occhi di ghiaccio incontrano i suoi, che sono di un marrone tendente al rossiccio.

Avverto nuove fitte allo stomaco per via dei crampi di tensione che ancora non si sono placati.

Mi scappa un nuovo pigolio di dolore e questa volta, lui è perfettamente in grado di vedere il dolore sul mio viso, riflesso nei miei occhi.

“Shhh…. Va tutto bene, piccolo, adesso andiamo a casa. Poi chiamerò un dottore che ti faccia avere qualcosa contro il dolore.” Disse, la sua voce profonda che manda brividi incontrollabili alla mia schiena e mi spinge a rannicchiarmi ai suoi piedi, nonostante non mi ordini niente del genere.

Nessun Alfa mi aveva mai detto che la loro casa era anche la mia.

Io ero solo un oggetto che sarebbe stato con loro per un po’.

Non ero qualcuno da rassicurare.

Una terza ed ultima fitta mi fa definitivamente crollare tra le braccia del MIO Alfa, che mi prende al volo, stringendomi forte e mormorando qualcosa al mio orecchio.

La mia mente si perde lentamente, mentre il MIO Alfa mi prende in braccio, continuando a mormorare nel mio orecchio, mandandomi scariche di piacere lungo la spina dorsale e le fitte che i muscoli contratti del mio addome continuano a mandare.

Anche se sono molto più delicate di prima.

Stanno già passando.

E non era mai successo prima.

Nessun Alfa era mai stato in grado di farmi stare un po’ meglio in questi casi.

Non che ai miei due Alfa precedenti importasse granché.

Finché erano in grado di avermi, al massimo mi davano delle pastiglie contro il dolore…

Invece lui….

Gli importa davvero di me?

Forse lui può essere il MIO Alfa?

L’unico che potrà mai rendermi libero nel mio essere un Omega?

Ma non potrà mai accadere.

In questo paese, gli Omega appartengono ad un Alfa per un periodo massimo di cinque anni, sei se allo scadere dei cinque l’Omega è in attesa di bambino.

Esco dal dormiveglia in cui sono caduto durante lo spostamento in auto quando sento delle voci metalliche chiamare i passeggeri per prendere un volo.

Apro gli occhi e guardo verso una delle finestre più vicine e vedo un aereo.

È la prima volta che ne vedo uno da tanto vicino.

Il mio Alfa mi tiene ancora stretto tra le braccia.

Mi sta portando in giro come fossi una principessa.

O addirittura, come fossi il suo compagno.

Peccato che nel mio mondo non esistano più queste cose.

“Credi sia davvero così, mio piccolo Omega?” domanda il mio Alfa con la sua voce profonda e rombante.

Alzo lo sguardo verso di lui, spaventato dal fatto di aver detto qualcosa di inopportuno, pur essendo certo al 100% di non aver aperto bocca.

Sto per scusarmi per aver parlato a sproposito quando lui aggiunge.

“Non devi scusarti, piccolo, ti spiegherò quando saremmo a casa!” dice, dandomi poi un leggero bacio sulla tempia destra.

Io lo guardo con gli occhi sgranati, ma allo stesso tempo mi sento così bene tra le sue braccia che quando si mette a parlare con la hostess per sapere del suo volo, del nostro volo, la mia mente riprende a fantasticare.

Inizio a pensare a quale sia la nostra meta.

Anche se mi domando come sia possibile che ci lascino uscire dal paese.

Gli Omega, essendo così rari, non hanno permessi di viaggio, tranne se si tratta di incontrare un Alfa che non li può raggiungere e di solito sono viaggi ultra controllati ed estremamente brevi.

Invece il MIO Alfa pareva intenzionato a stare via per molto.

Chissà, forse era straniero.

Ma come aveva fatto ad ottenere un Omega dal governo del mio paese era una cosa inspiegabile.

A malapena ve ne erano a sufficienza per gli Alfa che lo abitavano, figurarsi se li andavano a dare a degli stranieri.

Eppure, ora il MIO Alfa mi stava portando via dal paese.

Nella mia mente iniziano a viaggiare immagini di cieli limpidi, ampi campi verdi, una grande casa con a lato uno splendido giardino.

Una giovane donna ride e scherza con dei bambini che somigliano al mio Alfa.

Un uomo, un altro Alfa si avvicina alla donna e la abbraccia, mentre i bambini gli corrono incontro, stringendogli le gambe in un abbraccio.

Apro gli occhi e guardo di nuovo il mio Alfa.

Lui mi sta già guardando.

“Quella è casa nostra, con mia sorella, il suo compagno e i loro bambini.” Spiega.

Io lo guardo ancora senza parlare.

Non sono molto abituato a farlo.

Troppe volte i miei tutori si sono lamentati del fatto che parlo troppo.

Non ho mai voluto rischiare di annoiare uno dei miei Alfa.

Perciò sorrido e basta. Un sorriso sincero, aperto e veramente felice come non ne facevo da parecchio tempo.

Lui mi sorride di rimando e mi stringe la mano, portandosela al viso per baciarne il dorso.

Il cuore mi esplode di gioia.

Finalmente ho trovato una vera casa dove stare, con il MIO Alfa. Solo mio.


   
 
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