Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Sarck    01/09/2017    2 recensioni
|885 parole|
A Levi, forse, il mare piace.
“Pensi che riuscirebbe a levigare anche me?”

[Eren x Levi e l'oceano infinito davanti a loro]
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Eren Jaeger, Levi Ackerman
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Titolo: Ciottoli
Rating: verde
Parole: 885
Tipo di coppia: shonen'ai 
Pairing: Eren x Levi
Note: non sono molto soddisfatta del risultato, ma l'ispirazione mi ha tenuta sveglia fino a tarda notte, quindi, in onore delle pesanti occhiaie, mi sento in dovere di pubblicare. Spero voi possiate apprezzare questo scritto più di me. Spero anche di non essere sfociata nell'OOC, Levi è più introspettivo del solito.
Buona lettura ♥

 

 

 

 

 

Ciottoli

 

 

 Se deve essere un ruvido scoglio, almeno, che venga addolcito dalle implacabili onde dentro agli occhi di Eren.

 

 

 


“Questa non è sabbia, vero?”

Nel porre la domanda gira leggermente il volto e alza il mento verso l'alto. Il vento è umido e salato sulla sua pelle, una sensazione che non aveva mai provato prima. Gli incolla ciuffi di capelli alla fronte.
Non vede l'espressione del suo volto, a quella domanda, poiché in controluce. Distingue solo i contorni familiari del suo corpo. Può immaginarle, comunque, le increspature dell'epidermide, le sopracciglia che si aggrottano, le ciglia che sbattono piano sulle palpebre, come ogni volta che qualcosa lo sorprende.

“No, non è sabbia” risponde.

Annuisce e torna a guardare davanti a sé, rigirandosi tra le mani il sasso tondo e levigato. Perfino l'ossigeno che inspira sembra differente, posto davanti a quella distesa d'acqua infinita. Non lo è l’esalazione, perché ciò che butta fuori non gli sembra diverso dal solito lerciume che si sente dentro ogni giorno, che gli annerisce l'anima.
Il respiro di Eren, invece - che abbassandosi prende posto al suo fianco, sedendosi anche lui sui sassi - è limpido. Forse, se gli squarciasse il petto e gli soffiasse dentro potrebbe alleggerirlo o, almeno, rallentare la putrefazione del suo cuore. Forse è per questo che quando lo bacia, nel buio della sua stanza, su quel letto che cigola e le pareti ruvide e fredde introno a loro, si sente sempre un po’ meno sporco.

“Sono ciottoli” lo sente continuare, vibrare di corde vocali che si mescola al suono di quelle che gli hanno detto essere onde.

Eren glielo aveva descritto blu, l'oceano, ma a Levi pare un'immensa distesa d’argento.

“Sono il risultato dell'erosione di pietre più grandi. Sono di queste forme tondeggianti perché è il mare a levigarle con la sua potenza”.

Levi si lecca le labbra, le trova leggermente salate, e torna a far scivolare le pupille sul volto di Eren, ora non più in controluce. Vacilla davanti al colore delle sue iridi, alla perfezione con cui sembrano riflettere quella distesa di acqua salata. Respira forte, si chiede se ciò può servire a portarsi un po’ di quell'orizzonte anche dentro le mura, nella sua stanza fredda. Si chiede anche se è possibile imprimere quella superfice argentata negli occhi di Eren, affinché non smetta di sorridere come sta facendo quel giorno, affinché lui, prendendogli il volto tra le mani e avvicinandolo a sé, possa vedere ogni volta quel paesaggio, prima che le palpebre calino a nasconderlo, prima che il fiato di Eren soffi sulla sua bocca e gli faccia dimenticare l'odore del sangue.

A Levi, forse, il mare piace.

“Pensi che riuscirebbe a levigare anche me?”

Lo nota avvolgere le braccia lunghe intorno alle ginocchia, aderenti al petto, e inclinare la testa.

“In che senso?”

Un respiro che non dovrebbe essere tremulo, ma che lo è; “mi chiedo se queste acque sarebbero capaci di smussare anche un uomo come me, renderlo meno tagliante.” Il mento che si alza, la testa leggermente incurvata all’indietro per poter inspirare meglio, il collo esposto, simbolo di fragilità, quella che Levi raramente mostra. “Mi chiedo se riuscirebbero ad erodere anche un uomo nato per essere un'arma, arrotondarlo e dargli pace”.

Con la luce tiepida del sole che sta tramontando a finirgli negli occhi, oltre la ciocca nera di capelli che il vento gli fa cadere sulla palpebra, osserva la riva. Vede Hanji arrotolarsi i pantaloni fino ai polpacci, Mikasa già dentro all’acqua fino alle ginocchia a tendere la mano ad Armin, una nuova recluta – di cui non rammenta il nome - rischiare di scivolare e aggrapparsi ad un masso enorme, che si erge solido oltre l'acqua, impassibile nonostante le onde basse che continuano a infrangersi ai suoi lati.

“Se devo essere del tutto sincero” commenta Eren, spezzando il silezio calato tra di loro e attirando completamente la sua attenzione, "io non credo che tu abbia bisogno di essere levigato dal mare, o da qualsiasi altra cosa". Levi lo guarda, soffermandosi sulle labbra arrossate, chiaro segno che ha appena finito di torturarle sotto ai denti. Alza un sopracciglio per intimarlo a continuare.

“Per me il capitano Levi è quello scoglio”. Il punto che Eren sta indicando è quello in cui prima il ragazzo stava per scivolare.

Quando le loro iridi si mescolano di nuovo, oceano e orizzonte, Levi spera solo che quella contrazione allo stomaco, insieme al calore bruciante che sente dilagare nel petto, finisca presto.

“Tu sei questo Levi; il punto d'appoggio di tutti noi, l'enorme masso che vince contro le onde, che non crolla mai, abbastanza forte da permettere a chiunque di aggrapparsi”. Parole che scivolano leggere fuori dalle sue labbra, incresparsi della pelle a lato degli occhi, indice destro ancora incastrato nella morsa della sua mano immobile, ciglia tra cui si fanno spazio raggi di sole e brezza marina. Levi capisce: l'oceano è Eren e, lui, è già stato levigato da quelle acque.

Incurva leggermente un lato delle labbra e passandosi una mano sul volto sopprime il desiderio di schiuderle del tutto.

“Blateri troppo, Jager”.

 

 Quella sera, nel buio della sua stanza spoglia, con la luna ad ergersi timida oltre le persiane di legno marcito, quando lui sarà ormai addormentato, bacerà le sue palpebre e, ricordando l’oceano, tenuto al sicuro sotto di esse, dimenticherà l'odore di sangue, perdita e morte.

 

 

  
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