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Autore: MadLucy    02/09/2017    2 recensioni
{Jaspis | Lapis Lazuli/Jasper | Lapidot | Lapis Lazuli/Peridot | fluffangst | spoiler fino alla terza stagione compresa | missing moments | Lapis!pov}
Il primo è un ricordo di acqua salata.
Il secondo è un ricordo di acqua dolce.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Jasper/Diaspro, Lapis Lazuli/Lapislazzuli
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Eupnea




Il primo è un ricordo di acqua salata.
L'odore del legno bagnato del parapetto della barca, il mare che sciabordava attraverso le fessure delle tegole del pavimento, che si prendeva le viscere di metallo. I capelli di Malachite che fluttuano lenti nei suoi pensieri -come alghe, come tentacoli- lo fanno al ritmo delle correnti profonde, lo stesso al quale Lapis sincronizzava il respiro per concentrarsi, per incanalare le spinte verso il silenzio buio degli abissi, con sopra la testa sempre il soffitto marezzato e palpitante della superficie, venato di luce, pulsante come un cuore che lei non riusciva a raggiungere. Il giorno era troppo in alto, lei era sempre nella notte. Lei era la notte per la parte di lei che scalciava, che tentava la fuga. Lapis la incubava con l'impassibile severità di un relitto sepolto. Conosceva tutti i segreti della pazienza, mentre Jasper no. Aveva il pretesto di sentirsi una dei buoni, una sentinella necessaria per una pericolosa prigioniera. Ma l'unica cosa che sentiva era il vuoto allagare liquido dall'anima di Jasper anche dentro di lei, l'ultimo posto asciutto, e nelle fenditure tra i loro confini, dove iniziava l'una e dove finiva l'altra. Lapis avvertiva l'acqua nella mente, che cullava un solo pensiero: un'altra creatura che soffriva con lei, come lei, qualcuno che le somigliasse. Quella fratellanza di frustrazione. Sapeva cosa si provasse. L'idea di poter controllare tutto quello -infliggere tutto quello- era un tranquillo appagamento. La tortura era come quegli occhi molli, albumi disciolti e inservibili in fondo all'oceano, era ciò che lei stessa era, adesso. Non avrebbe cercato di scappare più, si sarebbe arresa. Ma avrebbe portato con sè, ferrea ed inappellabile, quella preda che si dibatteva. Jasper avrebbe fatto come lei, avrebbe smesso di lottare, prima o poi. Avrebbe cominciato a galleggiare come la catena di un'ancora, all'unisono con il mare. Il suo respiro veloce, rabbioso, spaventato, era per Lapis come tornare indietro nel tempo, a quando l'avevano ridotta all'impotenza, soltanto interpretando l'altro ruolo. Prendeva il fiato, raccoglieva energia e si eclissava, scaricando le proprie forze sul manto vellutato del fondale per mantenere la presa. Malachite si imbambolava, inanimata, inespressiva, nella sua eterna apnea.
Lapis, che così tanto si era scaldata durante la sua reclusione con una pura, conservativa speranza di vendetta, voleva solo restituire il dolore. Non per forza ai colpevoli, a qualcuno. Diventare crudele come il caso. Smistare senza criterio, senza logica. A volte riteneva cattivo imporsi su Jasper in quel modo, una cosa che i veri buoni non avrebbero mai fatto. Poi pensava alle sue dita tozze e senza grazia che la acchiappavano in volo, alle sue grandi mani a tenaglia che le afferravano il polso -chiudendosi, il pugno ingoiava completamente quella di Lapis,- alle sue robuste braccia rudi che la maneggiavano arroganti come se potesse farlo senza conseguenze, al ringhio soffuso della sua voce, e pensava che in fondo non era del tutto un gesto di odio, ma anche di sottile, progressiva infatuazione -tanto quanto era inebriante la loro fusione, quella interminabile battaglia per la supremazia, vincitore e vinto sotto la stessa pelle, quella passione che allontanava la noia del vuoto, e la ferocia eccitata durante gli scontri, durante gli sfoghi. Tutto è ritornato in bocca a Lapis come un conato, su quella barca, e ha capito di cosa ha avvertito la mancanza.
Ormai la libertà le è preclusa per sempre -ha perso tutto- ma precludere la libertà a quella gemma spavalda e selvaggia era un simulacro convincente, con un sapore goloso che sembrava sollievo, invece era soltanto sale.





Il secondo è un ricordo di acqua dolce.
L'odore del legno bagnato del parapetto della casa del tempio, la pioggia che maculava la veranda ininterrottamente e scioglieva le chiazze per imprimerne di nuove, per confonderle in un'unica ampia ombra umida. Peridot amava la pioggia, le ricordava il primo momento in cui aveva cominciato ad amare la Terra, a fidarsi di qualcuno. Erano al tempio quando avevano assistito alla pioggia insieme, lei e Lapis. La loro pioggia non era battente nè molesta, era sapida, rada e pesante, con grosse gocce distanziate. Lapis ne imparava il suono, e non ne aveva paura, non aveva bisogno che Peridot la rassicurasse. Il suono dell'acqua nuova che incontra le cose, che ci urta durante il suo schianto. Che pulisce il mondo di tutto ciò che appartiene a ieri. Che lo rigenera pronto per domani. Le piante assorbono, i tetti scolano, le fondamenta si imbevono grate. La frenesia umana pareva placata, e anche Lapis avvertiva una nuova limpidezza, un nitore nello sguardo, nei pensieri. Peridot aveva imparato a fare le omelette, e glie ne aveva offerta una -che invece di avere un po' di cioccolata spalmata sopra ne era stata completamente immersa. Lapis aveva dovuto sporcarsi tutte le mani per mangiarla, e anche quella aveva cominciato a piovere, nel suo piccolo, macchiandole il vestito. Ma non aveva protestato. Il profumo della troppa cioccolata aveva trovato un punto fermo da inzuppare dentro di lei. All'improvviso non si sentiva più così lontana da quel corredo di minutaglia quotidiana, riusciva a trovare una nicchia in cui infilarsi. Aveva osservato tutto scorrere via, e non aveva più provato rimorso, bensì leggerezza. Non provava più il desiderio di seguire i residui del passato, preferiva restare.
Peridot le aveva messo una mano sulla spalla, esitante. Quando parlava era così inadeguata. Rimpiccioliva vicino al suo dolore, si ritraeva con umiltà, con il timore di ferirla per sbaglio. Lapis l'aveva convinta di non poter capire, ma in realtà magari poteva. Anche lei aveva appena colonizzato con il cuore quel piccolo spicchio di territorio straniero, dopo le vertigini, dopo l'incertezza di non sapere che suolo sarebbe meglio calpestare. Lapis le aveva sorriso, mesta. Avevano contemplato la pioggia come se fosse un miracolo senziente, che avvenisse per loro. Come se si rendesse conto che loro due volevano un nuovo punto di partenza. E allora Lapis aveva pensato, forse mentre si aspetta di riottenere la libertà si può anche affrontare il dolore, in attesa che si disperda lungo la strada, che se ne vada nel corso d'opera della vita senza che io quasi me ne accorga -una guarigione silenziosa, fatta dai giorni, disinfettata dalla pioggia.






























Note dell'Autrice: Shippo parecchio Jaspis, ma Lapis si merita Peridot nel suo futuro, è la cosa migliore per tutti! Come relazione stabile e così via, sicuramente. Comunque ho lasciato tutto molto velato. Grazie per aver letto!
Lucy
 
  
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