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Autore: Wednesday88    04/09/2017    0 recensioni
Halamshiral, capitale dell'Impero delle Maschere, è salva. La duchessa Floriane de Chalons è stata sconfitta e di Corypheus sembrano essersi perse le tracce. Il mago eretico Solas sta provando qualcosa di più del semplice affetto per Elanor Lavellan e le chiese un ballo.
Genere: Drammatico, Fantasy, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Cole, Dorian Pavus, Inquisitore, Solas
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
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“Vieni. Prima che i bardi smettano di suonare, balla con me.” le dissi, porgendole la mano sperando di ricordare come si fa a ballare sotto un cielo stellato. Sorrisi al pensiero di farmi guidare da lei. La gente nel salone del Palazzo d’Inverno ballava serena, i loro corpi erano avvolti in splendidi abiti dai vivaci colori, nello stile di Antiva, e le loro facce erano celate da elaborate maschere di pizzo e finissima porcellana candida. L’Impero delle maschere, pensai ridacchiando portandomi una mano alle labbra. “Certo.” mi rispose con un sorriso e mi si avvicinò, profumava di albicocca. La strinsi a me, potevo sentire il suo calore. Ondeggiavamo, la mia mano era posata sulla schiena, mentre l’altra teneva leggera una sua mano, sentivo il battito del suo cuore nel petto premuto contro il mio. Mi piaceva. Elanor. Mi piaceva il suo essere così diversa, così eccezionalmente unica. Mi aiutava a non pensare, mi aiutava ad essere normale.
Ballavamo su quel terrazzo di marmo dai toni chiari, circondati da una tiepida notte stellata. Chiusi gli occhi e decisi di assaporare quel momento di assoluto piacere con lei. Era da tanto che non ballavo, nell’Oblio ho assistito a centinaia di eventi come questo, ma ero uno spettatore. Solamente un ospite all’interno di ricordi altrui.
 
“Solas…” trasalii al sussurro, nelle mie divagazioni a passo di danza avevo perso la cognizione del tempo. “Solas, ti andrebbe di scendere ai giardini? Avrei bisogno di fare due passi, lontano da tutto questo.” mi chiese alzando di poco il capo dal mio petto, mi guardò negli occhi, le sorrisi “Certo, vhenan. Ti accompagno volentieri, fammi prendere alcune cose, del vino, una coperta e dei dolcetti… di certo avrai fame!” “Da morire…” mi disse lei toccandosi lo stomaco. Durante la sera non avevamo mangiato praticamente niente ed ero affamato anche io. “Aspettami all’entrata, faccio più presto che posso.” Scesi nelle sale della servitù, presi di corsa una coperta di lana eterna color corallo, un po’ delicata forse, ma non avevo tempo di cercare qualcosa di più grezzo. Andai alle cucine, rovistai e trovai facilmente del vino, del pane nero, della carne essiccata, del miele e dei dolcetti glassati. Mi ingozzai di un po’ di tutto mentre infagottavo le cose nella coperta. Corsi fuori da un accesso secondario facendo attenzione alle guardie di palazzo, intente più che altro a non addormentarsi, annoiate a morte, ma la fiducia non è mai troppa in questi casi. Sarebbe stato complicato da spiegare cosa stessi facendo e l’Inquisizione avrebbe dovuto pagarne il prezzo. Cercai di calmarmi, sgattaiolai da Elanor. I suoi lunghi capelli neri risplendevano alla luce della luna, rimasi a fissarla mentre raccoglieva un tulipano in boccio. Era bellissima. Per la prima volta dopo tanto ero innamorato. Innamorato di un’elfa, figlia di un popolo che mi aveva sempre deriso e disprezzato ed io disprezzavo a mia volta. Ma non mi importava.
 
“Eccomi, ho tutto il necessario.” guardai soddisfatto il piccolo fagotto che avevo legato di traverso sulla schiena. “Andiamo!” mi esortò lei con un sorriso. Passeggiavamo da circa dieci o quindici minuti, parlando dell’Oblio, in questa zona il Velo era sottile, sentivo il suo richiamo. È curiosa, pensai, di una curiosità pericolosa ed affascinante, spero di non tradirmi ora. Sarebbe… troppo. Non capirebbe ed io non saprei spiegarlo senza apparire un mostro e non voglio perderla, significa molto. Troppo. Da quel bacio nel sogno ad Haven ho paura di troppe cose, ma perderla è la paura più grande di tutte.
 
“Guarda – mi disse irrompendo nei miei pensieri melanconici – ci mettiamo qui? Sotto a questo salice?” Spostai le fitte fronde e con un inchino la feci entrare, lei mi ringraziò con un gesto del capo ed un sorriso complice “La mia accompagnatrice si sta montando un po’ la testa vedo.” dissi scherzosamente accendendo un paio di torce di velfuoco: un fuoco magico, molto simpatico nel suo bagliore verde azzurro, lei si mise a ridere. “Se non posso essere autorevole con te e con voi prima di tutto, come faccio ad essere presa sul serio dalle persone esterne all’Inquisizione?” una risposta che mi sorprese, la tirai a me e la baciai. Piccolo halla, pensai, così tenero e dolce, così ingenuo ed innamorato. Le lacrime mi punsero gli occhi.
Mi slegai la coperta e la adagiai sul terreno morbido. Attorno a noi c’erano grandi aiuole di lavanda e grazia cristallina, adoro il suo profumo, lo trovo rilassante. La lasciai mangiare, io mi concessi un filo d’erba per giocare con le labbra e occasionalmente, farle il solletico. “Adesso apro il vino.” dissi compiaciuto nel vederla mangiare con tanto appetito: dopo la battaglia con Florianne aveva perso molta energia e la sua mana era bassa. Mangiare dolcetti, diceva, aiutava a rigenerarla, non era vero, ma a lei piaceva farlo credere.  “Non avendo boccali dovremo arrangiarci alla vecchia maniera suppongo…” disse lei guardandomi con uno sguardo che conoscevo bene. Arrossii. Lei mi prese la bottiglia di mano e ne bevve un lungo sorso di vino di more “Adesso basta, – le dissi gentile levandole dalle mani la bottiglia – non puoi ubriacarti, Inquisitrice, non è permesso. Josephine non approverebbe.” “Non mi importa di cosa pensa Josie, ora non è qui, non c’è nessuno qui a parte noi.” mi disse iniziando a levarsi il sontuoso vestito blu notte e rimanendo in semplice sott’abito anch’esso blu, in netto contrasto con la sua pelle diafana. Mi schiarii la voce e mi girai in completo imbarazzo. “Non sentirti in imbarazzo, vhenan.” Dentro di me si stava facendo largo un desiderio assopito, uno dei tanti dopo il mio sonno durato ere. Avrei dovuto resistere. Avrei provato a farlo. “Vhenan…” incalzò lei “…non, non ti piaccio?” mi chiesi, inspiegabilmente irritato, perché tutte debbano pensarla così. Sospirai. “No, vhenan, mi piaci e mi piaci molto. Sei… sei bellissima… solo che…” non finii la frase, lei mi baciò, un bacio che sapeva di glassa dolce. Non riuscii a resisterle, avevo fame di quel desiderio e ne aveva fame anche lei.
Mi slacciai l’orrendo giustacuore rosso e blu. La strinsi a me, il contatto dei nostri corpi seminudi aveva risvegliato quella sensazione di calore, di semplicità e di intimità che non sentivo da tempo, troppo tempo. Le passai una mano sulla schiena, slacciandole la sottoveste. Ora le spalline erano morbide ed il piccolo seno sodo, meno costretto. La baciai sul lungo collo, infilai il naso tra i suoi capelli e inspirai. Albicocche. “Ah…” emise un gemito, la presi in braccio e la misi con i piedi scalzi sopra la coperta. La bendai con la fascia celeste che avevo sopra il farsetto e giocai con lei solleticando la sua pelle con un ramo di lavanda, delicatamente mi levai gli stivali e li lanciai nell’erba, non preoccupandomi. Avevo in mente lei. La mia lei. Elanor. Si stese sulla coperta ed io mi misi sopra, le presi i polsi e la baciai, i nostri corpi si unirono, dolcemente, affondai in lei sotto il cielo stellato, in una fresca notte autunnale.
Da quel momento seppi che per quanto sarebbe potuto accadere, per quante ne avremmo passate, sarei stato suo per sempre.
 
Fen’Harel, svegliati!
Sbarrai gli occhi a quel contatto mentale. Dannazione. Lo Spirito mi aveva trovato.
Cosa vuoi? Non è ancora il momento. La mia vita come mortale non ti deve interessare.
Dissi tra me e me in risposta. Percepii uno sbuffo di disgusto insinuarsi tra i miei pensieri, poi più nulla.
 
Era poco prima dell’alba. Era ancora buio. Il fuoco magico tingeva di verdognolo il nostro piccolo rifugio. Elanor dormiva ancora ed ero assai riluttante a svegliarla, non volevo farle trasparire il mio improvviso terrore. Una coccinella le stava camminando sul vallaslin. Sorrisi e con delicatezza presi l’animaletto su un dito e lo misi su una foglia. La guardai dormire. Le spostai una ciocca. L’ultima volta che dormii accanto a lei era in fin di vita, distrutta dall’Ancora che porta sul palmo della mano sinistra: un incantesimo sbagliato. Un maledetto errore che non doveva succedere. La salvai per miracolo. Da quando ricademmo dell’Oblio con il corpo fisico e materiale, il potere dell’Ancora è aumentato, e temo per la sua vita se dovesse perderne il controllo. La accarezzai dolcemente. Come avevo potuto essere così avventato e stupido?
 
Sapevi che poteva succedere, Fen’Harel, e sai anche cosa è necessario fare. Recupera la Sfera. La mia dannata Sfera!
Lo spirito del Temibile Lupo aveva infranto ancora una volta i miei pensieri. Non lo sopportavo.
Ti ho detto, non ora. Sono ancora debole.
E chiusi tempestivamente la comunicazione con il mio alter ego con la gola secca e la testa dolorante.

Un mugugno di Elanor mi avvisava che stava per svegliarsi. Mi sentii in colpa, in fondo al cuore, temevo di averla svegliata. “Buongiorno.” mi disse aprendo piano gli occhi violetti. “Non hai dormito?” continuò preoccupata. “Sì, ho dormito, mi sono svegliato poco fa, ti ho lasciata dormire. Scusa…” dissi alzando le spalle, come fossi colpevole di qualcosa. Sorrise. “Non devi scusarti, vhenan, non hai nulla per la quale farlo.” Sorrise ancora. Mi sentii uno stupido. “Vieni con me, ti voglio far vedere una cosa...” le dissi sistemandomi i calzoni. Si alzò e così, scalzi e mezzi nudi quali eravamo uscimmo dal nostro nascondiglio, avviandoci verso il crinale rivolto ad Est.
Il primo sole ci bagnò il viso e cancellò dalla mia mente ogni preoccupazione, ogni ombra, aprii gli occhi e vidi con chiarezza cos’avevo. Avevo l’amore di una donna forte e determinata, libera e innamorata. Passai qualche minuto a chiedermi cos’avessi fatto per meritarlo.
Ar lath, ma vhenan.” le sussurrai.
   
 
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