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Autore: missredlights    04/09/2017    9 recensioni
Fra la commozione generale, ogni invitato poté vedere l’abbraccio che si scambiarono padre e figlia, fra lacrime di gioia e parole d’amore sussurrate. L’amore era anche questo, era l’abbraccio di un padre alla figlia il giorno delle sue nozze, erano gli abbracci e i baci degli sposi con i loro amici, ma lo fu anche il momento del lancio del bouquet, dove Shikamaru, Choji e Sakura si ritrovarono a prendere contemporaneamente il mazzo di fiori, ognuno in un punto diverso.
“Quindi i prossimi a sposarvi siete voi tre!”
"2° posto al Contest We looked at each other a little too long to be “just friends” indetto da Himeko Kuroba e valutato da E.Comper sul forum di efp"
"2° classificata parimerito al contest ‘Like an Hero- Eroe per un giorno’ indetto da Emanuela.Emy79 sul forum di Efp”
"7° posto al Contest "Il Linguaggio Segreto dei Fiori" indetto da _Ayaka_ sul forum di EFP"
"6°posto parimerito al contest keep calm e... fatemi amare la vostra otp II edizione, indetto da eleCorti sul forum di efp."
"5° posto parimerito al contest 'Ave Atque Vale' indetto da Fiore di Cenere sul forum di EFP"
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Shikamaru Nara, Temari | Coppie: Shikamaru/Temari
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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cap

12 gennaio

“Shikamaru, cosa ti porto?”

“Il solito, Choji, grazie.”

Choji prese un bicchiere dal bancone e cominciò a riempirlo di birra, stando ben attento a non fare troppa schiuma. Lo guardò con la coda dell’occhio, notando il cipiglio corrucciato dell’amico.

“È successo qualcosa a lavoro?”

“Tutto come sempre, Choji. Oggi il nostro staff si è ampliato.”

“Davvero?”

“Sì. Tsunade ha assunto un nuovo avvocato perché, a detta sua, è formidabile e ha saputo gestire magnificamente un caso importante e delicato.”

“E tu non sei d’accordo?”

“La cosa mi è indifferente. Anzi, meglio che ci sia qualcuno che mi aiuti. Quella megera mi ha sobbarcato di lavoro, come se già non ne avessi di mio.”

Choji si ritrovò a sorridere, pulendo un bicchiere dopo l’altro e posandoli ordinatamente sul bancone. Aveva aperto da pochi mesi quel piccolo pub e Shikamaru ne era diventato un cliente abituale. Il locale era piccolo e confortevole, il genere di posto dove avresti trovato tranquillità e buona compagnia.

“Hai già conosciuto questo nuovo collega?”

“No. Inizierà da domani.”

Non sapeva che cosa pensarne. Da una parte era contento di avere una mano in più con tutto il lavoro che avevano in ufficio, dall’altro invece non gliene importava molto. L’importante era che il nuovo collega non gli desse delle rogne.

“Spero solo che non sia una donna. Sai come sono, che…”

“… si lamentano di continuo e sono una gran seccatura, lo so. Lo dici fin da quando eravamo alle medie che le donne sono una seccatura per te. Questo tuo comportamento misogino non ti porterà da nessuna parte, lo sai. Anzi, ti si ritorcerà contro.”

Shikamaru abbozzò un leggero sorriso, bevendo l’ultimo sorso di birra del bicchiere.

“Invece come vanno gli affari qui?”

“Non mi lamento. Insieme a Karui abbiamo pensato di creare una pagina internet del pub, in modo tale da farci più pubblicità, e stiamo anche creando dei nuovi panini. Perché non vieni a provarli? Il tuo parere sarebbe importante per me.”

“Certo. Adesso, però, devo andare. Ci vediamo.”

Posò i soldi sul bancone e fece un cenno di saluto, uscendo dal locale. L’aria fresca della notte lo ridestò temporaneamente dal torpore, dovuto anche alla birra.

Speriamo che domani vada tutto bene.

Con le mani in tasca e una sigaretta fra le labbra si incamminò verso casa.

 

§

 

13 gennaio

“Maledizione! Proprio adesso doveva cominciare a piovere?”

Shikamaru affrettò il passo ritrovandosi dopo pochi minuti dentro l’edificio dove lavorava, completamente bagnato. Quel temporale aveva colto tutti di sorpresa. E dire che fino a quindici minuti prima c’era un bel sole che riscaldava con i suoi deboli raggi.

Mise una mano in tasca e ne estrasse un pacchetto di sigarette zuppo, impossibile da utilizzare. Più scocciato che mai cominciò a camminare verso le porte dell’ascensore, pronto a prendere il piano prestabilito, se non fosse che da quelle stesse porte comparve Tsunade.

“Sei qui, finalmente.”

“Non sono in ritardo.”

Controllò comunque l’orologio che portava al polso.

“No, non lo sei. Il nuovo avvocato è già arrivato. Gli ho già dato tutto il materiale che gli serviva, tu dovrai solo aggiornarlo sugli ultimi sviluppi e dargli qualche caso di cui ti stai occupando.”

“Sei tu il capo, dovresti farlo tu, no?”

“Ho una colazione e poi un pranzo di lavoro. Per qualsiasi cosa potete chiedere a Shizune. Ci vediamo domani.”

Cosa?

Lo sorpassò, aprendo l’ombrello e uscendo dall’edificio.

“Che seccatura.”

Si passò una mano fra i capelli bagnati. La solita coda che si faceva di solito era stata distrutta dall’umidità e dalla pioggia con la conseguenza che adesso si ritrovava con i capelli appiccicati sulle spalle. Buttò il pacchetto ormai inutilizzabile dentro la pattumiera e chiamò l’ascensore.

Può andare peggio?

Entrò dentro l’ascensore e digitò il piano prestabilito, uscendone qualche secondo dopo.

“Oh, è qui avvocato Nara.”

“Shizune. Dove trovo il nuovo avvocato?”

“È di là che sta esaminando il materiale che le ha dato Tsunade. Aspetti, le porto un asciugamano per asciugarsi.”

“Gentile ed efficiente come sempre.”

La vide sorridere e sparire qualche istante dopo dietro la porta del bagno, uscendone con un asciugamano pulito e soffice fra le mani. 

“Grazie.”

“Di nulla. Il nuovo avvocato si trova nel suo ufficio. Tsunade ha deciso che dovrà condividerlo.”

Quella vecchia megera ha fatto tutto senza consultarmi.

Si mise l’asciugamano in testa e frizionò i capelli, entrando nel suo ufficio. La prima cosa che vide – fra i capelli e l’asciugamano davanti agli occhi che gli coprivano quasi per intero la visuale – fu una massa di un bel biondo, più scuro di quello di Ino.

Ma che…

“Lei è?”

Voce di donna… no… No!

Spostò l’asciugamano e si portò i capelli all’indietro, vedendo davanti a lui una donna, impeccabile nel suo tailleur nero non troppo aderente.

Ma da dove salta fuori questa?

“Avvocato Shikamaru Nara. Lei sarebbe?”

“Avvocatessa Sabaku no Temari.”

“Avvocato.”

“Avvocatessa. Avvocatessa è il femminile di avvocato, perché quest’ultimo non è unisex.”

“Se lo dice lei.”

Cos’è che avevo detto giusto ieri a Choji? Speriamo che non sia una donna. E cosa mi trovo qui davanti? Una donna!

Il karma lo aveva punito mandandogli proprio l’essere che meno di tutti sopportava e per di più sembrava anche una tipa che difficilmente se ne sarebbe stata al suo posto. Sembrava qualcuna pronta a comandare su tutto e tutti, proprio come aveva cercato di fare in quel momento.

Tra tutti i tipi di donna che potevano capitarmi mi è capitata quella peggiore.

“Lei è molto famoso in questo campo per aver vinto parecchie cause.”

“Non mi interessa essere famoso, ma riuscire a vincere le cause.”

“Non la facevo un tipo competitivo.”

“Mi piace far vincere la giustizia e sbattere in galera le persone che se lo meritano. Non prendo cause in cui non so per certo che il mio cliente non sia sincero al 100%.”

“E come fa a sapere se il suo cliente è sincero?”

Shikamaru si guardò un attimo sul vetro della finestra, facendosi una coda per poter contrastare la massa di capelli che si ritrovava. Si scambiò qualche occhiata con la bionda attraverso lo specchio.

“Potrebbe essere definito sesto senso.”

“Credevo che lo avessero solo le donne. È una donna sotto mentite spoglie?”

Inarcò un sopracciglio, notando il suo portamento fiero e la sua postura. Lo stava deliberatamente prendendo in giro con quel suo modo di fare, come se lo reputasse uno stupido.

“Eppure non ho mai sbagliato. Ora venga, dividiamoci i casi.”

Le si avvicinò e poté sentire il suo profumo. Non era delicato, qualcosa di fruttato, gradevole.

“Vuole darmi i casi più complicati, avvocato Nara?”

“No, avvocato Sabaku no. Faremo a metà. Adesso se mi permette cominciamo.”

 

§

 

18 gennaio

“Ti rendi conto? Mi ha dato della donna, DELLA DONNA!”

Choji dietro al bancone cominciò a ridere di gusto, strozzandosi quasi con le patatine che aveva messo sul piano per Shikamaru e che, puntualmente, erano fatte fuori da lui.

“Non c’è proprio niente da ridere, Choji. Ha deliberatamente minato al mio orgoglio maschile dandomi della donna. Ma chi si crede di essere quella seccatura?”

“Il karma, amico mio, ti ha punito proprio per bene, non c’è che dire. Dimmi com’è, descrivila.”

“Saccente, arrogante, presuntuosa, orgogliosa fino all’osso e vuole sempre averla vinta lei.”

“Quadro clinico interessante. E fisicamente?”

“Bel corpo, pessimo carattere.”

Lo vide sorridere e quel sorriso non gli piacque per niente. Era il sorriso che utilizzava quando pensava qualcosa di strano.

“Shika, quella donna ti ha scombussolato. Te ne rendi conto?”

“Sì, il sistema nervoso. È anche tiranna, l’ho detto? Non mi ha fatto fare nemmeno una pausa sigaretta o fatto riposare la mente per cinque minuti. Dico, stiamo scherzando?”

Karma, amico mio, ti sei proprio vendicato su Shikamaru.

“Sarà, ma ti ha comunque scombussolato, non me la dai a bere.”

Lo vide sbuffare e bere l’ultimo sorso di birra, poggiando il bicchiere sul bancone.

“Io vado. Domani avrò del lavoro da sbrigare e non so se tornerò vivo a casa. Non so nemmeno se tornerò a casa.”

Pagò la consumazione e uscì, dirigendosi verso casa.

“Che seccatura.”

 

§

 

31 gennaio

“Avvocato Nara, avvocatessa Sabaku no, nel mio ufficio. Immediatamente.”

Il messaggio di Tsunade era stato telegrafico, quasi asettico. Per quale motivo li voleva nel suo ufficio? Si erano dimenticati qualcosa?

“Dobbiamo andare, che fai lì impalato?”

Si massaggiò le tempie con due dita, reprimendo uno sbadiglio. Aveva fatto di nuovo tardi per portare a termine il lavoro prestabilito, con la conseguenza di aver dormito poco e male e per lui era un affronto. Per lui il sonno era sacro, perché Tsunade non lo capiva?

“Sì, sì. Arrivo.”

“Mi chiedo come diamine può essere che tu sia bravo nel tuo lavoro.”

A quella frase Shikamaru spalancò gli occhi, sveglissimo.

“Cosa intendi dire?”

La guardò negli occhi, fisso, in modo quasi doloroso. Stava mettendo anche in discussione – oltre al suo essere uomo – anche la sua bravura nel suo lavoro?

“Sei pigro, svogliato. Fai il minimo indispensabile per poter andare avanti.”

“E allora?”

Cercò di mettere su la miglior faccia indifferente che potesse avere nel suo repertorio, ma dentro era un mare in tempesta. Lo sapeva perfettamente che quello che gli aveva appena detto fosse vero, ma gli diede tremendamente fastidio. Chi era lei per giudicarlo in quel modo? Cercò anche di non guardarla male, di non far trasparire nulla dallo sguardo e ci riuscì.

“Allora? C’è gente che ha dato anima e corpo per arrivare dove sei tu, sudando sette camice non avendo nessunissimo aiuto. Dà fastidio vedere come tu non adoperi nessuno sforzo e altri invece devono faticare il doppio.”

“E questi altri saresti tu?”

Punta sul vivo Temari gli scoccò un’occhiata di fuoco per poi uscire dall’ufficio condiviso e andare verso quello di Tsunade. Quando aveva scelto di lavorare in quel posto era per far valere le sue capacità e le sue competenze, per far vedere a tutti che lei era capace, una in gamba che ce l’aveva fatta con le proprie forze.

Non lo sopporto. Come può uno come lui farcela senza faticare?

Ma non aveva accettato quel lavoro solo per farsi valere, ma anche per mettersi in competizione con quello che reputava il migliore in quel campo. Aveva sentito parlare di lui, aveva letto tutti i casi di cui si era occupato, lodandone di nascosto l’operato, e c’era rimasta male quando aveva visto che Shikamaru Nara non era altri che qualcuno con una fortuna sfacciata che non si sforzava minimamente.

Quando arrivò davanti l’ufficio di Tsunade vide accanto a sé il suo “rivale”, ma lui non le rivolse nemmeno uno sguardo. Bussarono ed entrarono. Trovarono il loro capo sommersa fra pile di fogli alte almeno trenta centimetri. Li guardò appena e gli fece gesto di sedersi di fronte a lei. Presero posto e aspettarono pazientemente che finisse di firmare una lettera.

“Vi ho fatti chiamare perché voglio assegnarvi un caso delicato e so che potrete portarlo avanti solo voi due. Riguarda l’affidamento di un figlio a uno dei genitori.”

“Hanno divorziato e si contendono i soldi per il mantenimento del figlio.”

“Si contendono il figlio, non i soldi.”

“Non siete qui per litigare davanti a me, ma per portare a compimento questo caso. Qua c’è tutto quello che dovete sapere. Da noi si è rivolto il padre. Fate un buon lavoro.”

Temari prese la cartella che Tsunade le porse e stettero per alzarsi, quando con un gesto della mano li fermò e li fece risedere.

“Ancora una cosa. Chi aveva il caso Fairchild?”

“Io, perché?”

Temari si voltò verso Shikamaru, sgranando leggermente gli occhi.

Cosa sta dicendo? Quello è uno dei casi che mi è stato affidato quando ci siamo divisi il lavoro.

“In realtà è…”

“Non me lo sarei mai aspettato da te, avvocato Nara. Il caso è da rifare.”

“Posso sapere cosa ho sbagliato?”

Sbagliato… da rifare.

Nella mente di Temari risuonarono quelle parole come le campane che annunciavano l’apocalisse. Aveva sbagliato, proprio lei che faceva ogni caso in modo impeccabile.

“È stato redatto in modo errato. Sono stati utilizzati i nomi e le prove del caso Lightwood. Mi sorprende che lei abbia fatto un errore di questo genere, Nara. Non la licenzio solo perché so come lavora e che un caso come questo non capiterà più.”

“La mancanza di sonno. Non capiterà più.”

Shikamaru prese la cartella che il capo gli porse, dando un breve sguardo al contenuto.

“Adesso potete andare. Vi incontrerete col cliente del caso in comune fra due settimane. Il tempo che torni dall’estero e che voi studiate il caso e finiate quelli in corso.”

Si alzarono e uscirono dalla stanza. Una volta fuori, Temari prese per un braccio il suo collega e lo fermò.

“Perché mi hai coperto? Quello era uno dei casi che avevo preso io.”

Shikamaru guardò prima la mano che gli aveva afferrato il braccio e poi Temari, notando nel suo sguardo rabbia e disapprovazione. Per cosa? Per averla salvata o per aver sbagliato a redigere un caso?

“Perché è più facile che a sbagliare sia io e non tu.”

Staccò gentilmente la mano di lei dal suo braccio e si diresse verso l’ufficio condiviso, lasciandola lì in corridoio. In quel momento qualcosa si smosse dentro Temari, qualcosa di simile al rimorso per averlo trattato male pochi minuti fa, quando lui pochi istanti prima le aveva salvato il culo. Ma non lo avrebbe mai ammesso, nemmeno con se stessa per colpa dell’orgoglio.

Stupido Nara. Non ho bisogno di te che mi salvi dagli sbagli che faccio!

 

§

 

7 febbraio

“Shika, perché hai salvato Temari da un possibile licenziamento?”

Choji ne aveva una mezza idea, ma se ne guardò dall’esternare i suoi pensieri all’amico, certo che avrebbe negato fino alla morte.

“Perché se l’avesse licenziata io mi sarei ritrovato di nuovo con tutto il lavoro sulle mie spalle e non mi va.”

Mangiò il piatto di carne che l’Akimichi gli aveva cucinato, gustandolo boccone per boccone. Choji era una buona forchetta ma anche un ottimo cuoco e conosceva i suoi gusti. Quella cena era una vera e propria goduria per il suo palato.

“In realtà l’hai salvata perché in fondo le donne le adori e le rispetti. La tua misoginia è solo una facciata per tenerle lontane, tipo un repellente.”

“Choji, te l’hanno mai detto che queste cose non le devi dire a nessuno e che non bisogna dire le bugie?”

“Shika, te l’hanno mai detto che se continui a mentire ti ritroverai solo, povero e pazzo?”

Lo vide sbuffare e bere un sorso di birra piuttosto che rispondergli. Da questo punto di vista era proprio immaturo.

“Meno male che hai fatto il cuoco e non lo psicologo. Grazie per la cena, adesso vado.”

Gli lasciò i soldi sul bancone e si alzò, dirigendosi verso la porta.

“Ah! Ricordati che fra una settimana è San Valentino!”

“Salutami Karui.”

Evitò di rispondere alla sua frase, dicendone un’altra. Lo sapeva benissimo che quello sarebbe stato l’ennesimo San Valentino da solo.

 

§

 

14 febbraio

Quel giorno si svegliò più scocciato che mai. Odiava San Valentino e tutte le festività. Le reputava delle feste commerciali dove la gente avrebbe speso soldi su soldi, ma soprattutto gli ricordavano ancora una volta che non aveva una fidanzata. Quanto tempo era che si era lasciato con Shiho? Un anno? Due? Era stata la sua prima e unica ragazza, avuta ai tempi dell’università. Si erano incontrati al corso di matematica e si erano messi insieme, continuando la loro storia anche quando Shikamaru cambiò facoltà per iscriversi a quella di giurisprudenza. Fra alti e bassi avevano continuato quella sorta di relazione, fino a quando Shikamaru si era reso conto che quella storia non poteva andare avanti, lasciandola. Fu gentile con lei, spiegandole per quale motivo non potessero stare insieme, augurandole di trovare qualcuno che potesse renderla felice. Fra le lacrime, lei aveva accettato quella separazione seppur a malincuore e ognuno era andato per la propria strada.

È tardi, maledizione!

A passo svelto varcò le porte dell’edificio e salì fino al piano del suo ufficio, fermandosi non appena vide Temari davanti alla porta. Si guardarono per un istante, poi lei gli fece cenno di entrare dentro la stanza. Al Nara parve strano quel comportamento, come gli era sembrato strano il comportamento di Temari di quei giorni. Era arrabbiata, irascibile, se la prendeva quasi per qualsiasi cosa, come se avesse qualche problema che l’affliggesse.

“Tieni.”

Gli porse un caffè, che prese ringraziandola con un gesto del capo. Era quello di cui aveva bisogno in quel momento. Ne bevve un lungo sorso, aspettandosi che lei iniziasse a parlare ma non lo fece. L’unica cosa che fece fu guardarlo.

“È successo qualcosa?”

“Volevo ringraziarti per quello che hai fatto due settimane fa, ma ti chiederei di non farlo più. Sono adulta e vaccinata e voglio prendermi la responsabilità delle mie azioni.”

Orgogliosa e decisa.

Shikamaru le sorrise brevemente, prendendo un altro sorso di caffè, imitato subito dopo anche da Temari.

“Non farti licenziare però.”

“Perché? Perché sai che sarei temibile se mi avessi contro?”

Perché Tsunade mi ucciderebbe di lavoro, e se siamo in due possiamo dividerlo il lavoro. E poi perché mi sono abituato alla tua presenza.

“Probabile.”

La vide stendere un angolo della bocca verso l’alto, un solco lungo il viso come una specie di sorriso. In quel momento pensò di non aver mai visto un sorriso così spontaneo e bello, riprendendosi un attimo dopo da quel pensiero non da lui.

“Il cliente dovrebbe arrivare fra poco e…”

Temari non finì la frase che il suo cellulare prese a squillare. Quando lo prese in mano e vide la persona che la stava chiamando chiuse la chiamata. Qualche istante dopo le arrivò un messaggio, che lesse. Shikamaru poté indistintamente vederle la mascella irrigidirsi e la presa sullo smartphone accentuarsi, come se avesse letto qualcosa di sgradito.

“Hai litigato col tuo ragazzo per caso?”

“Che te ne importa?”

Quindi ha un fidanzato… Perché non avrebbe dovuto averne uno?

Con uno strano peso nel petto, posò il bicchiere col caffè sulla scrivania e aprì la busta bianca che conteneva…

“Brioches al cioccolato.”

“Non amo il cioccolato…”

Gli sembrò di leggere del dispiacere nei suoi occhi, ma forse fu frutto della sua immaginazione.

“Ottimo. Ne ho di più per me.”

“Ma per stavolta farò un’eccezione.”

Prese una brioche prima che lei gli levasse la busta sotto mano, guardandola mangiare. Non si sarebbe mai aspettato che una tipa come lei potesse mangiare qualcosa che non fosse insalata o barrette dietetiche, e la cosa gli fece tremendamente piacere.

“Vediamo di finire presto, così vai a festeggiare col tuo ragazzo.”

“Il mio ragazzo, per oggi, può anche andarsene a quel paese. E ora andiamo che di là c’è il cliente che ci aspetta.”

Finì la sua brioche in pochi morsi e uscì dall’ufficio, lasciando il povero Shikamaru con mezza brioche da finire.

“Che seccatura.”

Posò la restante parte dentro la busta e la seguì.

 

§

 

19 febbraio

“Ti dà fastidio che abbia un fidanzato, ammettilo.”

“Ma che dici? Non dire assurdità, Choji.”

“Però, da quello che mi hai riferito, lo ha mandato a quel paese e avete passato la giornata insieme, dico bene?”

“Abbiamo lavorato, mica giocato. Cosa ci potrebbe essere di così romantico nel lavorare a un caso complicato? Inoltre io e lei la vediamo sotto due diverse prospettive questo caso.”

“In che senso?”

“Nel senso che lei la pensa in un modo e io in un altro. È una tremenda seccatura tutto questo.”

Choji sorrise, sbattendogli una mano sulla spalla a mo’ di consolazione. Lo divertiva tantissimo vedere Shikamaru in quello stato, anche perché era tutto nuovo per lui. Non aveva avuto di questi problemi con Shiho.

“Shika, ammettilo. Non è che sei contento che lei sia in crisi col suo ragazzo?”

“E perché dovrei essere contento?”

“Perché forse ti piace?”

Per poco Shikamaru non si strozzò con la birra, facendosi un viaggio diretto al campo santo. Come gli saltava in mente a Choji di dire, ma soprattutto di pensare, quelle cose?

“Non dire assurdità. Io e lei siamo incompatibili.”

“Sarà…”

La frase venne lasciata in sospeso, mentre il proprietario del pub veniva guardato male da un avvocato confuso.

 

§

 

27 febbraio

“Shikamaru! Cosa non riesci a capire di tutto il discorso che ti ho fatto qualche istante fa?”

Una Temari molto arrabbiata aveva appena sibilato quelle parole a un povero Shikamaru che, colto alla sprovvista, non aveva sentito praticamente nulla di quel discorso. Non che l’avesse fatto di proposito, ma erano frequenti quei colpi di sonno che lo prendevano improvvisamente, e la conseguenza era che non aveva praticamente ascoltato nulla del discorso che gli aveva appena fatto la sua collega.

Doveva essersene anche accorta, visto lo sguardo di odio e di fuoco che gli lanciò. Se lo sguardo avesse potuto uccidere, quello di Temari avrebbe come minimo disintegrato il povero Shikamaru. Così, invece di dire qualcosa, la guardò semplicemente, aspettando che lei gli facesse un riassunto di tutto quello detto precedentemente. Ma non avvenne, e la cosa lo mise in allarme. Una Temari che non ripeteva quello appena detto era una Temari molto arrabbiata, e una Temari molto arrabbiata poteva nuocere alla sua salute mentale.

“Per oggi finiamola qui. Non ho intenzione di lavorare con te che ti addormenti di continuo. Proseguiremo domani.”

“Ma che stai dicendo? Aspetta!”

Si alzò di scatto dalla sedia e la prese per un polso, bloccandola prima che potesse uscire dalla stanza. Per quale motivo se la stava prendendo con lui? Perché si era addormentato o c’era altro?

“Spiegami per quale motivo ti sei incazzata con me.”

“Non sono incazzata con te, e adesso lasciami!”

Ma più cercava di liberarsi dalla presa di Shikamaru, più Temari si ritrovava bloccata da quella presa ferrea ma che stranamente non le faceva male.

Fosse stato Hidan si sarebbe comportato in modo diverso. Ma… adesso cosa c’entra lui?

Guardò la mano del moro, per poi spostare lo sguardo su di lui, notando qualcosa di diverso dal solito sguardo pigro e svogliato. Era come se fosse preoccupato. Ma di cosa? Per cosa, soprattutto?

“E allora perché mi ha risposto in quel modo?”

“Perché non prestavi attenzione a quello che dicevo.”

“Balle, e lo sai. Ora dimmi che succede.”

Sentì qualcosa di diverso dentro di lei, non riuscendo per un istante a sostenere lo sguardo di Shikamaru, ritrovandosi a guardare per terra, nascondendo il viso fra i capelli.

“Ho bisogno di un consiglio.”

Shikamaru le lasciò il polso e lei si appoggiò alla sua scrivania, mentre lui andava verso la finestra a fumarsi una sigaretta. Lo faceva sempre quando doveva ragionare su qualcosa.

“Riguarda il tuo ragazzo?”

“La verità è che siamo in crisi da parecchi mesi.”

“Perché ci stai, allora?”

Temari lo guardò, notando come la sigaretta venisse portata alle labbra e venisse aspirata. Fu in quel momento che sentì qualcosa di assopito da molto tempo risvegliarsi. Quel gesto l’aveva scossa ed eccitata nello stesso momento e lei non se ne capacitava. Non avrebbe mai creduto che qualcuno le potesse fare quell’effetto, qualcuno che non fosse Hidan, e la cosa la turbò parecchio.

“Spiegati meglio.”

La nuvola di fumo che Shikamaru espirò si dissolse in un istante, lasciando quell’odore acre che lei odiava, ma che stranamente, su di lui, era gradevole.

“Hai detto che siete in crisi da parecchi mesi, giusto? Penso che ne abbiate anche parlato, ma forse i problemi sono più gravi di quanto tu avessi previsto. Oppure…”

“Oppure cosa?”

“Oppure è finito l’amore.”

È finito l’amore…

Le era balenato nella mente quel pensiero, messo da parte un istante dopo. Lei non era il tipo da credere all’amore eterno o al vissero felici e contenti, ma pensava che, essendo lei e Hidan molto simili, la cosa sarebbe andata avanti ancora per un po’. Invece, forse, si era sbagliata.

“Ti piace psicanalizzare le persone, Nara?”

“Volevi tu un consiglio.”

“Che ancora non ho ricevuto.”

“Che seccatura.”

Finì la sigaretta e spense la cicca sul posacenere, guardandola dritto negli occhi.

“Se non lo ami più, allora lascialo. Si vede che non è la persona adatta a te.”

La fissò con una tale intensità che si sentì fremere fino alla punta dei capelli. Cosa voleva dire con quello sguardo? E perché lei ne era così attratta in quel momento? Perché immaginava quelle mani, che prima tenevano la sigaretta, sul suo corpo?

Forse è il fatto che io e Hidan non facciamo sesso da mesi e non so come scaricare gli impulsi sessuali.

“Forza, dobbiamo metterci a lavoro.”

Lasciò cadere il discorso, non perché non avesse niente da dire o come continuarlo, ma perché ebbe paura di se stessa in quel momento. Se non avesse smesso di guardarlo gli sarebbe saltata addosso.

Cosa mi sta succedendo?

 

§

 

8 marzo

“Choji, perché c’è il pub pieno zeppo di mimose?”

“Come perché? Oggi è la festa della donna.”

“Cazzo.”

Imprecò a denti stretti. Se l’era completamente dimenticato e sicuramente sua madre gliel’avrebbe fatta pagare cara per esserselo dimenticato.

“Che ore sono?”

“Le 23:51. Sei ancora in tempo per mandare gli auguri a tua madre, prima che te la faccia pagare cara.”

Shikamaru prese il cellulare e digitò un breve messaggio a sua madre, augurandole buona festa della donna. La risposta al messaggio che gli arrivò subito dopo gli fece capire che anche per quell’anno era sano e salvo.

“Mia madre è la donna più terribile che conosca. Fa’ davvero paura.”

“E a Temari? Gliel’hai mandato?”

“E perché dovrei?”

“Perché è una donna ed è la tua collega che ti salva sempre il culo al lavoro. Ti ricordo che ti ha coperto quando ti sei dimenticato in ufficio la pratica che vi serviva col cliente e ti ha coperto quando ti sei addormentato. Se lo merita.”

Lo vide sbuffare, ma lo vide anche digitare un breve messaggio e premere invio.

“Bravo Shika. Sapevo che avresti fatto la cosa giusta con lei.”

“E quale sarebbe?”

Ma il messaggio che ricevette da Temari gli fece capire cosa intendeva Choji, perché quel “grazie” valse più di mille parole.

Mi fa paura tutto questo.

 

§

 

20 marzo

Camminava velocemente, cercando di fare il più in fretta possibile per arrivare in ufficio prima di lui. Era anche andata a prendere il caffè e due brioches al cioccolato, nonostante sapesse che a lui non piacesse. Lo faceva perché sapeva che lui gliene avrebbe lasciato metà. La cosa la fece sorridere, per poi scuotere la testa e levarsi quel sorriso dalle labbra.

Era da quando lei gli aveva chiesto consiglio che le cose erano cambiate, o almeno dal suo punto di vista, visto che adesso lo guardava in modo diverso. Se prima lo vedeva come un rivale temibile e qualcuno da battere, adesso le cose erano cambiate, vedendolo più come un collega e qualcuno da aiutare o farsi aiutare. La cosa la sorprendeva, perché lei non aveva mai chiesto aiuto a nessuno, era sempre stata indipendente. Eppure lui la smuoveva, la scuoteva da quegli strati di ghiaccio che si era creata intorno per non farsi avvicinare dalle persone.

Ok, speriamo che non ci sia…

Aprì la porta dell’ufficio e lo vide vuoto. Sorrise compiaciuta di essere arrivata prima di lui.

Posò i caffè e le brioches sulla scrivania di lui e si andò a sedere sulla sua sedia. Si sciolse i capelli e si levò le scarpe col tacco, massaggiandosi i piedi. Era uscita di fretta e furia da casa dopo aver litigato tutta la notte e la mattina seguente con Hidan. Non riusciva più a riconoscerlo, non aveva più nulla del ragazzo della quale si era innamorata. Erano cambiati e si erano persi per strada, imboccandone due completamente diverse che forse non si sarebbero più incrociate.

“Che stanchezza…”

“Credevo che quello sempre stanco fossi io. È un ruolo che mi sono conquistato a fatica, quindi vedi di non levarmelo.”

Aprì gli occhi e lo vide entrare dentro l’ufficio, portando una busta. Non le sfuggì lo sguardo che lui lanciò alle sue gambe incrociate sulla scrivania e la cosa le fece tremendamente piacere.

Ti piace quello che vedi, Nara?

“Cosa hai preso?”

“Il pranzo. Ti ricordo che passeremo tutta la giornata qui dentro per quel maledettissimo caso.”

“E cosa mi hai preso?”

“Ravioli, visto che è il tuo piatto preferito.”

Sgranò leggermente gli occhi, stupita. Come faceva a sapere che fosse il suo piatto preferito, visto che lei non gliel’aveva mai detto?

“Non fare quella faccia. Ti prendi sempre i ravioli quando andiamo a pranzo fuori. È normale pensare che ti piacciano.”

“Sei un ottimo osservatore, Nara. Hai altre qualità nascoste, per caso?”

Il sorriso che Shikamaru vide comparire sul volto di Temari gli fece perdere un battito, facendogli distogliere lo sguardo. Le aveva fatto una radiografia completa, apprezzando quelle gambe lunghissime incrociate sulla scrivania e quei capelli sciolti che ricadevano morbidi sulle spalle.

Chissà se sono morbidi come sembrano.

“E tu cosa hai preso per colazione?”

“Caffè e brioches al cioccolato.”

“Perché ti ostini a prendermi la brioche se sai che non mi piace?”

“Perché tu me ne dai sempre metà e mi lasci tutto il cioccolato.”

Sorrisero, guardandosi di nascosto, per poi iniziare a lavorare.

 

§

 

31 marzo

“Shika, hai già il vestito per il matrimonio di Ino? Lo sai che ci tiene particolarmente.”

“No, non l’ho ancora preso. E tu?”

“Sì, l’ho preso.”

“Dimmi che è un bel colore e non uno dei soliti che indossa lei.”

Choji sorrise e pensò di fargli uno scherzo, ma poi lo guardò e capì che non gli avrebbe mai creduto. Lui era un libro aperto per Shikamaru, se ne sarebbe accorto subito.

“Puoi vederlo tu stesso, visto che ho preso anche il tuo quando ho preso il mio.”

“Sei grande, Choji.”

Shikamaru si alzò e andò nel retro, vedendo il suo vestito blu scuro appeso alla porta, accanto a quello del suo amico. Lo squadrò, approvandolo con lo sguardo. Ino era un asso nella moda e aveva ottimi gusti in fatto di vestiti e accessori.

“Ci sono anche le scarpe. Ino si è raccomandata di non farti la solita coda che ti fai di solito, ma di legarti i capelli indietro e lasciandoli sciolti sotto.”

“Per forza?”

“Shika, glielo devi e poi siamo i suoi testimoni di nozze. È capace di ucciderti se non fai come dice lei, specie il giorno del suo matrimonio.”

Alla fine decise di fare come aveva deciso Ino. In fondo glielo doveva visto che sarebbe stato il giorno più importante della sua vita.

La mia migliore amica si sposa.

Il pensiero lo fece sorridere ma allo stesso tempo lo rattristò.

“Devi darti una smossa, Shika, e sai a cosa mi riferisco.”

Non gli rispose, ben sapendo di cosa stesse parlando.

 

§

 

12 aprile

“Tsunade, lo sai che il 24 aprile sono fuori, vero?”

Tsunade alzò lo sguardo verso il suo dipendente, scoccandogli un’occhiataccia.

“Lo so benissimo che non ci sei. Vedi di rimediare al lavoro arretrato il giorno dopo.”

Che seccatura.

Shikamaru notò le occhiaie sotto gli occhi del suo capo, notando la stanchezza sul suo viso, la stessa stanchezza che avevano tutti loro in quel periodo. Il caso al quale stavano lavorando li stava distruggendo nel vero senso della parola.

“Dovresti riposare qualche minuto, Tsunade. Staccare la spina anche per cinque minuti.”

“Lo farò non appena questo caso verrà chiuso e gli altri portati a termine. Adesso vai, prendi questo e portalo a Temari.”

Prese la cartella che gli porse e gli diede una breve occhiata, notando un nuovo caso. La chiuse e uscì dalla stanza, dirigendosi verso la sua stanza. Quando aprì la porta, la prima cosa che vide fu la testa di Temari poggiata sulla scrivania, gli occhi chiusi.

Chiuse la porta alle sue spalle e poggiò la cartella sulla sua scrivania, dirigendosi verso quella di Temari. La trovò addormentata e non ebbe il coraggio di svegliarla.

“Certo che è proprio bella mentre dorme…”

La frase sussurrata che disse fu un pensiero espresso a voce, mentre con la mano accarezzò la testa di Temari. Una breve carezza che non le avrebbe mai fatto se fosse stata sveglia.

“Dormi, adesso ci penso io.”

Si sedette e cominciò a lavorare, facendo anche la parte di Temari. In fondo glielo doveva visto le innumerevoli volte che lo aveva salvato.

 

§

 

17 aprile

“Shikamaru Nara! Come osi non farti sentire e presentarti stanco al mio addio al nubilato?”

“Ino, ma perché urli? Sono anche qui per te invece di essere nel mio letto. Cosa vuoi di più?”

Ino assottigliò lo sguardo, guardandolo male mentre tutti i loro amici ridevano divertiti dalla scena. Si erano tutti incontrati nel pub di Choji, festeggiando insieme i due sposini.

“Su, su. Non litigate.”

Choji fece da paciere, facendo distendere di nuovo l’atmosfera portando a tavola le varie pietanze che aveva preparato insieme a Karui a tavola. Aveva deciso di dare il massimo quella sera, facendo dei piatti spettacolari solo per far felice la sua migliore amica, prossima alle nozze.

“Bisogna festeggiare questa splendida coppia. Auguri!”

“Auguri!”

I bicchieri si levarono in alto e i festeggiamenti ebbero inizio.

“Shika, voglio che ti trovi qualcuno entro la fine dell’anno. Hai capito? Anche a costo che te la trovi io stessa! Non puoi rimanere l’unico single del gruppo!”

“Non fare la seccatura e goditi la serata.”

Lo sguardo complice, però, che Ino e Choji si scambiarono non sfuggì agli occhi di Shikamaru che cominciò a sudare freddo. Quanto aveva detto Choji a Ino su Temari?

 

§

 

24 aprile

Shikamaru e Choji si trovavano di lato all’altare, accanto a Ino, splendida nel suo abito bianco e un sorriso radioso che le illuminava il viso. I capelli erano acconciati in una morbida crocchia con delle piccole ciocche che le cadevano morbide sulle spalle. Accanto a lei, Sai era emozionato nel suo vestito nero, le mani dei due sposi intrecciate come a farsi forza, insieme.

Shikamaru sentì una punta di invidia per loro, per non aver ancora trovato qualcuna che lo rendesse davvero felice, e sperò soprattutto di trovarla il prima possibile, prima che Ino si mettesse davvero in testa di trovargli una ragazza.

O forse sì?

Sorrise quando vide Ino e Sai pronunciare il fatidico sì, baciandosi un attimo dopo, battendo le mani insieme a tutti gli altri. Tirarono i chicchi di riso addosso agli sposi per poi dirigersi al ricevimento, passando una bellissima mattina. Anche il tempo aveva deciso di concedere loro una bellissima giornata soleggiata, priva di nuvole e con una leggera brezza, segno che la primavera era appena arrivata.

“Vorrei un attimo di attenzione.”

Ino era sempre stata al centro dell’attenzione, anche quando non si metteva in mostra. Era come se lei fosse il sole e loro i girasoli. Ovunque si girasse loro la seguivano con lo sguardo, come in quel momento, in cui ognuno aveva puntato lo sguardo su di lei.

“Vorrei spendere delle poche e brevi parole per mio marito e mio padre. Come ben sapete ci sono stati alti e bassi nel nostro rapporto, portandoci a rivedere noi stessi e le nostre priorità, ma siamo riusciti a superare quei momenti, insieme.”

Ino sorrise a tutti loro, uno sguardo e un sorriso pieno d’amore.

“Fin da piccola ho sempre pensato che avrei voluto sposare un uomo come mio padre. Per me mio padre è un eroe. I veri eroi sono uomini che cadono e falliscono e sono pieni di difetti, ma alla fine riescono perché sono rimasti fedeli ai loro ideali e princìpi e impegni e mio padre è uno di essi. Quindi vorrei ringraziarti papà, perché grazie ai tuoi insegnamenti ho potuto incontrare Sai e ho potuto apprezzarlo per quello che è, trovando il mio Re. Ma non ti preoccupare, tu per me sarai sempre il mio Principe azzurro, come io la tua Principessa.”

Fra la commozione generale, ogni invitato poté vedere l’abbraccio che si scambiarono padre e figlia, fra lacrime di gioia e parole d’amore sussurrate. L’amore era anche questo, era l’abbraccio di un padre alla figlia il giorno delle sue nozze, erano gli abbracci e i baci degli sposi con i loro amici, ma lo fu anche il momento del lancio del bouquet, dove Shikamaru, Choji e Sakura si ritrovarono a prendere contemporaneamente il mazzo di fiori, ognuno in un punto diverso.

“Quindi i prossimi a sposarvi siete voi tre!”

Il sorriso che Ino rivolse loro, pieno di aspettative, fu ineguagliabile e dolce.

Ma con chi mi dovrei sposare, poi? Non ho nemmeno una ragazza!

“Ti piace Temari. Gliene ho parlato a Ino.”

Fu il sussurro di Choji all’orecchio di uno Shikamaru sconvolto che lo guardò come se fosse impazzito.

“Pensavi di tenermelo nascosto, Nara? La prossima volta che ci vedremo, dopo il mio viaggio di nozze, me la dovrai presentare.”

“Seccatura non ci contare.”

Ma si sorrisero.

 

§

 

5 maggio

“Hai sentito Ino?”

“Sì, è all’estero in questo momento per lavoro. Dovrebbe tornare fra qualche settimana.”

“E la luna di miele? Quando la fanno?”

“A metà settembre, non prima. Il suo capo e quello di Sai non gli hanno dato le ferie per il momento, troppo carichi di lavoro.”

“Immagino che sia incavolata.”

“Non sai quanto. Mi ha rotto un timpano con le sue urla.”

Choji rise divertito immaginando Ino urlare al telefono con Shikamaru, rintronandolo. I suoi due migliori amici, insieme, erano una fonte inesauribile di risate che gli facevano venire il buon umore. Li adorava.

“Anche tu sei sommerso dal lavoro, dico bene?”

“Tsunade ci sta uccidendo a suon di cartelle con nuovi casi. Non ne posso più, ho bisogno di una vacanza, anche solo di qualche giorno.”

“E dove andresti?”

“A casa, a dormire sul mio letto per l’eternità.”

“E quindi staresti in quel letto da solo? Oppure ti ci vedi in compagnia di qualcuna?”

“La smetti, Choji?!”

Shikamaru cercò di nascondere l’imbarazzo causato da quella frase, mentre il suo amico rideva di gusto per poi guardarlo con lo sguardo di chi la sapeva lunga.

“Devi darti una smossa, lo sai.”

Le parole caddero nel vuoto, spezzate solo dal rumore secco di un bicchiere posato sul bancone.

 

§

 

15 maggio

“Tem, sicura di stare bene?”

“Certo che sto bene, perché me lo chiedi?”

“Sembri distratta, con la mente altrove.”

La bionda abbozzò un leggero sorriso, voltandosi verso di lui. In quel momento Shikamaru poté leggere nei suoi occhi tristezza e non seppe spiegarsi per quale motivo. Cosa la rendeva triste?

Dimmi che posso fare qualcosa per te, qualsiasi cosa.

“Oggi è un giorno triste per me.”

Il rumore del traffico bloccò la conversazione fra i due. I clacson suonavano impazziti, automobilisti imprecavano ad alta voce per l’ingorgo creatosi.

“Non ne usciremo vivi da qui.”

“Senti Shika, verresti con me in un posto, adesso?”

In un posto… Solo io e lei…

“Se riusciamo ad uscire vivi da qui v-… MA CHE FAI?!”

Shikamaru ebbe solo una frazione di secondo per reggersi alla portiera della macchina mentre Temari faceva inversione a U, ritornando indietro. Terrorizzato, l’aveva vista tagliare la strada alle macchine dell’altra corsia, evitandole per il rotto della cuffia e procedendo fra le imprecazioni e le mandate a quel paese degli altri automobilisti.

“Sei impazzita o cosa?”

Sentiva il cuore martellargli nelle orecchie, nella gola, in testa. Temari aveva attentato alla sua vita e lo aveva fatto morire di crepacuore. Avrebbe scommesso la sua prossima busta paga che gli erano venuti anche i capelli bianchi.

“Era l’unico modo per uscire dal traffico…”

“Sì, e andare direttamente al campo santo.”

“Te la sei fatta sotto come i bambini? Sei proprio un Crybaby.”

“Io sono cosa, Seccatura?”

Temari lo guardò un secondo, per poi sorridere e guardare nuovamente la strada, mentre Shikamaru cercava di calmare il suo cuore impazzito e di far scemare l’adrenalina che aveva in corpo.

Nota bene per la prossima volta. MAI salire in macchina con una donna. Donna al volante pericolo costante!

Guardò fuori dal finestrino vedendo il paesaggio cambiare. Dall’ingorgo stradale finirono a un isolato più tranquillo e Shikamaru rimase fisso a guardare il cancello che si stagliò davanti a loro.

Perché siamo qui?

“Tem, perché siamo qui?”

La vide mordersi il labbro inferiore e fargli segno di scendere. Quando scesero tutti e due finalmente lo guardò in viso.

“Oggi è l’anniversario di morte di mia madre.”

La voce rimase ferma, neutrale, ma quello che la tradì fu un piccolo luccichio all’angolo dell’occhio sinistro, prontamente nascosto.

“Vieni, andiamo.”

Le si avvicinò e le strinse la mano. Stretta che venne ricambiata da Temari mentre procedevano dentro al cancello. Presero dei fiori e fecero strada, fino a quando non arrivarono davanti ad una lapide. La bionda lasciò la mano del moro e si inginocchiò, accarezzando la foto appesa a quella lastra di marmo.

“Ciao mamma.”

Il sorriso che Shikamaru vide sul viso di Temari fu il più triste che vide in tutta la sua vita, sentendo una stretta al cuore e l’impulso di stringerla forte a sé.

“Com’è morta?”

“Di parto, quando diede alla luce mio fratello. Avevo sei anni. Da allora ho badato io ai miei fratelli.”

“E tuo padre? Quanti fratelli hai?”

La vide serrare la mascella. Forse si era spinto troppo oltre con le domande, ma quelle erano uscite di getto dalla sua bocca, smaniose di avere una risposta.

“Mio padre è stato assente sia per me che per i miei due fratelli. Li crebbi io con mio zio, fratello di mia madre. Considero più lui un padre che il mio stesso padre.”

“E adesso dove sono? I tuoi fratelli, tuo padre, tuo zio…”

“I miei fratelli studiano all’estero, mantenendosi da soli, ma mando sempre qualcosa a loro. Dovrebbero tornare a giorni. Mio padre è morto qualche anno fa di tumore, mentre mio zio morì in un incidente d’auto per colpa di un pirata della strada.”

Shikamaru si sentì in colpa in quel momento. In confronto a Temari lui aveva tutto. Una famiglia sempre presente e che gli voleva bene e degli amici. A lei cosa rimaneva, invece?

“Mi dispiace…”

“Non voglio la tua commiserazione o la tua pietà.”

Si inginocchiò anche lui, guardando la foto della madre di Temari, notando una certa somiglianza con la figlia.

“Sa’, Karura, sua figlia è davvero una dittatrice che cerca sempre di sottomettermi, andandomi contro di continuo…”

“Ma che stai dic-…”

“Però, a parte queste cose, per quel poco che l’ha cresciuta, ha fatto uno splendido lavoro. Deve essere fiera della donna che è diventata…”

Sentì dei singhiozzi e un respiro rotto accanto a sé. Non ebbe bisogno di voltarsi verso di lei per vedere che stava piangendo.

“Da me non avrai commiserazione o pietà, ma una spalla su cui piangere, quella l’avrai sempre.”

Sentì un leggero peso sulla sua spalla, seguito da qualcosa di fresco.

Lacrime…

“Grazie…”

Le passò un braccio sulle spalle e la fece alzare, abbracciandola per la prima volta, facendole nascondere il viso contro il suo petto. Passato e presente si fusero insieme come gioia e dolore. Fu come se il tempo si fosse fermato, lasciandoli lì: una donna che per la prima volta esternava il dolore di una vita e un uomo che cercava di non farla cadere per non infrangersi in mille pezzi.

 

§

 

29 maggio

“Sei silenzioso, più del solito.”

Shikamaru strinse il bicchiere fra le mani. Ripensava a quel giorno al cimitero, alle lacrime di dolore che Temari versò sul suo petto mentre lui la stringeva a sé, cercando di darle un minimo di conforto. Erano rimasti in quella posizione fino a quando non sentì il respiro di lei tornare normale e la stretta farsi meno salda. Le aveva accarezzato i capelli, le aveva fatto capire che lui era lì per lei, che l’avrebbe sorretta nel momento del bisogno. Quando si separarono poté vedere i suoi occhi diventare ancor più verdi causa lacrime e un accenno di sorriso sul volto.

“Tieni.”

Solo in quel momento si rese conto di essere al pub di Choji, con lui che lo guardava preoccupato. Non lo aveva mai visto così assente come in quel momento.

“Grazie.”

La stessa parola che lei aveva detto a lui quando l’aveva abbracciato e quando si separarono per tornare a casa.

Vorrei fare di più.

“Hai bisogno di riposare, lo sai vero?”

Abbozzò un sorriso e bevve tutto d’un fiato l’alcol che gli aveva messo nel bicchiere.

“Ho bisogno di non pensare almeno per un giorno. Ecco di cosa ho veramente bisogno.”

 

§

 

11 giugno

“Allora, adesso dobbiamo andare alla seconda di St. Avenue e…”

“Attenta!”

Temari alzò finalmente lo sguardo, e i fogli le volarono tra le mani, mentre Shikamaru la trascinava indietro.

Il suono del clacson di una macchina e un “Guarda dove metti i piedi, stronza!” bloccarono Temari. Non aveva completamente guardato prima di attraversare, troppo presa da quei fogli che aveva fra le mani, e dall’aggiornare Shikamaru sulle ultime del caso.

“Potevi farti ammazzare, te ne rendi conto?”

La teneva stretta fra le sue braccia, a pochi centimetri dal marciapiedi mentre tutti i fogli degli appunti volavano via, portati dal vento.

In quel momento Temari vide rabbia e preoccupazione nello sguardo di Shikamaru, sentendo il suo cuore battere forte e veloce, proprio come quello di lui.

“Però mi hai salvata.”

“E se non ci fossi stato? Se fossi stata da sola?”

“Ma non è successo, Shika.”

Cercava di controllare il fremito del suo corpo dovuto all’adrenalina che stava scemando e che la lasciò senza forze a causa dello spavento.

“Tu mi farai morire un giorno.”

“Si vede che in una vita passata ti sei comportato male e adesso ne stai pagando tutte le conseguenze.”

Gli strinse la mano, ringraziandolo con gli occhi, sentendo stranamente un calore fluire dalle guance al basso ventre. Gli succedeva da un po’, dovendo controllarsi per non prenderle il viso fra le mani e baciarla.

Voleva ma non poteva.

“Andiamo. E stavolta ti tengo la mano. Sei proprio una bambina.”

Fu di parola, prendendola per mano sotto le proteste della bionda.

“Oh, mio salvatore, guardi che il luogo dell’incontro è da questa parte, non dove stiamo andando noi adesso.”

“La prossima volta ti faccio stirare dall’auto.”

“La prossima volta mi salverai di nuovo, mio eroe.”

Le frasi che borbottò non furono, fortunatamente, capite da Temari.

 

§

 

25 giugno

“Cosa le saltava in mente in quel momento? Ti rendi conto? Si stava facendo mettere sotto!”

“Ma l’hai salvata.”

“Certo che l’ho salvata. È un miracolo che sia ancora sana e salva e che rompa ancora come prima.”

“Sei stato il suo eroe per un giorno.”

“Ma finiscila.”

Bevve un altro bicchiere, un altro e un altro ancora. Quella sera non ce la faceva proprio a trattenersi, parlando con Choji del quasi incidente di Temari e di come l’avesse salvata per miracolo. Non aveva dormito per giorni, con la paura che gli attanagliava lo stomaco. Come aveva potuto essere così incosciente?

“Dovresti smettere di bere.”

“Versamene un altro. Ho bisogno di dormire stanotte.”

Gli versò l’ultimo bicchiere e poi successe. La mancanza di sonno con l’aggiunta del troppo alcol avevano fatto sì che Shikamaru si addormentasse, ma sul bancone del pub. Choji scosse la testa e lo portò lui stesso a casa, mettendolo a letto.

“Come ti sei ridotto, amico mio…”

Per la prima volta una donna aveva rivoltato l’intero mondo del suo amico.

 

§

 

1 luglio

Certo che con quel completo sta proprio bene. Gli fa proprio un bel sedere.

Temari cercò di non guardarlo più del dovuto, guardandolo per la maggior parte del tempo di sottecchi o cercando di prestargli minor attenzione possibile, ma era difficile, tremendamente difficile. Da qualche mese si era resa conto di essere attratta da Shikamaru, che i suoi modi pigri e svogliati non le davano più così fastidio come all’inizio, soffermandosi parecchie volte sul suo corpo. C’era una cosa, però, che la faceva impazzire completamente, oltre al suo sedere s’intende, ed era la forma degli occhi. Temari ne era letteralmente innamorata. Adorava quella forma particolare e allungata, così come la facevano impazzire quelle pupille nere quando si posavano su di lei. Era come se la portassero alla follia.

Mentirei a me stessa se non dicessi di esserne attratta.

Ma stava ancora con Hidan, nonostante la situazione fra i due andasse sempre peggio. Era come se nessuno dei due volesse mettere la parola fine ad un rapporto che si stava protraendo più del dovuto. E non era la mancanza di coraggio nel chiudere quel rapporto ormai concluso, ma quello che aveva significato per lei. Hidan era stato tutte le sue prime volte, dal primo bacio all’andata a letto e molte altre. Avevano passato tanti anni insieme, conosciutasi al terzo anno di superiori e continuando anche all’università, per poi trovare casa insieme per volontà di entrambi. Fu in quel momento che le cose fra i due cambiarono. L’abitudine, la routine quotidiana erano diventati un repellente per il loro rapporto, portandolo a raffreddarlo invece che incendiarlo.

Dovrei chiudere con Hidan visto che mi ritrovo a pensare troppo spesso a Shikamaru.

Lo sognava quasi ogni notte, ritrovandosi a svegliarsi accaldata e con una voglia matta di sentire le sue mani sul suo corpo. Era follia desiderare il proprio collega di lavoro mentre stava ancora col suo fidanzato, ma non riusciva a non pensarci. Si diceva che non stava facendo nulla di male, che non aveva tradito Hidan visto che aveva tenuto le mani a posto, ma i pensieri, oh! In quelli lo aveva tradito parecchie volte. Da quanto tempo non avevano nemmeno più un rapporto sessuale? Da quanto tempo non andavano a letto insieme? L’intimità era scemata insieme a tutto il resto, ritrovandosi a condividere un letto freddo che non sapeva più di loro, considerandosi come degli estranei, a trattarsi freddamente e in modo indifferente.

“Tem? Mi stai ascoltando?”

“Certo che ti sto ascoltando.”

Baciami…

“E cosa avrei detto?”

“Tante cavolate. Smettiamola per oggi. È già buio inoltrato e siamo entrambi stanchi.”

Cosa avrebbe dovuto dirgli? Che era rimasta a fissarlo e a fantasticare su di lui per buona parte della giornata? Che avrebbe desiderato essere i fogli che toccava o le penne che teneva fra le dita? No, il suo orgoglio gliel’avrebbe impedito. Lei non si sarebbe mai abbassata a confessargli i suoi desideri più nascosti. Piuttosto si sarebbe fatta uccidere.

“Va bene.”

Lo capì dal tono della sua voce che l’aveva scoperta a non prestargli attenzione, ma a differenza di come faceva lei, lui non gliene faceva nessun problema, se non qualche frecciatina qualche volta.

“Vogliamo andare, allora?”

“Sì.”

Prese le sue cose e spensero la luce della stanza, uscendo qualche minuto dopo dall’edificio. Per strada non c’era anima viva se non qualche povera anima pia che aveva finito di lavorare in quel momento, proprio come loro.

“Allora ci vediamo d-…”

Temari non finì mai la frase che si ritrovò fra le braccia di Shikamaru, il quale la sorreggeva per non farla cadere a terra. Le si era rotto il tacco, con la conseguenza che aveva messo male il piede e adesso non riusciva a poggiarlo per terra.

“Forse ti sei slogata la caviglia. Certo che un paio di scarpe più alte te le potevi mettere.”

“Sto benissimo!”

Ma non era vero, e lo dimostrarono i fatti, quando dovette appoggiarsi a Shikamaru per non cadere a terra, serrando le labbra piuttosto che emettere qualche gemito di dolore.

“Sì, certo. Vieni, ti accompagno a casa.”

La fece appoggiare a lui, sotto le sue numerose proteste, andando verso la macchina di lei. Dal parcheggio si fece indicare la strada verso casa di lei, arrivando venti minuti dopo, aiutandola successivamente a salire a casa sua. Una volta dentro casa, Shikamaru non poté fare a meno di guardarsi intorno. La casa di Temari era piccola e confortevole, con ogni cosa al proprio posto. Da lei non si sarebbe potuta aspettare altro.

“Ti offro qualcosa da bere. Cosa vorresti?”

Te. Sei inclusa nelle vivande?

“Un po’ d’acqua, grazie. Dimmi dove posso prenderla che ci penso io e dimmi anche dove posso trovare la pomata e le garze da mettere nella caviglia.”

“La smetti? Sto benissimo.”

Il silenzio che cadde fra loro fu carico di tensione, ritrovandosi a guardarsi insistentemente, come se non riuscissero a distogliere lo sguardo l’un dall’altra. Si squadravano, si mangiavano con gli occhi, le mani che prudevano e i corpi che non facevano altro che chiamarsi.

Posso baciarti?

Fu una domanda che tutti e due formularono nella propria mente e poi la magia svanì con una chiave che si infilava nella toppa della serratura e la maniglia che si girava. Hidan aprì la porta e si trovò davanti la sua fidanzata e un ragazzo che non conosceva.

“Ho interrotto qualcosa?”

Il tono con cui lo disse fu quasi un ringhio, mandando lampi d’odio e di ira dagli occhi. Hidan era sempre stato un tipo incline all’ira e alla collera, un tipo che faceva prima parlare i pugni e poi la bocca.

Quindi è lui il fidanzato di Temari. Cosa ci trova in uno come lui?

“Nulla. Lui è Shikamaru, il mio collega di lavoro. Mi ha aiutata a salire a casa perché ho una caviglia slogata.”

“Oh. Potevi chiamarmi invece di farti aiutare da qualcuno. Oppure ho davvero interrotto qualcosa? Chissà che cosa sarebbe successo se non fossi tornato adesso a casa.”

“Smettila di dire stronzate, stai farneticando.”

A Shikamaru diede tremendamente fastidio il suo tono di voce e il suo comportamento, e non per come si comportasse con lui, ma per come si rivolgeva a Temari. Come poteva rispondere in questo modo a una donna?

Non te la meriti per niente. Sei solo un figlio di puttana.

“Mi stai ascoltando?”

Shikamaru spostò lo sguardo verso di lui, nascondendo il suo odio sotto una patina di indifferenza.

“Ti ho detto che te ne puoi andare. Alla mia fidanzata ci penso io.”

Il moro guardò la bionda, la quale gli fece un breve cenno che poteva andare, notando un lampo nei suoi occhi, come a chiedergli scusa e a ringraziarlo per averla portata fin lì. Più incazzato che mai si diresse verso la porta e se ne andò. Le uniche cose che sentì furono le urla di Temari e Hidan che cominciarono a litigare.

 

§

 

10 luglio

“Quindi hai conosciuto il fidanzato di Temari. E com’è?”

“Un pallone gonfiato che si crede chissà chi.”

Shikamaru era di poche parole, segno che era davvero arrabbiato, tanto che Choji non gli chiese altro e non gli disse altro. Lo lasciò al suo silenzio carico di tensione e di rabbia, immaginando che cosa stesse pensando nella mente dell’amico. Poteva sentire anche gli ingranaggi del suo cervello ruotare e cercare qualsiasi modo per…

“Come può stare con uno come lui? Che cazzo ci trova in quello?”

Oh, Shika. Ti sei innamorato, dico bene?

“Hai detto che sono in crisi, no?”

“Quando lo lascerà sarà sempre troppo tardi.”

L’unica cosa che Choji fece, per quella sera, fu riempire il bicchiere di Shikamaru con dell’altro rum. Quella sera l’unica cosa che aveva bisogno era dell’alcol per non pensare.

 

§

 

25 luglio

“Come va la caviglia?”

“Shika, me lo chiedi ogni santo giorno come va la caviglia, e come santo giorno ti dico che va meglio, molto meglio. Non sono mica un’invalida. Sto benissimo.”

“Seccatura.”

Ma Temari poteva vedere il modo brusco di Shikamaru nel posare le cose sulla scrivania o anche gli sbuffi che faceva ogni minuto, come se qualcosa gli desse fastidio. Ma cosa?

“Tutto ok?”

“Senti, Tem. Perché non lasci quella casa? Hai detto che con Hidan le cose non vanno più, quindi perché non lasci quella casa e ne cerchi un’altra?”

Temari inarcò un sopracciglio. Perché le stava facendo quel discorso? Perché le diceva di lasciare quella casa?

“Perché dovrei, scusa?”

“Perché non ha senso stare in una casa con una persona che ti tratta di merda quando non te lo meriti.”

Shikamaru aveva sbottato, parlando quella volta senza filtri e senza mezzi termini. Aveva raggiunto un livello tale di sofferenza che non riusciva più a vedere Temari in quella casa con quello stronzo di ragazzo. Perché non poteva andarsene?

“La mia vita privata non ti…”

“Cosa? Non mi riguarda? Ne sei proprio sicura di questo, Temari?”

Temari per la prima volta non seppe che cosa dire. Davvero la sua vita privata non riguardava Shikamaru dopo che lei gli aveva raccontato molte cose che non avrebbe mai detto ad anima viva? Quando gli aveva rivelato la parte più profonda di se stessa?

Perché sei così arrabbiato?

Nessuno dei due ebbe il coraggio di continuare su quel sentiero minato, lavorando in quel clima per niente calmo e con un caso che li stava portando all’esasperazione. Come avevano fatto a ridursi in quel modo e in quello stato?

 

§

 

31 luglio

“Shikamaru? Terra chiama Shikamaru. Mi senti?”

Choji sventolò una mano davanti al volto dell’amico, notando lo sguardo perso e corrucciato, come se qualcosa lo disturbasse.

“Ma perché deve rimanere in quella casa?”

Choji alzò leggermente un sopracciglio, cercando di seguire il flusso di parole e di pensieri di Shikamaru, senza riuscirci. Di cosa stava parlando?

“Shika… Perché non me ne parli dall’inizio?”

“Eh? Di cosa dovrei parlarti?”

“Chi deve rimanere in quella casa?”

Lo vide sbuffare e bere un lungo sorso di birra. Poche volte aveva visto il suo amico in quello stato.

Non sarà che…

“Hai litigato con la tua collega?”

Un grugnito molto poco carino fu la conferma alla sua domanda.

“Ha cercato di nuovo di prevaricare su di te dicendoti cosa fare?”

“No, quello lo fa sempre ma ormai mi sono abituato. Non è questo il problema.”

Poggiò il bicchiere di birra in modo brusco sul bancone, tanto da far cadere un po’ di birra sul piano. Un gesto di Choji gli fece capire di non preoccuparsi e di continuare a parlare. Choji era un ottimo ascoltatore, ma soprattutto sapeva come comportarsi con Shikamaru, come prenderlo. Non a caso era il suo migliore amico.

“Il problema è che non fa altro che litigare col suo ormai quasi ex e…”

“Quasi ex?”

“Non si sono ancora lasciati, ma ci sono vicinissimi. Ogni giorno viene in ufficio con la luna storta e da quello che ho potuto capire non la tratta neanche bene. Perché sta con uno così e…”

“… non si mette con uno come te?”

“Eh?”

Il moro si ammutolì istantaneamente, guardando con occhi sgranati il suo amico, una paralisi completa che lo aveva immobilizzato sul posto. Lui non stava per dire quelle parole, o sì?

“Shika sono mesi che mi parli di Temari. Se all’inizio me ne parlavi in modo indifferente e misogino, adesso lo vedo come me ne parli. Ti brillano gli occhi, e anche la tua voce è cambiata quando parli di lei, si è fatta più gentile. Mi reputi uno stupido?”

Lo vide boccheggiare, non sapendo che cosa dire. Lui, il grande e astuto Shikamaru Nara messo nel sacco dal suo amico che, come sempre, lo aveva capito fino in fondo. Come faceva?

“A te piace Temari.”

“No.”

“Sì, invece, o non saresti così incazzato del fatto che lei non lasci quella casa. Ti dà fastidio che lei stia con un altro che non la tratta come dovrebbe. Ti dà fastidio che lei non ti guardi come la guardi tu.”

Choji ha completamente sbagliato ad aprirsi questo pub. Doveva fare lo psicologo. È anche più bravo di Ino.

“Anzi no. Hai ragione tu. A te non piace. Tu ne sei innamorato.”

“Cosa stai dicendo? Non credo proprio di esserne innam-…”

“L’infatuazione è quando trovi qualcuno che credi perfetto. L’amore è quando trovi qualcuno che non è perfetto, ma non ti importa. E a te non importa quanti difetti abbia Temari, o sbaglio?”

Lo vide accasciarsi e appoggiare la fronte sul bancone. Lo aveva messo con le spalle al muro, facendogli vedere una verità scomoda che cercava di evitare. Si era reso conto in quel momento che le parole di Choji avevano un fondamento, di quanto veritiere potessero essere. Era per questo che era così arrabbiato con Temari per quanto riguardava la casa? O c’era qualcosa di più?

“Shika, da amico posso consigliarti solo una cosa. Sii sincero con lei, ma soprattutto con te stesso. Se non lo fai prima con te non potrai mai far capire i tuoi sentimenti per lei. Io ti conosco da una vita e so come prenderti e come comportarmi con te, ma lei no. Quanti sono? Sei/sette mesi che vi conoscete? Sono normali tutte le incomprensioni, però bisogna essere sempre sinceri. Non scordarlo mai.”

Sono innamorato di Temari…

La cosa lo sconvolse e lo rese felice nel medesimo istante. Non si era mai sentito così, nemmeno con la sua ex storica, Shiho.

“Vedrai che a tutto c’è una soluzione.”

Il sorriso di Choji fu una rassicurazione. Lo ricambiò, per poi alzarsi e lasciare i soldi della consumazione e andarsene. Per quel giorno aveva fatto abbastanza. Mettersi a confronto con se stesso è stata la cosa più difficile che gli potesse capitare.

 

§

 

1 agosto

La chiacchierata della sera prima con Choji non lo aveva fatto dormire per tutta la notte. Era rimasto a rigirarsi nel letto a pensare, quando in realtà l’unica cosa che voleva era dormire e riposarsi. Si sentiva stanco, sia psicologicamente che fisicamente. Quel caso li stava portando all’esasperazione e li aveva presi in contropiede. Pensavano che fosse facile, che sarebbero potuti arrivare ad un accordo con gli avvocati dell’altra parte. Invece le cose erano andate via via a peggiorare, colpa anche della burocrazia lenta e di giudici che se la prendevano comoda per poter “analizzare meglio i fatti di entrambe le parti”. Si chiedeva ancora per quale motivo avessero messo un giudice tanto incompetente.

Devo dormire, voglio dormire…

Ma più cercava di prendere sonno più quello non arrivava, con la conseguenza di aver passato la notte insonne. Più incazzato che mai si alzò dal letto, si lavò, si vestì e si preparò un caffè che gli cadde sulla camicia, macchiandola e ustionandolo.

“Maledizione!”

Staccò la camicia dal corpo, tenendo il tessuto teso per non ustionarsi ancora. L’occhio gli cadde sull’orologio e imprecò di nuovo. Se non si fosse sbrigato sarebbe arrivato tardi in ufficio, ed era l’ultima cosa che avrebbe dovuto fare in quel momento.

“Oggi la giornata non è iniziata bene, proprio per niente.”

Mandò all’aria l’idea di cambiarsi ed uscì di casa dopo aver preso la giacca e la ventiquattr’ore. Si sarebbe cambiato in ufficio grazie al cambio che aveva lasciato lì qualche giorno prima, sperando di non farsi scoprire da Tsunade o gli avrebbe fatto una lavata di capo. A passo svelto camminò verso l’ufficio, cercando di fare il più in fretta possibile. Non era mai stato un tipo iperattivo e pensava che ogni cosa andasse fatta coi tempi giusti e con calma, ma non in quel momento, tant’è che si ritrovò a correre per arrivare in orario. Rischiò più di una volta di scontrarsi con le persone o di essere messo sotto da qualche auto mentre attraversava, ma alla fine varcò le porte dell’edificio e si infilò in ascensore mentre le porte si chiudevano. Le tre persone dentro l’ascensore lo guardarono sorprese. Conoscevano la pigrizia del moro e vederlo correre era stato uno spettacolo inusuale.

Forza, arriva al piano. Fai più in fretta!

Quando le porte si aprirono uscì in fretta e furia, eliminando la poca distanza fra il suo ufficio e l’ascensore in meno di un minuto. Aprì la porta e vide che non c’era assolutamente nessuno. La chiuse alle sue spalle, buttando la ventiquattr’ore con poca grazia su una poltrona e prendendo da dentro al cassetto una busta dalla quale ne uscì una camicia bianca. Sbottonò la camicia sporca e se la levò proprio nel momento in cui la porta venne aperta. Si girò di scatto e vide Temari che lo guardava a sua volta.

“Che stai facendo?”

“Mi cambio.”

“E non potevi farlo a casa?”

“Troppo tempo. Chiudi la porta.”

La vide entrare e chiudere la porta facendole fare uno scatto.

Closed inside.

Temari notò la macchia di caffè sulla camicia per poi spostare lo sguardo sul petto di Shikamaru. Notò il ventre piatto e muscoloso, così come le braccia, rimanendone sorpresa e compiaciuta. Con quelle camice addosso non avrebbe mai pensato che avesse un fisico così tonico.

“Ti sei ustionato.”

La sua non fu una domanda ma una constatazione. Sul ventre di Shikamaru spiccava un alone rosso che sarebbe diventato una bolla d’acqua se non avesse messo qualcosa sopra.

“La fretta.”

“Aspetta.”

Lo bloccò mentre si metteva la camicia pulita, avvicinandosi e prendendo dalla sua scrivania – dentro un cassetto – un tubetto di quella che doveva essere una…

Che sta facendo?

Shikamaru rimase pietrificato sul posto quando sentì il tocco di Temari sulla sua pelle mentre gli spalmava la pomata. Sentì indistintamente qualcosa che si scioglieva nel suo petto e un dolore piacevole nel basso ventre. Non avrebbe mai immaginato che il tocco di lei fosse così gentile e così…

Non smettere…

Rimase affascinato da quei movimenti non riuscendo a spostare lo sguardo, non riuscendo a non guardarla. Dovette far forza a tutta la sua buona volontà e autocontrollo per non diminuire le distanze e prenderle il viso fra le mani, baciandola.

“Ecco, così non rimarrà nulla.”

“Grazie.”

La vide sorridergli in quel suo modo particolare e dovette distogliere lo sguardo. L’aveva guardata troppo? Le aveva fatto capire qualcosa?

“Hai preso il caffè? Fatto colazione?”

“Non ne ho avuto il tempo. Ha fatto colazione la mia camicia.”

“Vieni, andiamo a prenderci un caffè e iniziamo.”

Posò la pomata dentro al cassetto e si pulì le mani con una salviettina. Ebbe il tempo di aprire la porta che vi entrò Tsunade, seguita da Shizune, con una pila di fogli e due caffè per loro.

“Bene, sono contenta di vedervi qui. Qua ci sono dei fogli redatti dal nuovo giudice.”

“Nuovo giudice?”

“Sì. Quello vecchio è stato dimesso dall’incarico e adesso è sotto accusa per violazione, frode fiscale e favoreggiamento. Si è anche scoperto che era stato corrotto dagli altri giudici.”

“Quindi adesso…”

“Adesso il caso giudiziario rimane fermo fino a quando l’altra parte non troverà un nuovo avvocato difensore, mentre il giudice verrà aggiornato sullo svolgimento del caso. Per il momento dovrete sbrigare questi altri casi e portarli a termine entro oggi. Domani mattina voglio trovare tutto sulla mia scrivania.”

Shikamaru era sconvolto. Se aveva pensato che la sua giornata era iniziata male, adesso stava continuando sempre peggio.

“Mi scusi Tsunade.”

Gli occhi di tutti si spostarono sulla Sabaku no.

“Dovremo lavorare di nuovo fino a notte fonda?”

“Dormirete anche qui, se necessario.”

Shizune posò tutto sulle scrivanie.

“Verrete ricompensati di tutte le fatiche, ve lo prometto. Adesso mettetevi a lavoro.”

Detto ciò uscì dall’ufficio con la sua segretaria, lasciando i due da soli nello studio. Shikamaru sbuffò, avvicinandosi alla sua scrivania e posando la mano sulla pila di fogli che lo aspettavano. Ad occhio e croce dovevano essere circa un cinquecento fogli da revisionare. Quella vecchia megera della Senju voleva la sua morte, ne era certo.

“Hey, Crybaby. Vedi di bere il tuo caffè e non far fare colazione alla sua camicia.”

Prese il bicchiere che gli passò Temari, facendole un breve sorriso.

“Sempre gentile tu, vero Seccatura?”

“Sempre.”

Una volta bevuto il proprio caffè si misero a lavoro, lavorando senza sosta, senza nemmeno fermarsi a pranzare. Fu un continuo prendere fogli, revisionare, aggiustare e catalogare, confrontandosi quando ce n’era bisogno o quando non erano d’accordo su qualcosa. Quando alzarono lo sguardo dai fogli videro che l’orologio segnava le 21.00.

“Pausa. Ho bisogno di una pausa.”

“Concordo con te. Ho anche fame.”

Gli stomaci di entrambi brontolarono dalla fame, ritrovandosi a sorridere.

“Senti una cosa, Shikamaru. Se ti lascio le chiavi del mio appartamento, potresti prendermi il borsone che si trova in salone? Contiene già un cambio e tutto quello che mi serve, mentre io vado a prendere qualcosa da mangiare al supermercato per entrambi.”

“Va bene.”

Prese al volo le chiavi che Temari gli tirò. Si alzarono dalle sedie ed uscirono dalla stanza e dall’edificio, dividendosi una volta fuori. La vide dirigersi verso il supermercato che distava a qualche isolato dall’ufficio e sperò che gli prendesse il tramezzino con lo sgombro o qualcosa di simile.

Casa di Temari… Ok, devo andare da questa parte.

Era andato a casa sua solo due volte, quando lei si era slogata la caviglia e quando l’aveva accompagnata a casa dopo una giornata intera in tribunale. Era talmente tanta la stanchezza che erano saliti entrambi nell’appartamento di lei, prendendosi qualcosa da bere. Lei gli aveva proposto anche di riposarsi per quella notte da lei, sul divano e lui avrebbe anche accettato, se non fosse stato per il ragazzo di lei, che aveva aperto la porta proprio in quel momento.

Avrei dovuto saperlo che era un poco di buono. Come può stare con uno come lui?

Cercò di non pensare a quell’episodio, alla rabbia che provò mista a delusione. E se all’inizio non ne capiva il motivo adesso lo capiva perfettamente. Già in quel momento aveva iniziato a vedere Temari con occhio diverso, non rendendosene conto.

“Dovrebbe essere questo.”

Si fermò davanti un palazzo vecchio stile e cercò il cognome di Temari sul citofono. Quando lo trovò, prese le chiavi ed entrò dentro al portone. Vide l’ascensore bloccato e decise di fare le scale, mettendo da parte la pigrizia anche per causa della fame. Prima si sbrigava a prendere il borsone di Temari e prima sarebbe tornato in ufficio a mangiare. Una volta arrivato davanti la porta del suo appartamento, prese le chiavi e aprì la porta di casa, rimanendo paralizzato sul posto. Davanti ai suoi occhi c’era il fidanzato di Temari che baciava in modo poco casto un’altra ragazza, appoggiati al muro e con quasi tutti i vestiti per terra.

Non ci credo…

L’aprirsi della porta aveva fatto staccare Hidan dalla ragazza, che divenne di un bel rosso fuoco.

“Oh, e tu che ci fai qui?”

“Sono venuto a prendere il borsone di Tem.”

“Quella sgualdrina non torna nemmeno stasera, vero? E dimmi un po’, non è che invece di lavorare si fa sbattere da te?”

Shikamaru lo aveva odiato a pelle, ma quella volta fu troppo. Come poteva anche solo pensare che Temari facesse una cosa del genere? Era una delle persone più corrette e oneste che avesse mai conosciuto e lui non se la meritava per nulla.

“Siamo solo colleghi. Non c’è altro.”

Entrò dentro casa, cercando di essere quanto più indifferente possibile, mentre dentro era un mare in tempesta. Cercava di mantenere la calma, di farsi scivolare tutto addosso e non dare troppo peso alle parole di uno stronzo del genere.

“E ci credo. Temari non la darebbe mai a uno sfigato come te.”

Lo vide ridere, seguito a ruota da quell’altra gallina senza personalità. La cosa gli procurò solo fastidio e disgusto.

“Però meno male che sei entrato tu e non Temari. Mi raccomando, acqua in bocca con lei. Tanto fra uomini ci si può capire, e poi magari potrei anche darti una dritta su come rimorchiare qu-…”

Non ce la fece. Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso. Gli diede un pugno in pieno viso, sentendo qualche osso della faccia di Hidan scricchiolare pericolosamente, facendosi anche male alla mano. Non avrebbe sentito altro da un essere viscido come lui. Lo vide barcollare e portarsi una mano sul naso.

“Maledetto figlio di puttana!”

“Io ti consiglierei di non giocare col fuoco o potresti scottarti.”

Detto ciò, andò verso il salone e prese la borsa di Temari, proprio dove lei gli aveva detto che si trovava. Se lo mise in spalla e uscì da quella casa, cercando di reprimere la voglia di tirargli un altro pugno. Aveva visto con la coda dell’occhio la ragazza che si inginocchiava e gli prestava le prime cure.

Patetico. Non se la merita per niente una come Temari.

Inspirò ed espirò pesantemente camminando a passo svelto, cercando di ritornare il solito Shikamaru. Pensò anche di esserci riuscito, ma quando varcò la porta dell’ufficio, vedendosi davanti Temari con le buste della spesa che lo guardava in modo strano, capì che non c’era riuscito.

“Sembri stravolto.”

“Eccoti il cambio.”

Posò il borsone per terra e le chiavi sulla scrivania, cercando di non guardarla in faccia.

“Che hai fatto alla mano? Shika, che è successo?”

“Assolutamente nulla.”

“Bugiardo. Si può sapere che è successo?”

“Se ti ho detto che non è successo nulla, perché insisti?”

Mi raccomando, acqua in bocca con lei. Tanto fra uomini ci si può capire, e poi magari potrei anche darti una dritta su come rimorchiare…

Shika, da amico posso consigliarti solo una cosa. Sii sincero con lei, ma soprattutto con te stesso.

“Hai litigato con Hidan? Era a casa e ti ha fatto problemi?”

Inspirò profondamente per poi guardarla dritta negli occhi.

“Tem, lo devi lasciare.”

“Ma cosa stai dicendo?”

“Ti sto dicendo che lo devi lasciare, non ti merita.”

“Di nuovo con questa storia? La mia vita privata è soltan-…”

“Ti tradisce con un’altra.”

Notò qualcosa nel suo sguardo, non sapendolo definire, ma poté vedere l’irrigidimento del suo corpo e le mani strette a pugno.

“Hidan non lo farebbe mai. Può essere uno stronzo, avere tanti difetti, ma non mi tradirebbe, non sarebbe così stronzo.”

“E tu che ne sai? Te l’ha detto lui? I suoi amici? Non fidarti di tutto ciò che ti dicono, non fidarti di quello che ti dice lui. Lo vuoi sapere che cosa è successo alla mia mano?”

Aveva perso il controllo, non riusciva più a fermarsi.

“Sono andato a casa tua e quando ho aperto la porta lui era lì che si baciava con un’altra e gli ho dato un pugno.”

Nessuna gentilezza.

Una sincerità spietata.

“Se non credi alle mie parole, allora vieni con me, guarda tu stessa, con i tuoi occhi.”

La voce gli si era, per una frazione di secondo, incrinata. E se lei non gli avesse creduto? Se si fosse opposta nell’andare con lui a controllare?

Credimi!

La vide avvicinarsi alla scrivania e prendere le chiavi di casa, sorpassandolo. Fecero il percorso inverso camminando in assoluto silenzio. Era un silenzio carico di tensione, come una bomba pronta ad esplodere al minimo tocco. Quando arrivarono a casa, lei aprì la porta di casa con malcelata grazia, facendo sbattere la porta contro il muro e camminando a passo di marcia per tutta la casa, fino a quando non si fermò davanti la porta della stanza da letto. Shikamaru le si avvicinò e vide quello che stava vedendo lei: il suo ragazzo a letto con un’altra.

“Così il cagnolino si è portato dietro la padrona.”

“Non ti credevo capace di tanto. Sei caduto proprio in basso se per farti una scopata te ne vai a letto con le mocciose.”

“Meglio mocciose che sgualdrine come te. Mi sono scocciato a stare con te.”

“Benissimo. Ah, un’ultima cosa.”

Temari spostò lo sguardo verso la ragazza che si era fatta piccola piccola sul letto, cercando di nascondersi dallo sguardo omicida di Temari.

“Spero che hai avuto il buon senso di farlo con preservativo. Odia i bambini e non si prenderebbe le sue responsabilità se tu rimanessi incinta.”

“Cosa?”

Ma non ascoltò altro, non diede il tempo di dire altro, uscendo da quella casa e dal palazzo. Shikamaru le stette accanto non sapendo che cosa dire o cosa fare. Non vide l’ombra di una lacrima sul suo viso, non vide niente se non una maschera di indifferenza che aveva messo su per non far vedere a nessuno quello che provava in quel momento.

“Tem…”

“Dobbiamo lavorare.”

Arrivarono in ufficio e non dissero più una parola. Lei si chiuse in un mutismo ermetico e lui si sentì in colpa per come aveva reagito, per averla costretta a vedere il suo ragazzo a letto con un’altra. Nessuno dei due, né Hidan né Shikamaru, aveva tenuto conto dei sentimenti di Temari e del suo essere donna. Una donna, in quel momento, ferita.

 

§

 

22 agosto

“Choji… Cosa dovrei fare?”

Erano passate tre settimane da quell’episodio spiacevole e la situazione non era migliorata per niente. In ufficio Temari gli parlava lo stretto indispensabile, chiudendosi poi in un silenzio pesante. Anche Tsunade aveva captato qualcosa, ma non chiese nulla e non disse nulla.

“Non ti parla?”

“No.”

“Ti ignora?”

“No, se le faccio una domanda mi risponde, ma si ferma lì. Non continua il discorso facendomi qualche altra domanda.”

“Ti sei comportato male con lei. Non hai avuto rispetto nei suoi confronti, proprio come il suo ex.”

“Lo so, non condannarmi più di quanto non faccia già con me stesso.”

Sospirò, portandosi una mano a sostenere il mento, lo sguardo perso chissà dove. Nell’impeto del momento non aveva pensato a nulla se non a farle capire che lui non era un bugiardo, che le stava dicendo la verità. Ma a che prezzo? Cosa aveva guadagnato in tutto ciò?

“Devi dirle che ti dispiace. Se fai passare altro tempo sarà più difficile rimediare, non trovi?”

“E come dovrei?”

“Il cibo risolve sempre tutto. Perché non le fai trovare il suo piatto preferito? Da quanto ho capito questo caso si sta prolungando parecchio e vi costringe a mangiare in ufficio. Quale migliore occasione? Sarete soli e ti scuserai.”

“Come fai a renderla così facile?”

Shikamaru lo invidiava. Si era lambiccato il cervello per settimane cercando un modo per chiarire con Temari, per farle capire che le dispiaceva, che voleva rimediare in qualche modo, e Choji gli serviva su un piatto d’argento una soluzione semplice ma efficace.

“Perché a differenza tua io ho una ragazza e so cosa voglia dire litigare e fare pace. Fidati di me.”

Il sorriso di incoraggiamento che gli fece fu abbastanza da spronarlo a fare come gli aveva detto di fare.

“Grazie Choji. Sei un amico.”

“Tu avresti fatto lo stesso per me.”

 

§

 

23 agosto

Il giorno dopo si era svegliato presto decidendo che il piano che aveva in mente avrebbe decretato il suo successo o il suo fallimento con Temari. Aveva dato ascolto al consiglio di Choji sul fattore cibo, constatando che i ravioli – piatto preferito di Temari – fosse il cibo cardine per potergli far fare pace.

Devo farcela.

Si guardò un attimo allo specchio constatando che non aveva niente fuori posto ed uscì di casa. L’aria frizzantina del mattino lo svegliò del tutto, così si diresse a grandi falcate verso il bar dove andava di solito.

“Due caffè da portare via, grazie.”

Impiegò dieci minuti fra il prendere le bevande e arrivare in ufficio. Una volta dentro si diresse a passo spedito verso il suo ufficio, trovandola già a lavoro. Sommersa fra le scartoffie vide che lo guardò appena quando entrò, non proferendo parola.

Parlale.

“Buongiorno.”

“A te.”

Continua a parlarle.

Ma un conto era stato pensare di attuare il piano e un conto fu metterlo in pratica. Si rese conto con orrore che per quanto riguardava le situazioni personali era una vera e propria frana, non sapendole gestire. Tanto bravo nel suo lavoro quanto un disastro nella sua vita privata.

“Tem.”

Le posò il caffè davanti e quando vide il suo sguardo su di lui, che lo scandagliava dentro, pensò che sarebbe stata la fine.

“Mi dispiace.”

Sorprendentemente le parole uscirono da sole, senza bisogno di pensare. Il nero si era incastrato nel verde e il verde nel nero.

Si sedette di fronte a lei e si massaggiò la nuca nel tipico gesto che faceva quando era imbarazzato per qualcosa.

“Per cosa ti dispiace?”

Anche se lo aveva detto in modo neutrale, aveva captato una lievissima nota di ira nella sua voce, come se ce l’avesse ancora con lui.

“Per averti fatto del male. Non era mia intenzione, credimi. Volevo solo che tu mi credessi, che non mi reputassi un bugiardo, e invece ti ho fatto del male, come lui.”

Vide il suo corpo irrigidirsi e la mascella serrarsi, o forse fu una sua impressione visto che un istante dopo la vide sospirare e chiudere gli occhi.

“Le cose fra me e Hidan non andavo più bene da parecchio tempo. Forse stavamo insieme più per abitudine che perché provavamo qualcosa l’un per l’altra.”

La vide prendere il caffè e berne un lungo sorso, lo sguardo perso in chissà quale pensiero, in chissà quale ricordo.

“Hidan è stato tutte le mie prime volte, pensavo di conoscerlo bene e invece mi sbagliavo. Mi ha dato fastidio vederlo a letto con un’altra, e non perché provi qualcosa per lui, ma per il fatto che non ha avuto nessun rispetto per me.”

Un altro sorso ancora.

“Quando mi hai detto di averlo visto con un’altra, e per di più in casa mia, non ci ho voluto credere, nonostante avessi visto il tuo sguardo sincero, nonostante sapessi che mi stavi dicendo la verità.”

“Mi dispiace, davvero…”

“Lo so, ma ciò non toglie che ti ho odiato in quel momento per la tua mancanza di tatto.”

“Quindi per lui non provi nulla?”

“Odio, quello ne provo tanto, ma l’amore è scomparso da molto tempo. Forse è stato un bene che l’abbia visto con i miei occhi. Avrei dovuto capirlo…”

“Che cosa?”

Che sono gli opposti ad attrarsi e non i simili, perché i simili si respingono, gli opposti si completano. Proprio come me e te.

“Che non avrebbe funzionato.”

“E adesso?”

“Adesso cosa?”

“Starai ancora in casa con lui?”

La vide posare il bicchiere sulla scrivania e guardarlo. L’ombra di un sorriso comparve sul suo viso.

“Dovresti preoccuparti più di farti perdonare che chiedermi se starò ancora in casa con lui, non ti pare?”

Suo malgrado si ritrovò a ricambiare il suo sorriso.

“Ravioli. Ti porto fuori a pranzo a mangiare ravioli.”

Quando vide il sorriso compiaciuto sul suo volto pensò che Choji avesse proprio ragione. Il cibo era stato la sua salvezza nel rapporto complicato con Temari.

 

§

 

31 agosto

“Quindi?”

“Quindi cosa?”

“Non fare il finto tonto, Shika. Lo si vede lontano un miglio che hai fatto pace con lei. Il mio consiglio ha funzionato?”

Shikamaru gli sorrise ripensando al pranzo avuto con Temari. Avevano riso, avevano addirittura scherzato e parlato del più e del meno, come se si conoscessero da sempre, come se si conoscessero da una vita.

“Sai, penso che a mia madre potrebbe piacere una come lei.”

Per poco il boccale non cadde dalle mani di Choji che lo guardò sconvolto.

“Cosa hai detto?”

“Non farmelo ripetere!”

Quando lo vide arrossire leggermente non ce la fece. Aggirò il bancone, uscendo, e andò ad abbracciare il suo migliore amico.

“Sono così felice che tu ti sia innamorato.”

“Smettila di dire certe as-…”

“A Yoshino piacerà sicuramente Temari, così come a Shikaku. I tuoi l’adoreranno, fidati. E poi non è il genere di donna di cui vi innamorate voi Nara?”

“Stupida maledizione dei Nara.”

Si ritrovarono a sorridere, felici e senza pensieri.

“E poi sono contento che sarai con qualcuno…”

“Per cosa?”

“Ho chiesto a Karui di sposarmi e ha accettato.”

Shikamaru perse un battito per poi ritrovarsi lui ad abbracciare Choji, con un sorriso che andava da un orecchio all’altro.

“È fantastico! Sono davvero felice.”

Non era un tipo che esternava facilmente i suoi sentimenti, ma quando lo faceva, lo faceva in un modo spontaneo e disarmante, proprio come in quel momento.

“Sono felice anche io, davvero. Vuoi essere il mio testimone? Ovviamente lo dirò anche a Ino. Voglio voi due come testimoni per il mio matrimonio.”

“Sarebbe un onore per me.”

“Quand’è che mi presenti Temari?”

“Appena avremo un attimo la porterò a mangiare qui, promesso.”

“Ci conto. Voglio conoscere la ragazza che ha fatto capitolare il mio amico misogino.”

Scoppiarono a ridere mentre fuori la luna faceva capolino, finalmente libera dalle nuvole.

 

§

 

22 settembre

“Sono distrutta.”

Temari lasciò andare un sospiro di stanchezza mentre si massaggiava il collo. Quel caso si stava rivelando più complicato del previsto, portandoli a lavorare notte e giorno senza mai riposarsi. I giorni erano stati sostituiti dalle notti, le notti dai giorni, un ciclo continuo e senza fine. A volte si erano ritrovati a lavorare fino a notte fonda, addormentandosi per poche ore sul divano o appoggiati sulla scrivania, svegliandosi con il mal di schiena e più irritati che mai. Ma quella volta avevano davvero bisogno di staccare la spina, di sgranchirsi le gambe e uscire da quell’ufficio.

“Andiamo a prenderci qualcosa da mangiare.”

“Vuoi uscire?”

“Non voglio rimanere un minuto di più qui dentro.”

Temari si ritrovò a distendere verso l’alto un lato della bocca, una specie di sorriso mal celato.

“Sei sempre il solito scansafatiche.”

Ma a dispetto delle sue parole, prese la borsa e lo seguì fuori, uscendo dalla stanza e poi dall’edificio. L’aria frizzantina della notte li investì in pieno viso, risvegliandoli dal torpore e dalla stanchezza.

“C’è un posto che fa al caso nostro.”

Camminarono in silenzio, accompagnati dal rumore dei taxi e dei pochi che avevano finito tardi di lavorare. Non era un silenzio pesante o imbarazzante, ma piuttosto un silenzio condiviso, qualcosa di cui entrambi avevano bisogno. Venne infranto solo quando Shikamaru si fermò davanti la porta di un locale, spingendone la porta per entrare dentro. Tenne la porta aperta fino a quando non entrò anche Temari.

Quando vuole sa essere gentile.

La ragazza entrò, chiudendosi la porta alle spalle. La prima cosa che vide nel suo campo visivo fu Shikamaru che sorrideva ad un omone grande e grosso dietro al bancone che ricambiava il suo sorriso.

“Hey, Shika. Era da tanto che non ti vedevo.”

“Ho avuto parecchio lavoro in questo periodo. Choji, lei è Temari, la mia collega.”

“Piacere.”

“Finalmente ti vedo di presenza. Shika mi ha parlato molto di te.”

Il suddetto interessato si irrigidì sul posto, scoccando un’occhiataccia all’amico che gli sorrise divertito in risposta.

“E cosa ti ha detto?”

Temari era divertita dalla situazione e anche curiosa. Poche cose stimolavano il suo interesse portandola a interessarsi davvero a qualcosa. In quel caso il suo interesse da un periodo a questa parte era proprio il suo collega di lavoro, quel ragazzo sfaticato che non faceva altro che dire quanto le cose gli seccassero. Non sapeva di preciso quando cominciò, ma se ne accorse quando si ritrovò a fissarlo più a lungo del previsto, soffermandosi sui tratti del viso, chiedendosi che sapore avessero le sue labbra e se fossero morbide proprio come immaginava. Se all’inizio pensava fosse una semplice sbandata o infatuazione, ben presto si accorse che non era così. Si ritrovò a guardarlo ogni volta che poteva, specie di nascosto senza che lui se ne accorgesse, tenendolo sempre d’occhio. Si chiese come potesse piacerle uno come lui, esattamente l’opposto del suo ex e completamente diverso da lei, ritrovandosi a pensare che, forse, gli opposti davvero si attraggono.

È rossore quello che vedo nelle guance di Shikamaru?

“Che sei la collega migliore che gli potesse capitare.”

La bionda sgranò leggermente gli occhi, sorpresa dalle parole di Choji, distendendo le labbra in un sorriso.

“L’ho salvato parecchie volte da un licenziamento certo. È normale che pensi ciò.”

Lei ne era convinta, se no, per quale motivo il moro pensava quelle cose?

“Choji la cucina è aperta?”

Shikamaru decise di fermare quelle rivelazioni imbarazzanti e mettere fine ai discorsi degli altri due.

“Certo. Venite, sedetevi. Cosa vi porto?”

I due si sedettero al bancone, prendendo il menù e sfogliandolo appena.

“Due calici di vino rosso.”

“Un piatto di ravioli con gli spinaci per me e per te, Tem?”

“Lo stesso.”

“Purtroppo ho solo una porzione di ravioli.”

“Allora il calice per me, grazie.”

Shikamaru guardò appena la ragazza accanto a lui, chiedendosi per quale motivo non avesse ordinato nulla se non da bere per entrambi. Non erano forse andati lì per mangiare? Aspettò che Choji desse loro i due calici e andasse in cucina a preparare i ravioli.

“Quindi parli di me ai proprietari dei locali?”

“Io e Choji siamo amici da quando eravamo in fasce. Lui è il mio migliore amico.”

Temari metabolizzò le sue parole, prendendo il calice e facendo ondeggiare leggermente il vino all’interno.

“Com’è avere un migliore amico?”

Ne bevve un piccolo sorso, constatando che fosse molto buono e non uno qualsiasi preso al supermercato.

“Perché mi fai questa domanda? Non hai una migliore amica?”

“Perché non so cosa voglia dire parlare dei tuoi problemi o di te a qualcuno. Di solito mi tengo tutto per me e no, non ho una migliore amica. Amici sì, conoscenti pure, ma non qualcuno alla quale dire i miei problemi.”

“Eppure con me ti sei aperta raccontandomi qualche tuo problema.”

Il piatto di ravioli che arrivò salvò la bionda da una risposta scomoda. Era vero, con lui si era aperta e gli aveva raccontato parecchio, se non troppo, della sua vita, chiedendogli addirittura consiglio per qualche problema che non riusciva a risolvere.

“Grazie Choji.”

“Di nulla. Se vi serve altro sono di là a sistemare.”

È anche per questo che è il mio migliore amico. Sa sempre cosa fare e cosa dire.

Lo vide andare di nuovo di là e si soffermò a guardare la bionda accanto a lui. Aveva lo sguardo perso chissà dove, come se stesse pensando a qualcosa.

“Vieni, dividiamo i ravioli. Choji ne ha fatti troppi per me soltanto.”

Infilzò un raviolo e glielo porse. La vide leggermente arrossire e fargli un leggero sorriso che gli fece perdere qualche battito. Era stato fortunato che Choji non avesse voluto continuare il discorso, dicendole molto altro. Se lo avesse fatto avrebbe negato fino alla morte, perché la verità era che a lui Temari piaceva e anche tanto. L’indifferenza provata all’inizio si era trasformata in attrazione per poi diventare qualcosa di più. Ne aveva il terrore, specie per come era finita con Shiho. Ma lei, in qualche modo, era riuscita a creare un varco in quel muro di misoginia che si era creato, rompendolo definitivamente. Si sentiva vulnerabile e si rese conto di non saper che cosa fare.

“Grazie.”

La vide avvicinarsi e prendere il raviolo, soffermandosi qualche istante a guardare quelle labbra rosse che sembravano morbide e invitanti. Quante volte si era soffermato a guardarla in quei mesi? Quante volte aveva rischiato di farsi beccare da lei mentre non riusciva a levarle gli occhi di dosso? Tante, forse troppe.

Non devo pensarci.

Infilzò un raviolo e cominciò a mangiare anche lui, constatando che fossero buoni, nonostante non fosse il suo cibo preferito. Li aveva presi perché sapeva che piacevano a lei.

“Com’è finita per la casa?”

“Molto male. Dovrò lasciare l’appartamento dopodomani e non ho ancora trovato un posto dove poter stare.”

Temari si portò due dita alle tempie, massaggiandosele. Con tutto il lavoro che avevano da fare la ricerca della casa era stata spostata all’ultimo posto, con la conseguenza che si era ritrovata senza casa a pochi giorni dallo sfratto.

“Potevi chiedere a Tsunade un giorno libero per poter cercare casa.”

“No, questo caso è troppo delicato per tralasciarlo anche solo un giorno.”

“Quindi dove starai?”

“Penso in un B&B fino a quando questo caso non finirà e potrò trovare con più calma un appartamento.”

Continuarono a mangiare fino a quando Shikamaru non posò la forchetta sul piatto, guardandola intensamente.

“Vieni a stare da me fino a quando non trovi un appartamento. Che ne dici?”

Temari per poco non si strozzò col vino che stava bevendo.

Trasferirmi… da lui?

“Disturberei.”

“Se te l’ho proposto vuol dire che non disturbi, Seccatura.”

Si ritrovarono a sorridere, finendo di bere e di mangiare.

“Choji.”

L’amico si affacciò e andò verso di loro, levando dal bancone il piatto e i bicchieri.

“Noi torniamo a lavorare.”

Shikamaru prese il portafogli, ma venne fermato tempestivamente da Temari.

“Che cosa fai? Faccio io.”

“E perché? Ti ho invitata io a mangiare è giusto che paghi io.”

“Non se ne parla.”

Anche lei prese il portafogli, fulminandolo con lo sguardo.

“Devi lasciarmi fare l’uomo, Sabaku no.”

“Nara, o pago io o al massimo facciamo a metà.”

Si guardarono male per un’altra manciata di secondi per poi posare in contemporanea i soldi sul bancone. Erano molti di più di quello che costava la consumazione ma nessuno dei due ci fece caso.

“Devi sempre averla vinta tu.”

“Sempre.”

Choji rise sotto i baffi. Lo aveva sempre detto a Shikamaru che il suo comportamento misogino non lo avrebbe portato da nessuna parte e che il karma lo avrebbe punito in qualche modo, e in quel momento lo stava punendo con una bionda mozzafiato che non si faceva mettere i piedi in testa da nessuno. Una bionda di cui era innamorato.

“Buona continuazione.”

Li salutò e li vide scomparire oltre la porta del pub.

Non appena varcarono la soglia si ritrovarono un vero e proprio temporale con tanto di vento e pioggia che li bagnò da capo a piedi.

“Maledizione!”

“Svelto, dobbiamo tornare in ufficio!”

“No, non possiamo tenerci i vestiti bagnati o ci prenderemo qualcosa. Vieni con me.”

La prese per mano e cominciarono a correre, cercando di ripararsi sotto i balconi o sotto i tendoni dei ristoranti. Quando Shikamaru si fermò davanti un portone erano bagnati fin dentro le ossa. Non c’era una parte del loro corpo che non fosse bagnata o congelata.

“Dove siamo?”

“Nel mio appartamento. Vieni, saliamo.”

Si ritrovò a seguirlo dentro al portone d’ingresso e dentro l’ascensore, con la piccola luce che lanciava ombre spettrali durante la salita. I vestiti bagnati avevano aderito al loro corpo come una seconda pelle, ritrovandosi a guardarsi insistentemente. Si era creata una certa tensione, una certa attrazione, tanto da portarli a distogliere lo sguardo.

Ringraziarono entrambi mentalmente l’arrivo al piano prestabilito, uscendo ed entrando qualche secondo dopo dentro casa. Quando Shikamaru accese la luce di casa, Temari vide un appartamento in ordine e abbastanza pulito. La cosa la sorprese non poco. Aveva sempre pensato di Shikamaru che fosse pigro in qualsiasi cosa, specie nel tenere un appartamento in perfetto ordine, e forse lui pensò la medesima cosa, visto che si portò una mano fra i capelli e sbuffò.

“Lo tengo sempre in ordine. Metti che venga mia madre. Quella è capace di uccidermi se trova in granello di polvere.”

Temari si ritrovò a ridere leggermente, mentre la porta veniva chiusa.

“Aspettami qui.”

Lo vide levarsi le scarpe e camminare velocemente, scomparendo dietro l’angolo. Fece anche lei la medesima cosa, togliendosi le scarpe, e cominciando a dare un’occhiata in giro. Il mobilio del salone era semplice con un divano abbastanza grande, un tavolo con delle sedie e un’immensa libreria piena di libri e un televisore. Avvicinandosi alla libreria poté leggere diversi titoli di autori famosi e non, ma una cosa la sorprese. In quella libreria c’era una quantità enorme di libri di matematica e di scacchi.

Non pensavo gli piacessero gli scacchi.

Notò poco oltre anche una scacchiera e le venne da sorridere.

“Tieni.”

Si voltò, sorpresa. Non aveva fatto rumore e si era avvicinato a lei, poggiandole sulla testa un asciugamano.

“Non pensavo ti piacessero gli scacchi e la matematica.”

“Mi rilassano.”

“Sono per vecchi.”

Si ritrovò per un attimo imbambolata ad osservarlo mentre si asciugava i capelli, notando delle gocce di pioggia che scendevano lungo il collo fino a scomparire. Per un attimo solo si ritrovò con la voglia di fermare quella discesa con dei baci. Si sentì talmente a disagio che prese l’asciugamano e frizionò i capelli, celando il viso alla vista del moro.

“Puoi andarti a fare una doccia calda. Ci sono dei miei vestiti che puoi indossare mentre metti a lavare i tuoi.”

La vide annuire e le indicò il bagno. Quando sentì la porta chiudersi rilasciò l’aria che inconsapevolmente aveva trattenuto. Vederla con i vestiti bagnati lo aveva eccitato e aveva cercato in tutti i modi di non darlo a vedere, nascondendo ogni cosa sotto una maschera di apatia. Che Temari gli piacesse e ne fosse innamorato era un conto, ma non avrebbe fatto assolutamente nulla contro la sua volontà. Per questo strinse le mani a pugno fino a lasciarsi delle cunette bianche nella carne. Lei era quel genere di ragazza dalla quale se ne teneva lontano miglia e miglia di distanza perché lo intrigavano da morire, ma non lo avrebbe mai ammesso con se stesso. Era già tanto che avesse ammesso – anche grazie a Choji – che ne fosse innamorato.

“Che seccatura.”

Aprì un cassetto della libreria e ne estrasse una sigaretta. Si avvicinò alla finestra, aprendola, e cominciò a fumare. Fumare era qualcosa che lo rilassava e gli dava modo di districare la matassa di pensieri che si formavano nella sua mente, proprio come in quel momento. Si estraniò dal mondo circostante, cercando di far ordine nella sua testa e nella sua vita, interrotto solamente dal rumore di nocche sbattute sulla porta. Quando si voltò dovette fare appello al tutto il suo autocontrollo. Temari era lì, davanti a lui, con un paio di suoi boxer messi e una sua maglia che le stava larga ma maledettamente bene.

Perché i miei vestiti le stanno maledettamente bene? Perché deve essere così sexy?

“Ho finito. Puoi farti la doccia. Ho messo i miei vestiti dentro la lavatrice e sto aspettando che tu metta anche i tuoi per fare un unico lavaggio.”

“Va bene.”

Spense la sigaretta e si diresse verso il bagno, lasciando la ragazza da sola in salone.

Se dessi un’occhiata in giro? Se la prenderebbe? Ci rimarrebbe male?

L’unica cosa che fece fu guardare attentamente la libreria, notando oltre ai libri e alla scacchiera anche delle foto. Una in particolare ritraeva Shikamaru con la tesi di laurea e accanto a lui due persone.

Questi devono essere i suoi genitori. È identico a suo padre.

Si ritrovò a sorridere passando a guardare la foto accanto che ritraeva Shikamaru con Choji e una bionda che non conosceva.

Chi è lei?

La prese in mano e la guardò attentamente. La ragazza teneva sottobraccio i due ragazzi e tutti e tre sorridevano. Potevano aver avuto al massimo diciott’anni e una fitta allo sterno colpì Temari. Più stava in quella casa e più si rendeva conto che non sapeva niente di Shikamaru, ritrovandosi a volerne sapere di più della sua vita, del suo passato e una consapevolezza le dilaniò la mente. Lei lo amava e il fatto di non far parte della sua vita era un qualcosa che non riusciva a sopportare.

“Non ti facevo una tipa curiosa.”

Colta in fragrante poggiò con un colpo secco la foto da dove l’aveva presa, voltandosi verso Shikamaru.

“Non lo sono.”

Stava negando l’evidenza, non riuscendo ad ammetterlo nemmeno con se stessa.

“Se lo dici tu.”

Lo vide avvicinarsi e guardare la foto che aveva posato un istante prima e sul suo viso vide comparire un leggero sorriso.

“Chi sono? Uno è Choji e lei…”

“E poi non sei curiosa, vero?”

Le scoccò uno sguardo divertito ricambiato da uno sguardo di fuoco.

“È Ino. Lei e Choji sono i miei migliori amici, o forse dovrei dire il fratello e la sorella che non ho mai avuto.”

La guardò con la coda dell’occhio e la vide rilassarsi, capendolo dalla postura che si rilassava, come anche i lineamenti del viso.

Perché eri così tesa? A cosa stai pensando?

“È stata scattata l’ultimo giorno di scuola delle superiori.”

“E Ino dov’è adesso?”

“Ino? In questo momento si trova a Parigi in luna di miele con suo marito. Perché me lo chiedi?”

Si sentì una sciocca, una cretina. Come si era potuta ridurre in quel modo per una semplice fotografia?

“Così.”

“Donne…”

Si guardarono per qualche istante per poi posare lo sguardo sull’orologio appeso al muro. Segnava le 23.00.

“Conviene andare a letto.”

Temari si sedette sul divano e lo guardò.

“Dove trovo un cuscino e una coperta?”

“Tu dormi sul mio letto. Sul divano ci sto io.”

“Non ci penso completamente. Casa tua letto tuo.”

Sapeva che sarebbe rimasta sulla sua idea, così fece l’unica cosa che poté fare: la prese in braccio, caricandosela di peso sulle spalle e camminò verso la stanza da letto, con Temari che lo prendeva a pugni e gli intimava di metterla giù. E la mise giù, ma sul letto, mettendosi sopra di lei, bloccandole i polsi con le mani e le gambe con le proprie.

“Che stai facendo?”

“Devi lasciarmi fare l’uomo qualche volta, ricordi?”

I loro volti erano a pochi centimetri di distanza e tutti e due poterono sentire il cuore dell’altro battere all’impazzata. I loro fiati si mescolarono e la tentazione di fiondarsi l’uno sulle labbra dell’altro fu enorme, tanto che si ritrovarono a deglutire. Fu solo il lampo che squarciò il cielo a far sì che Shikamaru e Temari non si baciassero.

“Dormi tu qui. Ci sto io sul divano.”

Si scostò da lei, ma la mano di lei lo fermò. Si ritrovò a perdersi dentro quegli occhi verdi. Li aveva visti, osservati talmente tante volte che ne conosceva ogni minima sfaccettatura.

“Rimani con me a dormire. Il letto è abbastanza grande per entrambi.”

Rimase senza parole e ringraziò la penombra che gli nascondeva il viso. Non voleva farsi vedere in quello stato da lei, con le guance che avevano preso fuoco e un dolore nel basso ventre.

“Va bene.”

Si sdraiò e le diede le spalle. Se l’avesse guardata non avrebbe risposto delle sue azioni. La sentì muoversi, mentre le coperte gli venivano messe sopra al corpo e due braccia lo stringevano. Si sentì paralizzato. Non se lo aspettava.

“Buonanotte Shika.”

La mano di lei venne stretta dal moro, baciandola appena.

“Buonanotte Tem.”

Si strinsero un altro po’, addormentandosi abbracciati.

 

§

 

23 settembre

Erano le prime luci dell’alba quando Temari aprì gli occhi. Accanto a sé vide Shikamaru che la stringeva tra le sue braccia e non poté fare a meno di sorridere. Lo fissava intensamente. Il suo respiro era regolare, il suo viso sereno. Nell'osservarlo finì col perdere la cognizione del tempo, fino a quando un paio d’occhi neri non ricambiarono il suo sguardo. Colta in fragrante chiusegli occhi, ma ormai era fatta.

“Tem…”

Si sentì chiamare o forse pensò che fosse il frutto della sua immaginazione, perché l’unica cosa che sentiva era il battito impazzito del suo cuore. Quando si azzardò ad aprire un occhio l’unica cosa che vide fu il viso di Shikamaru a pochi centimetri dal suo.

Non riuscì a proferire parola, troppo scossa da quella vicinanza, sentendo qualcosa sciogliersi dentro al suo petto nell’esatto istante in cui Shikamaru la baciò sulla fronte. Un gesto talmente semplice e delicato che la scombussolò.

“Non mi hai risposto alla domanda di ieri.”

“Quale domanda?”

Le labbra di Shikamaru si staccarono dalla sua fronte e lo vide farsi leggermente più distante, in modo da guardarla negli occhi.

“Verrai a vivere con me, qui?”

La vide arrossire e gli occhi le luccicarono appena, oppure fu un brutto gioco di luci e ombre.

“Disturberei.”

“Te lo sto chiedendo io.”

Le strinse le mani e per un attimo si persero l’uno nello sguardo dell’altra. I loro visi erano talmente vicini che i loro fiati si mescolarono, ma a dispetto della notte precedente non ci fu nulla che impedì ai due ragazzi di avvicinarsi così tanto da potersi toccare per la prima volta.

Il tocco di due labbra che si sfioravano per la prima volta fu talmente leggero che quasi non se ne accorsero. Quel tocco venne sostituito da un altro e un altro ancora, sempre più profondi, sempre più lunghi. Si rubarono il fiato, si strinsero talmente tanto che quasi si fusero in un sol corpo. Era come se in quell’abbraccio cercassero di dirsi quello che a parole non riuscivano ad esternare.

“Shika…”

“Tem, ascoltami e non interrompermi o non troverò più il coraggio di dire quello che sto per dirti.”

La bionda si mise in allarme. Tutti i sensi che prima erano rimasti assopiti per via del bacio che si era scambiata con Shikamaru tornarono vigili e attivi.

Say what you say.”

I can't find the words to say. With all the things caught in my mind.”

“Me and you - what's going on?”

Cosa voleva dire che non riusciva a dire le parole che gli frullavano nella mente? E lei perché gli aveva chiesto che cosa stesse succedendo loro? Da quando c’era un loro?

Say that you'll stay. Forever. So don't go away.”

Lo vide arrossire, lo vide distogliere per una frazione di secondo lo sguardo troppo imbarazzato, per poi riposarlo su di lei.

“Quello…”

Diglielo.

“Quello che sto cercando di dirti è che sono innamorato di te, di venire a stare qui con me.”

Calore. Amore.

Lo capì. Capì in quel momento che quello che aveva provato per Hidan non era amore ma infatuazione, e lo stesso valse per Shikamaru con Shiho, perché l’amore era quello che provavano in quel momento l’un per l’altra, mentre si guardavano e si abbracciavano.

“The best kiss is the one that has been exchanged a thousand times between the eyes before it reaches the lips.”

“Lo credo anche io.”

Il sorriso che Temari gli fece valse più di mille parole, di mille baci scambiati con gli occhi, ritrovandosi a ricambiare quel bellissimo sorriso. Solo per lui.

“Quindi tu…”

La vide annuire e avvicinarsi di nuovo, fermandosi a pochi millimetri dalle sue labbra.

“Anche io sono innamorata di te.”

Il bacio che si scambiarono valsero tutti quelli che si erano scambiati nel corso dei mesi, tutti gli sguardi nascosti e visibili che si erano scambiati, di tutte le incomprensioni e di tutte le parole e i gesti sbagliati. Un ricominciare da zero, ma insieme.

“Cosa diremo a Tsunade?”

“Che è stata per colpa sua se ci siamo messi insieme.”

Si ritrovarono a ridere di gusto, ritrovandosi senza vestiti per colpa di mani fameliche che non fecero altro che toccarsi e occhi che non fecero altro che guardarsi, scambiandosi qualche coccola sotto le coperte.

“Prima di andare in ufficio passiamo dal tuo appartamento e portiamo tutte le tue cose qui. Non permetterò un secondo di più che tu stia in quella casa.”

“Nara, non ti facevo un tipo così geloso.”

Lo vide alzare gli occhi al cielo e cercare di afferrarla ma fu più veloce di lui e si alzò dal letto.

“Dove stai andando?”

“Colazione. Dobbiamo mettere i paletti fin dall’inizio. La colazione la prepari tu.”

“Seccatura.”

“Forza Nara.”

Sentì i suoi passi allontanarsi, ritrovandosi a guardare il soffitto, sorridendo a se stesso. Dopo tanto tempo si sentiva di nuovo felice, completo. Si alzò dal letto e si diresse in cucina dove trovò Temari ad aspettarlo e dove l’avrebbe trovata anche in futuro.

La sabbia diventa un tesoro nell’oscurità ed io mi prenderò cura di te.

 

Questa storia è dedicata a quella santa donna di Mezzosangue230 che mi ha saputo riportare sulla retta via. ♥
   
 
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