Storie originali > Generale
Ricorda la storia  |      
Autore: Yvaine_    06/09/2017    0 recensioni
Perché il principe azzurro, spezzando l'incantesimo, non libera solo la principessa addormentata.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Principe'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Principe

L’atmosfera della casa era cambiata a poco a poco. All’inizio, dopo il duro colpo della notizia, c’era stata ancora speranza; anzi, non c’era spazio per altro: sapevano che sarebbe stata dura e difficile, ma non avevano intenzione di alzare bandiera bianca a quella malattia infida. La battaglia, però, si era protratta più di quanto fosse stato pronosticato e di quanto si aspettassero. Con l’andare del tempo le buone intenzioni erano sfumate insieme alle energie rimpiazzate da stanchezza, sconforto e rassegnazione. Andava sempre peggio, sembrava che non ci fosse soluzione. Si erano trasferiti. Ospedale nuovo, cure simili, risultati uguali. Pian piano la carnagione e la luce negli occhi di Evelyn si erano spente. Il dolore fisico veniva acuito dalla vista degli effetti di quel mostro nascosto dentro su chi le stavano attorno. Primo fra tutti John. Arrivava tutti i giorni da lavoro sempre più stanco, tutti i giorni lo vedeva sempre più ingobbito sotto un carico di preoccupazioni troppo grande per le spalle di un solo uomo. E poi c’era Sedgewick, una meravigliosa, piccola creatura coinvolta involontariamente in quella terribile storia di cui sapeva poco e capiva ancora meno. Avevano deciso di non dirgli nulla: era troppo difficile da spiegare e lui era solo un bambino che viveva di spensieratezza e innocenza. Sembrava che non gli fosse pesato lasciare tutto ciò che gli era familiare e che era il suo mondo per ricominciare da capo in una città sconosciuta. Ma non c’era stato nemmeno il tempo di provare a ricominciare, andare a scuola e farsi nuovi amici perché Evelyn era morta.
Subito dopo c’era stato il funerale e tutti i vicini, più o meno conosciuti, erano venuti a casa loro portando piatti e grilletti pieni di di ogni pietanza immaginabile. Erano tutti vestiti di nero, come lui e il papà, e venivano a “fare le condoglianze”, qualunque cosa volesse dire. A metà pomeriggio Sedgewick si era stufato degli adulti che lo fissavano con sguardo compassionevole da ogni angolo del salotto bisbigliando fra loro e si era rintanato in camera sua, sul divanetto sotto la finestra a guardare fuori. Suo padre era venuto, aveva bussato, aperto la porta, l’aveva guardato dalla soglia per un attimo, non aveva detto nulla e se n’era andato lasciandolo solo. Quello strano rituale si era ripetuto per almeno una settimana, quando, tutte le mattine, Sedgewick si alzava e non vedeva sua mamma in cucina a scaldargli il latte e allora si nascondeva in camera.
Sedgewick non aveva capito subito quando John aveva provato a spiegargli cosa fosse successo, ma dopo un po’ aveva realizzato che la mamma non sarebbe tornata, che non sarebbe più rientrata dalla porta dipinta di bianco nella facciata azzurra che dava sulla strada. Lui si era accorto di quanto fosse diventata magra e di come non avesse più energie per giocare con lui e le sue macchinine.

John non ebbe la forza di costringerlo ad andare a scuola quando fu il momento. Tutti gli avevano consigliato di ritornare il prima possibile alla normalità, ma non era così semplice. Ogni volta che vedeva quello scricciolo di otto anni appollaiato sotto la finestra gli si stringeva il cuore, ma non sapeva cosa fare per farlo uscire di casa. Cenavano ancora insieme, ma il papà non era un gran cuoco. Nonostante tutto Sedewick non si era mai lamentato dei pasti principalmente a base di tramezzini. La verità era che dal giorno della morte di Evelyn sulla casa era scesa una coltre di silenzio assoluto: non si sentivano più i rumori dei giochi di Sedgewick, i colpi di tosse dalla madre… nulla. John si lasciava dietro solo un “ciao” a mezza voce prima di chiudersi la porta alle spalle per tornare solo dopo otto ore di ufficio.
Era rientrato presto a lavoro per cercare di non pensare, ma l’immagine di suo figlio di schiena alla finestra si ripresentava ogni volta che chiudeva gli occhi. Non sapeva cosa fare, non voleva perdere anche lui, ma ogni giorno lo sentiva sempre più lontano.

La prima di una serie di cose strane accadde non molto tempo dopo. A cena Sedgewick sfoderò un accenno di un sorriso. John non si azzardò a chiedere da cosa fosse causato, ma sentì rinascere un briciolo di speranza.
La sera seguente il sorriso era un po’ più evidente, ma di nuovo John non disse nulla.
Il terzo giorno, rientrando a casa, rimase stupito nel sentire dei rumori e delle risate provenire dalla stanza di Sedgwwick.
Come quella prima volta dopo il funerale, aprì la porta e rimase per un attimo ad osservare la scena che gli si presentava davanti. Sedgewick e un altro bambino erano seduti a terra sul tappeto, circondati da una miriade di giochi. Suo figlio stava più che altro ad osservare le peripezie che si inventava l’altro bambino con le macchinine guardandolo con un sorriso fisso e genuino, senza dire una parola. Dopo un attimo di sconcerto, John scosse la testa si avvicinò e salutò lo sconosciuto.
«Ciao! Tu chi sei?»
«Hayden» rispose lui con un sorriso.
«Quindi hai un nuovo amico, eh, Sed?» chiese John cercando ancora di capire cosa stesse succedendo.
Non ricevendo risposta si rivolse di nuovo all’ospite: «Ti fermi a cena da noi, Hayden?»
Il bambino parve cadere dalle nuvole. «È già ora di cena? Oh, no, grazie! Devo tornare a casa» rispose alzandosi.
«D’accordo. Vuoi che ti accompagni?»
«Non c’è problema. Abito qui vicino.»
«Va bene, ma stai attento.»
Hayden annuì e si girò a salutare Sedgewick. «Ci vediamo domani!»
John accompagnò Hayden alla porta, rimase a guardarlo finché non girò l’angolo e poi tornò nella cameretta del figlio. Lo guardò sistemare i giochi in silenzio, ma con il sorriso ancora sulle labbra. Anche John sorrideva.

Una volta a tavola, davanti a un piatto di fagioli in umido, John si schiarì la gola.
«Allora, come hai conosciuto Hayden?»
Sedgewick sorrise e rispose guardando il piatto. «Mi ha regalato una palla, una macchinina rossa e oggi il vagone di un treno. Lui aveva la locomotiva e abbiamo giocato insieme.»
«Te li ha regalati? Sei sicuro? Non devi ridarglieli? Sono i suoi giochi…»
«No, ha detto che posso tenerli» rispose Sedgewick infilandosi poi la forchetta in bocca e cominciando a masticare.
«D’accordo allora…» si rassegnò John. «Ma domani giochi di nuovo con lui?» chiese dopo un po’.
Sedgewick si limitò ad annuire. La conversazione morì lì, ma era già un passo avanti verso una normalizzazione delle cose.
Giorno dopo giorno Hayden divenne una presenza fissa nella loro vita tanto che John era più sorpreso se non lo vedeva girare per casa o se Sedgewick non lo avvisava che stava uscendo per giocare con lui. John e Sedgewick crearono gradualmente una nuova routine, una nuova quotidianità adattandola alle novità e alle piccole cose che davano di nuovo significato alle loro giornate.

Sedgewick e Hayden diventarono inseparabili sotto lo sguardo dei loro genitori che si accorsero per primi del cambiamento del rapporto tra i due – da amici di giochi diventarono migliori amici e poi ancora qualcosa di più. Lo capirono più o meno nello stesso momento. John aveva cominciato a notare qualche differenza nel modo in cui Sedgewick parlava e si comportava intorno ad Hayden; il figlio lo aveva sorpreso a guardarlo con un sorriso sornione e una strana luce negli occhi che però, nonostante le insistenti domande, John si rifiutava di spiegare.
Per festeggiare i sedici anni di Sedgewick, suo papà aveva organizzato un viaggio in Francia un po’ per andare a far visita a dei cugini lontani che vivevano lì, ma soprattutto per rivivere uno dei viaggi più belli che lui ed Evelyn avevano fatto qualche anno dopo essersi conosciuti.
Quando tornarono, dopo un mese, appena aperta la porta di casa, Sedgewick si precipitò in camera. John lo seguì carico di valigie e si fermò un attimo sulla porta che l’aveva visto sotto il suo stipite per molti anni. Guardò il figlio in piedi davanti al divanetto, rivolto verso la finestra, con un piccolo biglietto bianco tra le mani a guardare fuori con gli occhi lucidi.




Nicchia dell’autrice
Salve!
La storia avrebbe dovuto partecipare al Dall’altra parte contest indetto da milla4 su EFP Forum. Per motivi “tecnici” non sono riuscita a comunicare in tempo il mio ritiro né a chiedere una proroga e di consquenza sono stata eliminata dal suddetto contest. Mi è dispiaciuto non poter partecipare perché l’idea di base del contest mi aveva colpito tanto che credo la utilizzerò anche per altre storie. Per partecipare al contest bisognava prendere una storia edita e riscriverla da un altro punto di vista.
Una delle mie storie preferite è Principe e ho voluto riscriverla dal punto di vista del padre/ famiglia di Sedgewick anche se mi era venuta in mente anche la mamma di Hayden…
Per non fare diventare questa parte più lunga della storia stessa vi saluto!

A presto,
Yvaine_
  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Generale / Vai alla pagina dell'autore: Yvaine_