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Autore: Johanna_Sparrow    07/09/2017    0 recensioni
Spoiler 2x03
Il comandante delle Giubbe Rosse è a dir poco adirato.
Da quando aveva lasciato il corpo dei Moschettieri per la sua più alta nomina, la sua presenza al presidio si era fatta molto più rara. In genere, preferiva convocare chi di dovere nei suoi uffici, a palazzo. Ma la sua furia sembra non avere tempo per i convenevoli e gli incontri ufficiali, quel pomeriggio.
Genere: Avventura, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: King Louis XIII, Milady De Winter, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'You're my rood'
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Anche se ho ancora qualche episodio già pronto di questa serie nel cassetto, era da un bel po' che non la rimpinguavo e, visto che finché non ho materiale nuovo da proporre in futuro non me la sento mai di dare fondo a tutto ciò che già ho, ho lasciato il progetto in stasi... (sì, sono una mente malata, deviata e ben confusa, lo so xD).
Tuttavia, una piacevolissima recensione ricevuta di recente mi ha dato nuovo vigore per produrre altri episodi e quindi, data la produzione avviata, mi sento in grado di pubblicare qualche vecchio episodio a cuor leggero!
E pertanto eccomi qui!
Sono una scrittrice molto complicata quando si tratta di pubblicare (e infatti questa è tipo la terza ff che posto su un milione e mezzo che assillano il mio pc ^^"), spero riuscirete a sopportarmi e di rimediare con materiale di qualità, sorratemi u.u"

Buona lettura!^^


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Il Primo Ministro de Jarjayes cammina al fianco del re, sempre più allarmato per le condizioni del Delfino.
La donna indossa una camicia nera dal collo chiuso con un nastro, che lascia intravedere una catena che porta al collo, e una giacca di pelle aperta. La spada sempre fedelmente al fianco, e la mano sinistra poggiata sull'elsa.
-Buon Dio!-esclama ad un tratto incredulo il re, fermandosi, nel notare con la coda dell'occhio qualcosa che lo stupisce e lo coglie di sorpresa.-Cosa ci fate nei miei appartamenti privati?
La donna a cui si rivolge ha un incarnato roseo e due occhi suadenti. I capelli corvini le ricadono in parte sulla spalle, fasciate da un elegante abito bianco e oro.
Non appena gli occhi di Oscar si poggiano su quella figura, la sua espressione cambia di colpo. Si tinge di sorpresa, incredulità e ira. La "dama", dal canto suo, concede a stento uno sguardo agli accompagnatori del re, come se fosse certa di non correre, nonostante tutto, alcun rischio. Riconosce l'ex-moschettiere, ma non ne dà alcun segnale, mantenendo perfettamente il controllo.
-Perdonate la mia presunzione, Sire. Speravo solo di rivedere il volto di Vostra Maestà un'ultima volta, prima di partire...-spiega in un filo di voce, chinandosi leggiadra e suadente.
A Oscar viene quasi il voltastomaco, a quella farsa.
-La scorto immediatamente fuori dal palazzo.-assicura, con la sua voce atona e determinata, facendosi avanti. Non chiede di meglio se non di poterla prendere con le maniere che merita, e trascinarla fuori da quel luogo che non deve competerle in alcun modo.
Ma, disgraziatamente, il re interviene.
-Siete una donna determinata, Milady.-conviene infatti, con un gran sorriso, nell'avvicinarsi.
Oscar, suo malgrado, in un sospiro e uno sguardo di fuoco, torna al suo posto.
-E la perseveranza va ricompensata. Inoltre, mi avete salvato la vita... Cenate con me questa sera. E indossate questo vestito. Lo trovo molto piacevole da guardare.
Con uno scambio di sorrisetti e di inchini, i due si separano.
Il sorriso scompare immediatamente sul volto di Milady, quando incontra gli occhi freddi del Primo Ministro. È questione di un attimo, e ciascuno riprende il suo posto.
Naturalmente, de Jarjayes era venuta a conoscenza dell'avventura vissuta dal re in un giorno di folle ordinarietà. Ciò di cui non aveva idea, è che la sua misteriosa salvatrice fosse lei.

-Come diavolo è arrivata a corte??
Il comandante delle Giubbe Rosse è a dir poco adirato.
Da quando aveva lasciato il corpo dei Moschettieri per la sua più alta nomina, la sua presenza al presidio si era fatta molto più rara. In genere, preferiva convocare chi di dovere nei suoi uffici, a palazzo. Ma la sua furia sembra non avere tempo per i convenevoli e gli incontri ufficiali, quel pomeriggio.
Athos sospira, abbassando il capo. È consapevole della sua colpa. Avrebbe dovuto additarla immediatamente per ciò che è, avrebbe dovuto mettere in guardia il re prima che lei potesse conquistare la sua fiducia... E, ancor prima, avrebbe dovuto ucciderla quando ne aveva avuto la possibilità.
Ma la sorpresa di ritrovarsela di fronte aveva scavalcato qualunque buonsenso e dovere. Non era pronto a rivederla. Anzi, era più che certo che non l'avrebbe mai più rivista.
Gli altri, probabilmente, vedendolo tacere, avevano deciso di fare lo stesso.
Certo, D'Artagnan non era stato da meno: lui l'aveva vista per primo, ed aveva ugualmente taciuto.
In qualche modo, questo lo consola: forse non è colpa del suo cuore ancora abitato dalla persona sbagliata. Non solo, almeno: quella donna possiede un magnetismo indescrivibile e la capacità di far sragionare il più raziocinante degli uomini.
Aramis solleva le sopracciglia, giocando con la chiusura della sua divisa, come un bambino rimproverato. È pienamente consapevole dell'errore commesso. E non è certo il primo che commette, nella sua vita. Ma rispetta il sentimento di Athos, come ogni forma d'amore merita. Anche lui ha amato e giaciuto con donne sbagliate. E, nemmeno di recente, Athos lo ha mai tradito.
Porthos si gratta il naso, con la mano chiusa in un guanto di pelle consunto, lanciando occhiate ai compagni. In qualche modo, si sente estraneo alla cosa: ha solo accettato la scelta compiuta tacitamente dagli altri.
D'Artagnan è l'unico che, con la sua arroganza, ha il coraggio di cercare, di tanto in tanto, lo sguardo della donna. Non è certo di aver commesso un errore: lì per lì, non aveva ritenuto fosse il momento opportuno per spiegare al re, tenuto prigioniero e provvidenzialmente liberato, che quella donna, sua amante e moglie "defunta" di Athos, era quel che era. Era sorpreso che si fosse fatta rivedere senza alcun timore, ed aveva erroneamente previsto, se non dedotto, un breve ritorno sulla sua strada, una comparsata che si sarebbe estinta in meno di un giorno.
Infine, quando si erano resi conto dell'errore commesso, era già troppo tardi: la donna si era insinuata nella grazie del sovrano, e a poco sarebbero valse le loro parole.
Il silenzio, preziosamente custodito dagli imputati, viene rotto solamente dal rumore degli stivali del Primo Ministro, che cammina su e giù davanti a loro, scandendo il tempo e facendo diventare sempre più pesante la loro colpa.
Infine si ferma, intervenendo nuovamente per spezzare quel clima di omertà.
-Vi ha messo nel sacco, tutti e quattro, più di una volta... E avete permesso che arrivasse al re!-fa notare loro, con severità.-Che razza di moschettieri siete?-sbotta poi, quasi disgustata.
-È stata una questione di circostanze...-azzarda a difendersi Aramis, con il suo proverbiale garbo.
-E ditemi, quale circostanza non vi ha permesso di informare il re che quella donna è un'assassina e una truffatrice?-si informa, ponendosi davanti a loro a braccia conserte.
D'Artagnan fa per rispondere con slancio, ma viene interrotto dalla voce controllata di Athos.
-Ha giocato bene le sue carte...-interviene infatti, serissimo.-Come sempre...-è costretto ad ammettere, in un sospiro, sollevando appena un sopracciglio.
-Direi che è arrivato il momento che giochi con qualcuno più abile di lei.-conclude determinata, sciogliendo le braccia conserte e uscendo, lasciandoli da soli.
Si chiude alle spalle la porta dell'ufficio del capitano, che aveva utilizzato senza nemmeno un avviso o un consenso.
Ed è probabilmente in cerca di risposte che lo incontra sulle scale.
-Dovresti tenere sotto controllo i tuoi uomini. Sembra che inizino a perdere colpi.-sono tutte le parole che gli rivolge, piuttosto diretta e informale, nei pochi attimi in cui si ferma, prima di procedere.

Le preghiere dei fedeli rimbombano tra le pareti e carezzano l'aria.
Decine di bocche sconosciute ripetono a memoria parole che aveva sentito e pronunciato tante volte, ma in cui non aveva mai realmente creduto.
-Amen.-sussurra a malapena, alla fine dell'ennesima preghiera, fermandosi in mezzo alla navata laterale.
Quando la sua voce la accompagnava, suonava in modo differente.
Si scioglie in un mezzo sorriso amaro, e prosegue.
Le mattonelle bianche e nere si alternano sotto i suoi piedi.
Ad un tratto, si ferma. Davanti a lei, si erge la tomba monumentale da poco terminata da François Girardon.
Solo ora, giunta alla sua assurda meta, si rende conto che non è certa di quali finalità l'abbiano condotta lì.
Non sa se è lì in cerca di un consiglio, o per ammettere di aver commesso un errore. O se le manca, e basta.
Resta lunghi, interminabili istanti, ferma, in silenzio.
Le preghiere continuano a susseguirsi come sottofondo ai suoi pensieri, un'eterna cantilena che non ascolta davvero, ma di cui afferra ogni singola parola per forza d'abitudine.
Ad un tratto, si smuove, e gira attorno alla tomba. Passi lenti, ampi, ben cadenzati. Poi si arresta di nuovo, esattamente davanti alla sua figura, memorizzata nella pietra.
-Credo di iniziare a capire.-ammette ad un tratto, con tono basso.-Il tuo modo di agire, che ho sempre criticato e condannato, a volte è davvero l'unica soluzione.
Poi cambia tono, riprendendo a camminare lentamente.
-Louis è un ragazzino viziato, e non brilla certo in acume.-commenta, piatta.-E, di fatti, non fa che circondarsi di serpi. E tu eri il primo della lista...
Fa una breve pausa, consapevole di quanto quelle parole siano vere. E quanto, nonostante tutto, preferirebbe che quel serpente disperdesse ancora il suo veleno a corte, per continuare a dargli la caccia.
-L'unico modo di proteggerlo è agire alle sue spalle... E, che mi piaccia ammetterlo o no, è una lezione che mi hai impartito tu.-ammette, con tono piatto.
Ancora lunghi istanti di silenzio.
Infine, si avvicina, e poggia una mano sulla fredda pietra. Stringe appena la presa. Quel contatto implica un ringraziamento che non riesce a far uscire dalle labbra.
Poi Oscar si allontana, e lascia la Cappella della Sorbona con passo militare.

È da poco passata l'ora di cena, quando le porte della sala da pranzo reale si spalancano.
Sulla soglia, compare il Primo Ministro, scortato da alcune Giubbe.
Apparentemente, la stanza sembra vuota.
Gran parte delle pietanze è ancora al suo posto, e le candele sono consumate quasi del tutto.
Da sotto il tavolo, però, fa capolino niente meno che il re, sconvolto e offeso, che scatta immediatamente in piedi e cerca di mantenere un contegno, nonostante abbia addosso solo la camicia e i pantaloni siano slacciati.
-Fuori di qui!-sbotta immediatamente.
-Mi dispiace, Vostra Altezza, ma non posso permettervi di mettere a rischio la vostra incolumità.-asserisce Oscar, facendo cenno ai suoi uomini di agire.-Sotto il tavolo.-ordina.
Dal reale nascondiglio, sbuca di fatti anche l'eterea figura di Milady, in parte svestita. La donna si oppone alla presa, ma non troppo: è certa che il re, già suo burattino, sistemerà in poche parole ogni cosa.
-Come osate?-strepita il sovrano.
-Questa donna è una pericolosa criminale...-inizia a spiegare con decisione il comandante de Jarjayes.
-So ogni cosa.-assicura infastidito Louis.-E ho perdonato i suoi crimini.
-Sapete solo ciò che lei ha voluto dirvi per spingervi al perdono, Maestà.-fa notare Oscar, con il rispetto dovuto, ma tutta l'intenzione di farsi ascoltare.
-Vostra Maestà, voi sapete che sono solo menzogne...-interviene l'impuntata con voce melliflua, cercando di allentare la presa che i due soldati hanno su di lei per avvicinarlo.
-È una ricercata truffatrice e assassina.-la interrompe però l'altra, con tono perentorio.-Tra le sue numerose vittime, figurano le rispettabili Madame de la Chapelle, Madame de la Fere e... la vera Milady de Winter.
Scandendo quei nomi, de Jarjayes lancia un'occhiata alla criminale.
Milady sgrana gli occhi e sbianca, rendendosi conto di essere davvero in trappola, stavolta.
Il re resta a bocca schiusa, smarrito e un po' offeso dall'essersi fatto mettere nel sacco. Si avvicina alla donna, che lo fissa con sguardi stralunati e penosi.
-Come avete potuto...-sibila, sfogando il suo risentimento in uno schiaffo.-Portatela via!-ordina poi, carezzandosi la mano.
-Con piacere, Maestà.

L'indomani mattina, un nuovo sole sorge, e la sua luce ferisce gli occhi della donna, chiusa in cella.
Si sposta, per evitare la traiettoria della luce che entra dalla finestra, coprendosi appena il volto con una mano.
Poi, un rumore di ferraglia la distrae.
Ad entrare, è la sua carceriera: Oscar François de Jarjayes.
-Come preferite essere chiamata, quest'oggi?-la saluta, con ironia.
-Davvero divertente...-sibile tra i denti la donna, alzandosi per affrontarla faccia a faccia.
-In qualche modo, lo è.-le assicura per tutta risposta, in un sorrisetto.-Avete fatto male i vostri calcoli stavolta ed avete puntato troppo in alto. Avete pensato a come provare di non aver ucciso quelle donne poiché non esistono, senza confessare chi le ha create?-si informa, interessata, con una sottile arroganza.
-Posso confessare di essere una truffatrice ed avere delle identità false...-risponde con la medesima arroganza Milady.-Non è certo omicidio, non verrò giustiziata per questo. È un crimine minore.
-Sì, lo è, avete pienamente ragione.-conviene con lei il comandante, prendendo a camminare lentamente.-Se solo... Io non avessi dei testimoni, pronti a giurare innanzi al Re e a Dio che voi non siete né Anne de la Fere, né Madame de la Chapelle, né Milady de Winter. E che tutte queste donne, che loro hanno conosciuto in vita, non vi somigliano nemmeno...-si ferma davanti a lei, a scandire queste parole.
-Cosa?-sbotta incredula la prigioniera, stringendo con rabbia le sbarre.-È una menzogna!
-Già, è così. Ma chi credete che mi smentirà?-si informa retorica, senza perdere il sorriso.
-Troverò il modo...-le assicura di rimando, a denti stretti, in una minaccia.
-Io ve lo sconsiglio.-ammette Oscar, atona.-A meno che non vogliate che il Re scopra che siete implicata persino nella morte del Cardinale...
-Hai appreso bene il mestiere, vedo...-commenta Milady, con disgusto, osservandola dall'alto al basso.
-Ho avuto un buon maestro.-conferma, annuendo.-Forse saprete giocare bene le vostre carte... Ma questa mano, l'ho vinta io.
  
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