Storie originali > Introspettivo
Ricorda la storia  |      
Autore: Danail    07/09/2017    0 recensioni
Lettera ambientata durante la Primavera Araba, scritta da un possibile ribelle che "parla" a un interlocutore piuttosto singolare.
Difatti questo non esiste, o almeno non più.
Genere: Angst, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Personalità

05 | 01 | 2011. Damasco.

Mio carissimo Faaris.
Continuo a scrivere e cestinare fogli su fogli, non riesco a trovare le parole giuste da scrivere.
È difficile chiudere un cerchio come si deve, specialmente se il cerchio in questione è il nostro.
Sai, da quando non sei più qui con me, nella mia mente, la mia vita non è la più la stessa.
È cambiato tutto, molte mie abitudini devono sparire a favore di altre. Non servono più sedativi per controllare i tuoi scatti d'ira, né tantomeno che mi cali ancora in lotte clandestine per farci sentire, per quei pochi istanti, una cosa sola. Niente più sedute psichiatriche, se non qualche sporadico controllo per prevenire ricadute.
Forse è meglio così. Anche se m'affaccio con timore alla nuova situazione, immagino che tutto non potrebbe andare che bene. Anche senza la tua silente presenza, pronta a proteggermi e scattare come un cobra contro i pericoli del mondo. Credo che sia tutto questione di buona volontà.
È da quando ci siamo integrati che mi frullano in testa parole su parole, ma a spingermi a scrivere tutto ciò su carta è stato qualcosa sul lavoro: mentre ricatalogavo alcuni libri di una biblioteca, mi sono imbattuto in alcune raccolte di lettere, lettere di persone di varie epoche rivolte a familiari che, per vari motivi, hanno lasciato la patria per non morire. Per sopravvivere.
Cervelli in fuga, insomma, come i nostri fratelli che scappano pur di scampare alle bombe.
E ciò non può che essermi familiare: in fondo, è la storia della nostra vita, del nostro tempo. Due cervelli in fuga l'uno dall'altro o, per meglio dire: due metà di una stessa mente, separate tra loro come possono essere due gemelli siamesi. Mi sono chiesto, leggendo e interpretando, cosa spinge un cervello dal fuggire da sé stesso, dalla sua patria, dalla sua origine. Forse la causa è la stessa che provoca la frantumazione di un Io in due o più parti e poi tentare di rimanere in vita nonostante sia così rotto, trascinandosi negli anni cercando di recuperare le stesse capacità di quand'era sano e uno.
Te lo ricordi, Faaris? Ricordi quando ancora non eravamo separati? Ti ricordi quando non esisteva una personalità centrale e una secondaria? Ricordi quando eravamo una mente sola? Quando non eri separato da me?
Non ti ho mai chiesto se avevi ricordi dei nostri primi quindici anni. Allora sì che ero felice. Tra le macerie dei bassifondi di Damasco, nella loro sporcizia, nella loro desolazione e nella loro incertezza, noi due eravamo uno. Non esisteva una personalità centrale da difendere, non c'era un Faaris che, per sopravvivere, deve separarsi da un Hassan tremante.
Non esisteva orrore nel mio cuore, solo voglia di vivere.
E poi è venuto. Il collasso, la rottura, la separazione. Ancora adesso non riesco a spiegarmi del motivo della nostra caduta, anche tu nel ricordare la tua nascita ti chiedevi: perché?
Perché i militari, proprio coloro che rappresentavano la legge e l'ordine, organizzavano raid vendicativi contro il popolo? Perchè dovevano proprio spezzare il piccolo adolescente che ero con così tanto impeto? Perché usare proprio quelle torture e quegli abusi? Perché, Faaris, perché gioivano nel vedere quell'Io ancora così precoce andare in mille pezzi sotto alle sevizie?
Ciò che rimase di me dopo che gli aguzzini furono uccisi... bhe, erano macerie e un'anima ferita. Lacerazioni che non guarivano, rattoppi malfatti e crepe sottili permisero la tua nascita o, in gergo tecnico, l'insorgenza di un disturbo dissociativo della personalità. Ed eccoti, una personalità senza un corpo proprio, un essere che esisteva solo nella mia mente. Una personalità multipla.

...

Detto da uno sconosciuto, sembra una cosa tremenda.
Ma quando Eva lo diceva aveva tutt'altro tono. Te la ricordi, Eva? Sì, la nostra psichiatra definitiva. Era l'unica che non mi trattava come un pericoloso pazzo. Nonostante il tuo essere così cinico, freddo e quasi malvagio, l'hai amata assieme a me così violentemente... l'abbiamo desiderata con così tanto trasporto che quasi, con la sua guida, permise la riassociazione. Era l'unica cosa ad avere la virtù di essere al centro delle passioni di due entità e, grazie alla sua forza, di farle lavorare come un unico essere, seppure per poco.
La sua morte a causa di un proiettile vagante fu la goccia che fece traboccare il vaso, quella che mi convinse ad unirmi ai ribelli in maniera attiva. Anche tu eri eccitato, allora. Avremmo avuto la nostra vendetta nei confronti di chi ha rovinato il nostro Paese, opprimendo e umiliando il popolo. Non rimpiango nulla, tant'è che ancora lsostengo ancora i ribelli, nelle mie possibilità. No, non rimpiango neanche gli atti di terrore e le esplosioni. Neanche quando i detriti di alcune abitazioni colpite -evidentemente qualche calcolo era sbagliato, chissà- vennero giù a valanga per seppellire me e altri colleghi in una tomba di polvere e roccia.
Non rimpiango nemmeno quello. Perché lì in fondo, mio amato Faaris, finalmente abbiamo capito. Abbiamo capito assieme che non importava più nulla, ormai. Ripensavamo a tutti coloro che amavamo, che non ci sono più, che se ne sono andati, che sono rimasti con noi.
Ripensavamo alla Siria che rinascerà dopo la Primavera Araba grazie ai sacrifici dei ribelli. E noi che lentamente morivamo schiacciati dal nostro passato. Ripensavamo alla vita difficile ma spensierata di allora, prima del collasso, e -non so bene il perché- nello stesso istante decidemmo simultaneamente che doveva essere così la nuova nazione.
Con tutte le sue più colorate sfumature, ma unita. E, d'incanto, ripensammo alla nostra Eva, alla nostra patria, alle cose felici che ci sono capitate. E tutto di colpo perse significato. Come neve al sole, mentre ci estraevano dalla nostra prigione di detriti le nostre barriere si sciolsero, i brutti ricordi smisero di essere incubi e tu, mio grandissimo amico, tornasti da me. Tornasti alla tua origine, all'altra metà del cervello occupando quel vuoto posto della mente lasciato libero e che ti spettava di diritto. Tornasti finalmente a casa.
Da me.

Tuo, Hassan.

   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: Danail