Fumetti/Cartoni americani > Danny Phantom
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Autore: Mychron    07/09/2017    0 recensioni
È da un anno ormai che Danny e Valerie combattono fianco a fianco. Questa tregua, però, potrebbe portare a qualcos'altro... se i due riuscissero ad affrontare i propri demoni interiori, e ad aprirsi l'un l'altro. DxV. Phantom Planet non è mai avvenuto.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Daniel Fenton/Danny Phantom
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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O la morte, o la vita

 

“...E ti ricordi dove aveva lanciato la scatola?” rise Danny.

Valerie, che stava bevendo, sputò la birra in faccia al fantasma e sulle patatine. Rideva così forte che si mise a piangere.

“Ahahaah! Oddio, oddio..!” biascicò a fatica. Tra le lacrime e la birra che ancora le colavano dal mento e dal naso, era così ridicola, che fece a sua volta ribaltare il fantasma dalle risate.

Il ragazzo però si riprese presto e, mentre guardava Valerie, gli spuntò un sorrisetto malvagio. Fece per tirare fuori il cellulare che teneva sempre con se' in una tasca nascosta.

Non era il suo cellulare, o meglio, non era quello di Fenton... glielo aveva procurato Tucker, da usare unicamente come Phantom, per le emergenze. Gli unici ad averne il numero erano i suoi amici, Jazz, Danielle e Valerie.

Lo tirò fuori piano, cercando di non dare nell'occhio. Con la coda dell'occhio, però, Valerie se ne accorse, e si gettò sull'oggetto con un gesto fulmineo. Phantom però fu più veloce e riuscì a sfuggirle gettandosi a lato. La ragazza tentò un secondo attacco, e lui semplicemente volò fuori dalla sua portata.

“Phantom... se scatti quella foto, ti ammazzo. Di nuovo.” Ansimò lei. Era ancora seduta sulla tovaglia. Allungò il braccio sinistro dietro di se', cercando un fazzoletto per pulirsi, ma senza staccare gli occhi dallo spettro ghignante.

Danny fece per scattare di nuovo, ma impiegò un istante per mettere a fuoco l'immagine; Valerie si era già ripulita e si lanciò su di lui.

“Yeeek!” gridò lui, ad occhi sbarrati. Colto di sorpresa, cadde giù sotto il peso della Cacciatrice, e mentre i due rotolavano lei riuscì a prendergli il telefono a balzare via.

“Prova a prenderlo adesso, mostriciattolo.” disse, in tono di sfida.

Danny era però ancora immobile, con un'espressione incredula.

“Come... come hai fatto ad arrivarmi addosso? Ero almeno a... boh, due metri?”

La ragazza sorrise. Con la mano libera indicò un tallone. “Micro-jet. Posso evocare piccole parti della tuta a piacimento. Comodo, eh?”

“Ohh. Continuo a dimenticarmene.” ridacchiò Danny, scuotendo la testa.

“Ed è per questo che io continuo a batterti.” replicò Valerie, compiaciuta.

“Ah sì?” rise Danny. Chiuse gli occhi per un attimo, e corrugò la fronte. Valerie vide che si stava concentrando, e si mise immediatamente sull'attenti.

Nulla però poteva prepararla alla mano intangibile che, alle spalle, le attraversò il corpo e prese il telefono. Persa la presa sull'oggetto, la ragazza si girò di scatto, ma... non poté fare molto altro, davanti al clone di Danny che, ancora incorporeo, si ergeva alle sue spalle.

“Facciamo che tu continui a battermi, solo perché io non faccio mai sul serio, che ne dici?” sogghignò la copia.

“Oh sì? Allora perché non torni su questo piano materiale, se hai il coraggio?” disse lei.

Il clone la guardò incerto per qualche istante, poi si dissolse, lasciando cadere il telefono. Valerie lo prese prima che toccasse terra. Guardandolo curiosamente, si sedette. Danny roteò gli occhi e le si sedette accanto.

“Va bene, non c'è più rischio che io ti faccia foto compromettenti. Ora posso riavere il telefono?” si lamentò il fantasma. La ragazza lo ignorò.

“Nah, prima vediamo cosa c'è di bello nel cellulare del famigerato fantasma, Danny Phantom!” disse Valerie, rapita dall'oggetto che teneva tra le mani. Aprì qualche applicazione e si diede all'esplorazione sfrenata. Danny non era preoccupato di quello che lei avrebbe potuto trovare: dal momento che era il cellulare di Phantom, lo teneva pulito da qualsiasi forma di informazione personale, compresi i numeri di telefono. Per non dover usare la rubrica, aveva imparato a memoria una decina di numeri di telefono utili... una faticaccia, ma era stata necessaria. L'unica libertà che si era concesso, era... beh...

“Tu hai un problema, ragazzo mio.” sospirò la Cacciatrice, mostrandogli lo schermo con un'espressione che diceva a chiare lettere “Sul serio?”. Danny si ritrovò faccia a faccia con se stesso.

“Che c'è? Vanno di moda i selfie, adesso. Non c'è nulla di male...” bofonchiò il ragazzo, sulla difensiva.

“Nulla di..? Phantom, qui ce ne saranno un centinaio. Alla faccia dell'ego!” ridacchiò la nera. Danny sentì le guance ghiacciarsi e illuminarsi di verde.

“Ci si annoia... durante le ronde...” Non volendo continuare il festival dell'umiliazione, con un rapido gesto riprese il cellulare, e stavolta Valerie lo cedette senza opporre resistenza.

“Ti capisco, sai? Non sopporto andare in giro ad aspettare che i mostri si facciano vivi... ed è per questo che non lo faccio quasi mai.” La ragazza si fece un po' di spazio tra le confezioni vuote di cibo, e si sdraiò, guardando il cielo che si oscurava rapidamente. “...Ed è per questo che mi perdo la maggior parte delle battaglie. Sono proprio una testa calda, dovrei imparare ad essere più paziente.”

“L'hai detto tu, non io.” bisbigliò Danny.

“Cosa?”

“Niente! Uhm... però quando facciamo le ronde insieme è divertente, dai.” disse il fantasma, massaggiandosi la nuca.

Valerie si girò verso di lui e sorrise. “È vero.” tornò a guardare il cielo, dove le prime stelle già facevano capolino. “Sai, sei migliorato parecchio con i cloni. Pochi secondi e ne hai tirato fuori uno totalmente indipendente... niente male.”

Danny fece spazio per terra e si sdraiò a sua volta, a mezzo metro dalla ragazza. “Sto facendo progressi, è vero... però non riesco ancora a crearne più di uno, e mai più che per qualche minuto. Se penso a quanto era riuscito a fare Plasmius...”

“Ehy. Non tocchiamo l'argomento Vlad, intesi? Lui era un ingannatore, un bugiardo! Per forza sapeva fare molti cloni, era la doppiezza incarnata, quel... quella sottospecie di stronzo!” disse Valerie a denti stretti. Prese una delle bottiglie vuote che aveva accanto, e la scagliò contro un albero, dove il vetro si infranse in mille pezzi.

“Forse hai ragione... meglio non toccare l'argomento Vlad.” ridacchiò Danny. “Ma davvero pensi che le due cose siano correlate? Essere bravi bugiardi e la creazione di cloni?”

“Arrgh! Io... uhm, non lo so... è una cosa a cui ho pensato, a volte. Ho visto molto raramente i fantasmi duplicarsi come fa lui, ma da quel che ho capito, i cloni... è come se fossero una rappresentazione fisica dei nostri conflitti interiori. Non saprei spiegarlo meglio, non è che un'intuizione...”

“No, no, credo tu ci abbia preso... ho notato anche io che mi è più facile sdoppiarmi quando sono indeciso su cosa fare. E mi è stato praticamente impossibile farlo del tutto, fino ad un incidente...”

“Che incidente?”

Danny rimase in silenzio qualche istante, combattuto su cosa dire, e come.

“Se non vuoi parlarne, va bene...” disse dopo un po' Valerie, titubante.

“No, no... non è successo niente di che. Ero entrato nel laboratorio dei Fenton per svuotare il carico del Thermos nel portale, quando vengo preso dalla malsana idea di provare l'Acchiappa-sogni Fenton. È un gigantesco acchiappa-sogni in grado di dividere l'ectoplasma che ci passa attraverso. Insomma, mi era venuta questa idea di sdoppiarmi per essere più efficiente, e così ci sono passato in mezzo... che idiota. Creai sì due versioni di me stesso, ma la mia personalità finì con l'essere sdoppiata a sua volta, e quando provai a risistemare le cose, furono i miei poteri ad impazzire...”

“Confermo, sei un idiota.”

“...diiiicevo. Meno male che c'era il lato per rifondere l'ectoplasma come prima, o non avrei saputo come cavarmela. Però da quel momento in poi sono riuscito a creare, anche se solo per pochissimi istanti, una copia. Il mio bimbo bellissimo..!” disse Danny, fingendo una lacrimuccia di commozione.

“Ahahah, poveri Fenton... se sapessero quanti danni fai con le loro invenzioni!” rise Valerie.

“Ehy! Se non fosse per me, quelle invenzioni non verrebbero mai usate contro vere minacce!” si lamentò il ragazzo.

“Eh, te lo concedo.”

I ragazzi tacquero e trascorsero diversi minuti ad osservare le stelle, in silenzio. Diversamente da prima, quel silenzio non era imbarazzato, né pesante, ma accogliente e familiare. Valerie era sorpresa da come stava andando quel pic-nic... mai si sarebbe aspettata di rilassarsi così tanto in presenza del giovane fantasma. Anche senza girarsi, ne percepiva vagamente la presenza fredda alla sua destra, come se fosse sdraiata accanto a un frigo con la porta aperta. Il bagliore dello spirito stranamente non impediva la visione delle stelle, e la ragazza si rese conto che anche se i fantasmi emettono luce, non illuminano mai nulla.

“A cosa pensi?” chiese d'un tratto Danny.

“Alla luce spettrale.”

“...eh?”

“La luce che avvolge voi fantasmi, dai. Hai mai notato che gli oggetti non la riflettono? Come se non fosse veramente lì.”

Danny l'aveva notato, sì, quando aveva provato a leggere un libro al buio, usando solo la sua luce corporea come fonte d'illuminazione. Non aveva funzionato, le pagine rimanevano nere anche se ci appoggiava una mano sopra. Non disse nulla.

“Per certi versi, è come la luce delle stelle. La vedi, ma non illumina. E, come la luce delle stelle, mostra qualcosa di un passato che ormai non esiste più.” la ragazza si girò a guardare Danny. “Lo sapevi che la luce delle stelle che vediamo è vecchia di milioni di anni? È il tempo che ha impiegato per arrivare fino a qui... significa che molte di quelle stelle sono già morte da chissà quanto tempo, eppure continuano ad essere lì, notte dopo notte.”

Certo che lo so, Valerie. Te le ho raccontate io queste cose. Pensò Danny, cupamente.

“Ah, sì? Forte.”

“Giah” sospirò lei, tornando a guardare in su.

Entrambi provavano nostalgia l'uno dell'altro. Ma solo Danny lo sapeva.

Perché devo fare finta di non provare niente? Pensò. È una cosa stupida. Lei è qui, io sono qui, non importa nient'altro. Si vive una volta sola! Non potrà che reagire male, idiota... NO! Tutto questo è stata una sua idea, è evidente che ci tiene! Sì, ma a come si tiene a un collega. Devo lasciar perdere, finirei col rovinare la tregua. Ma... ma non posso continuare a fare finta di niente! A me piace, e voglio che lei lo sappia. Al diavolo la ragione, viva gli ormoni.

Presa finalmente una decisione, il ragazzo fantasma si girò a guardare l'oggetto dei suoi pensieri. Sdraiata a guardare il cielo, coi capelli ricci e morbidi sparsi attorno alla sua testa come una corona, sembrava una creatura fatata. Gli occhi verdi le splendevano, sereni.

“Sei bellissima.” disse. Improvvisamente la ragione gli tornò nella zucca e si rese conto di aver fatto una cazzata. Smise di respirare. Non che ne avesse bisogno.

“Cosa?” disse Valerie. Si girò verso di lui, ad occhi sbarrati. Quando non ricevette risposta, si tirò su puntellandosi sui gomiti. “Pardon? Ho capito male?”

Per un attimo, tutta la concentrazione di Danny fu sul non sparire e non sprofondare nel terreno. Ma avrebbe voluto, oh se avrebbe voluto. Valerie gli tirò un ceffone in faccia.

“OHY! È inutile che fai il morto, innanzitutto lo sei già, e poi non ti ha mai impedito di rispondere alle domande.”

La scarica di adrenalina finalmente scosse Danny dalla paralisi. Ma non dall'idiozia.

“Ho detto che sei bellissima, okay? Perché devi sempre fare un dramma di qualunque cosa?” urlò con voce stridula, e si girò a voltarle la schiena, imbronciato.

Ora era il turno di Valerie a rimanere immobile. All'inizio aveva davvero pensato di aver sentito male. Credeva che, presa tra i suoi pensieri, avesse perso l'inizio della frase. Lei immaginava che il fantasma avesse detto “Questa serata è bellissima” o “la natura è bellissima” o qualche stronzata del genere; ma questo, questo... lei non era preparata per questo. Sentì la faccia andarle in fiamme e lo stomaco contrarsi.

No corpo, non è il momento di fare lo stupido. È di Phantom che stiamo parlando, uno spirito morto e defunto... non aggiungiamo la necrofilia alle stranezze della mia vita, okay? Okay. E poi, che razza di modo è per dirmelo? Che idiota.

“Ehy, mi dicono dalla regia che sei un idiota.” disse infine lei, come un dato di fatto.

“Ah sì? Beh..! ...dimmi qualcosa che non so.” borbottò Danny, risentito. Bel lavoro, supereroe.

Vedere lo spirito così abbattuto suscitò qualcosa in Valerie. Le tornò in mente l'altro Danny, il Fenton, e quanto ancora tenesse a lui... evidentemente aveva un debole per i ragazzi vulnerabili. Ripensare a Fenton di solito l'allontanava da qualunque attrazione nei confronti dell'altro sesso; in quel momento però si rese conto che non aveva senso. Aveva lasciato Fenton perché era troppo pericoloso frequentarlo, era diventato un bersaglio; e non avrebbe potuto stare insieme a lui finché avesse continuato a essere la Cacciatrice Rossa. Questo poteva essere anche per sempre... e allora lei cosa avrebbe dovuto fare, rimanere da sola tutta la vita? Non legarsi ad anima viva per non mettere in pericolo nessuno?
Ma forse il punto era proprio questo. La sua vita sociale ormai non esisteva più, quella affettiva non poteva esistere... anche suo padre ormai lo vedeva di rado, il loro rapporto era da molti anni incrinato da bugie e incomprensioni. E se non poteva legarsi ai vivi... forse la sua unica possibilità era farlo coi morti.

L'idea la fece piombare in una voragine di disperazione. La gola le si seccò e le salirono le lacrime agli occhi.

Danny percepì che era cambiato qualcosa, e si girò di nuovo a guardarla. E quella fu la prima volta che la vide piangere.

D'istinto, senza pensarci, l'avvolse in un abbraccio. La sua confusione aumentò quando il gesto fece diventare le lacrime un vero e proprio pianto a dirotto.

“Su, su... non fare così...” cercò di consolarla, “n-non dicevo sul serio..? Sei un cesso a pedali!”

La ragazza tirò su col naso. “Ah ah, diverdende.”

“Dico sul serio! Sei orrenda! Prima ero ironico. Sarcasmo puro. Sei un pugno in un occhio.”

Lei ridacchiò, tra le lacrime. “Smeddila! Sdo avendo un dracollo esisdenziale, e du devi sempre rovinare duddo col duo humor di merda!”

Lui raccolse e le porse un fazzoletto. “Allora, nessuno ti aveva mai detto quanto sei bella?”

Valerie si soffiò vigorosamente il naso. “Pfft, ma per piacere. Tutti i ragazzi che ho avuto hanno baciato il suolo su cui camminavo. Io so di essere bella. Grazie tante.”

“E allora qual è il problema?” osò chiedere Danny, con tutto il coraggio che aveva in corpo.

“Il fatto è che... non ti offendere, ma una volta, appunto, avevo più di questo. Avevo un ragazzo che mi amava, amici e amiche, tante belle cose e una bella casa. E poi sei arrivato tu. E io... io ho scelto te. Ho scelto di rinunciare a tutto quello che mi era rimasto per catturare te, e gli altri fantasmi... ho lasciato tutto per diventare la Cacciatrice Rossa. E-e anche ora che posso tornare indietro in qualunque momento, che non ho più una vendetta da portare a termine... io continuo a scegliere te. La caccia. Mi sono resa conto adesso che non voglio tornare indietro, e che tutto quello che ho avuto, non lo avrò mai più... io... non penso di averci mai davvero pensato, fino ad ora.”

Danny la guardava, confuso. “Non sono sicuro di capire cosa stai dicendo...”

Valerie scosse la testa. “Neanche io mi capisco. Benvenuto nel club.” La ragazza sollevò gli occhi, ancora arrossati e lucidi, a guardare quelli dell'altro. “Phantom... perché mi hai detto che sono bella?”

Danny sentì l'imbarazzo tornare, potente. “P-perché lo pensavo. Mi -mi piaci molto, Val.” riuscì a spiccicare, distogliendo lo sguardo dagli occhi verdi di lei.

“Al punto da avere una relazione con me, intendi?” incalzò la nera. Stranamente, la sua voce pareva priva di emozioni.

“B-beh sì...cioè, se tu ricambiassi..! Sarebbe... uh, molto fico?” Mioddio, Fenton, hai appena raggiunto nuovi livelli di patetismo. È un record.

“Prova a metterti nei miei panni. Se io mi mettessi con te, sarebbe una relazione con una persona morta. Solo un sociopatico lo troverebbe allettante.” Danny aveva da ridire, ma la voce di Valerie ricominciò a tremolare, e le lacrime riaffiorarono.

“Eppure...” continuò lei, “non sarebbe così strano per noi due, no? Ci conosciamo da anni, e ultimamente ho passato più tempo con te che con altri esseri umani. Sei pure carino. Ma sarà davvero questa la mia vita, d'ora in poi? Dover decidere tra stare da sola, o coi fantasmi?”

Danny non sapeva cosa rispondere. Per lui non era mai stato un problema; la sua famiglia e i suoi amici non l'avrebbero mai lasciato solo... ma con Valerie effettivamente questo discorso non valeva. Non si era reso conto di quanto la solitudine avesse pesato sull'amica... ma una parte nascosta di se' capiva bene il suo dilemma. Sarei capace, io, di voltare le spalle a tutti quanti, se il gioco dovesse diventare troppo pericoloso?

“Ehy, noi fantasmi non siamo così male...” tentò di scherzare, “la Zona Fantasma è un po' un mortorio, ma basta metterci una pietra sopra!”

Valerie lo guardò malissimo. “Fai un'altra battuta del cazzo e giuro che ti disintegro. Sul serio, stavolta.”

“Eddai, non posso dire due parole in croc...”

Quella notte, gli abitanti di Amity Park videro qualcosa che non succedeva da tempo: il Ragazzo Fantasma che sfrecciava per il cielo urlando scempiaggini, e la Cacciatrice Rossa che lo inseguiva, sparando a tutto spiano.

   
 
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