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Autore: LostRequiem    07/09/2017    2 recensioni
#Più cresceva, più si rendeva conto di avere sempre avuto ragione.
Le persone sono tutte uguali.
#E per l'ennesima volta pianse. Ma in silenzio.
AtsuMasa, raccolta. Tematiche delicate. 25 tra Flash e Drabble, 2831 parole.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Kariya Masaki, Minamisawa Atsushi
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Rise up

 

Should've stayed, were there signs, I ignored?
Can I help you, not to hurt, anymore?


We saw brilliance, when the world, was asleep
There are things that we can have, but can't keep


 

 

#01 Barriera

Masaki era uno di quei ragazzi che non riescono ad esternare bene le emozioni. E che, quando lo fa, ha sempre paura di esporsi troppo, perché non sa fidarsi della gente.

E che, anche quando ci prova, resta titubante nell’aprirsi, con la paura costante che da un momento all’altro possa essere tradito da chi gli sta più vicino, con il terrore che alla fine siano tutti uguali.

Perché si era già fidato, una volta.

Aveva permesso a qualcun altro di aprire un piccolo varco nella propria barriera, di attraversarla, di scalfirla, non si era più nemmeno opposto quando aveva cercato di distruggergliela.

Ma poi, anche lui se ne era andato. E la barriera crebbe, da allora, rinforzandosi.

Perché più cresceva, più si rendeva conto che aveva sempre avuto ragione.

Le persone sono tutte uguali.                

                                                                                                                                                                             

 

#02 Tutti

Atsushi lo scrutava in silenzio, senza domandargli quello che l’altro si aspettava avrebbe chiesto, ciò che si aspettava sempre da tutti.

E Masaki aveva la risposta pronta, avrebbe tirato fuori quelle parole indifferentemente, quasi come un automa, in un modo freddo, come ogni altra volta.

Nessuno si era mai fatto troppi problemi a chiederglielo, né a guardarlo confuso dopo aver ricevuto la risposta.

Ma non arrivò alcuna domanda.

Si girò, e lo guardò, non capendo: appena i suoi occhi incontrarono i suoi, Atsushi non fece nulla.

Rimase lì, e lo fissò.

 

 

#03 Errore

Il primo bacio che si diedero venne poi riformulato nella testa del turchese come un errore: aveva ricambiato, anche se l’iniziativa non era stata sua, e non si era staccato se non dopo molti secondi, lentamente, senza riuscire a capire bene cosa fosse successo.

Per un minuscolo istante ebbe anche l’istinto di baciarlo di nuovo, ma tutto questo era già accaduto, una volta.

E lui non voleva più soffrire, si era ripromesso di non ricaderci.

Corse via, lasciandolo lì. E tranquillizzandosi un po’ nel sentire che non lo stava seguendo.

 

 

#04 Attacco

Quando si conobbero non potette evitare di considerarlo irritante oltre i limiti della decenza, con quel suo comportamento da ragazzino superiore a tutti: certo, doveva ammetterlo, a calcio era bravo, più che bravo, ma questo non giustificava di certo tutte le arie che si dava.

Inoltre nemmeno gli passava mai il pallone, faceva ‘l’attaccante prezioso’.

Ma il migliore attacco è la difesa e, convinto di questo, durante una partita Masaki osò rubargli la palla, nonostante lui non fosse suo avversario, e ben consapevole di essere un difensore.       

Non riuscì ad arrivare molto lontano ma, ancora sorpresi per il gesto improvviso, due occhi scuri lo scrutarono interessati in quel momento, e per tutto il resto della partita.


 

#05 Alone

Appena alzato, Masaki cercò con la destra il suo pacchetto di Winston, afferrando una delle poche sigarette rimaste e portandosela alle labbra.

Era ben consapevole di quanto fumare, così tanto inoltre, facesse male, infatti le sue condizioni di salute non si potevano certo definire migliorate da quando aveva iniziato, ma non gli importava.

E dopo la promessa, il fumo gli era sembrato il metodo migliore per danneggiarsi.

Mentre lo ricacciava fuori, un alone grigio si sollevò lentamente e si diradò scomposto in mezzo alla stanza, facendolo tossire.

Lui non sarebbe stato d’accordo.


 

#06 Stallo

Atsushi gli aveva sfiorato i capelli, dolcemente, ma l’altro si era scansato, tacendo.

Questa situazione di stallo non andava bene a nessuno dei due: il turchese non voleva più avere una storia perché sapeva che, se avesse permesso ancora di entrare a qualcuno, stavolta sarebbe crollato.

Mentre il viola si era accorto delle occhiate involontarie del più piccolo, del suo arrossire di fronte a certi argomenti, del fatto che quel bacio non gli fosse dispiaciuto. E aveva intenzione di capirlo, Masaki, non era tipo da arrendersi.

‘Hai ricambiato, Kariya…’

‘È stato un errore… non so cosa mi sia preso. Io… non sono gay.’

Sapevano entrambi che era una bugia.

Solo uno di loro, però, non sapeva che l’altro aveva paura.

Paura di innamorarsi.

 


#07 Rinascita

Il calcio era ciò che l’aveva aiutato finora ad andare avanti. Vincere, lottare, distrarsi da quello che gli succedeva intorno era un po' come estraniarsi, come rinascere per qualche ora, dimenticandosi del mondo.

Ma poi i ricordi ritornano, ti tormentano e ti trascinano per le gambe per tutto il resto del tempo, senza darti tregua, uno dopo l’altro a martellarti costantemente la testa, ricordandoti chi sei, quello che non hai, quello che non puoi più avere, quello che vorresti dimenticare.

Ed è allora che fa male.

Quando rivedi, al buio della tua stanza, i tuoi fantasmi.

Masaki era stato picchiato. Picchiato per via della sua debolezza, del suo orientamento sessuale.

Masaki era stato abbandonato. Abbandonato dai suoi genitori. E da lui.

Masaki era stato tradito. Tradito da chiunque.

Masaki l’aveva superato.

O almeno, è quello che si ripeteva fino alla nausea.


 

#08 Febbre

Atsushi venne raggiunto da un Masaki decisamente preoccupato per la lieve febbre e l’insistente tosse che lo tormentavano da qualche minuto; gli aveva portato dell’acqua e rimboccato le coperte, sedendosi vicino a lui e offrendosi per qualsiasi cosa avesse bisogno.

Sapeva essere premuroso anche lui se voleva.

Atsushi sorrise a questo pensiero, e poi chiuse gli occhi, prendendogli la mano.


 

#09 Segreti

Atsushi gli circondò la vita, ansimando e volgendo lo sguardo al soffitto, mentre il più piccolo lo stringeva, sudato e ansimante anche lui.

Quasi urlandosi i propri nomi a vicenda, stringendosi, tra i gemiti e i sospiri avevano fatto l’amore, si erano amati al buio, avvolti da delle coperte di parole mai dette e segreti che ognuno di loro aveva.

Ed ora, in silenzio, entrambi riflettevano. Sul passato, sul presente. E sul futuro.

 ‘Ah… Non… era la tua prima volta… vero Atsushi?’

‘No… E nemmeno la tua…’

Ma nessuno dei due si pentiva.

Lo guardò dolcemente, dopo lo baciò.

 

 

#10 Famiglia                                                                                                

I suoi genitori adottivi, Hiroto e Midorikawa, lo abbracciarono con tutte le loro forze e Masaki ricambiò, aggrappandosi a loro più forte che poteva, lasciandosi consolare.

C’erano sempre stati per lui, lo sapeva, erano stati la sua famiglia da quel giorno in cui l’avevano portato via da quell’orfanotrofio, anche se li aveva fatti patire molto prima di accettarli.

Avrebbe dato qualsiasi cosa per loro.

Ma adesso voleva solo urlare, urlare e piangere come mai nella sua vita.

Scivolarono piano tutti e tre a terra, rimanendo abbracciati, senza dire una parola, mentre il freddo ticchettio di un orologio scandiva il tempo, un tempo che non significava più assolutamente niente.

 


#11 Litigio

Ti ho forse dato il permesso?!’

‘No, ma…’

‘Ti ho detto un sacco di volte che non devi frugare tra le mie cose, cos’è che non ti è entrato in testa?!’

Atsushi era tremendamente geloso dei suoi averi, e questo il suo ragazzo lo sapeva perfettamente, ma non credeva che si sarebbe arrabbiato così tanto solo perché aveva rovistato nella sua scrivania, era semplicemente curioso.

E voleva dare un’occhiata ai famosi libri di letteratura giapponese di cui parlava tanto.

Perciò litigarono pesantemente finché il turchese non se ne andò sbattendo la porta.

Atsushi rimase lì, fissandola, e poi prese un foglio dalla scrivania, nascondendolo bene in un cassetto che poi chiuse a chiave.


 

#12 Biscotti

Masaki era solito sgranocchiare dei biscotti poco zuccherati, specialmente quando aveva fame e gli mancava la voglia di cucinare. Anche perché, avendo vissuto gran parte dei suoi anni con dei genitori adottivi davvero molto appiccicosi come i suoi, non aveva mai avuto bisogno di cucinarsi qualcosa da solo, ed il massimo che sapeva fare era scaldarsi un po’ di ramen.

Atsushi si era offerto molte volte di insegnargli, ma il più piccolo continuava a combinare disastri.

Il viola si rivolse a lui con un’espressione divertita mentre l’altro cercava in qualche modo di barcamenarsi tra i fornelli, senza riuscirci. Scocciato, Masaki afferrò la sua scatola di biscotti e si mise a mangiarli, rinunciando all’impresa.

‘Non mi riesce, è inutile!’

Avvicinandosi a lui, Atsushi si mise a finire il lavoro, rispiegandogli per l’ennesima volta cosa dovesse fare, prendendolo in giro.

‘Guarda che non ti fa bene riempirti di schifezze tutti i giorni’

‘Mhn… non sono schifezze’

‘Non saresti per niente una brava mogliettina Masaki!’

‘E-Eh?!’

 


#13 Solo

La cosa di cui aveva più paura, adesso, era restare solo.

Senza di lui.

 


#14 Amore

Alla fine Masaki aveva ceduto, la barriera si era abbassata, l’aveva fatto passare ed ancora non se ne capacitava.

Non era sicuro che non avrebbe sofferto ancora ma aveva capito che era qualcosa di troppo grande per lui; anche se non voleva, anche senon poteva, Kariya Masaki si era innamorato.

Sì.

Kariya Masaki si era innamorato di Minamisawa Atsushi.

 


#15 Sintomi

Atsushi aveva appena finito di leggere uno dei suoi libri quando sentì un’improvvisa fitta alla testa ed iniziò a tossire in maniera spropositata, portandosi le mani alla bocca.

La tosse non si fermava e sentiva dolore sia alla gola che alla schiena, pensò che probabilmente era un effetto dell’improvvisa febbre che gli era venuta quella stessa notte e si diresse in bagno per misurarsi, sempre senza smettere di tossire.

Ma, quando afferrò il termometro, una traccia rossa sulla sua mano sinistra attirò la sua attenzione.

Sgranò gli occhi, era sangue. Aveva macchiato un po’ anche il lavandino.

Masaki sarebbe rientrato a poco, e avrebbe fatto domande, quindi, calmatosi la tosse, pulì tutto in fretta.

E dopo, turbato, fece una chiamata.

 

 

#16 Sangue

Atsushi chiuse gli occhi, preoccupato, stringendo il cellulare con forza.

Poi ridiede un’occhiata ai fogli delle analisi che aveva davanti, per poi strapparli, con un’espressione cupa.

Si resse la testa con una mano, riflettendo.

Non sapeva cosa fare.

Masaki…’


 

 #17 Compleanno

Eddai, Masaki… è il mio compleanno, me lo merito’

Il più piccolo cedette, e fece scontrare le proprie labbra con quelle di Atsushi, il quale approfondì il contatto circondandogli la schiena ed accarezzandogliela.

Il bacio divenne man mano più intenso, finchè anche le loro lingue iniziarono a danzare senza tregua, le mani già sopra i vestiti.

Poi però, Kirino suonò alla porta. Aveva scordato la giacca.

‘Maledizione…’


 

#18 Solo

Alla fine se n’era andato anche lui.

Masaki era una di quelle persone che non dicono quello che pensano, per paura di esporsi troppo, ma se in quel momento lo avesse rivisto, anche solo per un attimo, gli avrebbe detto tutto, tutto quanto.

O forse gli avrebbe solo urlato quanto fosse stato idiota, quanto lo odiasse.

Anche se non era vero.

Probabilmente la colpa era sua. Ed ora si ritrovava, nuovamente, solo.


 

#19 Convivenza

Andare a vivere insieme non si era rivelata un’ottima idea, specialmente durante i primi giorni. Masaki era estremamente disordinato: non rifaceva il letto, lasciava in disordine il salotto-insieme alla tv accesa- ed era anche così sbadato che a volte rompeva qualcosa.

E quel qualcosa, ovviamente, era sempre di Atsushi.


 

#20 Sbaglio

Negli ultimi tempi Masaki era riuscito a trovare un modo per distrarsi dal dolore che lo stava distruggendo dentro: aveva creduto che affliggendosi del male fisico avrebbe potuto sentirsi meglio, ignorare i demoni che aveva in testa quando urlavano, punendosi allo stesso modo per quel carattere schifoso che aveva, perché in un certo senso lui si odiava.

E almeno adesso il dolore se lo procurava da solo.

Perciò in alcuni momenti afferrava la sua piccola lametta e aggiungeva un taglio, uno per ogni sbaglio.

Faceva male, ma era abituato a sopportare il dolore ed il sangue l’aveva impressionato solo la prima volta.

Però, un giorno, lui lo scoprì.

Fu la prima volta in cui lo vide piangere.

 

‘Promesso…?’

‘…’

Promesso.’


 

#21 Tubercolosi

Quando lo vide, steso a terra e coperto di sangue, sulle mani, sulle braccia, sulla bocca, Masaki si paralizzò.

E gli venne un sospetto atroce. Urlò il suo nome, lo scosse, lo bagnò di lacrime.

Lui non si mosse.

Tutto quello che seguì dopo fu orribile.

 


#22 Perché

Era da qualche settimana che Atsushi lo teneva a distanza e lo evitava, era palese.

Stava fuori tutto il giorno, non lo chiamava e non voleva assolutamente essere baciato; ogni volta che il turchese ci provava l’altro lo scansava, lo liquidava con frasi sconnesse, diceva di essere impegnato o semplicemente se ne andava, senza dire una parola, lasciando Masaki stordito e ferito.

Più volte aveva provato a parlargliene, ma il viola si comportava stranamente con lui: un attimo prima appariva gelido e distaccato, ma poi lo guardava e gli accarezzava i capelli senza dire una parola. E sorrideva. Lo avrebbe preso volentieri a pugni quelle volte.

In quel momento Masaki temette volesse lasciarlo, temette che sarebbe accaduto di nuovo.

‘Tu… stai bene vero?’ se ne usciva con questa frase, a volte, senza capire-dal suo punto di vista- che no, non stava affatto bene. Che niente andava bene.

‘No che non sto bene! Io… perché…’

‘…Fisicamente’

 

 

#23 Ti amo

Si misero insieme dopo il quinto bacio, dato davanti a tutta la squadra che li osservava stupita, un po’ confusa e infine contenta per loro.

Masaki sorrise. E fu felice, quel giorno.


 

A distanza di due mesi, disteso in un letto sfatto, si ricordava ancora quel giorno perfettamente, e non faceva altro che sorridere, ripensando a quanto la propria vita, grazie a Minamisawa Atsushi, fosse cambiata.

‘Ti amo, Masaki.’

‘Ti amo anche io, Atsushi’

Non potette fare a meno di pensare che, forse, si era sempre sbagliato.

Le persone non erano affatto tutte uguali.


 

#24 Sfiducia

Atsushi non aveva mai avuto problemi di salute particolarmente gravi, era un ragazzo che seguiva un’ottima alimentazione e che, giocando a calcio, si teneva perfettamente in forma, infatti poteva vantarsi, oltre che delle proprie fattezze, anche del fisico -e non si faceva certo pregare due volte-.

Amava giocare a calcio, anche se aveva iniziato più per sfizio e per ottenere crediti dal club della scuola che per passione, al contrario di molti suoi compagni di squadra, ma poi aveva capito che questo significava davvero molto altro ancora, che non ci avrebbe più rinunciato.

E grazie ad esso aveva conosciuto Masaki.

Aveva sfiducia nella società e non la considerava abbastanza competente, era attaccato in modo quasi morboso ai limpidi valori della letteratura e alla mitologia, tanto che spesso citava qualche frase ai suoi amici, senza che questi capissero molto.

Era anche estremamente testardo.

E per certe decisioni non avrebbe mai cambiato idea.

 

 

#25 Dolore

Il giorno del funerale Masaki non volle più uscire di casa.

La consapevolezza di essere stato così cieco riguardo ai suoi colpi di tosse improvvisi, di non avere mai indagato a fondo sulla sua salute, lo schiacciavano più di come avrebbe potuto fare un pesante macigno, e ogni volta che ripensava al suo viso sorridente, era come se la figura di Minamisawa Atsushi riapparisse, per un breve istante, lì davanti a lui, come un effimero fantasma.

Ma non poteva più toccarlo, non poteva più stringerlo, non poteva baciarlo.

Poteva solo piangere e urlare il suo nome.

La sua malattia si sarebbe potuta curare, ma lui, per qualche ragione, non l’aveva fatto. Aveva aspettato, aspettato, aspettato.

E per questo adesso Masaki lo odiava.

Era stato egoista, l’aveva lasciato solo. Non l’aveva nemmeno più baciato.

Pensandoci, in quel momento sperò profondamente di essere stato contagiato.

Atsushi…’

 

Prese lentamente un’altra delle sue Winston ed iniziò ad inalarne il fumo, con uno sguardo vuoto, segnato da occhiaie profonde.

Come se non avesse fretta, un alone grigio iniziò a diradarsi scomposto intorno a lui, fondendosi delicatamente con l’aria circostante.

Inspirò piano, chiudendo gli occhi.

E per l’ennesima volta, pianse.

Ma in silenzio.


 

 

If they say
Who cares if one more light goes out?
In a sky of a million stars

It flickers, flickers
Who cares when someone's time runs out?


If a moment is all we are
We're quicker, quicker
Who cares if one more light goes out?
Well do

 

 


 

 

 

Angolino dell’autrice

Allora… era già da un bel po’ che avevo intenzione di scrivere qualcosa su Inazuma Eleven e la scelta è ricaduta su questa coppia. La mia OTP è la RanMasa ma credo che Masaki e Atsushi abbiano dei caratteri molto affini e li vedo bene insieme.

Oltretutto i loro personaggi non sono troppo caratterizzati come quelli principali, perciò spero di non risultare OOC e di averli resi bene.

Ho scelto proprio il venticinque come numero perché è la somma dei numeri delle loro magliette (Atsushi ha il dieci, mentre Masaki il quindici). Come credo si sia intuito qui i personaggi sono più grandi che nella serie e Atsushi è tornato nella squadra.

Le parole in inglese, invece, vengono dalla canzone ‘One more light’ dei Linkin Park, canzone che amo e che, dopo ciò che è successo, mi ha portata a riflettere molto.

Beh… mi sono impegnata per scriverla e spero di aver trattato bene anche gli argomenti che ci sono sotto;

Vi ringrazio di essere arrivati fin qui e spero che questa… cosa depressiva vi sia anche minimamente piaciuta,

LostRequiem

 

 

   
 
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