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Autore: Annabeth_Granger1    07/09/2017    3 recensioni
Levi/Hanji (Levihan)| Barman Levi e Client Hanji AU | Accenni alla Nanaba/Mike | Spoiler minori del capitolo 69 | Fem!Hanji |
Levi pensava che la sua vita si fosse già capovolta abbastanza, finché non arrivò lei a fargli cambiare idea. Inoltre Mike e Nanaba non lo aiutavano di certo.
Dal testo:
"«Vuoi diventare un esperto di cocktail per fare colpo sulla nostra amica, Levi? Non me l’aspettavo.»
Levi gli rivolse uno sguardo truce e negò tutto. Ormai, dopo quasi tre mesi, si erano abituati al suo carattere particolare, ma Mike e la sua fidanzata non si aspettavano quella svolta.
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[Questa storia partecipa alla challenge "All summer Long" a cura di Piscina di Prompt e Fanwriter.it!]
Genere: Comico, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hanji, Zoe, Levi, Ackerman, Mike, Zakarius, Nanaba
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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A strange summer and a red cocktail

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★ Iniziativa: Questa storia partecipa alla challenge “All Summer Long” a cura di Piscina di Prompt e Fanwriter.it!
★ Numero Parole: 3077 (secondo word).
★ Prompt/Traccia: Diventare un esperto di cocktail solo per fare colpo. + Genere: Sentimentale. + Bonus: Estate in città.
 
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Il loro incontro non fu bizzarro. Almeno, non quanto lei
Levi aveva ventidue anni quando sua madre morì, poco prima dell’inizio di quell’estate. Il suo mondo si capovolse. Kenny, lo zio che Levi aveva visto veramente poco durante tutti quegli anni, lo accolse nella città di Trost. I primi giorni estivi in quella città furono freddi per il ventiduenne, forse per ciò che era successo a Kuchel. Levi si sentiva triste, anche se cercava di non darlo a vedere. Kenny lo invitò a casa sua abbastanza cordialmente, dicendo che avrebbe provveduto lui per il suo sostentamento primario. Levi sapeva che tutto ciò era temporaneo: quando avrebbe trovato un lavoro, lo zio l’avrebbe lasciato vivere da solo – soprattutto perché quest’ultimo viaggiava molto per lavoro e non poteva badare al nipote. Tuttavia Levi andava ancora a scuola e, se prima i pochi soldi che la madre guadagnava gli avevano permesso di continuare, ora aveva bisogno di un lavoro sia per quello, sia per il proprio sostentamento futuro.
Fortunatamente trovare un lavoro fu meno difficile di quanto Levi pensasse. Vicino a Kenny abitava Erwin, un uomo alto e biondo, un ex soldato senza più un braccio e il proprietario di un bar chiamato “Jiyuu no Tsubasa” situato al centro della città. Il bar era parecchio grande e molto affollato, soprattutto la sera. Erwin, dopo averlo conosciuto un po’, lo assunse. Anche se per assumere una persona ci voleva solitamente più tempo, Erwin lasciò correre, capendo la situazione. Inoltre un altro barista poco tempo prima, un certo Keith, aveva cambiato lavoro.
«Però, Levi, almeno davanti ai clienti, cerca di nascondere quel tuo sguardo truce, va bene?» gli disse Erwin quando gli propose il lavoro da barista, mentre si asciugava il sudore con un fazzoletto.
«L’estate qui in città è atroce in questi giorni! Vero, Levi?»
Per quanto quell’uomo all’inizio non gli piacesse – forse per il suo portamento troppo mondano, per lui che era cresciuto in un piccolo paese, o forse per le sue sopracciglia troppo folte – accettò il lavoro, senza rispondere alla domanda riguardante l’estate. Per lui era fredda, nonostante le temperature.
Ora quindi, mesi dopo la sua assunzione, era lì insieme a Nanaba, cercando di imparare a fare degli stupidi cocktail. Qualunque barista dovrebbe esserne capace ma, dato che lui era arrivato da poco, i cocktail li preparavano sempre Mike e Nanaba, gli altri due baristi del locale – infatti insieme a Levi ogni volta c’era almeno uno degli altri due. Tuttavia un giorno decise di imparare a prepararli e la cosa fece sogghignare i suoi due colleghi.
«Vuoi diventare un esperto di cocktail per fare colpo sulla nostra amica, Levi? Non me l’aspettavo.»
Levi gli rivolse uno sguardo truce e negò tutto. Ormai, dopo quasi tre mesi, si erano abituati al suo carattere particolare, ma Mike e la sua fidanzata non si aspettavano quella svolta.
Perché aveva deciso di imparare a fare quei drink così all’improvviso? Tutto era cominciato il primo giorno lavorativo di Levi. Per racimolare più soldi possibile lavorava maggiormente rispetto ai suoi colleghi, sei ore al giorno – dalle 7.30 alle 11.30 e dalle 20.30 alle 22.30. Ad ogni turno c’erano sempre due baristi cosicché se uno non c’era l’altro avrebbe potuto mandare avanti il locale allo stesso.
Quel giorno Levi se lo ricorderà per sempre. Era il 26 giugno. Insieme a Nanaba aprì il locale verso le 7.30 e dieci minuti dopo entrò lei. Levi era stato da sempre fissato con la pulizia e notò subito i capelli umidi della donna che si sedette al bancone. Indossava una camicia gialla e dei jeans, i capelli erano raccolti in una coda sfatta, ma furono i suoi occhi color nocciola a incuriosire Levi. Erano così espressivi, intelligenti e luminosi. Levi quel giorno cercò di fare un’espressione abbastanza “calorosa” ma non riuscì molto nell’intento, almeno questo è quello che gli disse successivamente la collega. Non era mai stato un bravo attore neanche per fare solo un falso sorriso.
«Ciao, Hanji! Hai dormito poco come sempre, vedo!» disse Nanaba notando le occhiaie della cliente, sorridendole.
Il locale in quel momento era deserto e Levi guardava le due, quasi interessato. Nanaba prima gli aveva parlato di quella cliente abituale, una sua amica di vecchia data che conosceva da parecchio anche Erwin e Mike. Gli aveva riferito che arrivava lì ogni giorno allo stesso orario e che – questo Levi l’avrebbe capito solo dopo – sicuramente l’avrebbe stupito.
«Ciao, Nanaba! Sì, anche stanotte ho dormito poco. Le mie ricerche hanno avuto la precedenza. Puoi prepararmi il solito caffè macchiato, per favore? Oh, ciao, devi essere il nuovo barista! Mi chiamo Hanji Zoë, molto piacere.» esclamò la donna, porgendo poi la mano dopo l’ultima frase.
Levi non aveva mai visto né una persona parlare così velocemente né una cliente presentarsi così amichevolmente a un nuovo barista. Ma, soprattutto, l’uomo non aveva mai visto un sorriso raggiante come quello. Iniziò a capire ciò che la collega gli aveva detto e percepì la stranezza di quella donna.
«Sì, mi chiamo Levi.» disse deciso e coinciso lui, stringendo velocemente la mano che lei gli porgeva – e che, Levi era sicuro, non era poi così pulita.
«Ieri Mike mi ha detto che si sarebbe aggiunto un nuovo collega per sostituire Keith. Ci sei tutti i giorni a quest’ora, giusto? Credo che avremo la possibilità di conoscerci, allora!» esclamò lei mentre Levi non le rispondeva, fingendo di concentrarsi su un ordine dato da un altro uomo appena entrato nel locale e tentando di ricordarsi le dritte che Nanaba gli aveva insegnato prima. Levi fortunatamente era uno che imparava in fretta.
Hanji intanto si era già fatta un’idea dell’uomo. Capì subito che, dietro quella scorza, c’era un uomo più gentile di quanto sembrasse. Levi, oltre a essere comunque attraente – non poteva negarlo –, sembrava interessante per la quasi-scienziata. Hanji sorrise quasi involontariamente, pronta nei giorni seguenti a iniziare una vera conversazione con lui. 
I giorni successivi per Levi passarono lentamente. Tranne la mattina – e in certe occasioni, soprattutto nel weekend, anche la sera. Insomma, solo con Hanji il tempo passava più in fretta. Soprattutto dopo che la donna ebbe l’occasione – una mattina in cui non c’era molta gente e lei non aveva fretta – di iniziare una vera conversazione con il barman, iniziò a parlare di se stessa. Levi scoprì che Hanji aveva la sua stessa età, andava all’università e voleva diventare un’antropologa – da qui Levi comprese il suo amore per la scienza, il suo essere una nerd e ciò che la teneva alzata la notte, oltre alla sua fissa per qualunque cavolata scientifica. Hanji però lavorava anche in un piccolo laboratorio privato – faceva una specie di tirocinio, almeno questo aveva capito Levi – quindi, oltre ai compiti, era impegnata anche durante le vacanze estive. Ma, soprattutto, Levi scoprì che Hanji parlava veramente molto. Delle sue ricerche, di altre robe scientifiche che il ventiduenne non capiva, ma anche dell’estate in città che – alla fine pure Levi cambiò idea su quell’estate, soprattutto dopo l’arrivo della ventiduenne – era sicuramente asfissiante quell’anno e si sudava anche uscendo per cinque minuti sotto il sole. Hanji, dunque, spaziava da un argomento all’altro con una capacità incredibile.
Levi si ritrovò, suo malgrado, ad ascoltare tutte le mattine qualche suo aneddoto. L’uomo all’inizio ascoltava distrattamente ma, essendo quasi sempre a quell’ora l’unica cliente, quello era il suo unico passatempo delle 7.40. Doveva anche ammettere che pian piano aveva iniziato ad ascoltarla sul serio e, soprattutto, si era meravigliato – ma non l’avrebbe mai ammesso – di come quegli occhi fossero così vividi. Iniziarono così a conoscersi davvero. Dopo due mesi di conoscenza iniziarono anche a darsi soprannomi – come “piccoletto”, “quattrocchi”, “occhiali schifosi” e via dicendo – e Levi iniziò a parlare anche della sua vita – poco, ma la cliente si accontentò. Hanji notò subito che lui parlava poco e a lei andava bene anche così. Levi si stupì di come lei lo capisse anche quando diceva qualcosa di apparentemente arrogante. Talvolta traduceva addirittura i suoi (piccoli) discorsi!
Forse era una conseguenza del loro crescente rapporto, ma qualche cliente mattutino, quando Hanji se ne andava, chiedeva addirittura a Levi se quest’ultima fosse una sua amica – o i più sfrontati la scambiavano per la sua ragazza, cosa che all’inizio Levi negava freddamente.
Il loro rapporto cambiò parecchio e abbastanza velocemente. Hanji diventò per l’uomo una nuova amica con cui passare il tempo senza troppe pretese e, doveva ammetterlo, iniziava ad apprezzare il loro tempo insieme. Anche quando parlava solo delle sue ricerche. Levi quindi capì ciò che Nanaba gli aveva detto: Hanji era una donna socievole e con un sorriso che, pian piano, scioglieva anche i cuori più duri.
Una mattina però, fu diverso. Hanji non parlò molto, aveva la faccia cupa e ciò insospettì l’uomo.
«Occhiali schifosi, che cavolo hai? Non è da te non parlare di cianfrusaglie scientifiche e altro.»
«Oggi non ho voglia, Levi. Di solito non odi quando parlo?»
«Non ho mai detto questo, quattrocchi.»
«Ma sembra sia così…» disse Hanji e Levi alla fine non disse più nulla. Non era in lei quel giorno e non voleva litigare. Però era curioso sul motivo del suo strano comportamento. Sperò che il giorno dopo sarebbe tornato tutto alla normalità.
Tuttavia si capì tutto la sera stessa, quella di un afoso sabato. Hanji bevve più del solito e, essendo un po’ più alticcia, proprio quando il turno di Levi stava per finire, Nanaba gli chiese se poteva portarla a casa sua (che era a cinque minuti di macchina da lì). Hanji soleva venire a piedi, tuttavia, secondo Nanaba, non era sicuro farla andare da sola a casa. Appena la barista diede l’indirizzo al collega lui notò che la casa di Hanji non era lontana da quella di Kenny.
«Quattrocchi, andiamo a casa tua. Ti porto in macchina io.» iniziò Levi, con il suo solito tono leggermente duro, tirandole il braccio.
«No, Levi, non voglio! Voglio bere ancora un po’!» gli disse lei con un tono quasi bambinesco.
«Occhiali schifosi, sei ubriaca, non sei in te. Devi andare a casa. Se non vieni con le tue gambe, ti porto di peso fuori da qui.» rispose lui notando quanto, in pochissimi mesi, fosse diventato così in confidenza con quella donna.
Dato che Hanji protestò ancora, Levi la mise in spalla e, mentre sentiva quelli nel locale spettegolare sul loro rapporto e su come quell’uomo così attraente stesse portando fuori una donna in modo talmente rude, i due uscirono dal locale.
Levi mise la donna sopra il sedile, cercando di non farle male mentre la faceva cadere sopra di esso. La macchina di Kenny era una Suzuki che, fortunatamente, lo zio faceva utilizzare a Levi per tornare a casa.
«Hanji, non ubriacarti più così tanto!» disse lui seccato mentre sentiva la donna che ridacchiava dietro di lui.
«Sai, era accaduto anche due anni fa, quando non c’era ancora lo “Jiyuu no Tsubasa”. Mi sono ubriacata una sera in cui una mia ricerca non andava bene. Non ne venivo a capo. Mi ha sollevato il morale solamente un cocktail che ho bevuto il giorno dopo, fatto dal mio amico Moblit, che lavorava in un bar. Uno rossissimo, che spero di provare di nuovo, Levi! Era proprio buono. Ma non ricordo il nome… va beh, non importa!» disse lei, le frasi sembravano quasi sconnesse alle orecchie dell’uomo.
In quel momento Levi provò due cose: la prima era un sentimento che non riusciva a capire, ma che lo portava a consolare la donna – nonostante le sue pessime capacità oratorie – e la seconda era una strana voglia di prepararle quel cocktail il giorno dopo.
«Occhiali schifosi tu sei una cavolo di nerd, sei intelligente, ti devi buttare giù solo perché una ricerca non ti viene? Molli in fretta, eh?» disse lui, il suo era un discorso per consolarla, almeno in partenza, ma Levi lo sapeva: faceva schifo con le parole.
«È una ricerca importante. Volevo che tutto andasse bene.» disse lei, barcollando un po’. Era molto diversa dal solito. Solitamente, in quei due mesi, se lui le rispondeva a tono lei faceva lo stesso e molto spesso l’aveva vinta lei – per colpa della poca loquacità di Levi.
Arrivarono così alla casa e l’uomo aiutò la ventiduenne a scendere dalla macchina. Hanji non era così ubriaca da non riuscire ad ergersi in piedi da sola, Nanaba aveva chiesto di portarla a casa anche per prevenire una possibile sbronza seria.
Levi la seguì con lo sguardo finché Hanji non entrò in casa. La donna lo salutò ridacchiando.
«Buonanotte, Levi! Ti voglio bene!» continuò lei, ridendo e barcollando dentro casa.
Levi rimase un po’ scioccato. Quella donna riusciva sul serio a stupirlo, Nanaba l’aveva detta giusta, quel giorno. Inoltre l’uomo si accorse che non avrebbe mai portato nessun altro cliente ubriaco eccetto lei, almeno, non senza protestare. Si rese conto di quanto il loro rapporto fosse cresciuto troppo e troppo in fretta e di quanto a lui, in fondo, non dispiacesse. Tuttavia non gliel’avrebbe mai detto – quella quattrocchi ne avrebbe fatto una tragedia, in senso positivo, però.
Fu in quel momento che Levi fece la cosa più stupida che avesse mai fatto. Tornò indietro verso il bar.
 
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«Vuoi diventare un esperto di cocktail per fare colpo sulla nostra amica, Levi? Non me l’aspettavo.» gli disse Mike. Ed eccolo lì, a voler imparare a preparare dei cavolo di drink, alle 22.50, quando avrebbe potuto tornare a casa e sdraiarsi sul divano.
«Non voglio fare colpo su Hanji… è una lunga storia. Voglio solo risollevarle il morale.» negò Levi, guardandolo in modo truce.
«Mike non ha nominato il nome “Hanji”. Vuoi proprio fare colpo su di lei, eh, Levi?» disse Nanaba, dando il cinque a Mike. Ormai tutti e tre erano in buoni rapporti tra loro e i due in certi casi lo prendevano un po’ in giro per il suo essere “brontolone” e “basso” – cosa che faceva arrabbiare Levi.
«Era ovvio che Mike si riferiva a lei, Banana.» disse Levi, giocando la sua carta migliore, mentre Nanaba gli faceva la linguaccia senza farsi vedere dai clienti. «In particolare dovrei prepararne uno rosso.»
«Ma di cocktail rossi ce ne sono tanti! Il Manhattan, il Cosmopolitan… dato che è estate e fa caldo, sarebbe meglio il Singapore Sling o il Japanese Ice…»
«Penso di sapere quale devo preparare in particolare.»
«Levi, ma perché non vuoi che glielo prepari io, domani? Sono insieme a te all’orario di apertura. Poi al massimo glielo servi tu.» disse Mike, mentre un particolare cocktail adatto a Hanji si faceva strada nella sua mente.
«Vorrei essere io a prepararlo.»
«Va bene, principe azzurro brontolone, ti aiuteremo. Fortunatamente io e Mike riusciamo a tenere a bada questa gente. Tanto tra poco Pixis e Hannes si serviranno da soli, come sempre.»
Levi annuì con il capo, ignorando il nuovo soprannome.
 
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«Levi, scusa, ieri ti ho costretto a portarmi a casa.» disse Hanji appena entrata. Levi alzò un sopracciglio mentre Mike sghignazzava pronto a godersi lo spettacolo.
«Non fare la sentimentale, quattrocchi. Fortunatamente non eri così ubriaca e non ho dovuto fare il babysitter più di tanto.» disse lui, tentando di consolarla, a modo suo.
«Beh, mi sentivo in dovere di scusarmi. Ah, per ieri mattina… se non sbaglio ti ho accusato di odiare le mie chiacchiere. Sento di capirti quasi sempre, Levi, non so perché. Ma, ecco, vorrei sapere se effettivamente è così o meno. Vorrei una conferma.» chiese lei mentre Levi diventava un po’ perplesso su cosa dire. Mike era curioso di vedere come l’uomo avrebbe risposto.
«Quattrocchi, oggi sei in vena di sentimentalismi? Sai che non mi piacciono le tue ciance scientifiche. Ma ammetto che ci sono cose che odio di più. Hai avuto la tua conferma?» disse lui velocemente mentre le porgeva il solito caffè macchiato.
«Sì… sì. L’ho avuta.» disse lei, sorridendogli. Non era un sorriso grande come gli altri giorni, ma era già un inizio.
Anche quella mattina non parlò molto delle sue ricerche. Prima che lei se ne andasse, però, lui le mise davanti un bicchiere alto con all’interno un liquido rosso e a guarnizione del bicchiere una fetta di limone.
«Levi, perché mi servi un cocktail? Non l’ho richiesto, ed è mattina presto.»
«Provalo. Comunque si chiama Bloody Mary*, quattrocchi.» le disse lui con tono autoritario. «Lo offre la casa.»
Hanji ne bevve un po’, incerta, e poi si fermò all’improvviso. Levi per un attimo ebbe il terrore di aver sbagliato qualcosa e che il cocktail, in realtà, non avesse un buon sapore. Poi Hanji si alzò dalla sedia vicino al bancone – che fece quasi cadere – e lo guardò. Lui quindi vide i suoi occhi e quasi gli scappò un sospiro di sollievo.
«Levi, ti sei ricordato quello che ho detto ieri! Come hai fatto a capire che il cocktail era proprio questo?»
«Occhiali schifosi, è ovvio: il Bloody Mary è strano come te.» “e di un colore luminoso come i tuoi occhi” pensò Levi, togliendo subito dalla testa quel pensiero che no, non era proprio da lui.
E a quel punto Hanji lo stupì di nuovo. Si sporse dalla sua postazione e lo strinse in un abbraccio che Levi non ricambiò, abbastanza scioccato da quel tocco così fisico. Stranamente, però, non la spinse via. A quel punto sentì Mike ridacchiare sotto i baffi: avrebbe avuto uno scoop succulento per la sua fidanzata che, ormai, shippava quei due da un po’ di tempo.
«Grazie, piccoletto! Allora mi ascolti per davvero. Ti voglio bene, sul serio! Ora spero di riuscire a finire la mia ricerca con successo! Ci vediamo domani!»
E con questo Hanji uscì, raggiante come i giorni precedenti, i suoi occhi luccicavano come il primo giorno. Levi era lì, fermo sul posto, e, la cosa diventava sempre più strana, voleva ancora essere abbracciato da quella donna che si faceva, sì e no, un solo bagno alla settimana.
Tuttavia dentro di sé era contento come non lo era mai stato da quando era morta la madre.
Mike ridacchiava sempre di più mentre entravano dei nuovi clienti da servire. Levi si rimise al lavoro, con uno strano sentimento piacevole che lo accompagnò per tutta la giornata.
E, sì, sapeva di essere fritto.
E, sì, sapeva che era diventato un esperto di cocktail solo per vederla sorridere di nuovo (e, quindi, per lui era come voler fare colpo) – e questo non era da lui.
E, sì, sapeva che l’estate in quella città era stata la più strana, triste e bella della sua vita e che era cambiata solo grazie a lei.
E, sì, sapeva che Hanji l’aveva in pugno.
Maledetta quattrocchi.

 
 

 
Note dell’autrice
che a quanto pare adora far ubriacare i personaggi nelle sue fanfiction:
 
Ciao a tutto il fandom de “L’attacco dei giganti”!  Sono Annabeth_Granger1 e ormai mi sono accorta di quanto questa challenge mi stia ispirando!
Non c’è molto da sapere su di me: adoro Hanji e la Levihan e, va beh, tutti amano anche Levi, mi sembra quasi scontato XD. Ho pubblicato oggi perché due giorni fa c’è stato il compleanno di Hanji, il mio personaggio preferito di AOT insieme a Mikasa, e – anche se in ritardo – questa storia volevo pubblicarla anche per quello! Ci sono pochi fan della Levihan nel fandom italiano, ma essendo questa la mia coppia preferita, dovevo scrivere qualcosa.
Questa doveva essere una semplice flashfic ma, a quanto pare, 500 parole non bastavano e ne è uscita una fic da 3000 parole. Ma tant’è. Spero di non aver reso i personaggi OOC – in particolare Levi. Quest’ultimo come barista ce lo vedo, non so perché. Credo che mi abbia ispirato
questa doujinshi (R13. Vi avverto).
Spero che la storia vi sia piaciuta e grazie a quelli che hanno letto fino a qui! Delle recensioni sono sempre molto gradite – soprattutto perché in Italia, come ho detto, questo pairing stupendo non è molto popolare.
Alla prossima!
Annabeth_Granger1.
 
 
 
*Il Bloody Mary è fatto con Vodka, succo di pomodoro e spezie varie. È sicuramente una bevanda strana per il suo contenuto. Per questo ho pensato che fosse perfetto per Hanji!
   
 
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