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Autore: Sollirb    09/09/2017    0 recensioni
Un caffè. Andare a prendere un caffè. E' stata forse la richiesta più carina che mi sia stata fatta. Così semplice, quasi all'antica.
Voglio berlo davvero questo caffè, chiacchierare mentre lo sorseggio, ridere, scherzare. Una scusa ottima per vedere una persona, una scusa così galante e dolce. E' così carina la parola caffè, come si può dire di no? Tanto, è solo un caffè. Giusto?
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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La giornata della memoria


 

“Sto sulla metro,faccio qualche minuto di ritardo :(“


Leggo il messaggio, sono le 14:28, l'appuntamento era tra due minuti, non importa. Spengo il cellulare con il cuore accelerato e le mani tremanti, mi guardo attorno: la fermata si è svuotata, sono tutti a pranzare, io non ho mangiato e non ho fame. L'ultima cosa a cui sto pensando in questo momento è mettere qualcosa nello stomaco. Mentre scruto l'uscita da cui arriverà mi viene in mente di allontanarmici, nascondermi magari, così lo vedrò prima io. Non ha molto senso, ma lo faccio comunque; mi apposto accanto al distributore di merendine, ok, da qui dovrei vederlo per prima.
I minuti passano lenti, fin troppo lenti, e io continuo ad ascoltare la musica senza sentirla; la borsa mi pesa sulla spalla e l'agitazione arriva al culmine quando sento lo sbuffare del treno in arrivo. Quando inizio a vedere le persone avviarsi verso le rispettive uscite mi metto sull'attenti.

Lo vedo subito. Porta un giubbotto, blu sopra e bianco sotto, dei jeans e il resto non faccio in tempo a notarlo perché lui mi ha vista e sta scuotendo la testa con un sorrisetto mentre si dirige verso di me. Esco dal mio ingegnoso nascondiglio e faccio la cosa più spontanea che mi viene da fare: sorrido, lo raggiungo e gli avvolgo le braccia attorno il collo. Lui ricambia un po' goffamente, quasi non sento la stretta.
- Ciao – cerco di regolarizzare la voce nel miglior modo possibile.
E' agitato, palesemente agitato, inizia a camminare non appena lo saluto. E' alto, è molto alto ed è completamente diverso dalle foto. E' molto, molto meglio.
- Dove andiamo? - ha una voce profonda, virile.
- Seguimi.
Camminiamo l'uno di fianco l'altra, parliamo del più e del meno, c'è ancora un sottofondo di agitazione ma mi ritengo molto brava a scogliere le situazioni. Continuo a fargli domande e parlargli di quello che ho fatto ultimamente.
- Merda, ma tu hai il ginocchio fasciato – ricordo che mi aveva detto di essere andato al pronto soccorso ieri.
- Eh già.
- Quale?
- Questo – me lo indica, - si sente la garza.
Lo tocco ed effettivamente si sente il ginocchio fasciato dalla garza. E' venuto qui lo stesso, consapevole di doversi fare mezz'ora di metro, col ginocchio dolente. Nascondo il piacere che provo a questo pensiero dicendogli un semplice: - Poverino.

Lo porto in un posto molto speciale, un posto che tutti i cittadini romani conoscono, ma che noi dei dintorni conosciamo come il palmo della mano. Il Parco degli Acquedotti è una grandissima distesa verde che si estende per chilometri. Cos'ha di speciale? Bé, è un parco storico, i suoi acquedotti sono vecchi millenni, il terreno di questo posto è pieno di storia. E poi bé, è bellissimo.
Gli racconto come, venendo in bici con mio padre, ci fermavamo a raccogliere i papaveri o a belare alle pecore in pascolo; lo faccio camminare dimenticandomi completamente del suo ginocchio, poi decidiamo di sederci su una panchina.
- A che ora hai ripetizioni? - mi chiede.
- Alle 17:30. Guarda, ho il libro nella borsa, te lo faccio vedere – tiro fuori il mio libro di fisica, che inizia a sfogliare, fermandosi ogni tanto a indicarmi quali argomenti lui trova facili e quali difficili.
- Vedi tutto quello che stai facendo ora? - mi dice e io annuisco, - ecco, dal prossimo anno in poi inizierai a studiare tutto ciò che della fisica non si vede. Prende un ramoscello e lo tira in punto a caso davanti a sé – come ad esempio la traiettoria di un oggetto.
Gli rifilo una smorfia di disgusto. - Già mi crea problemi quello che vedo, figuriamoci.

Mentre parliamo rimane immobile come una roccia, non mi tocca, si smuove solo per aiutarmi a sistemare il k-way che non è intenzionato a stare al suo posto, mi guarda negli occhi solo quando è lui a parlare a me. Ma questa cosa non mi turba, perché vedo che lo fa per semplice e innocua timidezza; anzi, questo aspetto mi piace. Meglio una persona inizialmente timida a una subito espansiva.

Il sole inizia a calare e l'ora di avviarsi anche, ma non ho intenzione di lasciarlo subito. Mi faccio accompagnare fino al portone di casa della ragazza che mi dà ripetizioni.
- Eccoci qua, spero di non averti fatto stancare troppo.
- Nah, tranquilla.
- La fermata metro è di là – gliela indico, - grazie per essere venuto, Fra.
Non voglio salutarlo, non voglio che se ne vada, sono stata così bene. Gli do due baci sulle guance e appena si gira per andarsene sento... come se mancasse qualcosa. La giornata non deve finire così, non voglio che finisca così e non faccio nemmeno tempo ad accorgermene che lo sto tirando per la manica della giacca mormorando diversi “no, no”. Mi metto in punta di piedi per avvicinarmi al suo viso ma lui non capisce cosa voglio fare, perché mi riporge la guancia; lo prendo per il viso e lo bacio sulle labbra, solo una volta, ma neanche mi stacco che lui fa lo stesso. Sorrido. Mi allontano - Ciao, Fra.
Entro nel cancello senza voltarmi, cercando di trattenere la gioia che mi sta travolgendo.

Quando rientro a casa dopo due sfiancanti ore di fisica mi sbrigo a mettere il pigiama e sfilarmi le lenti a contatto. Verso le nove Francesco mi scrive e iniziamo a chiacchierare, come da quattro mesi a questa parte.
“Oggi sono stato bene con te ;)” leggo mentre mi strucco.
Gli rispondo che per me è stato lo stesso.
“Mi dici perché ti comporti così?Entri 2 secondi su whatsapp,leggi il messaggio ed esci.” Questo messaggio mi coglie alla sprovvista.
Non so se scoppiare a ridere o prenderlo sul serio. “Mi stavo struccando”
“Vabbè, contenta tu”
Sgrano gli occhi. “Ma sei impazzito?”
“Boh, magari è che mi girano solo un po' i coglioni”
“Eh sto notando, che succede?”
“Magari è perché non ho chiara l'idea che quel che è accaduto sia stato importante o no per te.”
Mi scappa un sorrisetto. “Per me è stato tutto importante, non devi dubitarne neanche un secondo. Dal momento in cui ti ho visto al momento in cui ci siamo salutati per me è stato importante, senza eccezioni, senza dubbi, perché devi pensare queste cose?”
“Sofia,io oggi sono stato benissimo...seriamente Non mi sei sembrata strana quando ci siamo visti,piuttosto quando ti ho scritto,come se fosse accaduto qualcosa che ti aveva dato fastidio”
“Assolutamente no, cosa avresti mai potuto aver fatto?”
“Non so,magari qualcosa che avresti preferito non fosse accaduto”
Sta scherzando, spero. “Fra, l'ho fatto io. Ti ho salutato come volevo fare, come mi sentivo di fare. Sono stata io a tornare indietro, perché lo volevo. Se ti ho baciato è perché volevo farlo, anzi, è stata forse la cosa più giusta che abbia fatto”
“Sei un tesoro. Va bene sofi,ho capito”
Sei un tesoro? Io gli dico che baciarlo è stata la decisione migliore che abbia preso e lui mi dice di essere un tesoro?
“Fai pena”
“Ma che cazzo vuoi. Perché?”
“Potevi dire altro. Qualcosa di più apprezzabile, sai com'è”
“Perché devo dirlo io?”
“PERCHE' IO L'HO GIA' FATTO”
“Dirti che è stato un momento fantastico,che è stato ciò che dopo aver parlato con te per più di 4 mesi mi sarei aspettato,ma non troppo,che è stata una svolta,che sei unica...è dire troppo poco. Però dirò questo”
Mi viene da piangere. “Bè questo... questo sì che è bello”


 

   
 
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