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Autore: Kary91    09/09/2017    1 recensioni
[One-Shot | 673 parole | Introspettivo, malinconico]
"Nonno?"
La voce del bambino è appena un soffio ma, per un istante, riesce a mascherare i ronzii dei monitor.
“Nonno, cos’è la morte?”
Il nonno è stanco, lo raccontano i suoi occhi.
Solleva la testa, il respiro ansante di chi si sforza di ignorare il dolore, e fissa il palloncino a forma di stella. Qualcuno l’ha fissato al letto con un cordino e adesso li osserva dall’alto, oscillando di tanto in tanto. Guarisci Presto, c’è scritto al centro della stella.
“La morte?” si sforza di ripetere, stringendo più forte la mano del bambino: ha le dita fragili e sudate, ma non vuole lasciarlo andare. “La morte è come quello, vedi?” spiega, indicando il palloncino con un cenno del capo. “È come uno di quei palloncini che ti piacciono tanto.”
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia è stata scritta per la challenge di Luglio del gruppo We are Out for Prompts con il  prompt: “originale introspettivo, anziano/bambino: nonno, cos'è la morte?

 

Per poi volare via

__________________________

 

 

 

“Nonno?”

La voce del bambino è appena un soffio ma, per un istante, riesce a mascherare i ronzii dei monitor.

Il nonno gli sorride, le dita callose a sfiorargli le guance con affetto. Si sono messi vicini sul letto, così è più facile tenersi per mano.

“Nonno, cos’è la morte?”

Il nonno è stanco, lo raccontano i suoi occhi.

Solleva la testa, il respiro ansante di chi si sforza di ignorare il dolore, e fissa il palloncino a forma di stella. Qualcuno l’ha fissato al letto con un cordino e adesso li osserva dall’alto, oscillando di tanto in tanto. Guarisci Presto, c’è scritto al centro della stella.

Il nonno chiude gli occhi per un istante, fragile e impotente. È troppo vecchio, si dice, troppo stanco per potersi aggrappare a un filo così sottile. Gli incoraggiamenti di quel palloncino non possono aiutarlo. A certe cose non si sopravvive, soprattutto a una certa età, e guarire, per lui, è impossibile.

“La morte?” si sforza di ripetere, stringendo più forte la mano del bambino: ha le dita fragili e sudate, ma non vuole lasciarlo andare. “La morte è come quello, vedi?” spiega, indicando il palloncino con un cenno del capo. “È come uno di quei palloncini che ti piacciono tanto.”

La tensione nel volto del bambino si assottiglia.

“Quelli con il filo?”

Sta di nuovo sussurrando: certe domande, i bambini, le vogliono fare in segreto.

“Proprio quelli” conferma il nonno, passandogli il pollice sul dorso della mano. “Sai, all’inizio quando si nasce si è tutti dei palloncini sgonfi. Ma poi, man mano che cresciamo, le persone a cui vogliamo bene iniziano a soffiarci dentro tante cose.”

“Che… Che tipo di cose?” domanda ancora il piccolo, aggrottando appena le sopracciglia.

“Le parole, per esempio. Un sacco di parole. E poi anche i giochi, e i capricci, e le cose che si imparano a scuola. Anche le cose da mangiare…” aggiunge, con un sospiro affaticato.

“… I gelati?” azzarda il bambino, gli occhi accesi di meraviglia.

Il nonno tenta un sorriso.

“Soprattutto i gelati. Così il palloncino inizia a gonfiarsi, a diventare grande… E a un certo punto cerca di alzarsi, perché è stufo di restare a terra. Vorrebbe volare via, ma non è ancora pronto.”

“È per questo che c’è il filo, vero?” chiede il bambino, indicando la stella rossa. “Così il palloncino non scappa.”

Il nonno annuisce.

“Prima o poi tutti i fili si arrendono e lasciano che i palloncini volino via. Ed è così che si muore.”

Inspira con forza e i suoi occhi si inumidiscono: il dolore è troppo forte, ma non c’è modo di arginarlo.

Il bambino riflette con gli occhi socchiusi.

“Ma quindi è una cosa bella, la morte?” mormora infine, un po’ sollevato, “Io pensavo che era brutta.”

“Certe volte si è tutte e due le cose” risponde il nonno, sforzandosi di nascondere il tremore nella voce.

Le sue dita indugiano sulla fronte del bambino e poi sulle tempie, con la tenerezza di chi vuole accogliere fra le mani ogni granello di tempo che gli rimane.

I suoi occhi s’incatenano al piccolo, che sta fissando assorto il palloncino.

“Allora è così” mormora il bambino. Il palloncino a forma di stella oscilla un po’, strattonato dal filo d’aria che filtra dalla finestra semi aperta.  “Solo così. Non fa paura.”

I bip dei monitor, in lontananza, sembrano farsi più distanziati.

Il nonno ansima ancora, ma la sua stretta di mano resiste.

“Non fa paura” ripete, raccogliendogli le dita fra le sue, come se volesse proteggerle. “Sei al sicuro, bambino mio.”

Le sue guance si bagnano,  ma non ha importanza: quelle del nipote sono asciutte.

Il bimbo chiude gli occhi; il suo respiro si assottiglia, ma lui sorride. Sta immaginando un palloncino azzurro, il suo colore preferito. Veleggia per la stanza e strattona il filo che lo tiene legato: ormai è pronto, vuole volare via.

Il bambino non sente dolore, mentre quel nastro si spezza.

Solo le dita magre e affettuose del nonno che lo stringono un’ultima volta.

E poi, dolcemente, lo lasciano andare.

 

 

   
 
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