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Autore: chanmin    09/09/2017    0 recensioni
Un giorno sentii una persona dire che la vita è bella, nelle piccole e nelle grandi cose, sia belle che brutte, diceva che lei fin da sempre aveva cercato di viverla a pieno e credeva fortemente che chiunque avrebbe dovuto farlo, insomma quando ne parlava le si illuminavano gli occhi. Inoltre, mi ricordava quanto era importante lottare. Lottare? Una parola che non mi è nuova. Ma lottare per cosa? Per arrivare a cosa? Per arrivare alla felicità? Quella che appena trovata dopo tanta fatica perdi? già parlava proprio di quella felicità, e poi essere felice per cosa? Il nome di quella persona è irrilevante, ma se ne parlo al passato potete capire solo una cosa: quella persona non c'è più. Ma di che menzogne parlava? Succede questo quando stai per toccare il fondo? Cioè tutto di un tratto ti senti felice prima di perdere tutto? È davvero così che ci si sente?
Nora Wilson è una ragazza di 17 anni nata per lottare... A causa di uno spiacevole problema fisico e spiacevoli avvenimenti sarà costretta a combattere il doppio. Riuscirà a riscoprire la felicità? Realizzerà il suo sogno di vivere la vita fino in fondo? Capirà cosa vuol dire amare?
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Un giorno sentii una persona dire che la vita è bella, nelle piccole e nelle grandi cose, sia belle che brutte, diceva che lei fin da sempre aveva cercato di viverla a pieno e credeva fortemente che chiunque avrebbe dovuto farlo, insomma quando ne parlava le si illuminavano gli occhi. Inoltre, mi ricordava quanto era importante lottare. Lottare? Una parola che non mi è nuova. Ma lottare per cosa? Per arrivare a cosa? Per arrivare alla felicità? Quella che appena trovata dopo tanta fatica perdi? già parlava proprio di quella felicità, e poi essere felice per cosa? Il nome di quella persona è irrilevante, ma se ne parlo al passato potete capire solo una cosa: quella persona non c'è più. Ma di che menzogne parlava? Succede questo quando stai per toccare il fondo? Cioè tutto di un tratto ti senti felice prima di perdere tutto? È davvero così che ci si sente? Ad ogni modo per pensarla come quella persona ce ne vuole di fegato, oppure ha solo capito che doveva vivere la vita fino all'ultimo, prima che diventasse buio voleva vedere per l'ultima volta la luce. Quante volte mi ritrovo a fare pensieri su pensieri con gli occhi che sembrano due dischi vuoti e neri, che fissano il nulla, così ogni volta mi ritrovo con lo sguardo perso e cerco inutilmente di oltrepassare il muro in varcabile, alla ricerca di un’orizzonte lontano. Non esiste. Ho deciso che non esiste quell’orizzonte. Mi sta scoppiando la testa, perché mi importa così tanto di capire cosa vuol dire provare felicità? Non me ne è mai importato nulla, sono sempre stata talmente indifferente su queste cose, che non so più riconoscere che vuol dire essere felice o meno. Mi rendo conto solo ora che non ho sbattuto le palpebre neanche una volta da quando ho iniziato a pensare, mi succede spesso quando penso a lungo, nulla ha più importanza se non la mia testa… già la mia testa. Le parole di quella persona mi hanno fatto venire nuovi pensieri in mente, nuovi dubbi… ricordo che quando c'è stato il  funerale, sulla lapide spiccava in color oro il nome “Grace Walker” e subito sotto, vi era incisa una frase “elle voulait voir la lumière une dernière fois” (lei voleva vedere la luce un'ultima volta) perché scritta in francese? Perché amava la Francia e avrebbe sempre voluto andarci, era l’unica vera cosa che la teneva in vita, non erano quelle spaventose terapie o macchine, ma il suo grande sogno, ma come puoi realizzare un sogno simile se non puoi muoverti dal lettino? Inutile dire che non ha mai avuto la possibilità di realizzarlo. Ho mentito, quella persona non era “irrilevante”, anzi credo sia stata una delle pochissime persone importanti della mia vita, o almeno di ciò che rimane, continuo a ripetere che ormai è finita è inutile continuare a pensare al passato, ormai non c'è più, non è rimasto più nulla di lei, neanche la sua carrozzella, i suoi vestiti, i suoi maglioni extra larghi, nulla assolutamente nulla, e piano piano dimentico la sua voce… quindi non ha senso continuare a pensare che sia ancora qui, perché lei non c'è più. Già, era una ragazza, una ragazza che prima di entrare qui aveva i capelli lunghi, mossi di colore nero corvino, aveva gli occhi verde chiaro sempre lucidi, sembrava che dovesse scoppiare a piangere da un momento a l'altro, e invece qui lei era l'unica che non piangeva, ma anzi sorrideva, sorrideva sempre, seppure tutto. Indossava sempre cose larghissime per nascondere la sua magrezza, o la sua figura, era proprio quello il suo punto debole “l'aspetto”, non si accettava mai abbastanza, ma era bravissima a nascondere tutto. Troppo direi. Mi mostrava anche come faceva, e faceva si che andasse tutto bene, un bene che solo lei vedeva, per quante volte io le abbia ripetuto che non c'era nulla di buono nelle sue ossessioni che ogni tanto arrivavano, lei cambiava immediatamente discorso. Non voleva assolutamente condizionare nessuno, voleva solo che gli altri non avessero tutte quelle ossessioni come lei. Era entrata in questa clinica appositamente per guarire, non solo psicologicamente ma anche fisicamente, e l’esagerata magrezza non era l'unica cosa che aveva, purtroppo col tempo era diventata cardiopatica dovuto sempre al suo insufficiente nutrimento e allo scarso modo di assimilare le sostanze veramente necessarie perché l'organismo continui il suo processo di funzionalità. Le possibilità di salvezza erano già poche all'inizio, ma quando sembrava riprendersi ci fu una depressione improvvisa. Forse è stata una delle poche persone che ho visto lottare fino alla morte letteralmente, diceva sempre che sarebbe andato tutto bene, e che quando sarebbe arrivato il mio momento per operarmi lei sarebbe stata lì, così come c’ero stata io, ma lei non si è più svegliata. Io ero lì, la persona a cui io dopo anni avevo deciso di affezionarmi, se ne è andata… la stessa persona che meritava di vivere più di me. E continuo ancora a parlarne, continuo a pensarci come se fosse ancora qui. Lei non c'è più e la stessa fine che ha fatto lei la farai tu, ma tanto tu te lo aspettavi fin da quando lei parlava di vivere meglio, “ce la possiamo fare, la vita è fatta di obbiettivi, se non te li poni non ha senso continuare, dai un significato alla tua vita e se credi che non ti piaccia, alzati e cambiala. Ma ricorda cosa è veramente importante”. 

Un po’ la invidio, ora lei è libera e non è qui, forse era questo che desiderava: essere libera, questo mondo non ha mai avuto intenzione di ospitare una creatura come lei, perché appartiene ad un altro posto, sarebbe stata un pesce fuor d'acqua, un’aquila senza ali, un angelo senza paradiso… non era questo il suo posto. 

Il mio nome è noto come Nora Wilson. Poco tempo fa hanno deciso tutti che ero depressa, certo non posso dissentire pienamente… O almeno, non credevo di essere depressa, diciamo che non mi importava nulla, se accadeva qualcosa di brutto o di bello, la cosa non mi toccava minimamente, ero una persona indifferente. Ora invece l'unica cosa che voglio è toccare il fondo, cosa ho da perdere? Una volta toccato il fondo non puoi che tornare su, giusto? Staremo a vedere…  è da quando avevo dieci anni che sono esposta sempre a fare i controlli, diciamo che avevo un appuntamento con gli ospedali e i medici, credo che ormai tutti i dottori della zona mi conoscono a meraviglia. A quell’età, quando ero un’ innocente bambina, avevo una casa, la migliore che potessi avere nei pressi di Manhattan, nella parte ovest, verso il fiume Hudson. La mia vita non era perfetta, ma era bella, avevo tante possibilità e aspettative, ma soprattutto stavo inseguendo il mio sogno nonostante tutto, sapevo che sarebbe andato tutto bene se avessi continuato a crederci e soprattutto a lottare. Ma è crescendo che ho capito che non tutto più avverarsi, poiché ti ritroverai davanti a delle scelte importanti, e a quel punto non avrai la possibilità di tornare indietro, io ho scelto di vivere, ho sempre dato una possibilità alla mia vita, ma non ho mai avuto modo di vivere la vita come veramente avrei desiderato: consumandola fino in fondo, cercando di trovare il modo di andare avanti e raggiungere quello che volevo, per quanto riguarda ciò che volevo, ci sono sempre andata vicina, molto vicina da illudermi di potercela fare, perché prima che ce la potessi fare arrivava sempre davanti qualcosa ad ostacolarmi nel mio caso parlo dei miei strepitosi polmoni. Per ora è così che dovrò vivere, qui in ospedale con flebo eccetera. Ormai le miei giornate le consumo così: pensando. Qualcuno interrompe i miei pensieri bussando bruscamente alla porta. È mia madre. “Come va?” Dice lei con voce dolce “perché bussi con tutta quella forza?” “Pensavo che stessi dormendo” dice lei. Ma certo, per svegliarmi. “Comunque va come va sempre” dico io con voce poco delicata, non mi va di trattare nessuno a quel modo, ma non mi sembra in questo caso o in nessun caso di dover chiedere “come va…” , perché non ci sarà mai un momento in cui dirò “va alla grande!”

“Avanti Nora, non dire così, è importante per me sapere come va” mi sembrava per un istante, come se mi avesse letto nel pensiero. Non rispondo, non riesco a guardarla in faccia, vedrei solo la paura proiettata nei suoi occhi grandi e blu, non c'è bisogno che qualcun’ altro soffri, come se non fosse abbastanza. “Ho preso una decisione…” ma non fa in tempo a finire la frase che la interrompo, girandomi di scarto , inaspettatamente “ che cosa? Di che parli?” Da quando si prendono decisioni senza farmi sapere nulla? Non sono ancora morta. “Ascoltami Nora, è importante: voglio che tu frequenti dei corsi di riabilitazione qui” non ho parole, cosa ha appena detto? Rimango allibita “Intendi corsi per quelli come me, quelli depressi come me?” lei mi tocca il braccio ma io con uno scatto lo ritraggo “non devi vederla per forza così, stai ripartendo da zero ricordi? È ora di cercare di fare qualcosa per recuperare ciò che eri” ha detto bene: ciò che ero, ciò che non sono più non si può recuperare. Non rispondo nuovamente. “Inizierai lunedì” dice lei con tono fermo, e così dicendo se ne andò. Non ho intenzione di fare corsi di riabilitazione, non credo che mi aiuteranno, sappiamo tutto con chi potrei capitare a parlare, non ho intenzione di farmi degli amici per forza. Sono veramente furiosa, come ha potuto, non potevamo risolvere questa cosa il giorno dell'intervento e basta? Da lì si sarebbe visto se continuerò a vivere (se con un defibrillatore o meno) o se morirò. E basta.

Ed ecco che la stanza incontra la luce, già la bellissima luce della mattina che penetra lentamente dalle tende e che arriva al mio volto per pizzicarmi le palpebre ancora chiuse… non poteva tardare ancora ancora un po’? Qualcuno con passo svelto e deciso attraversa la stanza e prima che me ne accorgo quel qualcuno era pronto a spalancare le tende con violenza e poi esclama “sveglia è mattino! È lunedì avanti è ora di alzarsi” Lo dice come se fosse una cosa che non succede tutti i giorni, ehilà mamma, dovresti sapere che il mattino è frequente qui sulla terra, cosa c'è di tanto sorprendente da scostare le tende a quel modo e esclamare con gioia “è lunedì!” Lunedì… l'unica cosa che mi viene in mente è: wow sono ancora viva! E sono pronta a vivere un altro giorno della mia strepitosa vita! Poi un qualcosa di indefinito mi passa in mente improvvisamente… È lunedì… ci sono quei dannatissimi corsi, come ho fatto a dimenticarmi. Ma certo, non lo ritenevo importante. Giusto. 

Ci metto poco a prepararmi, ancora un altro giorno in questa strepitosa struttura grigia, dopo un po’ di tempo finalmente mi ritrovo a fare qualcosa, qualcosa che non mi piace. Fantastico adoro tutto, dentro di me ribolle rabbia e tensione, è da tanto che non vedo delle altre persone, persone vere non medici infermieri eccetera. Saranno anche loro persone “vere”, indubbiamente ma dicerto lo sono fuori di qui, insomma intendo non in ambito lavorativo. 

 

Le indicazioni di mia madre erano chiare:  dopo aver fatto colazione, percorri il corridoio fino alle scale dove scendi per andare al piano di sotto, in questo caso il piano terra.  

Non c'era nessuno che mi pareva che avesse l'aria di qualcuno che poteva aiutarmi psicologicamente, nessun adulto che crede di sapere più di me chi sono. Continuo a guardare, no nessuno. Si inizia bene direi. Mentre indietreggio per cercare di avere una prospettiva diversa per cercare qualcuno che non so chi sia o quanti… finisco per inciampare “oh scusa non volevo esserti di intralcio” è una voce rassicurante a parlare, mi giro di scatto “no scusami tu, non volevo…” appena girata vedo un ragazzo con i capelli neri come la pece, occhi blu come oceano con un sorriso dritto, immacolato e rassicurante, probabilmente ha più o meno due o tre anni in più di me. “Tutto bene?” Chiede lui, “Si certo, credo di sì” dico io un po’ scombussolata, e lui da dove spunta? Da dove spunta mister perfezione? Eccone un altro, ricorda Nora  di non fidarti del primo che passa, per quanto possa o non essere attraente, ma che dico? Cioè che penso? Okay calma. “Piacere mi chiamo Axel Sanders” mi porge la mano, io ricambio il saluto “Piacere Nora Wilson” detto ciò noto un’espressione sorpresa sul volto del ragazzo “Hai detto Nora Wilson?”chiede lui “Si è il mio nome” “mi sa che sei proprio tu la persona che cerco, sarò colui che ti aiuterà riabilitandoti” a quelle parole rimango basita, lui sarebbe il barboso adulto che dovrebbe aiutarmi? Questo è fantastico.

   
 
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