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Autore: _Kurai_    09/09/2017    2 recensioni
Erano passati vent'anni da quando il mare aveva stravolto la sua vita, strappandole l'affetto di suo padre senza darle nemmeno il conforto di una tomba su cui piangere.
Erano passati vent'anni, e nonostante tutto il mare era diventato la sua casa.
Quel giorno dell'inverno dei suoi cinque anni sembrava ormai lontanissimo, ma Allura ricordava perfettamente quella telefonata alle prime luci del mattino e la voce spezzata della madre che cercava inutilmente di non scoppiare a piangere mentre le veniva riferita la notizia che la nave da crociera di cui suo padre era il comandante era improvvisamente scomparsa dai radar, come se non fosse mai esistita.
C'erano stati anni e anni di indagini e ricerche finanziate con centinaia di migliaia di dollari, ma l'Altea, una nave maestosa che aveva già attraversato quella rotta decine e decine di volte, era svanita nel nulla. Volatilizzata, con il suo carico di trecentocinquantacinque persone.
Genere: Angst, Horror, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia è liberamente ispirata al film "The Ghost Ship", e così come per quanto riguarda Voltron, i personaggi e le ambientazioni non sono di mia proprietà intellettuale ma dei rispettivi autori e sceneggiatori. Buona lettura!

I

The Lost Ship and The White Haired Man

 

Erano passati vent'anni da quando il mare aveva stravolto la sua vita, strappandole l'affetto di suo padre senza darle nemmeno il conforto di una tomba su cui piangere.

Erano passati vent'anni, e nonostante tutto il mare era diventato la sua casa.

Quel giorno dell'inverno dei suoi cinque anni sembrava ormai lontanissimo, ma Allura ricordava perfettamente quella telefonata alle prime luci del mattino e la voce spezzata della madre che cercava inutilmente di non scoppiare a piangere mentre le veniva riferita la notizia che la nave da crociera di cui suo padre era il comandante era improvvisamente scomparsa dai radar, come se non fosse mai esistita.

C'erano stati anni e anni di indagini e ricerche finanziate con centinaia di migliaia di dollari, ma l'Altea, una nave maestosa che aveva già attraversato quella rotta decine e decine di volte, era svanita nel nulla. Volatilizzata, con il suo carico di trecentocinquantacinque persone.

Quel giorno l'infanzia di Allura era finita, ma aveva trascorso gli anni successivi a sgattaiolare via dalle premure iperprotettive della madre per passare ore sulla spiaggia in silenzio, perché solo il mare riusciva a farle sentire ancora la vicinanza del genitore perduto.

 

Man mano che Allura cresceva e prendeva coscienza delle sue aspirazioni per il futuro, la madre aveva cercato di opporsi alla sua scelta di seguire le orme del padre e andare per mare, ma non c'era stato nulla da fare, e prima di morire di un male incurabile nell'inverno dei suoi diciassette anni le aveva dato la sua benedizione.

 

Ce l'aveva fatta, e un'enorme fotografia incorniciata della piccola Allura in braccio al comandante Alfor in divisa bianca era appesa nella sua cabina su quella che era ormai la sua nave, anche se era quanto di più diverso da una nave da crociera si potesse immaginare.

Appena maggiorenne aveva contattato un vecchio amico di suo padre, che era stato l'unico a non essersi mai arreso con le ricerche: Coran era un vero lupo di mare certificato, con un marcato accento irlandese e dei vistosi baffoni rossi, ed era stato il primo a credere in lei dopo la scomparsa di Alfor. L'uomo aveva speso i risparmi di una vita per cercare di scoprire che fine avesse fatto l'Altea, ma non aveva mai avuto successo.

I due si erano incontrati in un bar di pescatori, non lontano dal porticciolo della città in cui Allura era nata, e avevano deciso di mettersi in società: Allura avrebbe contribuito con l'eredità dei genitori ad acquistare un rimorchiatore, mentre Coran ci avrebbe messo "la sua incommensurabile esperienza", per usare le sue testuali parole.

 

Allura aveva passato anni a leggere tutto il materiale che trovava sulle navi scomparse dai radar, gli incidenti in mare e i misteri irrisolti in acque internazionali, e a poco a poco nella sua mente si era plasmato quello che sarebbe stato lo scopo della sua vita: avrebbe cercato gli uomini migliori e i mezzi più efficaci e sarebbe partita con loro alla ricerca delle navi fantasma, dei relitti e di qualsiasi notizia sul destino che era toccato all'Altea, che era diventata la sua ossessione.

Coran si era rivelato entusiasta e aveva appoggiato l'idea: un anno dopo il Voltron, un rimorchiatore di ventisei metri dotato di tutti i più recenti apparecchi tecnologici per la scansione dei fondali e di un radar satellitare di altissimo livello, era pronto a salpare.

 

In quei mesi i due si erano prodigati nella ricerca dell'equipaggio perfetto, anche se non era molto facile trovare delle persone disposte ad abbandonare la ricerca di un lavoro tranquillo e regolarmente remunerato per abbracciare il rischio di una vita avventurosa per mare, nella speranza di trarre guadagno dai tesori trovati nei relitti: tuttavia alla fine la ricerca aveva dato i suoi frutti, e avevano messo insieme un gruppo che negli anni si era consolidato e aveva portato a diversi successi.

 

Takashi Shirogane era apparso sul molo una domenica di marzo, lo sguardo smarrito che mal si addiceva ai tratti decisi del suo viso. Aveva stretto la mano ad Allura e Coran con una protesi metallica, che sostituiva il suo braccio destro da poco sopra il gomito in giù.

Aveva letto il loro annuncio sul giornale, e una forza misteriosa l'aveva portato fin lì, senza che potesse opporvisi.

Del resto gli era ormai chiaro che restare sulla terraferma non sarebbe stata una soluzione per risolvere il suo problema (che il suo terapeuta definiva "sindrome da stress post-traumatico", riferendosi all'incidente di quasi due anni prima che gli aveva portato via un braccio), visto che stare lontano dal mare lo faceva solo stare peggio. Non ricordava quasi nulla di quello che era successo, se non che era in viaggio con una spedizione di ricercatori e all'improvviso si era risvegliato disteso su una barella sul ponte di un'altra nave, che lo aveva raccolto privo di sensi in mare aperto, con un moncherino sanguinante al posto del braccio destro.

Chiunque sano di mente avrebbe deciso di stare il più lontano possibile dal mare dopo un'esperienza simile, ma Shiro non era in grado di rinunciare: aveva sempre lavorato per mare e aver lasciato una parte di sè in fondo all'oceano non lo avrebbe fermato, perchè continuare come se non fosse successo nulla era molto meno doloroso di vivere nella paura di un'esistenza a metà.

Aveva parlato a lungo con Allura, che aveva visto in lui la stessa forza di attrazione a doppio taglio che l'oceano esercitava su di lei: era diventato nel giro di poche ore il primo membro ufficiale dell'equipaggio del Voltron, e in qualche mese aveva miracolosamente iniziato a sentirsi meglio, man mano che il team diventava la sua nuova famiglia.

 

"E così voi avete un rimorchiatore, e volete usarlo per cercare le navi scomparse e i tesori nei relitti, giusto? Allora direi che sono la persona giusta, sono davvero un asso a rimorchiare!"

Questo era stato il primo approccio di Lance McClain, che si era presentato all'appuntamento con Allura e Coran un paio di giorni dopo Shiro; la ragazza aveva resistito per diversi minuti alla tentazione di calciarlo fuori bordo in reazione alla sua battuta ammiccante, ma quando Lance aveva iniziato a parlare seriamente aveva scoperto che era davvero molto capace per la sua età, e che sarebbe stato una risorsa importante per l'equipaggio.

Lance era nato a Cuba, aveva una vera passione per le immersioni e fin dall'età di sedici anni aveva lavorato su diverse navi e pescherecci con le mansioni più varie; nel suo sguardo azzurro e limpido si riflettevano i sogni di un ragazzo appena ventenne che desiderava conoscere ed esplorare tutti i mari del mondo, e unirsi al nascente equipaggio del Voltron avrebbe potuto essere la sua occasione della vita. Non se l'era lasciata scappare, e aveva accettato immediatamente la proposta di Allura.

 

Poi era arrivato Keith.

Taciturno, schivo e dal carattere difficile, ma incapace di resistere al richiamo dell'avventura e del rischio.

Si era buttato senza pensarci, come aveva sempre fatto, dopo aver conosciuto Shiro nel bar dove lavorava da quando aveva interrotto gli studi. Quel ragazzo alto e dalle spalle larghe, che dimostrava più dei suoi ventisei anni per una spessa ciocca di capelli diventati bianchi prima del tempo, era rimasto l'unico cliente prima della chiusura in una serata burrascosa.

Aveva distrattamente attaccato bottone per combattere la noia, ma alla fine avevano parlato a lungo.

Dopo un periodo di solitudine quasi infinito, quella sera Keith si era finalmente aperto con qualcuno su quanto la sua vita gli sembrasse vuota e senza direzione, ridotta a una routine che gli stava troppo stretta, e Shiro gli aveva parlato della sua esperienza (o almeno del poco che ricordava) e della nuova vita che intendeva iniziare con l'equipaggio del Voltron.

Il ragazzo era rimasto affascinato dalla personalità di Takashi e da quella prospettiva, e il giorno dopo aveva telefonato a Shiro per chiedergli se ci sarebbe stato un posto nella ciurma anche per lui: nel giro di una settimana aveva dato le dimissioni dal suo impiego al bar ed era diventato ufficialmente parte dell'equipaggio. Sentiva che era la scelta giusta.

 

Pidge e Hunk erano arrivati a distanza di un giorno l'uno dall'altro.

Pidge aveva l'aspetto di un ragazzino quindicenne, ma sosteneva di aver raggiunto la maggiore età e di essere semplicemente di corporatura minuta; tuttavia nulla di tutto questo aveva importanza, dal momento che non appena era giunto di fronte alla strumentazione di bordo le sue pupille si erano dilatate come se avesse appena visto una delle sette meraviglie del mondo. Il suo talento con gli apparecchi tecnologici era decisamente fuori dal comune, e in un'ora di colloquio con Allura e Coran aveva pianificato almeno una decina di miglioramenti che avrebbe potuto implementare alla strumentazione già all'avanguardia del Voltron: il suo reclutamento era stato una scelta ovvia e inevitabile, e il fatto che avesse già fatto esperienza di lunghi viaggi per mare con il padre e il fratello era stato un ulteriore incentivo che aveva definitivamente convinto i due.

 

Hunk si era presentato come esperto di meccanica e di cucina, il che lo rendeva un elemento decisamente imprescindibile per l'equipaggio: per lui nessun motore e nessun ingrediente avevano segreti, e anche se soffriva leggermente il mal di mare (cosa a cui non aveva accennato in sede di colloquio, ma che si sarebbe scoperta durante la prima settimana di navigazione) intendeva impegnarsi al massimo per fare del suo meglio. Era stato Lance a parlargli di quell'opportunità, con gli occhi che brillavano, come ogni volta che era impaziente di partire per un nuovo viaggio. I due erano amici da almeno un decennio, e Lance sapeva che l'amico era in cerca di lavoro, perciò aveva subito cercato di coinvolgerlo: in realtà c'era voluto più tempo del previsto, perché Hunk avrebbe preferito un lavoro tranquillo e soprattutto sulla terraferma, ma non era mai stato in grado di dire di no a Lance troppo a lungo e alla fine il cubano l'aveva avuta vinta, come sempre.

 

Il Voltron era salpato per la prima volta in una tiepida giornata di fine maggio, e in quei sei anni aveva percorso innumerevoli rotte oceaniche, sempre in movimento per inseguire avvistamenti e segnalazioni.

In tutto quel tempo Allura aveva spesso sentito nominare l'Altea, ma nessuna delle segnalazioni si era mai rivelata fondata. Fino a quel momento.

 

L'uomo che l'aveva contattata via mail si era presentato sul molo a cui era ormeggiato il Voltron perfettamente puntuale, in una fresca mattina di settembre.

Aveva i capelli lunghi e lisci, così chiari da sembrare quasi bianchi, e li teneva legati in una coda. Era vestito con un completo spezzato con delle scarpe sportive dall'apparenza costosa e indossava un paio di occhiali con le lenti scure: era come se si fosse ispirato alle proposte di una rivista di alta moda maschile per i giovani armatori di yacht per cercare di adattarsi al contesto, ma avesse leggermente esagerato.

Si era presentato tendendo la mano ad Allura e mettendo in mostra un surplus di denti bianchissimi, per poi porgerle il suo biglietto da visita, che recitava "L. Lotor, G.A.L.R.A. Inc., CEO".

"Lavoro per un'azienda che fornisce droni di alto livello a chiunque ne faccia richiesta, ma mi diletto personalmente a compiere riprese amatoriali sulle grandi distanze... durante una di queste riprese in mare aperto uno dei miei gioiellini ha individuato questa nave" iniziò a parlare il nuovo arrivato, rivolgendosi all'intero equipaggio del Voltron e mostrando le immagini e le riprese sul suo Ipad. "La vostra fama e i vostri recenti successi mi hanno spinto a contattarvi per farvi una proposta".

Allura spalancò gli occhi.

 

Quella nave era inconfondibile: la scritta sullo scafo era ancora impressa nella sua mente da quel giorno lontano in cui aveva salutato il padre in porto per l'ultima volta.

Era l'Altea. Ricoperta di ruggine e alla deriva da un paio di decenni, ma non c'era nessun dubbio.

   
 
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