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Autore: LatazzadiTea    12/09/2017    5 recensioni
Oscar inizia a rendersi conto di ciò che prova, quando André smette di parlarle come faceva un tempo. Ora che tutto sembra cambiato, lei cercherà di ritrovare se stessa aprendo il suo cuore a un nuovo sentimento. Il suo amore per lui cresce dentro al suo cuore facendosi strada giorno per giorno, divendo sempre più intenso e opprimente, quanto il silenzio che la circonda senza il suono della sua voce.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Edgard chiuse le tende del suo lussuoso studio medico nel centro della città di Charleroi, riaprendole quasi un ora più tardi, dopo l'accurata visita all'unico occhio rimasto al fratello.

- Ecco beh, malgrado la vista vada e venga, il fondo del tuo occhio destro è sano, André. La stanchezza è solo una delle cause, ma potrebbe esserci altro. Prima dell'incidente, non avevi mai avuto problemi alla vista? - investigò il fratello.

- No. Non capisco, è un buona notizia, oppure... - rispose André sperando in una spiegazione più esaustiva.

- La buona notizia è che potrei aiutarti ad evitare il peggio, questo si. Ho un sospetto, certo, ma la terapia consisterebbe anche in un intervento chirurgico André, oltre al fatto che dovresti restare a letto in assoluto riposo, per almeno tre settimane. E tutto senza sapere con certezza se funzionerà - ammise il fratello minore.

- E questa sarebbe una buona notizia? - replicò André.

- Sì, se pensi chein poco tempo, potresti perdere del tutto la vista. Dopo non potrei più far nulla per te, mi dispiace - lo informò a malincuore il più giovane.

- In ogni caso non potrei restare lontano da casa tanto a lungo, non si potrebbe fare comunque... - gli disse André.

Il tono triste e rassegnato di André riecheggiò nella stanza semi buia, mandando Edgard su tutte le furie.

- Certo che puoi. Puoi e devi, fratello... come tuo medico potrei addirittura ordinartelo... - sbottò l'altro sbalordito da tutta quell'assurda testardaggine.

- Tu non puoi capire Edgard, a Parigi ci sono mia nonna e Oscar, non posso lasciarle proprio ora che la Francia e sul baratro della rivoluzione, cerca di capire... - controbatté André ormai rassegnato all'inevitabile.

- Per quanto allora? Quanto tempo credi di potermi concedere? - insistette il fratellastro.

- Cinque giorni, al massimo... è comunque più di quanto avessi previsto di restare ancora - gli rispose André tremando.

All'improvviso aveva paura, in cuor suo sentiva che il tempo a sua disposizione stava finendo, tuttavia, malgrado alla fine di quel tunnel avrebbe potuto vedere la luce, il terrore per ciò che sarebbe potuto accadere nel caso che qualcosa fosse andata storta gli impedì di rimanere lucido. Aveva deciso di concedersi una possibilità di guarigione perché non voleva vivere il resto della sua esistenza accanto alla donna che amava, nella più totale oscurità. Ma la necessità di restare ancora lontano da lei per questo, invece di rincuorarlo, lo angosciò ancora di più.

Oscar era lontana, e in una situazione di costante pericolo, e lui non poteva tardare, non doveva.

. - Forse non dovrei, credo che sarebbe meglio se smettessi di sperare e tornassi a miei doveri in Francia - esordì André dopo una piccola pausa di riflessione.

- E va bene, vorrà dire che ce li faremo bastare. Cinque giorni, non di più. Ma dovrai seguire alla lettera tutte le miei indicazioni André, o sarà stato tutto inutile - gli rispose serio Edgard.

Avrebbe predisposto l'intervento la sera stessa, per anticipare un po i tempi e permettere al fratello di riprendersi abbastanza da poter affrontare le fatiche di un viaggio. In cuor suo Edgard si sentì ribollire di rabbia al pensiero che André avrebbe potuto patire tutto quel dolore, per nulla. Ora più che mai aveva la certezza che il fratello non aveva cercato la madre per comodo, e che non era fatto tanta strada per denaro o per un tornaconto personale. André aveva ceduto a un bisogno del tutto naturale nel cercare la proprie origini, sopratutto in quel frangente. Era spinto dal suo cuore onesto e generoso, e dal dovere, che però, a parer suo, ora aveva solo nei confronti di se stesso.

- E un altra cosa, io e Alexander ti accompagneremo a Parigi da quella donna, madamigella Oscar. Lo farò in qualità di tuo medico personale, e naturalmente, anche come  fratello. Io e Alex siamo già d'accordo. Tu e nostra madre non avrete nessuna voce in capitolo su questa faccenda, mi dispiace... - asserì il più giovane.

- No Edgard, non ve lo posso permettere. E' troppo pericoloso! - ribatté André agitandosi.

- Sono desolato, ma gli ordini del dottore non si discutono André! - sentenziò imperturbabile Edgard.






Come succedeva ogni giorno, dopo aver superato quegli alti cancelli di ferro che separavano la divisione centrale dei soldati della guardia metropolitana dal resto del mondo, Oscar diede un ultimo sguardo al cielo. Se dapprima le nuvole erano rade, ora in particolare, tutto si era fatto più scuro e tempestoso, aumentando in lei quel senso di oppressione che l'aveva accompagnata dal risveglio. Quel peso sul petto che non l'aveva abbandonata nemmeno dopo essersi svegliata di soprassalto nella notte, dopo l'incubo più brutto che avesse mai avuto in tutta la sua vita.

Si era ritrovata a correre a perdifiato in una foresta di alberi anneriti e spogli, come fatti di pietra, mentre a braccia tese cercava di raggiungere un ombra, senza tuttavia riuscire mai a raggiungerla. Solo al termine del sogno, quando si era inevitabilmente avvicinata alla fine della strada percorsa, quell'ombra si era rivelata essere André. Dopo di che, era stato lui ad inseguirla, cercando a sua volta di raggiungerla attraverso quella luce che l'aveva inghiottito, e che sembrava volerli a tutti i costi separare. Ma nemmeno lui riusciva a toccarla, anzi, ad ogni passo verso di lei, si allontanava sempre di più, per poi scomparire in un bagliore accecante.

Era lì che si svegliava in preda al panico, sfinita e madida di sudore, col respiro affannoso e il suo nome ancora sulle labbra.

Sì portò una mano al petto, sperando di non aver di nuovo esagerato coi calmanti, che per lo meno, l'aiutavano a tener a bada la tosse, sebbene le dessero un senso d'intorpidimento, e la facessero sentire più assonnata e stanca di quanto avrebbe dovuto essere. Scese da cavallo, e con quell'aria truce e pensierosa si avviò verso il suo ufficio sperando che quel giorno proseguisse e terminasse nel modo migliore dei modi, quando scorse la figura alta e imponente di Alain fuori da quella porta ad aspettarla.

Era l'ombra di se stesso, pensò Oscar, nel vederlo dopo tanto tempo. Si accorse che aveva qualcosa in mano solo dopo essersi avvicinata abbastanza a lui.

- Vi posso disturbare? - le chiese atono.

- Certo, entra! - lo invitò Oscar decisamente a disagio malgrado fosse felice di rivederlo.

- Non vi porterò via molto tempo comandante, solo, volevo che aveste questo in memoria di Diane. Mia sorella vi ammirava molto, comandante Oscar, credo che sarebbe felice se sapesse che che lo custodirete per lei... - disse Alain restando immobile poco davanti la porta.

Oscar gli si avvicinò, e dopo un tenero sorriso prese quella scatola, appoggiandola con cura sulla grande scrivania del suo ufficio. Conteneva il candido velo nuziale di Diane, e una ciocca intrecciata dei suoi  bellissimi capelli castani, fermata da un nastro di seta bianca profumata di acqua di rose.

Oscar lo guardò esterrefatta. Perché lo dava a lei, che significato aveva quel gesto?

- Perché a me Alain, non capisco? - gli chiese sopraffatta dall'emozione.

- Mia madre e mia sorella sono morte comandante, non ho più nessuno. Non so che accadrà in futuro, se m'innamorerò di qualcuno, o resterò solo per il resto dei miei giorni. Sono certo che sarà molto più utile a voi e ad André, quando finalmente la smetterete di mentire al resto del mondo e deciderete di sposarvi. La vita è troppo breve per essere sprecata, comandante. Ogni istante che ci è concesso, è prezioso, nessuno lo sa meglio del sottoscritto... - terminò di dire Alain senza nemmeno sforzarsi di trattenere le lacrime.

- Alain io, non so cosa dire... - disse Oscar sbigottita.

- Non dovete dire nulla comandante, col vostro permesso, ora torno dai miei compagni - rispose lui congedandosi.

Oscar ripose quel dono inaspettato, avendo modo di riflettere sulle parole di Alain e sul reale significato di quel gesto. La vita era troppo breve e preziosa per sprecarla, era vero. André ci aveva messo vent'anni per trovare il coraggio di confessarle i suoi sentimenti, e a lei ci erano volute settimane solo per trovare la forza di ammettere a sé stessa, quella verità che le era sempre stata davanti a gli occhi: il suo migliore amico l'amava, e lei lo ricambiava. Lo amava al punto da farle pensare, di non aver mai vissuto, né amato prima. I sentimenti che aveva nutrito per Fersen erano stati una pallida parvenza dell'amore, un tiepido raggio di sole invernale, se messo a confronto con la dirompente calura estiva André emanava. Il suo uomo era caldo come il sole d'agosto, e sapeva incendiarle i sensi e toglierle il respiro, con un solo gesto, uno sguardo o un unico bacio rubato. Era stata colta spesso dalla tentazione di abbandonare tutto e fuggire da lui, ma il dovere verso il suo popolo e la Francia, glielo impediva.

Non avrebbe sprecato oltre il suo tempo, da quel momento in poi, seguendo quel prezioso consiglio, avrebbe dato un significato diverso ad ogni giorno in più che la vita le avrebbe concesso.






- Un ritratto? Oscar ha chiesto di farsi ritrarre? E' stato lui a chiamare il pittore?? - ruggì il generale Jarjayes incredulo.

Oscar ne percepì la voce provenire dal piano superiore. Suo padre non aveva preso bene la notizia ma d'altronde c'era da aspettarselo, vista la sua proverbiale avversione per quel genere di cose. Anche Oscar non aveva mai guardato con favore a quel tipo di vezzo in cui molti indulgevano, ma improvvisamente sentì il bisogno di lasciare una sua impronta nel mondo, come una prova del suo passaggio sulla terra. Marie aveva addirittura accennato al fatto, che a parer suo non era di buon auspicio, farsi ritrarre all'alba di un nuova era, che dentro a quel quadro si rischiava di lasciar impressa la propria immagine immutata e la propria essenza, rischiando di perderla per sempre. L'unico ad aver mostrato il giusto entusiasmo era stato il pittore, si riteneva fortunato e ringraziò il cielo d'aver vissuto tanto a lungo da poter avere l'onore di ritrarre Oscar, anche dopo tutti quegli passati dalla prima volta che l'aveva vista.

Erano passati vent'anni da quel giorno e Oscar si perse per un momento in quei ricordi lontani, quando il suo cuore era ancora puro, e il futuro luminoso e pieno di speranze.

- Sapete Monsieur, in fondo, malgrado tutto rimpiango ancora quei giorni di spensierata incoscienza... - finì di dire Oscar lasciando che il pittore continuasse in silenzio il suo lavoro.






Il diciassette giugno i rappresentanti del popolo riuscirono finalmente ad unire le proprie forze a quelle di una parte del clero e dell'aristocrazia, decidendo in via dipendente di scrivere i dettami della cosiddetta nuova costituzione, dell'assemblea nazionale. Mentre questo succedeva però, all'esterno della sala gli assembramenti di curiosi e facinorosi aumentava, rendendo il lavoro di Oscar sempre più difficile e pericoloso. La prossima seduta fu fissata per il venti di giugno, e Oscar venne convocata dal generale Bouillè per un importante comunicazione.

- Cosa? Come avete detto? - domandò Oscar incapace di credere alle proprie orecchie.

- Dobbiamo chiudere i cancelli del palazzo dell'assemblea e impedirne l'accesso ai rappresentanti del popolo e della borghesia, è un ordine di sua maestà... - le ripeté il generale Bouillè al quanto irritato.

- Ma perché? Ci saranno delle proteste, e gli animi s'infiammeranno... quale ragione ha addotto sua maestà? E' una cosa insensata! - replicò Oscar spiazzata.

- Si sospetta un complotto in atto comandante Jarjayes, lo scopo è proprio quello di impedire a questi traditori di entrare nella sala dell'assemblea. Ricordate che è un ordine diretto di sua maestà, e che non si ammettono insubordinazioni! - ribadì il suo superiore.

- Il nostro intervento fu chiesto a protezione e salvaguardia di tutti i membri dell'assemblea, senza distinzione di classe o appartenenza. Il nostro scopo era quello, garantire la sicurezza e il normale svolgimento dei lavori dell'assemblea... Dovrei forse ordinare ai miei soldati di chiudere le porte, e impedire l'ingresso a uomini regolarmente eletti dal popolo francese, solo per via di un sospetto?- controbatté oscar.

- Madamigella Oscar, sono stato tollerante con voi solo per via di vostro padre, ma non dimenticate mai la vostra posizione... Darete quest'ordine e anche molti altri se sarà necessario, sono stato chiaro? -

L'ingerenza di Bouillè le fece capire che non avrebbe cavato un ragno dal buco, quell'uomo era vecchio stampo, una simile decisione avrebbe portato a un tumulto. Possibile che non se ne rendesse conto? Seppur vergognandosi di infliggere una simile umiliazione ai rappresentanti del popolo e con l'animo profondamente turbato, Oscar tornò nei ranghi e ubbidì a quel folle ordine, sbarrando tutti gli accessi al palazzo dei congressi. Come si aspettava, la reazione a quell'abuso fu immediata, perché per l'ennesima volta, i soldati della guardia metropolitana furono presi mira, con lancio di pietre e altri oggetti, per non parlare degli insulti e delle minacce di morte.

La tristezza sul volto di quei soldati che per la maggior parte non approvava di dover schierarsi contro i propri stessi rappresentanti, la ferì ancora di più di quanto avesse pensato possibile.

Il mattino del venti giugno, appresa la notizia, tutti i rappresentanti del popolo si riunirono al palazzo della pallacorda, dando il via a quello che venne chiamato il giuramento della pallacorda. Quella inaspettata decisione contribuì a un unione d'intenti, e presto, molti dei presenti divennero personalità di spicco grazie a quell'evento, primo fra tutti, Maximilien de Robespierre.

- Maledizione! - imprecò Oscar sul punto di esplodere.

- Calmatevi comandante, non serve a nulla agitarsi - replicò Alain.

- La fai facile tu, ma la responsabilità è mia! Io ho permesso che succedesse, avrei dovuto oppormi! - sbottò lei con rabbia.

- Per ottenere cosa? Rischiereste la corte marziale per una fazione a cui nemmeno appartenete? Voi site un aristocratica comandante Oscar, non una popolana - le ricordò Alain cercando di farla ragionare.

- Esci per favore... vai via di qui... - disse improvvisamente Oscar portandosi una mano alla bocca.

Ma non finì di palare che un forte colpo di tosse le scosse il petto, seguito in sequenza da molti altri. Barcollò quando tutto si fece più scuro, appoggiandosi inevitabilmente all'unica persona che in quel momento avrebbe potuto soccorrerla. Oscar si aggrappò ad Alain che la sostenne finché quel violento attacco non cessò, lasciandola del tutto priva di forze. Gli fu talmente vicina che la fragranza emanata dal suo corpo le riportò alla mente una sensazione molto vivida, un aroma intenso e familiare di liquore e tabacco, che la riportò indietro a quella sera, quella dell'aggressione.

Alain le aveva salvato la vita, ma lei non si era nemmeno accorta della sua presenza tanto era forte il disperato bisogno che aveva di André. Tanto da vederlo riflesso negli occhi di un altro uomo, tanto, da sentirne il sapore sulle labbra di qualcuno che non era lui. Nell'incontrare quello sguardo così profondo e inteso, Oscar non pote più fingere. Si portò istintivamente due dita alle labbra, e il ricordo di quel bacio che lei gli aveva rubato, la investì, facendosi improvvisamente strada nella sua mente annebbiata e stanca.

- Scusami, sono io che ho sbagliato. E' mia la colpa! - ammise Oscar dando libero sfogo a tutte le sue lacrime.

- Non avete nulla di cui scusarvi. Se avessi saputo prima del vostro legame con André, non avrei osato. Sebbene fossi completamente soggiogato da voi e dal vostro incredibile profumo, mi sarei trattenuto dall'assecondarvi, comandante. André è fortunato ad avervi! Spero davvero che quello stupido si sbrighi a tornare, o finirete per importunare tutti i soldati della guardia, di questo passo... - le rispose Alain cercando di sdrammatizzare.

Malgrado la drammaticità di quel momento, in un primo momento a Oscar scappò addirittura una risata. Ma il pensiero di lui tornò a turbarla praticamente subito.

- La sua licenza è finita già da due giorni, avrebbe dovuto essere di ritorno... perché non è qui, Alain? Perché non torna? - domandò lei approfittando ancora di quelle braccia forti ed accoglienti.

Alain non rispose. Anche lui era preoccupato, e maggior ragione, visto che sapeva delle sue condizioni. Conosceva lo stato in cui versava la vista di André, e tutto era possibile. Poteva essergli successo qualcosa durante il viaggio, o forse qualcosa in Belgio era andato storto. Era ora di dirle la verità, anche alla luce di una altra questione che gli stava altrettanto a cuore, la sua salute.

- Siete entrambe dei pazzi comandante... scommetto che non gli avete detto nulla sulla vostra tosse, e che lui abbia fatto altrettanto riguardo alla sua vista - disse Alain scatenando l'ennesima tempesta.

- Perché, cos'ha André? Che c'entra la sua vista? - gli chiese lei sconvolta.

- André vede molto male comandante, e ho paura, che la cosa sia grave... - le confessò Alain irrigidendosi.

- E' partito da solo, e per un paese straniero, in quelle condizioni? Da solo, Alain capisci? Dove sarà adesso, che gli sarà accaduto? Quello stupido incosciente! Razza di idiota, deficiente... - imprecò Oscar calmandosi un poco solo dopo averlo ricoperto di una sequela di irripetibili insulti.

Oscar aveva reagito veramente molto male a quella notizia, tanto che Alain si pentì quasi subito di averglielo detto.

- Non era solo, è stato accompagnato fino ad Arras da una mia conoscenza. Mi disse che avrebbe chiesto aiuto a un certo Sugéan per il resto del suo viaggio, non so dirvi altro... - aggiunse cercando di tranquillizzarla.

- Una tua conoscenza? Quindi, sei tu che l'hai aiutato in questa follia, giusto? Se gli succede qualcosa Alain, ti riterrò personalmente responsabile! - lo accusò Oscar arrivando addirittura a minacciarlo.

Oscar si sedette alla sua scrivania sforzandosi di tornare lucida, mentre Alain cercava ancora di farla ragionare.

- André è stato un pazzo a non dirvi niente, ma anche voi siete da biasimare comandante. Anche voi gli avete mentito riguardo alle vostre condizioni - replicò a ragione il soldato.

- Non sarebbe mai partito se glielo avessi detto, avrebbe rinunciato a conoscere sua madre pur di non lasciarmi e così, io... - Oscar s'interruppe.

André aveva fatto altrettanto, le aveva nascosto tutto perché lei non si preoccupasse per lui, perché non lo considerasse un peso e gli impedisse di starle accanto. Probabilmente era partito con tanta fretta, per riuscire a vedere la madre prima che lo vista lo abbandonasse del tutto, era certamente così, lo conosceva troppo bene per pensare altrimenti.

- Alain? - la voce di lei rimase come sospesa per un lungo interminabile istante.

- Sì? - Alain era ad un passo da lei.

- Chiamami una carrozza... sto molto male - riuscì a dire Oscar prima di crollare.








Scusatemi tanto per il ritardo, ma sono riuscita ad accedere a internet solo ora. Buona lettura!
   
 
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