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Autore: Arya Tata Montrose    12/09/2017    4 recensioni
Bakugou aveva un orribile sospetto che lo attanagliava e puntò lo sguardo dritto nella direzione di Kirishima, che lo guardava a sua volta e non riusciva a trattenere le risate. Ecco che cazzo aveva da ridere, quel demente
«Che cazzo vuoi»
«Lo sai» rise.
Sapeva benissimo dove volesse andare a parare Kirishima. «No»
«E invece sì.»
«No e non voglio saperne niente»
§
[Kacchako][4500+ words][Hope you enjoy][Partecipa all'evento Back to School di Fanwriter.it]
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katsuki Bakugou, Kirishima Eijirou, Ochako Uraraka
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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★ IniziativaQuesta storia partecipa al contest “Back to School” a cura di Fanwriter.it!
★ Numero Parole: 4.548
★ Prompt: Hogwarts!AU
 
 



The Yule Struggle

 
 
Per due giorni, ogni volta che lo incontrava, quella testa di merda che era Kirishima non aveva fatto altro che ridacchiare ed occhieggiarlo in maniera fottutamente fastidiosa. Katsuki si era limitato ad esplodere le prime due volte, urlando «che cazzo mi guardi a fare, eh?», per poi limitarsi a fulminarlo con gli occhi ogni volta che lo trovava a ridere senza motivo. Il terzo giorno, però, i risolini erano diventati una piaga che non credeva le sue orecchie sarebbero state in grado di sopportare a lungo. Soprattutto mentre Uraraka era nei paraggi, e Katsuki aveva il forte sospetto che le due cose fossero in qualche modo collegate.
 
Accanto a lui, intanto, arrivarono quelle povere anime Serpeverde del suo stesso anno che venivano puntualmente lasciate come cuscinetto tra gli altri e Bakugou. Avevano imparato ad essergli amici, dopo quattro anni e lui aveva quasi imparato i loro nomi – cosa decisamente degna di nota – ma quella sera attorno al ragazzo aleggiava un’aria strana. Persino Mina lo guardava come se fosse una bomba pronta ad esplodere.
Il professor Aizawa fece il suo lento e tediato ingresso Sala Grande e mentre lui si sedeva, il preside si alzava in piedi, mettendo a tacere ogni voce che aveva animato la Sala. «Ragazzi, prima di cominciare ho un annuncio da farvi. Come ricorderete, in seguito al Torneo Tregmaghi, questo Natale si svolgerà il tradizionale Ballo del Ceppo, a cui sarà permesso di partecipare solo agli studenti dal quarto anno in poi. Ai più piccoli sarà concesso di partecipare solo se invitati da uno studente più grande. E, naturalmente, si partecipa a coppie. E ho finito! Buon appetito!» detto ciò, tornò a sedersi, cominciando a borbottare qualcosa che gli studenti non s’interessavano di capire, quando il cibo si materializzò invitante e profumato sui loro tavoli.
Bakugou aveva un orribile sospetto che lo attanagliava e puntò lo sguardo dritto nella direzione di Kirishima, che lo guardava a sua volta e non riusciva a trattenere le risate. Ecco che cazzo aveva da ridere quel demente. Bakugou iniziò a mangiare, la voglia di spaccare la testa a Kirishima che cresceva di minuto in minuto e, per la millesima volta da che lo conosceva, si chiese perché diavolo gliel’avesse detto.
Mina e Sato, intanto, si erano riparati dietro la più robusta figura di Shoji, per niente sicuri dell’aura nera che Bakugou pareva emettere.
 
 
Appena terminata la cena in Sala Grande, Bakugou camminava a passo spedito verso il sotterraneo di Serpeverde, brontolando improperi rivolti all’aria e tentando – inutilmente – di sfuggire al suo migliore amico.
Lui e Testa di Merda erano diventati amici già al primo anno, quando a lezione di Storia della Magia erano state accoppiate le classi prime di Grifondoro e Serpeverde e nessuno aveva osato sedersi accanto allo scorbutico Bakugou. E Kirishima ci si era buttato a capofitto, dichiarandosi suo migliore amico al termine della prima settimana di lezioni. All’epoca, quando gli era stato chiesto del suo amico, Bakugou aveva risposto che non si poteva definire amicizia la fottuta accettazione passiva della presenza di un idiota. Ora che erano al quarto anno, Bakugou ammetteva a denti stretti che sì, erano davvero amici. Ciò comportava anche conoscere certi segreti, come chi fosse la cotta dell’altro. Bakugou non doveva mai fare molta fatica per tirarglielo fuori di bocca: di solito si limitava a guardare il sorriso ebete di Eijirou e a chiedergli «chi cazzo è, sta volta?» perché l’amico gli spiattellasse vita, morte e miracoli della ragazza in questione. Per Eijirou, invece, venire a conoscenza di questa preziosa informazione era stato decisamente più difficoltoso. Le aveva provate davvero tutte, dal tentativo fallito di preparare un Veritaserum al frugare tra i suoi effetti personali nella vaga speranza che avesse scarabocchiato da qualche parte il nome della poveretta all’appostarsi nella sua camera nel bel mezzo della notte per carpirgli il segreto nel sonno. Alla fine, si era ridotto a tediarlo così tanto che per poco non l’aveva buttato giù dalla Torre di Astrologia.
«Se te lo dico, tu chiudi quella tua fogna?»
Eijirou era quasi certo di averlo sentito ringhiare, ma aveva annuito. Quindi Bakugou aveva preso un grosso, esausto sospiro e si era massaggiato le orecchie, contento per un po’ di ritrovato silenzio.
«Uraraka»
Ed Eijirou aveva quasi urlato e per questo era stato quasi stato defenestrato. Poi gli aveva fatto una miriade di altre domande, dosate con il contagocce a cui erano seguite sempre e solo risposte secche e concise, ma alla fine si era fatto un quadro generale di chi fosse questa Uraraka. Erano state due lunghe settimane, quelle, ma era stato contento del risultato – e, più importante, di esserne uscito vivo.
 
«Bakugou! Cavolo, aspettami! Non mi hai lasciato nemmeno il tempo di salutare– Ehi, dove vai? Noi due dobbiamo parlare!» gli urlò dietro, correndo per raggiungerlo.
«Col cazzo» sì sentì rispondere, uniche parole che si distinsero nel borbottio dell’amico che intanto aveva accelerato ancora il passo.
Un po’ Kirishima faticava a seguirlo, dato che al contrario di Bakugou, lui non conosceva così bene i sotterranei, nonostante fossero ben quattro anni che seguiva l’amico fin in sala comune. Visto e considerato che i Grifondoro mal tolleravano il caratteraccio di Bakugou, Kirishima si era dovuto adattare e spesso e volentieri, se non erano in biblioteca o in giardino, si trovavano nella sala comune dei Serpeverde e per loro era diventato una presenza costante, tanto che quasi nemmeno i nuovi studenti si stupivano dell’anomala presenza del Grifondoro. Così, quando fece il suo ingresso all’ultimo secondo, poco prima che la porta lo schiacciasse, i Serpeverde nella sala si limitarono ad un veloce saluto ai due, tornando immediatamente alle loro occupazioni. Kisishima raggiunse Bakugou nella sua stanza – lasciato solo su richiesta dei compagni, che a quanto pare sembravano irritarlo con la loro sola presenza.
«Che cazzo vuoi» fu l’accoglienza, quando Kirishima si buttò malamente sul baldacchino.
«Lo sai» rise.
Sapeva benissimo dove volesse andare a parare Kirishima. «No»
«E invece sì.»
«No e non voglio saperne niente» Bakugou si massaggiò il ponte del naso, tentando di trattenere gli insulti e le urla. L’ultima cosa di cui aveva voglia in quel momento era di essere ripreso dalla professoressa Kayama per le fottute lamentele di quelle maledette comparse che erano i suoi compagni. O di sentire l’assurda idea dell’amico, rendere più reale quel proposito irrealizzabile che aveva maturato appena il preside aveva terminato di parlare.
«Tu vuoi e a Natale mi sarai tanto grato da volermi abbracciare» replicò Kirishima, mettendosi a giocherellare distrattamente con il nodo della cravatta scarlatta.
No, a Natale avrebbe voluto ucciderlo. O far esplodere qualcosa in preda alla rabbia.
Bakugou si costrinse a tenere la bocca chiusa, evitando un’altra inutile battuta a quella discussione che Kirishima aveva già vinto – era troppo bravo con le guerre di logoramento. Non che Bakugou l’avrebbe mai ammesso, limitandosi quindi a sospirare rumorosamente, come se stesse espellendo la rabbia e gli desse un via libera o, come una volta l’aveva definito il Grifondoro, la carta esci gratis dalla tua esecuzione. Lui s’era perso qualsiasi riferimento di quella battuta, probabilmente legata a una qualche stronzata da Babbano, o quello che era, non gli importava.
Kirishima si tirò a sedere le gambe tese sul letto, fissando per qualche secondo l’amico a sua volta seduto a terra, con i gomiti sulle ginocchia e le mani penzoloni verso l’interno. Quindi il Grifondoro prese una grossa boccata d’aria, come a raccogliere il coraggio e a buttare fuori la sua idea senza tanti giri di parole. Rievocò una frase che spesso si sentiva dire: essere suo amico è davvero una prova di coraggio.
«Dovresti invitare Uraraka al Ballo del Ceppo»
Ci fu un momento di silenzio, in cui Kirishima preparava le sue orecchie per le urla di Bakugou che, ne era sicuro, avrebbero svegliato metà del castello. Ma quelle urla non arrivarono mai e quando Kirishima riaprì gli occhi, poté vedere solo lo sguardo vacuo ed assente dell’amico. Kirishima sbatté più volte le palpebre. Merda, non è che l’ho rotto?
«Bakugou, amico? Sei ancora vivo?» fece per avvicinarsi, bloccandosi quasi subito.
«Cosa»
«Amico, stai be–»
«No, cosa cazzo hai che non va in quella testa»
Kirishima avrebbe quasi preferito le urla a quel tono così innaturalmente calmo. Si alzò dal letto e fece due o tre passi, in modo da essere pronto a scappare. Grifondoro o no, non voleva rimetterci la pelle prima di essere riuscito a chiedere a Ruri di accompagnarlo al Ballo, e far arrabbiare Bakugou oltre quel livello era un ottimo modo per saltare la festa a piè pari.
Ad un passo dalla porta sentì un moto di coraggio – e di spirito suicida, probabilmente – invaderlo.
«Forse per invitarla dovresti essere più gentile. Di solito alle ragazze non piace che si imprechi troppo» disse, prima di sparire oltre la porta urlando sopra all’amico un augurio di buona notte.
«Fottiti, tu e la tua idea di merda!»
 
C’era una bella luce, quella notte, che filtrava oltre le finestre sommerse, lieve e calma. Nel dormitorio, nessuno era sveglio. Nessuno eccetto lui. Non aveva mai avuto problemi a dormire, Bakugou, sempre fiero e sicuro di sé o troppo testardo per ammettere qualcosa di diverso. Quella sera, però era diverso. Quella sera, le parole di Kirishima gli riecheggiavano nella testa come il fastidioso beccare di un picchio, un tarlo ben lungi dal lasciare la sua testa.
No, non dovrebbe essere lui ad invitarla al ballo.
Bakugou conosceva Uraraka sin dal secondo anno, quando erano entrambi i nuovi acquisti delle rispettive squadre di Quidditch. Lui si era già guadagnato una reputazione tutt’altro che buona, nella scuola, ma quando era stato il momento di affrontarlo in campo per la finale, Uraraka aveva fatto tutto meno che tirarsi indietro e aveva fatto di tutto per indirizzare qualche Bolide contro di lui e gli altri Cacciatori. Alla fine, Tassorosso aveva perso la Coppa, ma lui si era preso la sua dose di lividi. Quando era riuscito a sfuggire a Madame Pomfrey, prima che lui potesse vederla e andarle contro urlando che cazzo avesse nella testa, lei, senza mezzi termini, gli aveva chiesto se quell’estate avrebbe potuto allenarsi insieme a lei.
«Cosa diavolo credi che ti risponda?» le aveva chiesto con voce dura. Quel tipo di voce che probabilmente avrebbe fatto capire a Kirishima che era meglio levarsi di torno. «E come sai che non abito dall’altra parte del Paese?» aveva poi aggiunto.
«Midoriya mi ha detto che abitiamo nella stessa città e non l’ho chiesto a lui perché non gioca. Tu voli bene e io voglio migliorare» gli aveva risposto, le iridi che bruciavano di determinazione.
Forse erano stati i suoi occhi a convincerlo, o la prospettiva di potersi allenare con un vero avversario per tutta l’estate a convincerlo ad accettare, ma alla fine le aveva detto di cercarlo sull’Hogwarts Express. Da quel momento, in qualche modo, erano si erano avvicinati, erano diventati amici, anche grazie ai nuovi corsi in comune, trovandosi spesso a studiare insieme, magari anche con Kirishima. E si trovavano a parlare, con lei che lo inondava di informazioni su qualsiasi cosa le passasse per la mente.
Ma da quello all’invitarla al ballo c’era un abisso. Era sicuro che se l’avesse fatto, lei avrebbe rifiutato e ne aveva paura. Aveva paura di rovinare quel qualsiasi-cosa ci fosse tra loro come aveva fatto con tutti gli altri suoi legami e sapeva che quando l’avrebbe rifiutato, l’avrebbe presa molto peggio che male. Probabilmente l’avrebbe spaventata con uno dei suoi scatti d’ira, perché si sarebbe sentito rifiutato lui stesso, non solo il suo invito. E l’ultima cosa che voleva era allontanarla. Allontanare una dei pochi amici che aveva e sentirsi di nuovo solo nonostante Kirishima e Kaminari – un altro Tassorosso che sembrava starlo rivalutando, a parole sue, ma che lo frequentava sin dall’anno prima.
Sicuramente preferisce essere invitata da Deku-merda, pensò tristemente. E Bakugou, povero idiota, s’era preso una cotta – non osava dargli altro nome – per lei.
Merda, lui doveva concentrarsi sul diventare Auror, non lasciarsi distrarre da tutte queste cazzate e sicuramente non doveva perderci il sonno. Fanculo, pensò, fanculo a Kirishima, alle sue idee di merda e me.
Prese le coperte e vi seppellì la testa, serrando gli occhi e tentando disperatamente di dormire. Come se gliene importasse, di quel fottuto ballo.
 
Era stata una settimana davvero impegnativa, quella. Soprattutto per Kirishima e Kaminari, che tentavano di interagire con Bakugou senza incorrere in una qualche maledizione, e la situazione pareva peggiorare di giorno in giorno, man mano che il Ballo del Ceppo si avvicinava. Tutti gli stavano più lontani del solito e lui era decisamente più irritabile del solito.
«Kirishima?» chiamò una Serpeverde del loro anno, Hakagure. Lui e Kaminari erano nella sala comune dei Serpeverde, mentre Bakugou si era già diretto a passi pesanti verso la sua camera. «Sai perché Bakugou è così arrabbiato? Nel senso, più arrabbiato del solito.»
«Oh, credo sia colpa mia» rispose, come a scusarsi, Kirishima. Poi si diresse verso i dormitori, Kaminari al seguito.
«Che intendi con “credo sia colpa mia”?» chiese Kaminari. Di solito, se Bakugou era arrabbiato con qualcuno nello specifico, non ci metteva molto a sistemare la questione con un paio di occhiatacce e una minaccia – aveva limitato le risse da quando aveva rischiato l’espulsione.
«È perché gli ho consigliato di chiedere ad Uraraka di andare al ballo insieme» rispose il rosso. Oramai anche Kaminari era stato messo a parte della cotta di Bakugou. Più che altro gli era stato confermato, dato che essendo spesso in loro compagnia, aveva avuto modo di notare le maniere leggermente più gentil con cui la ragazza veniva trattata e, in particolare, il fatto che lei avesse il privilegio di essere chiamata con il suo nome invece che con un soprannome di pessimo gusto. E Pila Ambulante lo sapeva bene.
«Oh. E perché è così incazzato?».
Avevano varcato la soglia della sua camera e lo trovarono steso sul letto a masticare imprecazioni.
«È convinto che lei ci vada con Midoriya. Hai presente? Quello non troppo alto e pieno di lentiggini che–»
«Sì, sì, ho presente. Avete con noi Difesa delle Arti Oscure.» lo interruppe Kaminari. «In effetti Midoriya ha invitato Uraraka–»
«Chiudete il becco» ringhiò Bakugou. Ascoltare Kaminari descrivere la scena era proprio l’ultima cosa di cui aveva voglia.
«… Se mi lasciassi finire» lo rimbrottò un po’ Kaminari. «Dicevo: Midoriya l’ha invitata, ma lei ha rifiutato.»
«L’hai visto?» chiese Bakugou, un po’ piccato per essere stato zittito e un qualcosa che sembrava rinvigorirlo. Forse la malsana idea che stava prendendo forma nella sua testa. Aveva solo bisogno di una conferma.
«Beh, sì» fu la risposta di Kaminari. «Era un po’ in imbarazzo quando gli ha detto–»
Bakugou non sentì altro, uscendo dalla sua stanza come un treno in corsa, ignorando del tutto lo sghignazzare compiaciuto di Kirishima.
 
Non sapeva nemmeno dove stesse andando, di preciso, quando la vide in fondo al corridoio, che camminava chiacchierando animatamente con la sua amica Faccia-da-rospo, la Corvonero con la passione per le rane e la lingua tagliente.
Merda, pensò, e maledisse mentalmente Kaminari e Kirishima, che in quel momento probabilmente erano nella sua stanza a farsi beffe di lui e a fare scommesse idiote. Al diavolo, a quei due idioti avrebbe pensato dopo, ora doveva concentrarsi sul non sembrare lui un’idiota. Doveva pensare e l’unica cosa che aveva nella testa era il vuoto siderale. Merda, merda, merda.
«Oh, ehi Bakugou»
Merda.
«Ciao Bakugou» lo salutò anche Faccia-da-rospo.
Lui rispose con un grugnito d’assenso, come faceva sempre. Di solito era lui la parte silenziosa della conversazione, si limitava ad ascoltare e a dare risposte brevi e concise. Che metà di queste risposte fosse costituita da insulti e imprecazioni era una semplice sottigliezza.
«Ti devo parlare» disse solo, l’allusione che stava nell’occhiata scoccata a Faccia-da-rospo.
«Tsuyu, se vuoi puoi cominciare ad andare, ti raggiungo dopo.» disse Uraraka. Unì le punte delle dita come era solita fare e fece un gran sorriso all’amica, che lo ricambiò e annuì.
«Allora ci vediamo più tardi al ballo. A dopo, Ochako»
«A dopo!»
Bakugou pensò che quella fosse una settimana storta, per lui. Avrebbe ammazzato Kaminari alla prima occasione disponibile, ne era certo. Questa è l’ultima volta che mi prende per il culo. Magari avrebbe potuto preparare un incantesimo esplosivo e spacciarglielo per qualcosa per studiare più in fretta. Almeno, si disse, non aveva dovuto fare la figura dell’idiota a chiederglielo.
«Con chi vai al ballo?» chiese Bakugou, di getto, prima di potersi mordere la lingua. Si maledisse da solo, ma si costrinse a tenere una facciata d’indifferenza, come se fosse solo una domanda casuale, buttata lì tanto per parlare.
«Oh…» Uraraka sembrava titubante e non lo guardava. Preferiva concentrarsi sulle sue mani. «In realtà non ho un accompagnatore» ammise, le guance già rosee si accesero sotto la coltre dei suoi capelli. Aveva la testa incassata nelle spalle, la sciarpa nera e gialla avvolta al collo che nascondeva ancora di più il volto alla vista del ragazzo.
Che cazzo vuol dire che non ha un accompagnatore?, si chiese. Che cazzo voleva dire Faccia-da-rospo con quel “ci vediamo al ballo”?Non riusciva a trovarci un senso, il preside aveva esplicitamente detto che avrebbero dovuto presentarsi in coppia.
 «Che cazzo vuol dire?» sbottò. In realtà, avrebbe voluto chiederle se potesse essere lui, il suo accompagnatore, ma quello era stato l’unica cosa che era riuscito a dire. Non era mai stato un campione di gentilezza, anzi, era già tanto che avesse smesso di urlare rivolgendosi ai suoi amici. Lo irritava l’aver bisogno di prepararsi, prima di dire cose particolarmente carine.
«Ah, uhm» balbettò lei. «Io speravo che…» prese un grosso respiro, incassando maggiormente la testa nelle spalle. Le parole semi-assorbite dalla sciarpa giunsero ugualmente chiare alle orecchie sbigottite di Bakugou. «Speravo che fossi tu, il mio accompagnatore»
Il ragazzo rimase in silenzio per un minuto, non completamente certo di aver sentito con chiarezza. Aveva paura di star sognando e di essersi addormentato sul suo letto appena un’ora prima. Nella parte razionale della sua mente, in ogni caso, regnava il vuoto più assoluto. Non riusciva a pensare a nulla in modo coerente. Davvero aveva sentito quello che aveva sentito? Era abbastanza certo che non fosse uno scherzo, Uraraka l’aveva preso in giro più volte – e più volte i suoi amici l’avevano guardata pieni di paura per la sua sorte –, ma sapeva che non gli avrebbe mai fatto una cosa del genere, nemmeno se gliel’avessero chiesto. In quel caso, probabilmente avrebbe trovato degli idioti a mezz’aria nel corridoio che imploravano pietà. Non poté trattenere un mezzo sorriso, al ricordo di quanto, effettivamente, era successo una volta.
«B-Bakugou?» si sentì chiamare. Uraraka lo osservava, le guance ancora rosse e un’esitazione che poche volte le aveva sentito nella voce. Aveva paura che lui potesse dirle di no, glielo leggeva negli occhi e la capiva. Era la stessa paura che aveva avuto lui.
L’espressione nei suoi occhi cambiò, il mezzo sorriso ora appariva come il suo solito, sprezzante, altezzoso sorriso.
«Farai meglio ad essere la ragazza più fottutamente bella di tutto il Ballo»
 
A differenza dei Kirishima e Kaminari – e probabilmente di tutti gli altri loro compagni – Katsuki Bakugou si sentiva a suo agio nell’elegante completo che sua madre aveva disegnato per lui.
Il suo viso era rilassato nel suo consueto broncio, quello che sembrava pronto a tramutarsi in una furia in un secondo. Dietro di lui, però, i suoi amici facevano di tutto per trattenere le risate e, suo malgrado, sapeva anche perché. Erano gli occhi, a tradire i suoi reali pensieri, privi di quella scintilla di irritazione perenne che li caratterizzava – come se il rosso cremisi non fosse abbastanza insolito. «Sembra che la tua aura nera sia stata lasciata a casa, 'sta sera» aveva commentato Kaminari mentre percorrevano i lunghi corridoi del castello fino all’ingresso della Sala Grande.
Poteva anche essere vero, ma ciò non voleva dire che avesse abbandonato quello che – lo riconosceva – era il suo caratteraccio. All’ennesimo risolino malcelato, sbottò: «Che cazzo avete ancora da ridere, facce di merda?»
Kirishima si trattenne dal considerare che fosse ad un passo dall’abbaiare come un rottweiler. O un volpino spettinato, visto che avevano provato in tutti i modi a sistemargli i capelli per la serata, ma questi sembravano avere vita propria. «Niente…» glissò invece, mettendo una mano davanti alla bocca come per trattenere l’ennesima risata alle reminiscenze di quel pomeriggio.
«Forse faresti meglio a girarti, Bakugou» disse Kaminari, anche lui con parecchia difficoltà a rimanere serio davanti all’amico.
Bakugou, per tutta risposta, iniziò a masticare insulti a mezza bocca nei loro confronti, borbottando qualcosa riguardo a come sarebbe stato contento di buttarli giù dalla Torre di Astronomia, ma si girò comunque.
Le parole gli morirono in gola – come aveva fatto a ridursi così?
Uraraka era davvero la ragazza più fottutamente bella di quel diavolo di ballo, fasciata nel semplice abito che abbinava il contrasto di bianco e nero del corpetto con il rosa pastello della lunga gonna. Le ragazze che aveva visto sfilare tra le porte della Sala Grande accompagnate dai loro cavalieri sembravano letteralmente scomparire. Non che Uraraka sarebbe mai venuta a saperlo, comunque.
Non disse nulla; semplicemente, le porse il braccio e quello che voleva essere un sorriso. Non era certo di essere riuscito del tutto nel suo intento, ma lei pareva così felice e lui aveva la sensazione di star fluttuando— no, un momento. Non era solo una sensazione, lui stava realmente fluttuando, ad una spanna buona da terra.
«Uraraka, mettimi giù» le disse, leggermente scocciato. Avrebbe dovuto aspettarselo, dato che era un vizio che la ragazza aveva, a quanto pare, sempre avuto. A quanto gli aveva raccontato, i suoi genitori si erano accorti che era una strega proprio perché un giorno l’avevano trovata a fluttuare per casa. Ora, di quando in quando, si divertiva a far fluttuare i suoi amici. Si diede dell’idiota per non aver notato la bacchetta – non voleva sapere dove l’avesse nascosta – o il sussurro con cui aveva pronunciato l’incantesimo.
«Oh, sì, scusami» accennò un risolino, senza mai lasciargli il braccio.
Prima di avviarsi verso l’interno della Sala Grande, Bakugou rivolse uno sguardo omicida alle sue spalle, dove Kaminari e Kirishima, ancora in attesa delle loro dame, ridevano senza ritegno. Dopo facciamo i conti, merde, voleva dire, ma i due erano troppo esilarati per dargli retta.
 
Furono i Campioni ad aprire le danze, come da tradizione, ed all’entrata delle tre coppie ci fu un lungo applauso che si esaurì non appena la musica iniziò a risuonare per la Sala Grande, decorata per l’occasione sui toni del ghiaccio. Sembrava di stare fuori, dove la vera neve ammantava praticamente ogni cosa. Così, dopo Yaoyorozu e Todoroki – e altri quattro idioti di cui Katsuki non si era curato di imparare i nomi – una ad una altre coppie si unirono alle danze.
«Ti va di ballare?» chiese Uraraka e Katsuki annuì in un grugnito, prendendole la mano e accompagnandola sulla pista.
La danza non era esattamente il suo pane. Anzi, trovava ridicola l’intera serata. Secondo lui, c’erano modi decisamente migliori di trascorrere la vigilia di Natale – volare, per esempio – e non capiva perché diavolo fosse rimasto così incazzato per tutta la settimana a causa di quello stupido Ballo. Non capiva nemmeno come fosse rimasto fregato a quella maniera da Uraraka, quando era evidente che lei non avesse fatto nulla con quel proposito. Cazzo, da quando era entrato ad Hogwats il suo obiettivo era sempre stato quello di diventare Auror e l’ultima cosa di cui aveva bisogno era una stupidissima cotta adolescenziale. In quel momento, però, si sentiva davvero bene, come quando era ancora un bambino ignaro del mondo, prima che la gente si fermasse al suo caratteraccio e gli desse del Jarvey. E più la osservava, più rimaneva in sua compagnia, meglio si sentiva – e si era odiato, in parte.
La mano di Urarka sulla sua spalla strinse un poco la stoffa della giacca, riportandolo alla realtà. Quando i suoi occhi cremisi si posarono sul volto della ragazza, mentalmente imprecò. Fanculo, pensò. Se doveva avere un incidente di percorso, questo era il migliore che gli si potesse prospettare.
«Ehm… Katsuki?» chiamò. Era più un sussurro, ma fu più che sufficiente per attirare la sua attenzione. L’aveva chiamato per nome – e suonava così dannatamente bene, detto da lei.  «Vuoi uscire?» Con la testa, indicò la porta.
Annuì.
 
Appena fuori dalla Sala, Katsuki aveva infilato le mani nelle tasche ed Uraraka aveva portato le mani dietro la schiena, camminando per i corridoi senza una meta precisa. Semplicemente, passeggiavano in silenzio. Uraraka aveva un sorriso che sembrava andare da un orecchio all’altro e sprizzava allegria da tutti i pori.
Normalmente, l’avrebbe trovato oltremodo fastidioso, ma quando era lei ad essere felice la sua irritazione scemava.
Era stato contento quella sera. Si era persino divertito e probabilmente avrebbe dovuto ringraziare Testa di merda Pila Ambulante. Non che l’avrebbe fatto. Non avrebbe ringraziato nemmeno lei per averlo portato via di lì, ma sapeva avrebbe capito. Uraraka aveva questa strana capacità di capire praticamente sempre cosa avesse per la testa. All’inizio era stato irritante, invece ora il suo capirlo così al volo era quasi rassicuranteAlmeno non mandi tutto a puttane parlando, si era detto.
«Grazie per il ballo» La voce di Uraraka spezzò il silenzio di quella sera al castello, nei corridoi lontani dalla confusione che aleggiava nella Sala Grande.
«Mh» Di nulla.
«E grazie per esserci venuto con me, anche se te l’ho chiesto praticamente ieri» continuò lei. «Non hai dovuto disdire all’ultimo, vero?»
«Che cazzo vai blaterando?» Non aveva dovuto disdire con nessuna, visto che nessuna l’aveva invitato – e Kirishima si era premurato di fargli notare che non sarebbe successo, se avesse continuato con quell’atteggiamento più irascibile del solito, beccandosi una notevole sequela di insulti.
«Oh. È che da quando ci hanno detto del ballo sento un sacco di ragazze meditare di invitarti…»
«Chissà che cosa le avrà fermate» replicò Bakugou, sarcastico.
«Andiamo, non sei così terribile. Basta sapere come prenderti» rise.
Erano arrivati nei pressi della Tana di Tassorosso, a qualche metro dalle cucine. Uraraka batté a ritmo su una delle botti a lato.
«Mi aspetti un attimo?» chiese la ragazza.
Bakugou non aveva idea di cosa avesse in mente e l’idea di rimanere lì impalato come uno stoccafisso non lo entusiasmava, ma annuì comunque. I quadri, intanto, lo osservavano di sottecchi come se avessero paura che potesse scattare da un momento all’altro. In qualsiasi altro momento, avrebbe dato loro ragione, ma non quella sera. Si sentiva fottutamente calmo, come se nulla potesse toccarlo – che cazzo gli aveva fatto, quella Strega?
Tornò qualche minuto dopo, con un pacchettino tra le mani e le guance rosse come quel pomeriggio.
«Buon Natale, Katsuki» sorrise e glielo porse. Poi si protese verso di lui, con le mani sulle sue spalle per darsi sostegno, e gli diede un bacio sulla guancia.
Katsuki fece a malapena in tempo a vedere le guance della ragazza accendersi ancora di più, prima di vederla sparire oltre la botte.
E rimase lì, come un fottuto stoccafisso, con una mano sulla guancia che gli pareva bruciare, l’altra a reggere il pacchetto e lo sguardo puntare al vuoto, incredulo.
 
Forse, considerò, Kirishima si meritava un ringraziamento. Forse.




 
Edit del 13/09/2017

Autor's Corner
Buonsalve a tutti! Pubblico ora le mie inutili noticine autrice perchè ieri sera ero peggio che in ritardo con la pubblicazione – alle 23:52 quando l'evento sarebbe finito a mezzanotte – e quindi sono qui per dire due cosine. 
Allora, prima cosa, voglio scusarmi per l'eventuale OOC. Sinceramente, ci ho provato a mantenere IC Bakugou, ma non so quanto possa essere riuscita, questa cosa. Comunque, mi è piaciuto parecchio come è uscita, anche perchè ci ho bestemmiato dietro quasi una settimana. Ho tentato di mantenermi più coerente possibile anche con la AU, sebbene non sia davvero un'esperta avevo da un po' questa idea e ho colto l'evento di Fanwriter.it come occasione. NanaLuna, come al solito mi beta e mi dice quante puttanate ho scritto e, vi giuro, per questa mi ha fatto un sacco di cazziate. E... niente, spero possa piacervi, anche perché può darsi che faccia la persona masochista e scelga di scrivere qualcos'altro in serie a questa. 
Ah, ultimissima cosa: ulteriore ringraziamento ai cuori che hanno letto e recensito le altre storie su di loro. Non sapete che forza mi avete dato, quindi questa è dedicata un po' anche a tutti voi che mi avete letta e sostenuta. Grazie ♥︎

Un bacio,
Tata

 
   
 
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