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Autore: rekichan    12/09/2017    5 recensioni
«Stia tranquillo, signor Uchiha – disse, forzandosi a sfoderare il più dolce dei sorrisi – È un’operazione di routine, una puntura e non sentirà più nulla».
«Vi insegnano le frasi fatte al corso per strappa denti, o sono quelle che dicono i veterinari prima di abbattere i cani?», sibilò Madara.
[Per Tratrin][MadaSaku][Premio per l'iniziativa recensioni indetta dal gruppo SasuNaru Fanfiction Italia]
Genere: Comico, Commedia, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Izuna Uchiha, Madara Uchiha, Sakura Haruno
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
- Questa storia fa parte della serie 'My Shiny Teeth And Me'
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My shiny teeth and me

 

When I'm feelin' lonely - sad as I can be…

All by my self in an uncharted island in an endless sea..

What makes me happy, fills me up with glee:

those bones in my jaw that don't have a flaw.

My shiny teeth and me.

[My shiny teeth and me; Chip Skylark]

 

 

«Dovresti…»

«No».

Madara cercò invano di dare alla sua risposta negativa il solito timbro secco e autorevole, ma quello che uscì dalla sua bocca fu un “no” biascicato, più simile a quello di un bambino lagnoso che di un uomo maturo, affascinante e pieno di carisma come lui, il che non fece che irritarlo più di quanto non fosse.

A peggiorare il tutto, il sogghigno di suo fratello minore Izuna. Lungi dall’essergli di conforto, sembrava trovare la situazione molto divertente. Estremamente divertente, a giudicare dalle occhiate che lanciava alla sua povera guancia gonfia.

Ricambiò quella mal celata ilarità con un’occhiata gelida. Era davvero stufo di quella situazione e, soprattutto, dell’ostinazione di quel dente del giudizio a non voler obbedire al suo ordine di non provocargli dolore.

«Ribelle e ostinato. Non ha ancora capito chi comanda. Ah, ma lo capirà… lo capirà», rifletté tra sé e sé. Un sogghigno gli apparve sul volto gonfio, mentre pensava ai modi in cui quel dannato molare aggiuntivo avrebbe sofferto sotto la sua ira.

Ovvio che il fatto che il dente fosse inanimato non era stato preso neanche in considerazione. Izuna sembrò intuire il delirio d’onnipotenza del fratello maggiore e, deciso a porvi fine prima che degenerasse in uno strambo tentativo di conquista del mondo (Izuna aveva impiegato ore, l’ultima volta, a convincere Madara che era un semplice direttore aziendale e che no, non poteva evocare/imprigionare demoni leggendari che esistevano solo nella mitologia per radere al suolo la città e diventare signore e padrone del circondario), optò per un approccio amichevole, razionale e diretto.

«Devi andare dal dentista, Madara – ribadì per la centesima volta in due ore. Come vide che il fratello stava per replicare, picchiettò il dito sulla guancia dolorante, strappandogli un gemito di dolore – Conciato così non puoi andare da nessuna parte. E tra due giorni hai l’incontro con Hashirama Senju per parlare della fusione tra le vostre aziende. Sei davvero sicuro di volerti presentare conciato come un rottame?»

Izuna non dovette neanche contare fino a tre. A dir la verità, non era neanche certo che Madara avesse sentito la fine della frase, perché al nome “Senju” si era alzato e aveva preso il cellulare, telefonando al costoso studio odontoiatrico, considerato il migliore della città.

 

***

 

Se fosse stato consapevole che sistemarsi compulsivamente la giacca e il polsino sinistro della camicia erano indicabili come atti di nervosismo, Madara si sarebbe suicidato piuttosto che compierli e mostrare, a quel modo, la sua debolezza. Tuttavia, o non ne era conscio, o era talmente agitato da concedersi consapevolmente quel piccolo atto di indulgenza.

Certo, non aveva nulla da temere. Alla fine era una semplice visita odontoiatrica… Odontoiatrica, gli piaceva quella parola; gli dava l’impressione che non c’entrasse nulla con i suoi denti e, di conseguenza, con un folle pronto a strapparglieli via con delle tenaglie lasciandolo sdentato e rovinando così la sua magnifica persona.

D’altronde, cosa doveva temere (e notare bene che lui non temeva nulla… nulla!)? Madara ne era certo: avrebbero fatto un lavoro esemplare, nonché, cosa più importante, indolore.

Fu con rinnovata serenità e un polsino spiegazzato che Uchiha varcò la porta dello studio e storse il naso. Detestava l’odore di disinfettante che permeava le pareti di tutti gli studi medici, l’ambiente asettico e quelle gigantografie di persone dai denti bianchissimi e innaturali che lo guardavano dalle pareti. Che cos’avevano da sorridere, poi? Di essersi fatti trapanare la mandibola? Lanciò un’ulteriore occhiata di disprezzo alle immagini, prima che un lieve colpo di tosse, dal suono abbastanza risentito, lo costringesse a girarsi e prestare attenzione alla donna seduta dietro al banco dell’accettazione.

«Lei è il signor Madara Uchiha?», domandò con voce soave. Madara non poté fare a meno di mostrare disappunto per i capelli rosa della segretaria. Uno studio odontoiatrico (sì, gli piaceva davvero tanto quella parola) serio non avrebbe mai dovuto assumere come segretaria un esemplare femminile con una tinta così appariscente.

«Signore, le ho chiesto se è Madara Uchiha», ripeté la donna; Madara ne studiò l’aria sfatta, quasi trascurata. I capelli rosa erano tenuti su da un mollettone in maniera disordinata e, sotto gli occhi verdi, facevano mostra di sé delle pesanti occhiaie. Niente trucco, unghie corte… la donna aveva una corporatura minuta nascosta sotto un camice blu scuro da medico e indossava delle crox rosa, giusto per eliminare del tutto qualsiasi parvenza di femminilità. Sul petto piccolo spiccava il cartellino con il nome: “Sakura Haruno”.

Davvero una pessima scelta, per una segretaria. Sarà anche stato lo studio migliore della città, ma di certo era quello con più cattivo gusto e, sicuramente, quello col personale più maleducato.

«L’ho sentita – modulò con voce lenta e cadenzata, volta a far capire alla ragazza che l’unico motivo per cui non aveva risposto alla sua domanda era che non la riteneva degna d’attenzione – Sì, sono io».

«Dottoressa Haruno - si presentò – Lei è in ritardo di ben 20 minuti. La prossima volta la prego di avvisare lo studio in anticipo, così da poter far slittare il suo appuntamento».

«Seriamente?», un ghigno si distese sul volto di Madara di fronte all’arroganza di quella squallida segretaria.

«”Seriamente” cosa, signor Uchiha?»

«Mi stai rimproverando?»

Sakura studiò per qualche secondo l’uomo che aveva di fronte. Ben vestito, atteggiamento arrogante, una massa di capelli neri che sarebbero stati utilissimi per fare presa, mentre gli sbatteva ripetutamente la testa contro uno spigolo, e causa dell’annullamento di un appuntamento, nonché cattiva pubblicità per la clinica rinomata per l’essere sempre puntuale. Sì, quella giornata sembrava aver assunto tinte fosche e negative non appena Madara Uchiha aveva messo piede nello studio.

Respira, si ripeté Sakura, ricorda cosa ti ha detto Hinata: troppa negatività nuoce allo spirito.

Tuttavia neanche le teorie New Age della sua amica, basate su amore, pace e tolleranza, riuscirono a cancellare la sua irritazione. Così, non appena Madara replicò, Sakura si premunì di sfoggiare il suo sorriso più dolce e celiare, con voce angelica:

«Ovviamente».

A quella risposta, Madara sentì tutto il timore che aveva provato al pensiero di entrare nello studio dentistico trovare una valvola di sfogo nella rabbia. Era notoriamente un tipo irritabile, nonché irritante (anche se non lo avrebbe mai ammesso), pronto a scaricare su chiunque gli capitasse sotto mano il proprio malumore. Tuttavia, indulgente con se stesso come solo i maestri di arroganza sanno fare, lungi dal pensare di essere in torto, Madara viveva nella ferrea convinzione che lui avesse sempre ragione, gli altri sempre torto e che, soprattutto, le persone erano tutte maleducate e irriverenti. Tutte, tranne lui ovviamente.

«Dov’è il suo principale?», sbottò. Gliel’avrebbe fatta vedere lui a quella segretaria sgraziata e impudente! Già pregustava il sapore del licenziamento, degli ossequi e delle scuse cerimoniose del proprietario della clinica e il suono dei singhiozzi di quella… come si chiamava? Lanciò un’occhiata alla targhetta col cognome. Ah, sì: Haruno. Nome insignificante almeno quanto lei.

«Ce lo ha di fronte».

Madara non riuscì a trattenere un sorriso sprezzante.

«Non mi prendere in giro», sibilò mentre riacquistava la sua aria rigida.

«Per quanto potrebbe essere divertente, non sono solita scherzare su queste cose».

«Non puoi essere il direttore della clinica. Sei…»

«…una donna? – il sorriso cordiale di Sakura non servì a coprire la sua irritazione – Sa, signor Uchiha, molti pensano che una donna sia utile solo come infermiera, ma pochi hanno il coraggio di dirlo ad alta voce, soprattutto prima di accomodarsi in studio. Ora prego, a quanto mi è stato detto per telefono, dobbiamo procedere all’estrazione di un dente del giudizio. – Chiuse con uno scatto la cartella che teneva in mano e rivolse a Madara un sorriso trasudante melassa – Mi duole informarla che abbiamo terminato il protossido d’azoto proprio oggi, quindi l’estrazione sarà un po’ più dolorosa del normale, ma sono sicura che un uomo forte e virile come lei non avrà paura di qualche doloretto, giusto? Mi segua».

Imbronciato e con la mente piena di improperi per la scelta malsana di suo fratello – gliel’avrebbe fatta pagare a Izuna. Doveva solo uscire vivo da lì e allora… allora… - Madara non ebbe altra scelta che seguire la dottoressa Haruno, con un possente digrigno dei suoi disastrati denti.

 

***

 

«Signor Uchiha, la prego di tenere quella bocca aperta…», sospirò Sakura, dopo il decimo tentativo di fare la lastra alla mandibola del suo paziente. Quell’uomo riusciva a stressarla come non mai e maledisse tra sé la sua assistente, troppo occupata ad andare in viaggio di nozze per stare in studio a radiografare quella piaga umana che prendeva il nome di Madara Uchiha.

«Non mi piace che una donna mi dica certe cose – ribatté lui, prima di ghignare malizioso – Di solito sono io a dirlo alle femmine».

«Invece di parlare usi la sua apertura mandibolare per mordere quel cuscinetto e stia fermo», replicò l’odontoiatra, cercando di non far trasparire la rabbia. Madara sorrise soddisfatto, di nuovo. A quanto pareva la diabolica dentista non sopportava le battute sessiste, cosa in cui lui era decisamente uno specialista.

Aveva cominciato in maniera naturale, lasciando libero sfogo alla propria natura fastidiosa e dispregiativa nei confronti del gentil sesso – che, a suo non modesto parere, era tutto fuorché gentile -, ma come aveva notato che Haruno non sopportava i suoi commenti si era del tutto scatenato. Provava una gioia perversa nell’irritarla e nel vederla costretta a controllarsi per non sbatterlo fuori dallo studio; la sua rabbia era gustosa, come un dolce prelibato, e Madara riusciva ad assaporarne il sapore sulla punta della lingua.

«Signor Uchiha – la voce acuta e furiosa di Sakura lo distolse dai suoi pensieri; sorrise laconico e lanciò uno sguardo agli occhi verdi della donna che parevano fulminarlo – Ho un altro appuntamento dopo di lei, quindi collabori, o mi vedrò costretta a farle l’estrazione senza lastra e le posso assicurare che niente in questo momento mi renderebbe più felice di cavarle il dente senza anestesia».

«Non sarebbe illegale?»

«Ho detto che la lascerei in condizioni tali da poter parlare?», celiò zuccherosa Sakura.

«Mi stai minacciando?», replicò secco Madara; gli occhi scuri si assottigliarono in maniera pericolosa. Quella femmina si stava permettendo di provocarlo?

Un senso di soddisfazione lo pervase; di rado trovava qualcuno in grado di tenergli testa, o di rispondergli a tono, ma soprattutto era esaltato dalla situazione. Gli piaceva provocare le persone e, quando queste cadevano come pesci nella sua rete, si sentiva come un bambino che scarta i regali di Natale in anticipo.

«La sto avvisando, signor Uchiha».

«Tutto ciò è molto poco professionale – ghignò – Lo sai, vero?»

«Tutto ciò è molto incosciente – ribatté Sakura – Lo sa, vero?»

 

***

 

Sakura ringraziò tra sé e sé tutte le divinità di svariati pantheon per essere riuscita a far accomodare Madara Uchiha sulla sedia senza ucciderlo.

Si complimentò con se stessa per la pazienza dimostrata, per l’elevata professionalità e per aver sedato, in qualche modo, le frecciate dell’uomo sul suo possedere una vagina. Tuttavia, pensava mentre armeggiava con la siringa per l’anestesia, al rientro della sua assistente le avrebbe lasciato il promemoria di non accettare più alcun paziente che facesse di cognome Uchiha.

Sollevò l’ago della siringa, stillandone qualche goccia di fluido per evitare bolle d’aria; ne approfittò per lanciare un’occhiata sospettosa a Madara. L’uomo era sdraiato sulla sedia per l’operazione, apparentemente tranquillo parte per il tamburellare nevrotico delle dita sul bracciolo; il tubicino per aspirare la saliva usciva dalla sua bocca stranamente silenziosa.

Sakura non si azzardò a tirare un sospiro di sollievo. Avrebbe potuto cominciare a parlare da un momento all’altro, rendendola più nervosa e irritabile. Estrarre i denti del giudizio era un’operazione di routine, ma se quel paziente avesse ripreso a tormentarla con le sue battute sessiste, non poteva contare sul suo proverbiale autocontrollo.

Decise, tuttavia, di far buon viso a cattivo gioco, anche perché il pallore insano che si era dipinto sul volto di Madara Uchiha era preoccupante. Pareva che stesse cercando di trattenere la paura e Sakura, pur provando una lieve soddisfazione nel vederlo così spaventato, era comunque un medico: era suo compito mettere a proprio agio il paziente.

­«Stia tranquillo, signor Uchiha – disse, forzandosi a sfoderare il più dolce dei sorrisi – È un’operazione di routine, una puntura e non sentirà più nulla».

«Vi insegnano le frasi fatte al corso per strappa denti, o sono quelle che dicono i veterinari prima di abbattere i cani?», sibilò Madara.

Sakura si morse il labbro inferiore per trattenere un insulto; decise di attribuire l’ennesima battuta al nervosismo e passò oltre.

Tanto tra poco dovrà stare zitto per forza, si rassicurò.

«Signor Uchiha, ora le praticherò l’anestesia. Avvertirà un leggero torpore nella zona e, dopo qualche minuto, procederò con l’estrazione e infine con i punti. Tutto chiaro?»

«Non ho cinque anni, lo so come si toglie un dente!»

­«Non avrà cinque anni,  ma ho avuto bambini meno terrorizzati di lei – celiò – Ora faccia “aaaah”, che arriva l’areoplanino».

L’espressione indignata di Madara valse tutte le battute che aveva ricevuto quel giorno. Fulminea, prima che potesse replicare, fece l’iniezione. Ora sarebbe stata solo questione di minuti, poi avrebbe potuto rilassarsi.

Sapeva che Uchiha stava blaterando qualcosa, sapeva che stava protestando, udì perfino un «Maledetta femmina», ma presto le parole divennero biascichi e, infine, Madara smise di agitarsi e si limitò a fulminarla con lo sguardo.

Sakura fece schioccare il guanto di gomma attorno al polso e sorrise.

 

***

 

«Mi raccomando, non mangi niente finché non passa l’effetto dell’anestesia e, nei prossimi giorni, si alimenti solo a cibi liquidi o semi-solidi; niente di troppo caldo e si spazzoli con uno spazzolino a setole morbide, massaggiando delicatamente i punti con un movimento circolare…»

«Nh…»

Madara ascoltò con aria distratta tutte le raccomandazioni della odontoiatra. Izuna, venuto a prenderlo per non farlo guidare sotto anestesia, sorrise gentilmente alla dottoressa.

«Grazie per essersi presa cura di mio fratello, spero non sia stato molto ostico».

«Oh, è normale esserlo se si ha paura del dentista – rispose Sakura, affabile. Sia lei che Izuna ignorarono il “Io non ho paura di niente” bofonchiato da Madara – Ma sono certa che abbiamo superato le nostre divergenze iniziali e che adesso il signor Uchiha è pienamente soddisfatto, vero?»

Madara colse lo sguardo di sfida della dentista a replicare. Si limitò a un cenno con la testa.

­«Non è stata così pessima – sibilò – Per una femmina».

«Ne sono felice – commentò Izuna, non senza tirare una gomitata al fratello maggiore – Allora prendiamo appuntamento anche per la settimana prossima».

Madara alzò un sopracciglio. Dal canto suo, non aveva intenzione di rimettere mai più piede dal dentista in tutta la sua esistenza, ma non sospettava che anche Izuna avesse bisogno di fare una visita odontoiatrica.

«Certo, martedì alle undici?»

«Non lo so, Madara sei libero?»

«Non ti vengo a prendere – protestò – Non dopo che mi hai lasciato nelle mani di questa sadica assassina di molari».

«Oh, ma non è per me – ghignò Izuna – È per te».

«Ho già dato».

«Signor Uchiha – ecco, quella femmina irritante si era messa di nuovo a parlare. Pregò tutti i kami esistenti che un meteorite colpisse la clinica proprio in quel momento, giusto per evitare di sentirla ancora ciarlare. – Oggi abbiamo solo tolto il dente del giudizio, ma lei ha delle discrete carie. – Madara impallidì – Avremo molto da fare io e lei».

 

N/A: ok, questa è una fanfiction premio. Una fanfiction premio per Tratrin, che ha vinto il premio dell’iniziativa recensioni del gruppo SasuNaru Fanfiction Italia. Mi ha chiesto una MadaSaku e beh, eccola qui. Perlomeno ci ho provato, ma Madara mi è un po’ ostico come personaggio e non è all’altezza delle sue, ma spero che l’abbia fatta almeno ridere un poco.

La canzone è “I miei denti e me” tratta da “I fantagenitori”. Mi è venuta in mente associata a Madara e sono morto dal ridere.

   
 
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