Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Arydubhe    13/09/2017    3 recensioni
Levi non ha mai visto nulla più che una collega in Hanji, un individuo troppo singolare per poter rappresentare per lui alcunchè di più. Un tramonto, un titano e un aggettivo di troppo faranno sì che questa certezza crolli nella mente del Caporale.
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Dal testo:
“Giuro che credevo di averne viste di relazioni strambe in 40 anni della mia vita; ma due piccioncini che si scambiano titani come pegno d’amore …be’ credo che solo voi due potevate esserne capaci!”
Levi si girò a fulminare il proprietario di quella voce che conosceva benissimo. Erwin lo aveva raggiunto alle spalle, un ghigno sghembo sul viso, tipico di chi crede di saperla lunga.
“Deve farti ancora male la testa. Io le ho solo portato un titano. Fine. Non è successo altro” si limitò a replicare Levi indicando le bende che ancora avvolgevano la ferita sulla nuca di Erwin. Non aveva intenzione di cogliere le provocazioni dell’amico.
Genere: Comico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hanji Zoe, Levi Ackerman
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 7: Bugie

Hanji si era concessa un amaro sorriso e un sospiro silenzioso mentre chiudeva la porta dell’ufficio di Erwin alle proprie spalle e si avviava verso la sua stanza nel quartiere femminile.
Non era così che si era immaginata quella conversazione. Proprio no.

C’aveva rimuginato su tutto il giorno, massacrandosi coi denti il pollice sinistro -con la mano destra era troppo impegnata a scrivere e scartabellare; infine si era decisa.
C’era più di una ragione se quella sera Hanji aveva deciso di recarsi dal Comandante: aveva bisogno estremo di un consulto con lui. I risultati delle ultime ricerche parlavano chiaro su alcune teorie che da tempo aveva formulato… Senza contare che troppi dubbi, problemi e questioni in sospeso andavamo risolte. E il consiglio di Erwin -o una sua intercessione- era giunta alla conclusione le avrebbero giovato grandemente -oltre a essere, a quel punto, estremamente d’uopo. Non poteva aspettare oltre.

Il sole era già calato da un pezzo, la sera inoltrata; anche il moncherino di candela che eroicamente resisteva acceso regalandole un poco di luce era all’orlo della capitolazione.
Così aveva fatto fagotto con tutto quello che era riuscita a raccattare – per fortuna aveva debitamente schiavizzato Moblit affinché spendesse la giornata a fare triplice copia di ogni appunto che prendeva- e si era affannata a ricopiare le ultime trovate che aveva elaborato dopo averlo congedato per la troppa stanchezza, prima che collassasse – seriamente, a un certo punto si era persino appisolato contro un muro... Del resto non si erano fermati un secondo in tutto il giorno e ancora adesso, lì fuori, il gigante che era stato oggetto delle loro sperimentazioni era sottoposto ad alcuni monitoraggi da parte della quarta squadra della Legione Esploratrice, direttamente al comando di Hanji.  Sarebbe stata ancora lunga, la notte, per Nifa e Keiji…

Normalmente, a dire la verità, Hanji non avrebbe avuto tutta quella fretta di finire di stilare i resoconti; ma le serviva portare a Erwin risultati concreti se voleva davvero intavolare quella conversazione che aveva in mente – e non poteva certo rifilargli spazzatura. Almeno non nei contenuti…visto che, per quanto concerneva la presentazione, si era arrangiata con quello che aveva trovato pur di finire, per dare un senso compiuto al tutto, connettere dati, statistiche, ipotesi…perciò a un certo punto, pur di aver materiale su cui scrivere, si era anche risolta a utilizzare qualunque cosa, compresa quella che, sospettava, un tempo doveva essere stata la carta di un panino ormai talmente vecchia che persino l’unto aveva finito per asciugarsi …e altra roba di natura altrettanto discutibile.

Ma del resto aveva così tanto da dire…che persino le riserve di carta avevano finito per scarseggiare – e la carta era un bene prezioso, la cui spesa, Hanji, tutti i mesi, doveva fare i salti mortali per coprire.
Aveva sorriso, raccogliendo le carte, un’ultima occhiata al suo ufficio, pensando a quante gliene avrebbe dette Levi se avesse visto com’era conciato in quel momento…il concetto di “soqquadro” non era mai stato meglio rappresentato. Il caos non aveva mai raggiunto tali livelli in quella stanza…
Così, con una pila effettivamente mostruosa di roba – per qualità e quantità-, si era fiondata da Erwin praticamente correndo.

Sì. Doveva parlargli assolutamente.
E ne aveva ben donde: quel giorno avevano scoperto cose grandiose e numerose che meritavano di essere rese note il prima possibile…!
Inoltre…
…inoltre Hanji, aveva in mente di tracciare il ritratto più elogiativo di Levi che chiunque avesse mai pensato di fare. Anzi, a dirla tutta, quello era lo scopo primario per il quale si era affannata a finire il proprio lavoro in tempo record.
Glielo doveva.

La donna ancora stentava a credere di avere finalmente di nuovo tra le mani un gigante vivo e vegeto. Era un vero e proprio desiderio tramutatosi in realtà. E il merito…il merito era tutto di Levi.
Quei nuovi risultati che stringeva in mano, visibilmente così copiosi, li dovevano tanto a lei…quanto a lui - e alla sua Squadra Speciale, certo. Era quasi ironico, a ben vedere, pensare che l’umanità compiva passi da gigante grazie a un…nanerottolo!

Quando quella mattina la notizia della cattura le era stata notificata, tre sensazioni l’avevano invasa a turno: sollievo, perché sapeva dell’operazione in corso e per tutto il tempo era stata invasa dalla preoccupazione; stupore, perché scoprire che Levi ce l’aveva fatta davvero aveva comunque qualcosa di fenomenale; e incontenibile gioia, che poi i risultati della produttiva giornata non avevano fatto altro che far aumentare.

Lo diceva, lei, che alcuni esperimenti che aveva in mente si sarebbero rivelati necessari per proseguire con i suoi studi; lo diceva che i risultati, se positivi, avrebbero potuto costituire una buna base di partenza per ampliare le loro nozioni sulla lotta ai giganti. Ora tra le mani stringeva la conferma che il suo parlare non era stato a vanvera.
Eppure…Hanji non poteva essere soddisfatta. Perché per colpa di uno stupido divieto, Levi e i ragazzi non avrebbero potuto giovare di quel successo come sarebbe stato giusto. Soprattutto Levi, l’artefice del piano.

L’operazione di cattura era stata svolta in gran segreto, nota solo ai pochi – fidati- che ne avrebbero preso concretamente parte. E per quanto il piano escogitato da Levi fosse geniale, davvero – degno di Erwin, per dire- proprio questo fatto le aveva lasciato un profondo senso di amaro in bocca. Era ingiusto, ingiustissimo che non potessero, lui e gli altri, bearsi di tutti gli elogi che avrebbero meritato.
Era andata così. In pratica Levi aveva deciso di sfruttare per la cattura l’occasione che gli era stata offerta su un piatto d’argento dalla Guarnigione.
Due giorni prima, dalle guardie del distretto di Karanese era stata registrata un’anomalia che aveva impiegato ben poco tempo a suscitare parecchio trambusto: qualche miglio più a sud, verso il distretto di Trost, da una zona di fitta boscaglia, era stata notificato l’innalzamento di alcune colonne di fumo, dense e nere. Era stato necessario un concilio lungo cinque ore e l’accorato intervento di Rico Brzenska affinché si decidesse, alla fine, di approntare una squadra di ricognizione che appurasse la natura del fenomeno. La speranza era che l’origine di quel fumo fosse di tipo antropico, per la precisione un rudimentale sistema di segnalazione escogitato da parte di qualcuno dei numerosi dispersi della sfortunata 57° spedizione della Legione, che si contavano a decine anche a parecchi giorni dal suo fallimento. Del resto, non sarebbe stata la prima volta che, quasi miracolosamente, qualche superstite fosse riuscito a cavarsela per giorni fuori dalle mura, pur circondato da giganti. Mille ragioni potevano impedire a qualcuno di raggiungere Wall Rose e mettersi in salvo…banalmente, per quanto ne sapevano, un intero gruppo di soldati poteva essere rimasto bloccato in quella macchia per via dei 3DMG danneggiati, magari circondati da un gruppo di titani famelici, troppo caparbi per lasciar perdere e troppo stupidi per acchiapparli.
Era stata quell’osservazione di Rico a convincere un po’ tutti della necessità di un controllo. Anche la semplice speranza di trovare un solo soldato vivo valeva la pena di uno sforzo…e del resto si trattava di una banale azione di controllo, tuttalpiù di salvataggio – e sarebbero solo stati felici, nel caso, di scoprire che in effetti qualcuno che potevano trarre in salvo c’era.
…Sempre che di punto in bianco i giganti non avessero imparato a usare il fuoco, eventualità piuttosto remota, in verità, ma che nel qual caso avrebbe costituito un vero problema per gli uomini delle mura – sebbene sicuramente un simile fatto avrebbe fatto felice una certa scienziata, a provocatoria detta di qualcuno... Non sarebbe stato carino scoprire l’esistenza di un ennesimo gigante nemico dotato di intelligenza umana e piromane
Per quanto ne sapevano, poi, poteva trattarsi in realtà di un normale rogo spontaneo - nemmeno troppo inverosimile dato il clima torrido di quei giorni- che per qualche ragione poteva essere rimasto confinato senza estendersi troppo, vuoi perché scaturito in una macchia piuttosto rada e poco sottovento, vuoi perché originatosi in aree più remote, tanto da permettere alle sentinelle sulle mura di scorgerne solo le ultime propaggini; ma tale da essere comunque abbastanza violento da carbonizzare l’area interessata; e del resto, anche se si fosse tratto niente più che di questo, sarebbe stato saggio controllare l’entità del danno arrecato alla Foresta dei Titani, alle strutture di supporto e, se necessario, ridisegnare le mappe dell’area.
Così ci si era risolti a una missione congiunta, da svolgersi di lì in capo a 48 ore, tra un gruppo di soldati dell’Avanguardia della Guarnigione, guidato dalla stessa Rico, e qualche membro della Legione non troppo malmesso dalla 57° spedizione.
Era stato allora che Levi aveva deciso di cogliere l’opportunità di mettere in atto il piano di cattura del titano così come l’aveva architettato nei giorni precedenti.
Senza pensarci due volte, aveva avanzato la proposta che ad accompagnare il giovane membro dell’élite della gendarmeria fossero i sopravvissuti tra le migliori 10 reclute della Legione provenienti del 104° corpo d’addestramento, che avrebbero potuto essere guidati per l’occasione da un membro dell’élite della Squadra ricognitiva.
Levi avrebbe volentieri proposto sé stesso e probabilmente aveva sempre pensato che l’azione sarebbe stata condotta da lui in persona: ma la ferita alla gamba che si era guadagnato nel combattimento con il Titano Femmina gli impediva per il momento la piena operatività e si rendeva conto che un Capitano ferito era solo un elemento in più di difficoltà gratuitamente aggiunto alla missione- anche se sarebbe stato un peccato farsi sfuggire quell’opportunità.... Con un cenno d’assenso a Levi, Mike per sua fortuna, si era proposto spontaneamente come guida in sua vece per quello sparuto nugolo di ragazzini. Levi sarebbe stato presente, ma nelle retrovie, sui carri che avrebbero accompagnato la spedizione. Da lì, a suo modo, avrebbe avuto maniera di fare la sua parte ugualmente, con il ruolo di coordinatore generale.
Che la proposta di Levi fosse stata accolta favorevolmente, era stato chiaro ancor prima che la si mettesse ai voti. Con il secondo soldato più forte dell’umanità dispiegato al fronte, il primo nelle retrovie e a dare man forte Rico, che, in quanto membro d’élite dell’Avanguardia, non era affatto da meno, la missione e il suo successo sembravano comunque assicurati.
Quello che non sapevano i generali -e nemmeno Erwin- era appunto che nelle intenzioni di Levi ci fosse quella di assegnare ai membri della legione da lui proposti il compito di imprigionare almeno uno dei titani che avessero incontrato. Per questo il suo pensiero era andato a Eren e ai suoi compagni d’anno.

Prima di tutto: bisognava far recuperare fiducia in sé stesso al ragazzo-titano. La 57° spedizione aveva incredibilmente lasciato illeso l’intero corpo reclute, ma non sul piano mentale: era dura, la prima spedizione, per tutti i novellini; ed Eren si era caricato sulle spalle il peso del suo fallimento e della morte della squadra di Levi. Inutili erano stati tutti i discorsi che Levi e chiunque altro avevano potuto fargli, il suo morale, da quel giorno, era a terra, la certezza che la responsabilità di quelle vite spezzate gravasse sulla sua coscienza un tarlo che rodeva da dentro.

In secondo luogo, bisognava ridare credibilità al ragazzo-titano, perché ai piani alti molti avevano finito con l’attribuire la colpa del fallimento della missione fuori le mura ad Eren…così che riconfermare l’utilità per gli umani della sua trasformazione era a tal punto divenuto nuovamente necessario. Non si trattava più di dimostrare che Eren non costituiva un pericolo, ma che Eren poteva essere utile.
Far sì che un’operazione si concludesse meravigliosamente grazie all’ aiuto del ragazzo era parsa a Levi l’unica soluzione per prendere più piccioni con una fava.
Senza contare che per catturare un gigante, averne uno tra le loro fila, e senziente, era una semplificazione non da poco, a studiare bene le mosse. Era logica.

Il piano si basava su sole due variabili: il numero e il tipo di titani che avrebbero incontrato.
Ma mentre il gruppo dell’Avanguardia si fosse inoltrato nel bosco, le reclute della Legione si sarebbero impegnate a tenere lontani i giganti con il solito metodo dei razzi colorati, svolgendo, in pratica, il ruolo di guardie del corpo. Un gruppo si sarebbe occupato specificamente dei carri, sui quali, nel caso, sarebbero stati caricati i feriti o i reduci ritrovati dalla 57° spedizione – e dai quali avrebbe contribuito a dirigere le operazioni Levi stesso. E tra i deputati al compito di sentinelle, ci sarebbero stati gli orfani di Shiganshina: Eren, Mikasa e Armin.
Ad Armin e al suo giudizio competeva scegliere quale titano catturare e quando.
Ad Eren sarebbe spettato il compito di agire da esca, in particolare, per attirarne volontariamente uno vicino alle mura.
Mikasa, invece, aveva ordine di aiutare Eren nella cattura garantendo la credibilità della scena e l’incolumità del ragazzo...oltre che- incredibile ma vero- del titano prescelto.

Quando fossero stati abbastanza vicini ai portoni di ingresso, Eren avrebbe dovuto trasformarsi in gigante e lottare con esso; a un certo punto, quando tutti fossero rientrati nelle mura, Eren avrebbe dovuto fingere di essere sopraffatto dal gigante, facendosi sbattere contro il portone di ingresso.
A quel punto sarebbe stato tutto nelle mani di Levi, che avrebbe dovuto convincere i guardiani delle mura ad aprire i cancelli per far rotolare all’interno i due giganti e catturare il “selvatico”.
Ed esattamente così erano andate le cose: nel giubilo generale dell’avere effettivamente ritrovato un gruppo di ben dieci soldati ancora vivi, la cattura del titano si era svolta esattamente come Levi aveva previsto. Un successo su tutta la linea.
E un piano geniale di per sè, davvero geniale.

Di più: Levi aveva corso un rischio grandissimo per mettere in atto quel piano. E a nulla erano servite le preghiere di Hanji di lasciar perdere per il momento, perché conciato com’era poteva finire molto male…
Ma «Tutt’altro- aveva ribatutto lui-  il fatto che sono ferito servirà ancor più a convincerli che io non sto tramando niente…solo uno sconsiderato potrebbe macchinare piani secondari con una gamba malandata…»
E così dicendo non aveva voluto sentire storie. Aveva deciso che la cattura del gigante sarebbe stata portata a termine e basta, semplicemente ciò sarebbe avvenuto, checché ne dicesse chiunque, lei compresa-. E quanto aveva detto aveva poi fatto.

Per tutto questo però, Hanji non riusciva a darsi pace.
Guardava le carte, i nomi dei membri dell’equipe al suo seguito perfettamente citati…e la mancanza della nuova squadra Levi in ognuno di quei rapporti le suonava come un insulto.
Se si era decisa ad andare a parlare con Erwin, era proprio per tale ragione: era una specie di dovere morale a spingerla; doveva parlare con il comandante, dirgli quanto si sentiva in debito nei confronti di Levi…per cercare di ripagarlo in una qualche maniera …per vedere se c’era qualcosa che almeno lui potesse fare, per informare il Comandante, almeno, di che uomo di valore avesse al proprio servizio. Perché in tutto questo, se proprio proprio un riconoscimento ufficiale non glielo si poteva dare – e Hanji sapeva benissimo che semmai, piuttosto, Levi ora come ora rischiava un richiamo formale per violazione delle direttive – almeno lui, però, che a differenza degli altri era dotato di un cervello, un po’ di merito nel suo piccolo avrebbe potuto concederglielo. Anche se concretamente non sapeva né come né con cosa il Comandante avrebbe potuto ricompensare Levi…ma questi erano dettagli.
Lei voleva sottolineare quanto generoso e rischioso fosse stato quel suo gesto, per di più volontario…certo Erwin già sapeva che Levi era tutto meno che l’insensibile commilitone che amava apparire, ma questa volta, con le sue azioni, aveva trasceso ogni gentilezza e prova di coraggio di cui era stato capace da quando era stato sbattuto nella Legione. Ancora una volta aveva agito per il vero bene dell’umanità, a rischio della sua stessa vita, ancor prima che della sua posizione…
Tutto ciò andava premiato, in qualche modo. Per forza.
Si sentiva pronta. Avrebbe finalmente ricambiato il favore, sarebbe stata lei utile a Levi, stavolta.
Si rifiutava di ricambiarlo solamente con un grazie; sentitissimo, eh, ma che non portava a nulla… Tanto più che fino a quel momento il diretto interessato della questione non aveva ancora potuto bearsi di alcun ringraziamento ben fatto: quella mattina era riuscita giusto giusto a urlare all’amico Caposquadra due cosette tra ilarità ed entusiasmo…dopodiché lei aveva passato il giorno a dar di matto sul lavoro e non aveva più avuto occasione di incrociarlo né di concludere seriamente quel discorso che aveva appena cominciato…

Così, si era diretta verso del Comandante con un discorso studiatissimo stampato in testa tanto lo aveva ripetuto dentro di sé, ricco di parole fiammanti e una retorica condita da ammirazione sincera.
Probabilmente a Erwin non sarebbe servito che lei dicesse nulla di che, in realtà; probabilmente avrebbe capito tutto già da solo, vedendosela spuntare davanti, persino più agitata del solito, vaneggiando il nome di Levi come una benedizione. Del resto Hanji faceva conto che probabilmente a quel punto già da solo Erwin stesse meditando qualcosa di simile a suo beneficio…

…Non si era aspettata però che Levi in quel momento si trovasse proprio con Erwin; e per un attimo era rimasta sorpresa, anche se, una volta nell’ufficio, con la faccia tosta che si ritrovava, aveva dissimulato alla grande il proprio stupore.
Hanji aveva riconosciuto la voce del Caposquadra sussurrare mentre bussava alla porta - anche se non era riuscita a distinguere cosa stesse dicendo.
Che diavolo ci faceva Levi lì dentro? Si era chiesta con estremo disappunto e, peggio, delusione.
“No no, così non va bene, questo è un disastro!” aveva pensato, quasi in preda al panico.
Lei necessitava di parlare prima con Erwin e poi con Levi! Non contemporaneamente!
Del resto, se finora aveva rimandato il confronto con Levi decidendo di andare prima da Erwin era stato anche perché, se ne era resa ben presto conto, il contenuto del discorso che intendeva fare a Levi sarebbe dipeso, in buona parte, dall'esito dall’altra discussione che aveva in mente di intavolare proprio con il Comandante... discussione che ora, però, sicuramente non avrebbe più potuto intrattenere. Non poteva certo fare quel discorso in presenza del soggetto…! Sarebbe stato…sbagliato
“Oddio e io adesso cosa dico a Levi?” E pensare che lei era arrivata lì per quello, per poter andare da Levi con qualcosa di più di un “grazie” …!
Ma era troppo tardi, ormai, per pensare di ripassare in un secondo momento: aveva già bussato.

Dopo qualche secondo di attesa, aveva sentito il rumore di una sedia strascicata e dei passi che si avvicinavano alla porta, ritmati e pesanti, militareschi: quelli di Erwin, senza alcun dubbio.
"Ahi".
Se Erwin si prendeva il disturbo di alzarsi anziché dirle semplicemente "Avanti", era perché la porta era chiusa a chiave dall'interno. E se la porta era serrata era perché la discussione che si stava svolgendo nella stanza aveva una certa importanza, tale da fargli desiderare di evitare involontarie interruzioni...
La chiave aveva girato nella toppa con un sonoro "clack". Due mandate.
“Ahi…”
Se le mandate erano due era perché Erwin si era preso la premura di accertarsi di avere a disposizione ulteriori secondi prima di fare entrare chiunque…

Poi però la porta era stata aperta e Hanji per un attimo era stata assalita dal dubbio di aver forse compiuto lei un’enorme cazzata e di aver appena fatto irruzione in un momento terribilmente sbagliato: Erwin l’aveva accolta con un sorriso raggiante per la verità, ma la donna, con la coda dell’occhio, aveva visto Levi seduto in un angolo, uno scuro cipiglio in volto che si ostinava a tenere puntato verso una parete.
Nulla di diverso dal normale, avrebbero detto in molti…ma non lei.
Hanji aveva immediatamente avuto l’impressione di aver troncato un confronto poco piacevole tra i due e la sua mente allenata a formulare teorie aveva elaborato alla svelta svariate ipotesi.
Forse le prime rimostranze dai generali avevano cominciato a farsi sentire…Non sarebbe stato così strano, in effetti…la voce di un titano entro le mura ci metteva poco a circolare…
Forse Erwin stava facendo il quarto grado a Levi per quanto accaduto. Avrebbe spiegato perché a quell’ora tarda stavano ancora discutendo in quell’ufficio.  Del resto un po’ aveva il diritto di prendersela per il fatto che Levi aveva tenuto all’oscuro un po’ tutti, compreso lui…
Forse era arrivata troppo tardi per evitare che Levi si trovasse da solo a difendere la propria posizione, a giustificare i suoi atti e le sue scelte; magari lei avrebbe dovuto sbrigarsi e farlo prima quel discorso…
Le prese quasi il panico.
…o forse tutto capitava a fagiolo e proprio adesso il suo discorso, un po’ ricalibrato, sarebbe stato più utile del previsto?
Sorrise quasi, al pensiero di potersi forse rivelare in un certo qual modo provvidenziale, più di quanto aveva anche solo sperato di poter essere per Levi. Forse c’era ancora speranza per lei di fare il suo discorso, magari non proprio come se lo era preparato, però nella sostanza…

Ma Hanji si era lasciata trasportare.
Della cattura del gigante stavano, i due, in effetti, parlando…ma per sua sfortuna- e per fortuna di Levi- Erwin non sembrava per nulla contrariato dall’accaduto. Anzi. Le era stato ben presto chiaro dal tono di Levi e ancor più dalle dichiarazioni di Erwin stesso; non che nella accondiscendenza del Comandante non avesse contato sin da principio…era lì proprio per quello
Ma Erwin appunto non poteva essere più lontano di così dal rimproverare il Caposquadra. Semmai gli dava pienamente ragione e si stava complimentando.
Aveva accolte anche lei con una giovialità rara persino per lui.
Hanji era stata ad ascoltarli con attenzione. Il Comandante aveva elogiato lui, aveva elogiato lei. Aveva speso buone parole per il piano, per l’operazione, per il futuro…
Armonia completa. Sembrava tutto perfettamente a posto.
Talmente a posto che il suo bel discorso di elogi si era rivelato fottutamente inutile ed estremamente fuori luogo… per sua somma insoddisfazione.
Il che aveva contribuito a frustrare ancor più le sue aspettative. Perché per un attimo Hanji aveva davvero sparato di poter davvero fare finalmente qualcosa, per il bene di Levi –non solo mettere una buona parola, anche due, tre ma addirittura difenderlo …. Invece no.

Li aveva ascoltati parlottare perfettamente a loro agio, comodamente, il Comandante e il Caposquadra, con Levi che insultava tutti caustico come suo solito, tra le risate divertite e cospiratrici di Erwin.
E a disagio si era sentita lei, con Levi al fianco e niente di decente da dirgli o ancor meglio, offrirgli in cambio. Perché più che concordare con Erwin…non poteva fare.
Esattamente quello che aveva temuto.
“Benissimo. E io che caspita faccio adesso?” si era domandata completamente disarmata, guardandoli. Mica poteva rincarare la dose tanto per fare qualcosa!

Così Hanji, osservando Levi al suo fianco dire peste e corna dei generali, aveva riso, la solita complicità di sempre, ma dentro di sé aveva sperato ardentemente che il nano si levasse dai piedi lasciandole lo spazio, finalmente, per parlare da sola con Erwin.
Alla fine si trattava di rimandare ancora una volta i ringraziamenti a Levi giusto un attimo e per un bene superiore – che poi era il suo.
Quasi quasi le dispiaceva vederli interloquire in toni così affabili...
E con quell’osservazione si era resa conto di aver toccato il fondo dell’indecenza.
“Ma che diavolo vado a pensare?" Si era redarguita da sola.
Le era dato di volta il cervello? Sperare che Erwin stesse cazziando Levi...o che questi se ne andasse via da una stanza dove stava già ricevendo solo elogi...?
Per fare cosa, poi??? Che le restava da dire, a lei?

Oramai non stava nemmeno più ascoltando le parole di quei due, impelagata nel dramma di capire com’era meglio comportarsi a quel punto.
 “Vorrei sapere perché diavolo non ho teso meglio le orecchie prima di bussare…”
Forse avrebbe davvero fatto meglio a origliare un attimo fuori dalla porta anziché piombare come una furia contro di essa. Lei e la sua stramaledettissima fretta. Se avesse aspettato solo un secondo di più magari avrebbe capito da sola che le conveniva sloggiare…magari avrebbe realizzato che Erwin stava già prendendo i dovuti provvedimenti del caso…se ne sarebbe andata lasciando i due a conversare e in un secondo momento avrebbe potuto fare quel discorso così come se lo era immaginato …
Invece no.
Quanto era stata stupida.
Aveva rovinato tutto e adesso non poteva fare più niente.

Così, totalmente rassegnata all’inconcludenza della sua venuta, pur di abbandonare definitivamente la questione, Hanji si era limitata a trasformare il suo bellissimo panegirico in una battuta, certo piena di riconoscenza e gratitudine, ma neanche lontanamente paragonabile all’encomio che aveva in mente.
E inutile, tanto quanto aveva fermamente desiderato non fosse.

Certo, poi avevano riso e scherzato tutti assieme.
Ma per converso, Hanji non si era mai sentita più sfiduciata di così.
Perché ad essere sincera lei era venuta lì per aiutare...ma soprattutto per capire alcune cose ...ma le era bastato poco per realizzare che non avrebbe potuto fare né l'una né l'altra cosa...anzi: da quella conversazione non avrebbe cavato fuori proprio nemmeno un ragno dal buco.
Davvero, il tempismo di Levi per quella volta era stato...semplicemente pessimo. E il suo pure.

Perché lei ci teneva davvero a sottolineare l’operato di Levi… specie ora che, di male in peggio, lui e Erwin, col loro cianciare, le confermavano che non c’era maniera per il momento di divulgare la volontarietà del progetto di cattura e di attribuire alcun merito concreto di pianificazione al Caporale… E con un Levi perfettamente incurante della cosa, come se fosse un fatto di nessuna importanza:
«Il fatto che ci fosse Mike è stato provvidenziale comunque – aveva sottolineato Levi a un certo punto- perché mentre io mi occupavo dell’operazione di cattura col nostro trio delle meraviglie, lui si è potuto occupare del resto della squadra fungendo da vero e proprio diversivo.»
«Almeno lui sapeva dell’operazione» si finse piccato Erwin.
«Be’ a lui dovevo dire qualcosa…Per quanto da fuori sembra sia stato il contrario, di fatto è stato Mike a pararci le chiappette…non si dovrà mai sapere che la cattura da noi eseguita era concordata…»
«Già. Questo è poco ma sicuro» aveva confermato Erwin scuotendo la testa in assenso. «È un peccato, ma è così…»
«Be’…pare che sinora ci siate riusciti benissimo a non farvi scoprire…- aveva mormorato Hanji rabbuiandosi, prima di sospirare - Dovrò ringraziare anche Mike…».
«Hanji, non siamo i soli a pensare che questa cosa del divieto di catturare giganti sia una cazzata…- l’aveva rassicurata Levi- hanno tutti partecipato di buon grado…anzi, avresti dovuto vedere lo zelo dello Jaeger quando ha saputo che si trattava di aiutare te…ma del resto quando non si eccita quel ragazzo di fronte a una missione suicida…? Credo che ti ammiri, sai, nonostante le cose strane che gli fai fare…Forse è per questo che andate d’accordo e non ti ha ancora uccisa nel sonno…» aveva aggiunto per stemperare. Si aspettava una battuta...che però non venne.
A quel punto i terribili sospetti di Hanji che gli sforzi di Levi non sarebbero stati ripagati a sufficienza si erano trasformati inequivocabilmente in realtà. Ed era questa l'unica cosa che le importava.

Così era rimasta zitta a osservarli, senza fare una piega alla battuta di Levi, incurante alle frecciatine. Si sentiva annichilita, svuotata.
Non c'era scampo. Stavano lì, entrambi, Erwin e Levi a discutere di come farsi beffe dei capi per il bene della scienziata, senza chiedere nulla in cambio…e Hanji non poteva che stare a guardare. Incapace di dire altro che “grazie”. A tutti.
Inutile, si era sentita semplicemente ed incontrovertibilmente inutile.

Hanji era stata grata ancora una volta della fiducia che le avevano accordato…delle belle parole spese in suo onore…
Ma a quel punto la sua delusione aveva raggiunto il limite.
Così era scoppiata a piangere. Un po’ per la gioia sincera di vedere quell’affetto nei propri confronti confermato e ribadito in maniera tanto palese. Ma in realtà a ben vedere per la rabbia ormai incontenibile di non poter essere in alcun modo d’aiuto, anche in quel momento, personalmente, ai suoi amici, a cui doveva per giunta così tanto. Soprattutto a lui, a Levi, grazie al quale era arrivata fin lì e per il quale si era spinta ad andare da Erwin.
Ma si era sforzata di non dare a vedere nessun segno di turbamento in questo senso, di non palesare le vere ragioni del suo pianto.
A loro voleva mostrare solo tutto l’affetto e la riconoscenza che provava nei loro confronti, la parte felice della propria commozione. Del resto…non poteva nascondere di essere davvero orgogliosa di avere amici e colleghi del genere.

«Peccato quasi non sia qui anche Mike…e i ragazzi pure…» si era risolta a dire.
Il resto, il suo sentirsi impotente…era un problema suo e avrebbe potuto farla passare, al contrario, per lagnosa e incontentabile: d’altronde, era stata fortunata ad essere circondata da persone simili…e lei si perdeva in pensieri così egocentrici, su ciò che non poteva fare, perdendo tempo a sentirsi in difetto...?
Per fortuna questa volta Levi era stato utile con le sue battute burbere nel levarla dall’impiccio.
E, grazie al cielo, lei aveva portato con sé quei plichi di roba con cui “svicolare” definitivamente- …anche se un po’ le veniva male ad etichettare tutto quel lavoro e la faticaccia che esso aveva richiesto come un semplice pretesto. Specie visto che li aveva intesi semmai come prova di un discorso di tutt’altro calibro.
Ricapitolare i successi del giorno, tuttavia, un po’ le aveva risollevato il morale.

Ma restava il fatto che i suoi intenti di fare qualcosa di concreto per Levi erano sfumati miseramente e senza possibilità di recupero.
Così, appena aveva potuto, se ne era andata. Non aveva altre certezze al momento se non che quella era, a quel punto, la cosa migliore da fare.
«Che terribile figura di merda…» aveva commentato una volta fuori dalla porta.

Si era avviata lungo il corridoio per tornare nella sua stanza desiderando ardentemente di morire lungo tragitto.
Anche perché tra tutte c’era una questione sulla quale aveva sentito l’esigenza di discutere con Erwin, forse la ragione vera che, in fondo, quella sera l’aveva spinta a raccattare su le sue carte e correre alla svelta da lui.  Se il discorso che intendeva fare avesse preso la piega giusta, Hanji intendeva parlare di una faccenda, piuttosto particolare ad Erwin, non da commilitone, ma in tutta confidenza, da amica. Ed era la questione sottesa a tutta la sua presente insoddisfazione.

Sapeva da tempo, Hanji, fin troppo tempo, di essersi completamente e irrimediabilmente innamorata del Caposquadra.
E questo a Erwin, con Levi lì presente...non ci voleva tanto a capire che non avrebbe proprio potuto confessarlo.
Aveva provato per un certo periodo a dirsi che non era il caso e non era possibile che avesse finito per provare qualcosa, qualunque cosa per lui, ma ogni bugia che la sua mente aveva potuto concepire a tal proposito era stata ogni volta abortita da qualche nuova azione del Caporale.

Nel corso degli anni era venuta a conoscenza di lati di lui che tante altre persone non potevano nemmeno immaginare e in parte era stata felice di divenire custode di quei piccoli segreti.
Sapeva a menadito, oramai, i pensieri che si affannavano in quella mente sempre all’erta. Le bastava uno sguardo per capire che cosa Levi stesse pensando dietro quella sua maschera impassibile. Impenetrabile solo per gli altri, non più per lei da un pezzo.
Frequentarsi sempre più era avvenuto quasi in automatico e Levi piano piano l’aveva fatta entrare nel suo mondo: certo lei un po’ pressante la era stata, con quella sua curiosità sempre smaniosa di sapere, ma tra un tira e molla e l’altro la sua insistenza si era fatta sempre meno significativa di fronte all’apertura spontanea da parte di Levi.
Erano diventati conoscenti oltre che colleghi e poi qualcosa di realmente simile a due amici. Anche se prima Levi aveva riso a quell’appellativo. Lo erano, eccome. Continuavano a beccarsi come due galli in un pollaio, ma lo facevano volentieri, perché la cosa divertiva anzitutto loro. Naturalmente. Ed era questo spontaneo rimbrottarsi ad averle fatto capire che non solo avevano finito per andare d’accordo, ma che tra loro si era instaurato un legame.

Che la loro distanza si fosse accorciata pian piano, Levi glielo aveva dimostrato più volte.
E, lentamente, era stato capace nei suoi confronti di gesti che avrebbero potuto passare perfino per carinerie. Di certo le aveva dato più volte conferma di tenere in qualche modo a lei.
Anzitutto c’era stata quella volta in cui Levi aveva tentato di regalarne una bellissima penna di falco come regalo di compleanno. “Tentato”, perché di fatto si era limitato a piazzarle in mano una scatola da regalo vaneggiando sul fatto che si era stancato di vederla impugnare in maniera indegna la sua penna ormai tutta sbilenca e smangiucchiata che le faceva inzozzare mani, carte e tavolo ogni volta. Si era dileguato prima ancora che lei potesse dire “grazie”. Ma insomma, non si regalano a caso cose così costose, incartate e infiocchettate a puntino, nel giorno del compleanno dell’interessato. Dirle “Auguri” non era passato neppure per l’anticamera del cervello di quel nanerottolo scorbutico, ma l’intento era stato chiaro e ad Hanji…era più che bastato.
Poi c’era stata quella volta che Levi l’aveva invitata a cena. A dirla tutta, praticamente l’aveva tirata fuori a forza dal proprio ufficio e l’aveva obbligata quasi di peso ad andare a mangiare. Era sera inoltrata, lei in effetti non si concedeva un pasto serio da giorni, la mensa era ormai chiusa e lui si era stufato delle lamentele di Moblit sulla sconsideratezza del proprio Caposquadra. Trovando la porta del refettorio chiusa, Levi non aveva fatto una piega e -dopo averla trasportata un po’ a spalla quasi fosse  un sacco di patate fino a che lei non aveva acconsentito a seguirlo volontariamente-  l’aveva guidata fuori dai quartieri militari, oltre la taverna nella quale ogni tanto capitava loro di andare a farsi un goccio in compagnia. L’aveva portata in un vero e proprio ristorante della città alta, un posto di quelli dove mezzo stipendio poteva partire in un soffio solo a guardare il menù. Avevano mangiato assieme chiacchierando del più e del meno – sproloquiando lei, grugnendo e mugugnando lui.
E al momento di pagare il conto aveva insistito per offrire.
“Levi…non ti permetto di pagare per tutti e due…”
“Oh, sì che devi. Così, sentendoti in colpa, avrò una buona ragione per obbligarti a ricambiare il favore la prossima volta che proverai a morire di fame sepolta tra i tuoi libri” aveva insistito lui.
«TI brucerai mezza paga…»
«La tua so che l’hai praticamente usata già tutti per gli ultimi esperimenti. Lascia, per stavolta.»
Con uno sbuffo, Hanji aveva accettato, facendo del proprio meglio per trattenere un sorriso e un po’ di imbarazzo.
Ma decisamente, Levi aveva fatto molto di più che rifocillarla…in parte l’aveva rinfrancata anche nello spirito. Era la prima volta da sempre che qualcuno, anche se in modo così atipico e ingannevole, la portava fuori a cena…

E ancora, qualche tempo dopo, aveva beccato Levi stracciare, tra imprecazioni e borbotti, un foglio nella sala comune delle reclute. Lei l’aveva canzonato come al solito, dicendogli che sembrava una pentola di fagioli che gorgogliava e che il contenuto di quel foglio doveva averlo davvero infastidito, vista la foga con cui lo stava riducendo a pezzi.
«Stupidaggini. Grandi, enormi, becere e inutili stupidaggini!- aveva replicato quello intensificando il ritmo con il quale stava facendo brandelli di quella carta all’avvicinarsi di lei - Certa gente farebbe meglio a impegnare meglio il suo tempo, specie se quello che scrive denota solo in maniera plateale la sua stupidità, cecità e ristrettezza di vedute. Ora scusami, ma c’è qualcuno che devo sottoporre a una intensissima seduta di pulizie punitive.» e detto questo se ne era andato, cacciandosi in tasca ciò che restava del foglietto.
Lei, rimasta sola nella stanza, era scoppiata a ridere: sapeva benissimo cosa conteneva quel foglio. Quella stessa mattina, mentre si dirigeva nelle cucine per un buon caffè del Buongiorno, il suo occhio era caduto su quel pezzo di carta abbandonato sul tavolo con noncuranza. La sera prima, durante bagordi notturni – a giudicare dal cumulo di bottiglie e lerciume sul tavolo-, le giovani reclute avevano probabilmente fatto un qualche gioco compromettente e si erano divertiti ad assegnare alle varie donne del reggimento un voto per la bellezza, incuranti dei gradi militari e di qualunque altro elemento…ovviamente avendo la geniale idea di segnare tutto su un foglio – su questo Levi aveva ragione: gli autori dei quell’opera d’arte non avevano proprio brillato di ingegno nell’arte dell’incognito; tanto più che, probabilmente, troppo ubriachi per rendersi conto che quel foglietto sarebbe stato meglio farlo sparire, avevano avuto l’idea altrettanto geniale di lasciarlo sul tavolo, alla mercé di chiunque fosse entrato nella stanza. Forse avevano pensato che il resto della spazzatura accumulata l’avrebbe nascosto a sufficienza…o forse, appunto, più semplicemente, a una certa non avevano più avuto la lucidità per pensare a niente. Certo che proprio lei fosse stata la prima a notarlo, un po’ denotava anche un certo grado di sfiga…
Perchè quella mattina, leggendo quel pizzino, affianco al suo nome, l’unico nella colonna dei “NO”, Hanji aveva trovato commenti poco carini e una caricatura altrettanto poco elogiativa.
«Però, ehi, suvvia non ho il naso così adunco…» aveva commentato, giusto un pelo di disappunto nella voce.
Ma si era limitata a fare spallucce: che l’avvenenza non fosse particolarmente il suo forte, non aveva bisogno che fossero degli adolescenti a dirglielo; certamente, non aveva intenzione di offendersi per quello che era incontrovertibilmente un dato di fatto di cui era conscia da una vita. E per il resto, non le sembrava il caso di tirar su da una stupidata del genere, fatta tra compagni d’armi tanto per ridere, da ubriachi per di più, una questione di stato. Per questo non si era neppure data la pena di gettarlo, quel foglio: aveva anzi deliberatamente deciso di lasciarlo lì; piuttosto, intendeva godersi la faccia scioccata della matricola che per prima, nel giro di qualche ora, si sarebbe accorta dell’errore commesso. Come vendetta, quella specie di infarto che lo sfortunato del caso avrebbe rischiato, poteva andare più che bene…
Ma evidentemente Levi, che per secondo aveva trovato quel foglio dopo di lei, non era stato del suo stesso avviso visto e, di fronte a quel foglio, oltre alle imprecazioni, non aveva risparmiato minacce ai responsabili.
Le aveva fatto piacere che proprio Levi si fosse premurato di fare del suo meglio affinché lei non leggesse quel foglio; che addirittura se lo fosse portato via nascondendolo in tasca prima di dileguarsi. E le faceva piacere averlo trovato intento all’indignazione ben prima che si rendesse conto della sua presenza. Era stato bello sapere che almeno lui riteneva quei commenti – come le aveva definite? - “Grandi, enormi, becere e inutili stupidaggini”.
Quando Levi se ne era andato rincarando la dose su come certa gente fosse “stupida, cieca e di vedute ristrette”, era riuscito a strapparle un sorriso imbarazzato. Che meditasse vendetta -sudatissima- per un torto che avevano fatto a lei, era stato quantomeno carino.

E oltre a questi episodi ce n’erano stati svariati altri…
E lei ne era rimasta dapprima sorpresa, poi colpita, infine folgorata.
Probabilmente, aveva realizzato Hanji, lei era all’unica a dare loro così tanta importanza. Ma gliela dava e, fondamentalmente, era questo a contare
L’offerta di Levi di procurarle il gigante era stata, insomma, il culmine di una serie di gesti che si erano sommati e avevano finito per significare moltissimo per lei. Spontaneamente, così come spontanea era stata la proposta di Levi su quella torre d’avvistamento.
Levi le aveva aperto il cuore, quella sera, offrendosi di catturare un gigante. Era certa di averlo sentito tremare nel petto, il cuore, poi, quando quell’offerta si era trasformata in una promessa. Perché se c’era una cosa che Levi non faceva mai, era parlare a vanvera – tolte le minacce che le rivolgeva a raffica, quelle sì le proferiva a valanghe senza mai metterle in atto; ma una parola da parte del Caporale valeva più di mille contratti firmati. Ma per Levi ogni premessa era debito. E questo Hanji lo sapeva bene.

Ma il punto significativo era un altro.
Nonostante tutto, Levi non si era mai spinto così in là per lei. Non si era mai spinto così in là per nessuno
Per questo ancora di più Hanji aveva atteso i giorni dei preparativi con apprensione. Perché mille cose sarebbero potute andare storte – e quando le cose andavano storte con da mezzo dei giganti era sempre una catastrofe.
Perché una mano in più abile, come la sua, di veterana, avrebbe potuto fare comodo…
Perché lei, stare seduta a guardare gli altri lavorare per suo conto, non lo poteva sopportare. Figurarsi poi sapendo che a sobbarcarsi l’onere di tutto era Levi…
Perché quella situazione più che una marachella in combutta tra loro due, aveva finito per sembrarle una sfida imprudente al destino tendente, per Levi, al rovinoso. Tanto più che, per giunta, questi non era al 100% nelle proprie piene condizioni fisiche.
Levi, per contro, conoscendola, si era risolto ben presto all’idea che la prima persona da lasciare completamente all’oscuro delle mosse vere e proprie della missione, avrebbe dovuto essere proprio colei per cui quel piano era stato imbastito. Aveva fatto di tutto per evitare che Hanji si immischiasse, sapendo che se solo fosse stata conscia di orari, azioni e posizioni, magari avrebbe potuto decidere qualche improvvisata o avere qualche colpo di testa capace di mandare all’aria tutto, addirittura farli scoprire.
Così come, Levi glielo aveva ripetuto fino allo sfinimento, non aveva voluto per nessuna ragione che Hanji fosse presente sul luogo della cattura, “Per non insospettire anima viva”. Perché di lei, in quell’operazione, non doveva esserci zampino.

Pertanto non le aveva detto nulla di preciso sul piano, se non che sarebbe stato portato a termine durante una missione programmata di lì a qualche giorno.
'"Fidati di me" le aveva chiesto, serio.
E lei, suo malgrado, si era convinta a limitarsi ad obbedire. Tant’è che se adesso era al corrente delle peripezie di Levi, lo doveva solo a Jaeger, che  quello stesso pomeriggio el aveva spiegato la dinamica degli eventi mentre partecipava a delle sperimentazioni congiunte con l’altro gigante.

Anche per quello accettare gli elogi di Erwin le era stato difficile: lei a dirla tutta non aveva pianificato niente, si era limitata piuttosto a lavorare, dando il massimo, solo una volta avuto tra le mani il gigante, come le aveva chiesto Levi …ma a giochi già finiti.
A lei perciò durante l’operazione non era rimasto da fare altro che pregare, distraendosi nell’attesa che le fosse comunicata la notizia dell’esito della spedizione. Aveva passato giorni cercando di calmarsi, con l’unico risultato di agitarsi sempre di più ogni ora che passava, l’ansia mescolata all’insonnia in uno sforzo immane di astenersi dall'infilarsi addosso il 3DMG e correre dietro alla squadra di Levi - o perlomeno di andarsi a nascondere in qualche anfratto sulle mura e aspettare da lì il ritorno dell’uomo e dei suoi soldati dalla missione.
In breve era stata un fascio unico di nervi in apprensione. Senza dormire, senza quasi mangiare…attendeva e basta: un suono, un grido, una tromba…qualcosa, qualunque cosa che le annunciasse il rientro della spedizione. Vittoriosa o meno…non le importava neanche più. Bastava tornassero tutti, sani e salvi.
Si era consumata nell’attesa. E per una assurda beffa del destino era stata la stessa ansia a stroncarla...proprio qualche ora prima che Levi e la sua squadra, durante la notte, facessero ritorno per davvero, con, in più, la gradita presenza di un gigante alto 3 metri e mezzo. A un certo punto Hanji era semplicemente collassata sulla propria scrivania sotto il peso della troppa tensione accumulata e non si era accorta di niente.
Né le era stato comunicato qualcosa fino al giorno seguente.
Che Levi le avesse portato un gigante, però, era stata la prima notizia che Moblit si era premurato di riportarle la mattina seguente. Bellissimo risveglio, non c'era stato che dire...Anche se quattro o cinque urla ben piazzate il suo Secondo se le era prese, per non averla svegliata prima…

Si era praticamente gettata addosso la divisa per correre a vedere il gigante, senza perdere altro tempo. E mentre camminava per i porticati del secondo piano del Quartiere militare l’aveva visto, il gigante, già debitamente trattenuto da lacci e catene in quella maniera che già esperimenti precedenti avevano dimostrato rendesse quasi inoffensivi i titani.
Era un bellissimo esemplare di cinque metri.
Hanji aveva urlato di gioia vedendolo; dire che fosse euforica era un eufemismo. Per quello quella mattina era quasi saltata addosso a Levi.
Aveva così tante cose che voleva dirgli…tante, forse troppe. Perché di fronte alla realizzazione che Levi, quella promessa, l’aveva mantenuta davvero, per la prima volta aveva sentito la forza di rivelargli davvero, finalmente, quello che provava.

Ma si era trattenuta; e non perché una confessione su due piedi avrebbe di costituito per entrambi una circostanza quantomeno evitabile e imbarazzante: quanto piuttosto perché di fronte a quel gigante, infatti, Hanji si era sentita la più grande ipocrita del secolo. E non solo perché le pareva di aver fatto poco per meritarselo…ma soprattutto perché in fondo, ma neanche troppo in fondo, sentiva di non meritare affatto da parte di Levi null’altro che non fosse disprezzo.

In tutto questo già non semplicissimo panorama, c’era infatti un’altra, grave faccenda in sospeso tra loro due – e di cui Levi era completamente all’oscuro. Una complicazione non da poco che le impediva di accettare a cuor leggero da Levi qualunque cosa, figurarsi un pegno d’affetto di quel genere. Una sensazione, onnipresente, devastante, un tarlo che la rodeva dentro, senza accennare a sparire; un’ennesima ragione che contribuiva a renderle ancora più insopportabile la propria attuale posizione; la spiegazione vera del perché a tutti quei sensi di colpa; la ragione reale di quel corollario di sentimenti contrastati. Il dato di fatto per il quale ogni volta che posava lo sguardo su Levi non poteva che sentirsi una merda.
A lei era sempre andato benissimo amare Levi a suo modo. Per lei era stato sempre sufficiente apprezzare il Caporale da distante. Interagire come sempre avevano fatto, tra battibecchi, percosse a metà tra la rissa e i buffetti, insulti e concordi macchinazioni ai danni di chi di volta in volta se lo era meritato. Come le coppie di giustizieri di cui si leggeva nelle storie per bambini…funzionavano, a quella maniera, avevano sempre funzionato e in quella corrispondenza lei si era sempre sentita appagata.
Poi però era arrivata Petra.
E improvvisamente in Hanji aveva avvertito come una minaccia gravare su di sé.

Aveva capito subito che quella ragazzina si era innamorata di Levi, il suo Caposquadra. Intuito femminile, vuoi…ma chi non l’avrebbe capito? Petra venerava Levi…era così evidente. Passava le giornate a trotterellargli attorno, ubbidendo ligia ai suoi ordini, talmente maniacale da sbaragliare, quasi, Moblit – quasi: è più facile essere perfetti sottoposti quando anche il tuo capo è un perfezionista e Hanji era la perfetta antitesi di Levi in questo campo. Petra sorrideva raggiante a ogni raro, ma proprio per questo ancora più prezioso, commento positivo da parte di Levi, correndo ora di qua, ora di là, affannandosi pur di compiacerlo, facendone meravigliosamente le veci in qualità di Secondo. Era giovane, ma in quanto a responsabilità e capacità nessuno dei suoi compagni di squadra più grandi poteva farle concorrenza. Non c’era da meravigliarsi se Levi l’aveva voluta con sé e se le aveva accordato l’onere di rispondere in sua vece: Levi l’aveva scelta personalmente per la propria squadra tra i cadetti del suo anno.
E Petra, una volta messa all’opera, aveva confermato di essere davvero meritevole.
Giudiziosa, abile in combattimento, affidabile.
Aveva superato la prova a pieni voti e con encomio.
Levi stesso le aveva confessato, un giorno, che non avrebbe potuto essere più soddisfatto di così.
Ed era stato allora che Hanji aveva sentito per la prima volta il suo cuore perdere un colpo di fronte a Levi e alla possibilità di perderlo.

All’inizio aveva riso di quella situazione perché insomma, non poteva essere gelosa di Levi. E certamente avrebbe avuto tantissime ragioni per essere invidiosa di Petra – gli anni di meno per esempio, i capelli sempre pettinati e quel viso così proporzionato, cose che nulla avevano da spartire con la sua zazzera ribelle e l’enorme naso aquilino che si ritrovava da oramai ben 35 anni- ma non certo i complimenti e la considerazione che lui sembrava attribuirle.
Poi però Hanji aveva capito che non aveva proprio nulla da ridere, perché lei era sia gelosa sia invidiosa, rispettivamente dell’uno e dell’altra, e lo era esattamente per quelle ragioni.
Si era sentita una stupida nel vedere in quel volto fanciullesco, così pulito e gentile qualcosa di cattivo: eppure improvvisamente i tratti di Petra erano diventati per lei quelli del diavolo.
Di più: si era data della stronza – sì, della stronza, senza troppi giri di parole – quando negli ultimi tempi si era ritrovata a gioire per quelli che aveva interpretato come segnali inequivocabili di una certa freddezza ingeneratasi nel rapporto tra i due.
Una distanza cordiale ma biunivoca, come se a dividerli ci fosse un tacito velo di riguardo verso gli spazi reciproci. Un collaborare perfetto, in verità, giusto un po’ velato da una crepa sottile e abilmente mascherata, appena percettibile in superficie, ma netta in profondità. Assumeva la forma di una tristezza un poco più accennata in lei, come di rassegnazione, del solito volto impenetrabile da parte di lui, quella stessa imperscrutabilità dietro la quale era solito trincerarsi con la maggior parte delle persone.
Se qualcosa era successo era palese che stessero facendo del loro meglio per fingere che non fosse accaduto – fallendo, per certi versi, ma riuscendo mirabilmente a portare ugualmente a termine i propri compiti, con la stessa sinergia di sempre. Qualcosa che solo due persone meticolose come loro, forse, avrebbero potuto ottenere.
Era stato ancora una volta l’intuito femminile a farle notare con una certa sicurezza quel cambio di atteggiamento che, ai più, era sfuggito. E aveva esultato nel vedere, forse, quella che fino a poco tempo prima aveva individuato come una sicura concorrente trasformarsi improvvisamente in una persona come tutte le altre.

Quello che non si era aspettata era di scoprire che Petra, nei suoi confronti, aveva provato esattamente le stesse cose.
Si erano incrociate una sera nella dispensa del quartiere della Legione lì a Trost. Lei vi si era recata alla ricerca di caffè con cui rimpinguare le proprie scorte - e intanto cercare di darsi una botta di vita dopo troppe ore, per l’ennesima volta, spese a fare tutt’altro che dormire; Petra, come al solito, in cerca di cose per conto di Levi - tè, in quel caso, quella preziosa bevanda di cui il Caposquadra sembrava essere drogato, considerati i litri di quel liquido che era solito bere -…un’osservazione neanche troppo scorretta, si era ritrovata a realizzare Hanji, dal momento che teina e caffeina sono due sostanze che tendono a dare dipendenza…-ma che era sbiadita di fronte all’imbarazzo di trovarsi da sola faccia a faccia con quella che comunque costituiva, senza che potesse fare niente per evitare di vederla così, la sua più acerrima nemica.
Si era ripromessa da tempo di evitare qualunque manifestazioni dei propri pensieri in pubblico; del resto mica era colpa della ragazzina se avevano finito per mettere entrambe gli occhi sul nano più scorbutico dell’intero esercito. Forse, anzi, un po’ di cameratismo avrebbero piuttosto potuto averlo – specie ora che pure lei sembrava aver perso i favori di lui; senza contare che solo due spostate potevano avere la malsana ida di innamorarsi di uno così: e loro due, il premio follia, lo avevano vinto a pari merito.
Ma sebbene si fossero sorrise l’un l’altra, salutandosi cordialmente, erano rimaste a fissarsi qualche secondo di troppo, abbastanza da rendere chiaro che nessuna delle due si era sentita a proprio agio nel trovarsi fianco a fianco in quel cubicolo asfittico, che odorava di carne secca e altre cose strane, e che somigliava più alla cambusa di una barchetta da trasporto che alla dispensa di un intero Corpo militare- tali erano le risorse economiche della Legione.
Proprio una situazione sgradevole, in effetti.

Era stata Hanji a sciogliere la tensione passando a Petra un barattolo di latta, troppo in alto perché, anche in punta di piedi, la ragazzina potesse arrivarci.
«Temo che la lista delle trattenute di paga per i beni di lusso usufruiti a sfroso, sia lunga tanto per me quanto per il tuo Caposquadra» le aveva detto con un sorriso.
Del resto qualcosa lo doveva pur dire.
Lì per lì aveva pensato di fare una battuta sul fatto che solo qualche bontempone poteva aver messo così in alto il barattolo di quel tè che tutti sapevano fosse la bevanda preferita del nano malefico.  Ma poi si era trattenuta pensando che forse parlar male del Caporale non sarebbe stata proprio una buona idea di fronte a lei…neanche solo per scherzo.
E di fronte alla faccia di lei al solo citare il Caporale, si era resa conto che forse avrebbe proprio dovuto evitare di toccare del tutto l’argomento “Levi”, per evitare di alzare la tensione, anziché spezzarla…

Eppure Petra aveva accettato la sua gentilezza con un “grazie” gentile educato come sempre; non c’era stato intento derisorio, del resto, da parte di Hanji nell’alzarsi e nel passarle quel barattolo, che per un minuto buono Petra aveva provato a raggiungere, inutilmente, sbuffando. Dal canto suo, se Hanji si era alzata dai sacchi del caffè da cui stava attingendo per riempire alcuni contenitori da portare nel suo ufficio, era stato solo nella speranza che Petra, appena avuta in mano quella roba, si sarebbe fiondata alla veloce da Levi, lasciandola sola nel bugigattolo con il suo stimolante preferito e soprattutto senza più il peso della sua presenza.
Do ut des: ti do il barattolo, tu levati di piedi.

Ma Petra non sembrava avere affatto intenzione di andarsene.
Era rimasta impalata nel suo angolo, il barattolo di tè tra le braccia come fosse una bambina che stringe una bambola; guardava fisso Hanji, che in maniera forzatamente noncurante continuava a svuotare sacchi, meditando – o meglio fingendo di meditare- quale miscela scegliere per ogni contenitore, se farne mix o optare per barattoli puri: «Dunque… il caffè che viene da Karanese fa bruciare un po’ lo stomaco però è più forte...magari mi conviene prenderne almeno un po’ per i casi estremi…certo non è paragonabile con quello di Trost per profumo e corposità, però…» e così dicendo aveva continuato per un po’ a travasare caffè tra sacchi e barattoli chiedendosi quando, la ragazza, le avrebbe fatto il piacere di sloggiare.
Hanji era al quinto barattolo riempito tra mormorii e finti pensieri ad alta voce sui bei tempi della Shiganshina andata, quando la voce di Petra era risuonata secca e priva di cerimonie: «C’è qualcosa tra lei e il Caposquadra?»

Per un secondo, il sangue, ad Hanji, si era raggelato nelle vene.
Cosa aveva appena chiesto Petra?
Per un attimo Hanji non aveva saputo se scoppiare a ridere o mostrarle chiaramente l’espressione stupita che in quel momento imperava sul suo viso. Ancora china sui sacchi, la paletta bloccata a mezz’ara, aveva impiegato qualche attimo per decidere che anzitutto, la paletta, era meglio posarla.
Come caspita poteva esserle venuto in mente a Petra di chiederglielo? Così poi?
Aveva fegato, la ragazza.
Ma soprattutto…cosa mai aveva potuto farle credere che fra lei e Levi…? Oh, sembrava quasi una barzelletta.
«Ehm…»

Per un attimo il cuore le si era riempito di pietà per Petra.
“Poverina. Il suo amore per Levi è davvero così grande…”
Avrebbe dovuto dirle la verità. Spiegarle che oh, no, non c’era proprio nulla tra loro due se non insulti e battibecchi – finti – ma che non volevano dire nulla; che erano solo buoni amici e commilitoni; che forse sì, lei era invaghita di lui, ma che certo non era ricambiata…
Le sarebbe bastato dire la verità, rivelare come stavano le cose. Dire “no.” Imbarazzante sicuro, ma realistico.
Non sapeva perché dalle sue labbra fosse invece scappato tutt’altro. Laconico. Perentorio.
«Sì.»
Che diavolo le era preso? Perché quella bugia? Perché in maniera così stupida?
Aveva visto gli occhi di Petra farsi umidi, mentre si rabbuiava.
E lei aveva perso un battito. Diavolo, cosa aveva appena fatto?

«È una cosa che va avanti da molto tempo, vero?»
No, per la carità, non c’era nulla che andava avanti da nessun tempo. Doveva dirglielo a quella poveretta ormai sull’orlo delle lacrime. Petra aveva parlato col tono di chi vede i suoi peggiori sospetti divenire realtà e finalmente capisce tutto…ma non c’era nulla da sapere, nulla da capire…
Non c’era assolutamente del tenero tra lei e Levi. Non nel senso che avrebbe voluto lei per lo meno…
Doveva dirle che le aveva solo giocato un brutto tiro, che l’aveva presa in giro.
Le sarebbe bastato ridere, ammettere di essere stata un po’ stronza; poteva fare almeno finta di lasciarle carta bianca e darle una finta benedizione…ma se proprio non riusciva ad augurarle di riuscire a fregarle Levi da sotto il naso – cosa pure comprensibile-, potevano perlomeno accordarsi a una tacita gara a chi avrebbe vinto per prima i favori del Comandante …Potevano, semplicemente mettere le carte in tavola e, da adulti, parlare della situazione…Potevano accordarsi per giocarsela alla pari, in tutta coscienza, alla luce del sole.
Invece: «Va avanti da parecchio, in verità.»

Si poteva sapere per quale ragione lo aveva fatto di nuovo?
Perché continuare quella messinscena? Se l’avesse scoperta, Levi l’avrebbe ammazzata, probabilmente…
Hanji non si capacitava di come si stesse comportando…
Si sentiva come se la sua bocca fosse completamente sconnessa dal proprio cervello, la propria coscienza da una parte e il resto di sé dall’altra…nelle orecchie un fastidioso ronzio, come se la scena che aveva davanti non fosse vera, sul serio.
…ma il gioco incosciente più che inconscio della sua mente era chiaro: abbattere la concorrenza sulla base della sua buona fede. E a giudicare dalla faccia di Petra, Hanji doveva esserci riuscita benissimo.

Quando tornò a parlare, la voce di Petra suonava spenta, vuota.
«…Lo immaginavo.»

Un altro battito perduto.
«Immaginavi…cosa?» avanzò la coposquadra, una nota di curiosità di troppo, anche se Petra non parve darvi peso.
«Oh, be’ che ecco…io…voi…Ho notato come vi comportate. Siete due persone che più distanti di così non potrebbero essere l’una dall’altra, due opposti, eppure funzionate meravigliosamente bene - aveva farfugliato quella, il rossore dell’imbarazzo a imporporarle e gote, una grossa lacrima che ormai le solcava il volto – chiedo scusa per l’impertinenza, ma … era un qualcosa di cui mi dovevo accertare…»
Hanji era sicura che Petra avesse terminato la frase in un singhiozzo soffocato. Aveva infierito. Troppo.

«Petra, io…»
«Non serve. Ho capito.»
No, non poteva aver capito niente. E quel che aveva capito…era sbagliato.
Hanji era nel panico.
Doveva scusarsi. Aveva fatto un danno, un grosso, enorme danno. Aveva infilato una dietro l’altra bugie grosse come case. E stava facendo soffrire una poverina senza ragione… pur dispiacendosene, aveva continuato imperterrita a farle del male. Aveva usato poche parole: ma le peggiori.
Il dolore sul volto della ragazza era qualcosa di straziante
«Petra, ascolt…»
…ma Petra se n’era già andata.

“Cazzo.”
Hanji aveva esitato qualche secondo ancora a fianco ai sacchi di caffè prima di abbandonare tutto sul posto per correre dietro a Petra e inseguirla. L’aveva cercata ovunque: nel refettorio, in stanza, fuori da quartiere femminile. Sembrava sparita. Del resto non la conosceva così bene da poter sapere dove avrebbe potuto andare a nascondersi.
“Merda”
Che diavolo aveva fatto? Perché?

Si era appoggiata con la schiena contro un muro con un tonfo, le mani nei capelli, le pupille dilatate, il fiato corto e non per la corsa. Non era certa sarebbe stata in grado di rimanere in piedi altrimenti; le girava persino la testa. Avrebbe desirato essere fagocitata da quelle mura e sparire, così come era sparita dalla sua vista Petra.
Era stata la sua gelosia a parlare? La sua occasione di vendetta?...o il suo desiderio che ciascuna delle frasi che aveva detto su lei e Levi fosse vera e non solo una semplice bugia….? Suonavano così bene, in effetti, pronunciate ad alta voce, quelle parole…suonava bene il “noi”…
“Hanji, fai schifo.” Si era detta mordendosi le labbra fino a farle sanguinare, accasciandosi a terra. Si era permessa di piangere.

Quando ne aveva avuto le forze, era ritornata alla dispensa e si era diretta alle cucine. Il caffè non le era mai sembrato così amaro come quella sera.
Non c’era giustificazione a ciò che aveva fatto. Era semplicemente stata terribile.
“Le parlerò domattina - Si era ripromessa - Forse domani, a freddo, riuscirò pure a cavarmela solo con uno schiaffo…quello almeno me lo merito, del resto…”
Ma il giorno dopo era arrivato con un numero troppo alto di incombenze per entrambe perché avessero anche solo un minuto per parlare dei fatti loro: la spedizione sarebbe partita da lì a poche ore e non c’era tempo per poltrire. Senza contare che Hanji aveva avuto la netta sensazione che Petra, in tutto quel tempo, avesse fatto del proprio meglio per evitarla.

Così la 57° spedizione era partita e in quanto caposquadra Hanji era stata collocata da tutt’altra parte nello schieramento rispetto al gruppo di Levi…
…poi era arrivato il gigante femmina, il piano di Erwin era fallito. E durante la missione Petra era morta.

«Petra è…COSA?» aveva quasi urlato Hanji quando la notizia le era stata notificata da Levi stesso.
«La mia intera squadra è stata spazzata via»
«Oddio…Levi…io…»
Io cosa?
Ma Levi era rimasto in silenzio, lo sguardo vuoto … Hanji ricordava di avere visto poche volte quell’espressione sul volto del capitano.
«Mi dispiace…» aveva poi trovato la forza di dire, un groppo in gola a strozzarle la voce. Tremava.
«Non sapevo che foste amiche…» aveva commentato Levi osservando la sua reazione.
E mentre gli occhi le si inumidivano, era stato suo il turno di tacere. Per una volta neppure lei aveva avuto nulla dire. E da allora Hanji aveva nascosto e covato dentro di sé un senso di colpa e un rimorso senza precedenti.

«CHE COSA HO FATTO?» si era trovata a urlare quella sera, il volto affondato nel cuscino del proprio letto per soffocare i singhiozzi.
Aveva la nausea, voleva vomitare tanto era lo schifo, il ribrezzo che provava per sé stessa.
Petra era morta senza che avesse maniera di chiarire, di chiederle in qualche modo scusa.

Aveva giocato sporco. E ora di quello sporco le sembrava di avere le mani imbrattate…come del sangue di Petra. Perché non poteva fare a meno di chiedersi se, magari, la delusione per quella discussione che avevano avuto la sera prima potesse aver tormentato la ragazza…distraendola, fatalmente; perché Petra era stata sempre brava a combattere e non era mai stata incauta; non era così impensabile, così improbabile; forse per quella ragione Petra adesso non c’era più.
Aveva mandato a morire con il cuore gravato di una immeritata bugia una ragazza gentile, che tutto aveva meritato meno che un simile trattamento. L’aveva riempita di menzogne, mortificando le sue speranze. Tutto per…vanità? Calcolo? Dispetto?
Di tutto un po’ probabilmente, neanche lei lo sapeva bene.

Le aveva fatto un torto imperdonabile…e che a questo punto non sarebbe mai stato perdonato. Perché il tempo non torna indietro. E del resto, forse, non se lo sarebbe neppure meritato, il perdono. Si era comportata da infame in una maniera completamente indegna.
E così in quell’insopportabile senso di colpa Hanji aveva lasciato macerare il resto dei propri sentimenti assieme alla vergogna per quello che aveva fatto. Quella sera e nei giorni a venire.
E il fatto che solo lei sapesse di quanto accaduto in quel refettorio…alla lunga non aveva più capito se fosse un sollievo o un’ulteriore maledizione. Perché il peso di quanto accaduto gravava oramai sulle sue spalle come un macigno, che cresceva sempre più giorno dopo giorno. E lei avrebbe così tanto voluto liberarsene…ma non sapeva come, non sapeva con chi.
Ogniqualvolta il suo sguardo, nei giorni seguenti, aveva incrociato quello del capitano, le era sembrato che tutto si annullasse in quella stridente sequenza di sillabe e parole: «Non sapevo foste amiche…»
E quelle sue parole non facevano che rimbombargli nella testa.
“Amiche”
Tant’è che aveva trovato a stento la forza di guardare Levi negli occhi per qualche tempo.

Perché in fondo, il torto, lo aveva compiuto anche nei suoi confronti. Per questo Hanji sentiva di non meritare affatto alcun aiuto, alcun apprezzamento dopo quello che aveva combinato. Non da Levi, a cui aveva messo in bocca cose mai dette e azione mai compiute; non da Levi alle cui spalle, forse – chi lo sapeva! - aveva contribuito a sottrarre l’ennesima persona importante nella sua vita. Si era messa in mezzo, indebitamente. In maniera assolutamente vigliacca. E checché ne dicesse, lo aveva fatto in tutta coscienza. Non solo era in debito nei confronti di quell’uomo, ma era in fallo. Completamente.
Aveva commesso l’errore più grande della propria vita. E probabilmente se ne sarebbe pentita per sempre.

Per questo il titano che Levi le aveva adesso portato l’aveva riempita di gioia…ma l’aveva anche fatta stare male, più di prima.
Per questo quella sera si era decisa ad andare da Erwin: per trovare qualcuno con cui parlare, spiegare la situazione; per avere finalmente una mano che la aiutasse a non scoppiare.
Non sapeva fino a che punto sarebbe voluta andare nelle sue confessioni…ma era arrivata a un punto tale per cui non le era più possibile tenere tutto dentro.
Per questo fare qualcosa per Levi le era diventato necessario, imprescindibile. Solo lei sapeva quanto aveva da compensare; quanto, a dirla tutta, se solo avesse avuto un po’ più di palle, avrebbe dovuto farsi perdonare…
Ma l’unica a cui aveva chiesto perdono, a quel punto…era stata proprio lei, Petra. Il perdono più inutile, il perdono più facile; quello alla luce del senno di poi, di cui nessuno avrebbe potuto far qualcosa. Quello che per forza di cose non avrebbe potuto venir rifiutato. Perché i morti non hanno voce con cui rifiutare le scuse.

Era andata, il giorno dopo il ritorno la fine della spedizione, a visitare la sua tomba.
Aveva fissato per un lungo periodo la lapide marmorea, linda e candida come l’anima di quella ragazza. Non si era concessa di piangere lacrime che non sapeva se sarebbero state più di autocommiserazione o di pentimento, quella volta. Si era limitata a constatare ancora una volta la gravità delle proprie azioni, ad ammettere il proprio torto. Pentendosi di che razza di bugie era stata capace di proferire.
Poi, aveva promesso a Petra che avrebbe badato lei a Levi. Che ne avrebbe avuto cura, anche in sua vece.
Era stata una promessa ipocrita, unilaterale, fatta un morto, che probabilmente dall’aldilà la stava maledicendo. Ma il proposito di rispettarla era stato subito chiaro nella sua mente. E questa era stata l’ultima, la più profonda ragione dietro alla decisione presa quella sera da Hanji di andare da Erwin per cercare di ottenere che, da tutto questo trambusto per il gigante, almeno qualcosa di concreto arrivasse in mano a Levi; in parte, in buona parte, era stata la conseguenza di questa promessa.

Per questo la realizzazione di non poter fare nulla per Levi, ancora una volta, era stata una doppia delusione. Aveva fallito per sé. Aveva fallito per Petra.
Una giornata delle più luminose in quel periodo buio, conclusasi nello schifo più totale.

Ma, per fortuna, Hanji era ormai arrivata davanti alla porta della propria camera. Di tutto quell’enorme casino che aveva per le mani…se ne sarebbe riparlato l’indomani. Ora voleva solo andare a dormire e dimenticare in blocco le ultime ore.

Entrò con un calcio nell’accogliente parapiglia della propria stanza. Non era conciato in maniera molto diversa dal suo ufficio in quel momento…
Si buttò a terra tra le carte a guardare il soffitto. C’erano scritte vergate con la sua calligrafia pure lì sopra – anche se non rammentava più da che delirio fosse stata presa quando li aveva fatti…Era stato Moblit a tirarla giù dalla scala facendola rinsavire, quella volta, ricordava solo quello.

Moblit. Un goccetto in sua compagnia se lo sarebbe fatto volentieri in quel momento, se solo fosse stato sveglio. Era un grande estimatore di alcol, il ragazzo – e Hanji sapeva che qualcuno, probabilmente non a torto, sosteneva che fosse in buona parte anche “merito” suo.
Del resto come negarlo? L’alcol era un buon modo per dimenticare… ma non se si pretendeva presenza mentale il giorno dopo; quella presenza di cui lei avrebbe avuto sicuramente bisogno l’indomani mattina, per esempio. Una sbornia era decisamente l’ultima cosa che Hanji poteva permettersi in quel momento. Tanto più che, Hanji lo sapeva benissimo, con lei non c’erano mezze misure che tenessero e per contro alla sbronza aveva appurato che un solo goccetto  per lei  era garanzia assicurata di fare brutti sogni.
E neanche  la prospettiva di passare una nottata tormentata dagli incubi le sembrava esattamente una buona idea.

Si risollevò lentamente, passandosi una mano sugli occhi, stanchi, non solo per tutte le ore passate a leggere e scrivere.
«Credo che, per la prima volta nella mia vita, berrò una camomilla infarcita di sonnifero e mi infilerò a letto.»


__________________Author's corner__________________________
Pietàààààà! lo so, ho fatto peggio per latitare: in pratica mi avevate data ormai morta e sepolta - qualcuno mi ha pure scritto lol. Ma no, stavo lavorando per voi, davvero....Spero che leggendo ve ne siate resi conto XD Avevo un po' di fatti da sistemare, tanti pensieri....fornirvi tanti elementi che finora erano strti taciuti o appena accennati...
E sì, EFP non rende giustizia al tutto ma questo capitolone comincia a pagina 42 della fanfiction e termina a pagina 65 del mio file word X°D
Non sono soddisfattissima al 100% ma basta, non posso più rileggere e cambiare minuzie, pubblico e via X°D

In questo capitolo capitano tre cose 1) la parola passa ad Hanji per la prima volta 2) Scopriamo come si è svolta la cattura del titano 3) scopriamo che diavolo ha combinato Hanji con Petra. Io ve lo avevo detto che in questo capitolo buona parte di voi si sarebbe incazzato con la quattrocchi X°D Perchè si, prevedo che molti di voi ora lo siano, ora. Incazzati, intendo, non quattrocchi - anche se forse nell'attesa di questo capitolo qualcuno di voli magari è invecchiato così tanto da aver perso qualche diottria (soooorry, again >.>).
Bugie: il capitolo si intitola così perchè di Bugie ne racconta un po' tante la nostra Hanji, a sè, agli altri...più o meno gravi, alcune però gravissime. E si sa poi che il lupo perde il pelo, ma non il vizio...
Ah: gli episodi del passato di Hanji in cui racconta le carinerie di Levi hanno una dose molto forte di ispirazione da alcune doujinshi/vignette che ho spottato in giro qua e là per il web. Specie quella del foglietto che se non erro appartiene a Drink_your_fucking_milk (seguitela su tumblr, è un ordine! è la manna del Levihan quella ragazza!).
Ora avere chiaro il quadro della situazione, però. Non ci saranno altri grandi flashback -uno, nel prossimo capitolo-. Ma il gioco delle parti, almeno quelle principali è impostato. Il punto è: come evolverà adesso questo enorme macello?
Sì, sto per dirlo: LO SCOPRIRETE NEL PROSSIMO CAPITOLO! 
Fatemi sapere cosa ne pensate - come al solito va bene tutto, complimenti, insulti, secchiate d'acqua-.
Ecco questo non era un capitolo allegro e in futuro ce ne saranno di poco allegri, in realtà...ma il futuro non è scritto (in senso molto poco figurato, il capitolo 8 è ancora molto in fieri) e quindi sì, mo ve tocca de novo aspettà (non chiedetemi perchè ho scritto in romanesco, io sono pure piemontese). Ebbene, sperando di non avervi ispirato conati di vomito e che la voglia di leggere questi miei scleri non vi sia passata, vi auguro una buona notte e vi ringrazio per la lettura.

A parte gli scherzi: GRAZIE A TUTTI VOI CHE VI SIETE PRESI LA BRIGA DI CREDERE A QUESTA STORIA IN FIERI; CHE COMMENTATE, CHE SEGUITE, CHE MI LASCIATE A QUALCHE MANIERA UN SEGNALE DEL VOSTRO APPREZZAMENTO. Siete lo sprone ad andare avanti <3


 
  
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