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Autore: EmsEms    13/09/2017    2 recensioni
Oikawa conosce la soluzione perfetta per calmare i bollenti spiriti del suo testardo migliore amico.
[UshiIwa]
Genere: Angst, Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Eita Semi, Hajime Iwaizumi, Tooru Oikawa, Wakatoshi Ushijima
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Avvertenze: in questo capitolo ci saranno scene di violenza. Inoltre anche qua volano insulti, quindi se siete sensibili ad un linguaggio 'forte', sconsiglio la lettura :\

Per il resto, spero vivamente che vi piaccia. Era da un po' che non scrivevo storie 'lunghe'. Il prossimo capitolo sarà l'ultimo :C Grazie a chi ha messo la storia fra le seguite, ricordate e preferite! Mi avete dato quella spinta fondamentale per continuare una long-fic :3 Un ringraziamento speciale a chi lascia un segno del suo passaggio. Lo apprezzo moltissimo <3

Questa raccolta è forse l'unica non betata che io abbia mai scritto... La mia grammatica e la mia punteggiatura fanno pena, quindi chiedo scusa in anticipo per i possibili errori fra le righe di questo coso innominabile.

Bacini timorosi.


 

* * *


 


 

Iwaizumi afferrò al volo l'ultimo di una sfilza di bigliettini che Matsukawa gli aveva lanciato dalla sua postazione.
'Oikawa è passato con una molletta fra i capelli e non gliel'hai tolta. Avete litigato?' recitava il messaggio, scritto in una calligrafia pressoché illeggibile.
Iwaizumi sospirò rumorosamente, passandosi una mano fra i capelli. Era solito ignorare i bigliettini del suo collega, ma la sua era una domanda più che lecita. Se fosse stato del solito umore, Hajime si sarebbe alzato dalla sua scomoda sedia girevole, gli avrebbe tolto il dannato aggeggio dai capelli, strappandogli un numero sufficiente di ciocche nocciola affinché si ricordasse di togliersi quei cosi prima di venire a lavoro, e sarebbe tornato davanti al computer sul sottofondo della solita cantilena di 'cattivo Iwa-chan!'.
Quel giorno però era diverso. Si sentiva stranamente stanco, nonostante avesse dormito otto ore. La sua routine prevedeva anche una serie di esercizi e una colazione sostanziosa, ma quella mattina Iwaizumi era rimasto a fissare il soffitto invece di fare le sue abituali flessioni e prepararsi qualcosa da mangiare. Si sentiva spossato, reduce del jet lag causato da un immaginario viaggio oltreoceano. La parte inferiore del suo viso si era sgonfiata, e non rimanevano tracce del colpo sferratogli dallo sconosciuto al parco, eccezion fatta per il rosa della pelle novella che ricopriva la cicatrice del labbro spaccato.
Hajime pescò una biro dal portapenne e scrisse una risposta breve in una calligrafia sgraziata. Senza rileggerla, accartocciò il foglietto e lo lanciò dall'altra parte del divisorio.
Non dovette aspettare molto prima che Matsukawa si facesse di nuovo vivo.
'Non ti biasimo. È soddisfacente vedere Oikawa con una molletta infilata nei capelli. Però non è da te.'
Anche stavolta, Matsukawa aveva fatto centro. Ma Iwaizumi non avrebbe saputo spiegargli come si sentiva nemmeno se avesse voluto. Dunque si limitò a scribacchiare su un fogliaccio 'ho il mal di testa' a mo' di striminzita giustificazione.
Hajime continuava a leggere e rileggere lo schermo del computer con scarsi risultati, e quando l'ennesima pallina di carta atterrò sulla sua tastiera, accolse di buon grado quella distrazione.
'Prendi un'aspirina. Se stasera non vieni Oikawa ti spella vivo.'
Iwaizumi si era completamente dimenticato della cena con i colleghi. Forse era per quello che aveva l'umore sotto le suole delle sue scarpe. Perso in ragionamenti fumosi, Iwaizumi non si accorse che Tooru si era infilato di soppiatto nel suo cubicolo. Fu solo quando Oikawa ebbe letto ad alta voce il messaggio di Matsukawa, che Hajime prese nota della sua fastidiosa presenza.
"Aspirina? Sei malato, Iwa-chan?" domandò Tooru, spalmandosi sulla sua scrivania.
Iwaizumi non poteva negare di essere affetto da una malattia invisibile, senza nome. Non avrebbe mentito se gli avesse detto che non stava bene, no?
"Sì" mugugnò Hajime, allontanando la pila di documenti dal suo capo che, sdraiato sulla scrivania, pareva un gatto bisognoso di attenzioni.
"Ma... la cena..." piagnucolò Oikawa, disperato. Iwaizumi non aveva il cuore di tirarsi indietro: sapeva quanto Tooru tenesse a quella stupida festa. Probabilmente aveva già prenotato una stanza per il karaoke.
"Lo so che ci tieni... È che non mi sento troppo bene..." borbottò il moro, spingendo Oikawa giù dalla sua scrivania prima che rotolasse sugli aghi del cactus moribondo. Tooru saltò su, esclamando un 'Ah!' che fece spuntare molte teste da dietro i divisori dell'ufficio. Tutti sembravano improvvisamente molto interessati alla loro conversazione. Iwaizumi si ritrovò a desiderare che una voragine si aprisse sotto i suoi piedi per inghiottirlo una volta per tutte.
"Visto che stai male, dovresti tornare a casa e riposare! Così stasera ti sarai rimesso in sesto! Mi servi per un duetto."
"Io non canto" replicò Iwaizumi, arrossendo ferocemente quando la risata soffocata di Matsukawa arrivò alle sue orecchie.
"E comunque non posso tornare a casa. Devo lavorare."
"Lavorare quando si sta male è controproducente. Torna a casa."
"Ma-"
"Niente 'ma'. Sono il tuo capo, ricordi?"
Lo sguardo di Iwaizumi avrebbe incenerito chiunque, ma Tooru era irremovibile. Era sempre stato testardo, ma da quando era diventato il suo capo, Iwaizumi non poteva più ignorare i suoi ordini.
Hajime raccolse la tracolla da terra e ci gettò i suoi effetti personali, compresa la chiavetta contenente il rapporto che stava scrivendo. Avrebbe finito di lavorare a casa, lontano dai bigliettini di Matsukawa e dalle chiacchiere di corridoio. Passando accanto ad Oikawa, Iwaizumi strappò la molletta che penzolava dalle ciocche castane. Tooru emise un sussulto a quel gesto inaspettato.
"Togliti 'sti cosi prima di venire a lavoro" bofonchiò Iwaizumi, porgendogli la molletta ed allontanandosi in direzione dell'ascensore.

* * *

Dopo tre tazze di caffè, due ciotole di riso al curry e un'aspirina, Iwaizumi si lasciò cadere sul divano di pelle nero ( un regalo del suo ex), ed accese il portatile. Il suo cellulare squillò mentre il programma su cui avrebbe lavorato si apriva ad una lentezza disumana ( la sua connessione faceva pena in confronto a quella dell'ufficio). Era Oikawa, che si scusava per avergli fatto una partaccia davanti a tutti. Iwaizumi ignorò il messaggio, e tornò a fissare lo schermo del computer. Quando intravide il pop up di Netflix, che gli ricordava di pagare la tariffa mensile, Iwaizumi cominciò a chiedersi se qualcuno lassù non ce l'avesse con lui. Subito si mise a frugare nel portafogli alla ricerca della carta di credito, ma nell'istante in cui la estrasse dall'inserto interno, un bigliettino catturò la sua attenzione. Iwaizumi, che non si ricordava di aver infilato nel portafogli il numero di cellulare di Ushijima, rimase a fissarlo per un attimo, mentre la scena del parco riaffiorava dal pozzo dei suoi ricordi. Era ancora arrabbiato per quello che era successo, eppure, in una certa misura, sentiva di essere nel torto.
Hajime si rilassò nello schienale del divano: era ancora terribilmente stanco. Così, abbandonato al tepore indotto dalla digestione, gli tornò in mente il giorno che aveva incontrato Semi sulla metropolitana, le sue parole, il suo invito ad aprirsi con loro. Per un attimo, Iwaizumi aveva realmente pensato che i pazienti di Ushijima fossero suoi simili. In un certo senso, c'era una parte di lui che era arrivata ad etichettarli come 'amici'. Si erano intrufolati nella sua vita a poco a poco e lui gli aveva sbattuto la porta in faccia, come era solito fare con tutti coloro che si avvicinavano più del dovuto a ciò che risiedeva sotto la superficie.
Solo esseri soprannaturali come Oikawa erano riusciti ad allungare una mano oltre la barriera e toccare i suoi sentimenti. Inizialmente Iwaizumi aveva respinto anche lui, ma Oikawa non si era dato per vinto. Dalle elementari alle superiori, aveva perseverato nella sua impresa, colpendo ripetutamente la sua armatura fino a ridurla in mille pezzi. Hajime si era sempre chiesto perché Oikawa fosse così interessato a lui, quando ogni ragazzo avrebbe fatto follie per divenire suo amico. Ovviamente non gli aveva mai posto quella domanda, ed era sicuro che se la sarebbe portata nella tomba, ma ogni tanto si chiedeva cosa avrebbe fatto se Tooru avesse deciso di rompere i legami con lui.
Iwaizumi lanciò un'ultima occhiata al numero di Ushijima. Chissà chi, fra lui e Oikawa, aveva proposto per primo di mettere fine alla loro relazione. Con tutta probabilità, era stato Tooru a suggerire quella soluzione. Non aveva nulla da perdere, lui.
Iwaizumi aggiunse il numero di Ushijima ai contatti e aprì l'applicazione per scrivere un messaggio. L'idea di dover mettere per iscritto quello che voleva dire , però, lo angustiava oltremodo. Quindi, prima di cambiare idea, digitò un semplice 'sei libero più tardi? Iwaizumi' e premette invio.
Ovviamente finì per pentirsene amaramente, e passare il resto del pomeriggio in uno stato pietoso a cavallo fra il panico e il rimorso. Alle cinque il trillo del telefono lo fece sobbalzare. Subito aprì con dita tremanti l'sms, ma dovette rileggerlo tre volte prima di capire il contenuto del messaggio.

'Buonasera Iwaizumi. Sto tornando adesso da lavoro, sarò a casa entro le sei. Se non è un disturbo per te, ti chiederei di passare qua da me.'

Visto che per arrivare a casa di Ushijima Iwaizumi avrebbe impiegato quarantacinque minuti di metropolitana, decise di cominciare a prepararsi con largo anticipo.
In un'altra occasione, avrebbe chiuso a chiave il suo orgoglio, e avrebbe chiesto ad Oikawa un consiglio su cosa indossare, ma ora che era a conoscenza dei precedenti fra Tooru e Wakatoshi, non se la sentiva di domandare al suo migliore amico come imbroccare il suo ex. E poi, stava andando da lui solo per scusarsi. Era ancora arrabbiato con Mr 'con-la-violenza-non-si-risolve-nulla'. Ripensandoci, Ushijima non avrebbe fatto caso ai suoi vestiti e tanto meno avrebbe flirtato con un attaccabrighe come lui. Insomma, perché stava pensando ad una cosa così illogica? Era il suo terapista. Anzi, alla luce degli ultimi avvenimenti, non era più neanche quello. Iwaizumi si maledisse per aver inviato quel messaggio, ma ormai era troppo tardi.

 

* * *

 

"Iwaizumi" lo salutò Ushijima, una volta aperta la porta di casa. Hajime, cosciente di essere in ritardo, si scusò. Aveva i nervi a fior di pelle e ora che si trovava faccia a faccia con Wakatoshi, dopo una settimana di silenzio assoluto, provava l'irrefrenabile desiderio di girare i tacchi e fuggire.
"Scusa il disordine" mormorò il padrone di casa, spostando due vasi che Iwaizumi non aveva mai notato prima di allora. Dovevano essere nuovi.
Per il resto, l'appartamento era esattamente come Iwaizumi l'aveva lasciato alla fine dell'ultima sessione a cui aveva preso parte: rigogliosi cespugli di piante dal nome impronunciabile erano sovrastati dai rami flessibili di alberelli ben curati, leggermente ricurvi una volta raggiunto il soffitto.
Ushijima stesso non sembrava affatto turbato dalla sua visita. Il tono monocorde della sua voce non accennava ad assumere inflessioni tipiche di chi serbava rancore e la sua ospitalità nei suoi confronti era rimasta invariata.
"Posso offrirti un tè?"
Iwaizumi sentì il suo cuore sprofondare in fondo al suo stomaco, giù, giù fino alle vecchie adidas consunte. Ushijima non era arrabbiato con lui. Probabilmente la scena del parco non aveva avuto nessun riscontro nella sua vita. Hajime si sentì ancora più insignificante del solito.
Una parte di lui aveva sperato che Ushijima si mostrasse altrettanto scombussolato, ma a quanto pare la loro litigata era stata una delle tante che costellavano la sua carriera di terapista.
"Non importa. Non rimarrò molto. Sono venuto solo a chiedere scusa per l'altro giorno."
Ushijima rimase in silenzio ad osservare il sul patetico tentativo di mettere su una facciata imperturbabile. Iwaizumi si inchinò brevemente, per nascondere il viso dallo sguardo indagatore di Wakatoshi.
"Insisto."
Hajime rimase stupito da quell'affermazione, pronunciata come un ordine categorico.
"Lascia che ti offra un tè. Sarà una questione di minuti. C'è una cosa che ti devo dire."
Durante i pochi incontri a cui Iwaizumi aveva partecipato, Ushijima si era limitato ad ascoltare le loro storie. Non perché non volesse aprirsi, ma perché tutti sembravano dare per scontato il suo ruolo di ascoltatore. Iwaizumi si chiedeva cosa volesse spartire con un paziente insulso come lui.


 

Hajime non trovò pace dal momento in cui Ushijima lo lasciò solo per preparare il tè. La sedia su cui aveva preso posto era diventata improvvisamente rovente. Non riusciva a stare fermo da quanto era in ansia, dunque optò per alzarsi e girovagare per la stanza, alla ricerca di qualcosa su cui soffermare lo sguardo.
Le piante stavolta non sortirono l'effetto calmante che avevano avuto su di lui la prima volta che aveva preso il tè con Ushijima, anzi, quella cupola di fronde intrecciate sopra la sua testa creava un ambiente al limite del claustrofobico.
Ushijima tornò con due tazze fumanti. Tè nero e denso.
"Non ti ho chiesto che tè volevi."
"Questo va benissimo" farfugliò Iwaizumi, prendendo un sorso ed ustionandosi la lingua. Fortunatamente il suo sibilo passò inosservato, e presto i due si trovarono immersi in un silenzio carico di tensione.
"Poco tempo fa mi parlasti di Oikawa. Non fui completamente onesto con te. Io e Oikawa abbiamo avuto una relazione."
Iwaizumi continuò a sorseggiare il liquido ustionante, pur di avere una scusa per non aprire bocca. Aveva le lacrime agli occhi per il vapore bollente che saliva dalla tazza e per il bruciore che si era espanso dalla sua lingua al tratto iniziale della sua gola.
"Siamo stati insieme per poco tempo, all'incirca sei mesi. Oikawa mi ha chiesto di trasferirsi da lui fin da principio, però, e io ho accettato."
Una lunga pausa seguì le sue parole, simile a un sipario che divida due atti.
"Mi parlava spesso di te."
Hajime, che ormai era pronto a sentirsi raccontare la storia del loro passionale amore, rimase interdetto a quell'affermazione. Oikawa aveva parlato ad Ushijima di lui? Iwaizumi non credeva che il suo migliore amico fosse capace di mettere da parte il suo immenso ego per trattare argomenti che non riguardassero la sua avvenenza e la sua mostruosa bravura negli affari.
"Era preoccupato per te. Oikawa era convinto che tu sminuissi il tuo talento, che tu continuassi a vivere una routine pre-impostata, volta a sopprimere ogni tipo di ambizione. Ogni tanto la diga saltava, e diventavi scontroso, perfino crudele."
Iwaizumi cominciò a sentire un'emozione ben diversa dalla preoccupazione affiorare in superficie. Ushijima, come Oikawa, lo guardava dall'alto in basso, e sembrava volersi arrogare il diritto di conoscerlo meglio di quanto Iwaizumi non conoscesse sé stesso.
"Era dell'idea che tu gli tenessi segreto qualcosa" concluse Wakatoshi, che nel frattempo non aveva bevuto una goccia di tè.
"Io sono d'accordo con lui. Per quanto irritante possa essere, Oikawa ha un acuto spirito d'osservazione."
Iwaizumi non dubitava che Tooru fosse particolarmente perspicace. Vi erano poche qualità non attribuibili alla sua illustrissima persona. Con un gesto involontariamente brusco, poggiò la tazza di tè sul tavolino al suo fianco.
"Io non sto nascondendo proprio nulla a quello scemo. Comunque si è fatto tardi. Devo andare."

Hajime non riuscì a fuggire prima del temuto verdetto finale.

“Iwaizumi, tu non sei inferiore a nessuno. Sei un uomo dalla morale integra, un lavoratore diligente, un amico fedele. Dovresti smettere di vivere nell'ombra di Oikawa.”

Iwaizumi stava per esplodere lì, in piedi in mezzo alla stanza. Oikawa, Oikawa, Oikawa. Fin da quando erano bambini sapeva di essere destinato a diventare il suo braccio destro. Per quanto lo respingesse, dentro di lui lo ammirava come una specie di divinità. Era il suo sole, il centro del suo universo. Non c'era un ricordo, una foto che non li ritraesse l'uno accanto all'altro.

“Oikawa non c'entra nulla con i miei problemi, ok? È il mio migliore amico, è naturale che si preoccupi per me.”

Sbagliato. Iwaizumi fino a quel giorno non sospettava che Tooru si fosse caricato sulle spalle i suoi problemi. Eppure Hajime aveva votato la sua intera esistenza ad occuparsi di lui, senza accorgersi minimamente che la cosa fosse reciproca. Ad essere sinceri, era Oikawa ad avergli trovato il lavoro. Con i soldi del suo stipendio, ovvero con i soldi che riceveva dall'azienda di Oikawa, Hajime si pagava l'affitto, il cibo, il fottuto wi-fi.

“Lui non ha niente che tu non abbia, Hajime. Smettila di essere così severo con te stesso. Se tu riconoscessi i tuoi pregi, invece di soffermarti solo sui difetti, il tuo problema si risolverebbe più in fretta.”

“Io non ho un problema!” ruggì Iwaizumi con tutto il fiato che aveva nei polmoni.

La sua testa pulsava violentemente, e i suoi occhi non riuscivano a mettere bene a fuoco il suo interlocutore.

“Smettila di sputare sentenze” aggiunse Hajime, furibondo.

Era un peso per tutti, perfino per Oikawa. Per tutto quel tempo aveva creduto di essere una specie di governante alle prese con un bambino capriccioso, ma a quanto pare aveva fatto male i calcoli. Era lui il fardello di Tooru, non viceversa. Se prima di entrare nell'appartamento aveva pensato di avere una chance con Ushijima, adesso era certo di non avere nessuna possibilità, né come amico, né come paziente. Senza parlare del ruolo di amante. La sua attrazione per quell'uomo, dettata dal suo bisogno di una guida, di una figura stabile, un punto di riferimento, appariva ai suoi occhi come una fantasia senza senso.

“Io non ho un problema, capito? Non ho bisogno del tuo aiuto, e nemmeno dei tuoi preziosi consigli. Me la posso cavare benissimo da solo.”

Detto ciò, Iwaizumi marciò verso la porta e, senza nemmeno rinfilarsi le scarpe, uscì dall'appartamento.

 

* * *

 

Oikawa lo aveva chiamato più volte, ma il telefono di Hajime ricevette le notifiche solo quando mise piede fuori dalla metropolitana. Iwaizumi si cacciò il cellulare in tasca dopo aver scorto il mittente delle chiamate perse. Non voleva evitare il suo capo, ma in quel momento non si sentiva ancora pronto per rispondere. Se lo avesse fatto, le sue parole sarebbero uscite distorte dalla rabbia. Una volta fuori dalla stazione, Iwaizumi si fermò a comprare le sigarette. Con una lucky strike infilata in bocca, premette il pulsante per chiamare Oikawa.

“Iwa-chan, dove sei? Sono passato a prenderti, ma non c'eri! Dimmi che non sei all'ospedale, ti prego.”

“No. Sono uscito per prendere una boccata d'aria. Sto meglio” mentì Hajime, accendendosi la sigaretta e barcollando verso una mèta imprecisata.

“Meno male! Dimmi dove sei, ci aspettano al ***.”

Iwaizumi, nel sentire il nome del locale, si ricordò della cena che la sua memoria continuava imperterrita a rimuovere.

“Giusto. La cena. Vengo con la metro, tranquillo. Tu intanto va', io ti raggiungo” promise Hajime, calcolando mentalmente il percorso per arrivare al luogo dove si sarebbe tenuta la festa.

Non aveva nessuna voglia di ubriacarsi e tanto meno di conversare con i suoi colleghi. Voleva tornare a casa, prepararsi una cena semplice e infilarsi a letto. Invece gli sarebbe toccato indossare un sorriso finto e sopportare in silenzio i brani che Oikawa aveva scelto per il karaoke.

Iwaizumi si sedette sul ciglio della strada illuminato dal fascio di luce fredda di un konbini. Avrebbe finito la sigaretta prima di incamminarsi verso la stazione della metro.

 

“Puzzi di fumo Iwa-chan!” lo rimbrottò Oikawa, quando Hajime fece la sua apparizione nella stanza insonorizzata che avevano prenotato per quella cena. Il locale era famoso e si diceva fosse frequentato da vip di ogni sorta, dalle star del cinema, a famosi presentatori della tv, fino ad arrivare a rinomati giocatori di baseball. Ovviamente avrebbe pagato Tooru, ma Iwaizumi soffriva anche solo a pensare quanto potesse costare un posto del genere.

“Yo, Iwaizumi” lo chiamò Matsukawa, facendogli cenno di sedersi in fondo al tavolo con lui. Hajime prese posto fra Takahiro e Issei e si preparò psicologicamente ad essere tartassato di pessime battute e sarcasmo gratuito.

Il primo giro di birra non ebbe nessun effetto su di lui, sebbene il grado alcolico della bevanda fosse già abbastanza alto. Hajime ignorava il borbottio incessante che si levava dal tavolo al quale era seduto. Ben presto quel sommesso brusio si tramutò in scrosci di risate e schiamazzi che riuscivano a sovrastare la melodia delle canzoni diffuse dagli altoparlanti. Guardandosi intorno, Iwaizumi aveva come l'impressione di essere finito allo zoo, più precisamente nella gabbia degli scimpanzé.

“Esco a fumarmi una sigaretta” sbottò, rivolto a Matsukawa. Visto che i suoi colleghi sembravano troppo intenti a scambiarsi imbarazzanti ammicchi, occhi a mezz'asta per l'ubriachezza, Iwaizumi diede fondo alla sua terza birra e fuggì fuori dal chiassoso locale.

Aveva finito per fumarsi mezzo pacchetto prima di arrivare alla festa, dettaglio che non era sfuggito ad Oikawa. L'eco della voce di Ushijima si insinuò nella sua mente, offuscata dall'alcol.

'Oikawa ha un acuto spirito di osservazione.”

Già. A Tooru non sembrava sfuggire nulla, proprio come ad Ushijima. Chissà che coppia fantastica erano stati. Probabilmente Oikawa aveva esagerato, affermando che erano arrivati ad odiarsi. Forse si erano lasciati solo per rimettersi insieme in un prossimo futuro. E pensare che aveva pugnalato il suo migliore amico alle spalle! Perché, in fondo, aveva veramente avuto fantasie sul suo ex, arrivando perfino a sperare che ricambiasse. Iwaizumi si sentiva uno schifo, un pessimo amico.

Dopo aver spento la sigaretta, Hajime buttò a terra il mozzicone e rientrò nel locale. Prima di tornare a sedere, però, decise di fare tappa al bagno: tre birre cominciavano a farsi sentire.

 

Mentre si chiudeva la zip dei pantaloni, ad Iwaizumi arrivarono stralci di una conversazione fuori dal suo cubicolo. Non era esattamente lucido, ma in quel momento, le sue orecchie sembrarono recepire perfettamente ogni singola parola. Riconobbe subito i due colleghi che si stavano lavando le mani nei lavabi accanto alla porta della toilette. Kimura e Yamamoto.

“Oikawa è sempre lo stesso. Tutti gli anni ci tocca applaudire come foche ammaestrate.”
“Già, uno strazio.”

Iwaizumi rimase in ascolto, attento a non fare il minimo rumore.

“Hai sentito che ha buttato fuori Hideo? Per un cazzo di ritardo nella consegna, ti rendi conto?! Roba da matti. Non è nemmeno così bravo come capo. Chissà come l'ha ottenuto il posto.”

“Succhiando cazzi e dando il culo, ecco come l'ha ottenuto. Quel frocio schifoso.”

Hajime spalancò la porta del cubicolo per ritrovarsi davanti i due colleghi, piegati a metà dalle risate. I due rimasero ammutoliti a squadrare Iwaizumi, appena uscito dal bagno.

“Cosa cazzo hai detto di Oikawa?” sibilò il moro, gonfiando il petto. L'uomo che aveva parlato per ultimo sembrò riacquisire tutta la spavalderia che aveva momentaneamente perduto con l'improvvisa e inaspettata apparizione di Iwaizumi.

“Ho detto che è frocio. Non è che ne faccia segreto. Sarà andato a letto con mezzo ufficio ormai.”

Iwaizumi sentì le catene della ragione che trattenevano il suo istinto spezzarsi una dopo l'altra.

“Scommetto che te lo sei fatto anche tu. Non per nulla sei il suo preferito.”

Il collega che non aveva ancora spiccicato parola scoppiò a ridere sguaiatamente alla frecciatina del suo amico. Il sorriso scomparve dal suo volto quando Iwaizumi lo spedì contro il muro con un pugno così forte, da far riecheggiare lo schiocco per tutta la stanza. Al primo seguì un secondo, un terzo, un quarto. Iwaizumi si era accanito con una ferocia bestiale sul suo collega che, del tutto impreparato, stava incassando un colpo dopo l'altro. Schizzi di sangue macchiarono le mattonelle bianche che rivestivano le pareti del bagno e il suono secco della cartilagine che veniva spezzata riempì il silenzio, alternandosi ai gemiti di dolore dell'impiegato.

Il volto di Iwaizumi era completamente stravolto, irriconoscibile. Terrorizzato dalla brutalità con cui Hajime stava trasformando il suo collega in un ammasso di ossa rotte, il suo amico corse a chiedere aiuto.

 

“Iwaizumi, fermati!”

Era la voce di Oikawa, quella? Forse sì. La stanza oscillava paurosamente.

“Così lo ammazzi!”

Iwaizumi si arrestò dopo aver assestato un ultimo calcio al corpo inerme del collega.

“Chiamate un'ambulanza” gridò uno degli invitati.

Hajime fissò le sue nocche sbucciate e il corpo che giaceva ai suoi piedi. C'era una piccola pozza di sangue intorno alla testa dell'impiegato.

Quando riuscì finalmente ad identificare le braccia che cercavano di tenerlo fermo, incontrò lo sguardo sconvolto di Oikawa.

“Sei pazzo?!” urlò Tooru, lasciandolo andare per assicurarsi che il suo sottoposto respirasse ancora. I suoi colleghi avevano formato un capannello intorno all'uomo che aveva aggredito. Matsukawa e Hanamaki erano in piedi sulla porta, immobili come statue di sale.

“Iwaizumi...Cosa-?” si azzardò a chiedere Takahiro, incapace di formulare una frase di senso compiuto.

Hajime fuggì senza dare una spiegazione. Ancora in stato confusionale, sentì la sirena dell'ambulanza farsi sempre più lontana.

 

* * *

 

Ushijima aprì la porta in pigiama. Erano le quattro di notte, ma aveva un sonno talmente leggero, che il suono del campanello era riuscito a destarlo nonostante l'orario.

Iwaizumi era lì, in piedi davanti alla porta, disorientato. Il bordo dei suoi pantaloni era sporco di sangue e le sue mani tremavano. La carnagione dorata e salutare aveva lasciato spazio ad un pallore preoccupante e il suo sguardo vitreo era il segno più evidente dello stato di shock nel quale si era presentato a casa sua.

“Entra” comandò subito Ushijima, preoccupazione che velava il tono della sua voce. Iwaizumi ciondolava dalla stanchezza, ma l'adrenalina continuava a circolare nelle sue vene, facendo sì che rimanesse sveglio. Wakatoshi notò subito le nocche porpora. Il sangue rappreso formava croste qua e là sul dorso della sua mano, e Ushijima si ritrovò a sperare che quel sangue fosse di Iwaizumi. Fortunatamente era pronto ad emergenze simili. Kyoutani si rifugiava spesso nel suo appartamento, quando era conciato così male, da non poter tornare subito a casa senza che i suoi genitori lo conciassero perfino peggio.

“Siediti sul divano. Torno subito” mormorò Wakatoshi, accompagnando Hajime fino al salotto. Prima che potesse precipitarsi in bagno per tirare fuori il kit di pronto soccorso, Iwaizumi si aggrappò al suo braccio. Ushijima rimase allora esattamente dov'era. Negli occhi di Hajime c'era un luccichio traballante, come la luce di una candela in procinto di spegnersi. Iwaizumi si issò sulle punte dei piedi e posò un bacio a stampo sulle sue labbra.

Ushijima non era pronto a questo tipo di emergenza.

“Iwaizumi...Sei in stato di shock...” farfugliò, confuso da quel bacio a fior di labbra.

“Scusa. Puoi stringermi un attimo?”

Wakatoshi, sempre più angosciato, fece come richiesto. Forse Iwaizumi aveva preso un colpo in testa. Bello forte. In ogni caso, l'abbraccio che seguì quelle parole, pronunciate con uno sguardo spiritato che avrebbe spaventato chiunque, fu stranamente piacevole. Dopo quel pomeriggio Ushijima era arrivato a convincersi che Iwaizumi lo odiasse con tutto sé stesso. A quanto pare le sue deduzioni erano errate. Il corpo di Iwaizumi era ancora scosso da fremiti, e la punta del suo naso, sepolta nel collo di Ushijima, era gelata. Wakatoshi non aveva mai abbracciato nessuno in quel modo. Certo, aveva stretto a sé molti partner, ma, per quanto assurdo potesse sembrare, nessuno aveva mai riposto fondamentale importanza in un semplice abbraccio.

Iwaizumi si era ormai scaldato, e non tremava più. Ushijima non poteva vedere i suoi occhi, ma qualcosa gli suggeriva che avessero riacquistato colore e nitidezza.

“Iwaizumi, lascia che ti medichi le mani” suggerì Wakatoshi, quando il moro si fu calmato.

“Avevi ragione tu. Su tutto. Io provo... provo a essere me stesso ma... a volte mi chiedo se Iwaizumi Hajime esista davvero. Senza Oikawa mi sento sprofondare nelle sabbie mobili, e non c'è niente che io possa fare per fermare...”

Iwaizumi sembrò riprendersi dalla trance nella quale era caduto, e con uno spintone, allontanò Ushijima da sé. Era di nuovo in preda al panico, ma stavolta era abbastanza lucido da saper distinguere l'allucinazione dalla realtà.

“Cazzo. Scusa. Dimenticati del bacio, non volevo... non volevo intromettervi nella vostra storia.”

Stavolta fu Ushijima a rimanere completamente spiazzato.

“Non provo più nessun tipo di attrazione per Oikawa Tooru. Dubito che mi consideri un suo amico. Siamo conoscenti. Si è rimesso in contatto solo per chiedere il mio aiuto. Sono incline a pensare che lui stesso mi ritenga un potenziale partner per te. Credo che non mi abbia ingaggiato come terapista.”

Calò un silenzio tombale, durante il quale Wakatoshi prese coscienza del tono privo d'emozione con cui aveva pronunciato quella sterile e sconclusionata spiegazione.

“Non sono molto bravo con i sentimenti, Hajime.”

Il cuore di Iwaizumi, stremato per l'aggressione e per la fuga, riprese a battere così velocemente, da far temere un principio di attacco di panico.

“Vado a prendere il disinfettante. Se vuoi spostarti in camera mia... Puoi sdraiarti sul letto. È la prima porta in fondo al corridoio.”

Iwaizumi si diresse a passo di zombie verso la stanza di Wakatoshi. Tutto, da Ushijima al materasso soffice sotto la sua schiena, aveva la consistenza del sogno. Quella situazione gli ricordava quando, nel mondo onirico, un sogno piacevole si inseriva in un incubo, inglobandolo fino a farlo scomparire.

Ushijima entrò in camera con garza e disinfettante. Si muoveva goffamente nella piccola stanza, ma i suoi gesti erano così gentili e accorti, che ad Iwaizumi parve che avesse la stoffa dell'infermiere.

“Puoi rimanere fino a domani, se lo desideri. Dormirò sul divano” propose Ushijima, una volta che ebbe fasciato le sue mani.

“Grazie...”

Quando Wakatoshi si alzò, Iwaizumi era ormai crollato, vinto dalla stanchezza. Ushijima rimase per un attimo ad osservarlo. Temeva che una volta che si fosse svegliato, la realtà lo avrebbe schiacciato. Non aveva idea di cosa avesse fatto per ridursi in quello stato, ma aveva come il presentimento che i guai lo aspettassero dietro l'angolo.

“Iwaizumi” sussurrò, per accertarsi che non stesse facendo finta di dormire. Non ricevette nessuna risposta.

“Hajime...” bisbigliò, saggiando il nome sulla lingua. Sperava solo che qualsiasi conseguenza avessero scatenato le sue azioni, a lui sarebbe rimasta comunque una parte da interpretare nella strana tragicommedia che stavano mettendo in atto.

 

Ushijima si sistemò sul divano, e si coprì con una vecchia trapunta, rinvenuta nell'armadio a muro. Ricordava bene l'ultima discussione che aveva avuto con Oikawa.

'Insomma, non pretendo certo confessioni d'amore, ma siamo sicuri che tu sia capace di provare qualcosa?! Mi sembra di uscire con un blocco di marmo.'

Quelle erano state le testuali parole di Oikawa Tooru in merito al suo modo di corteggiare. Aveva avuto altri partner (ben pochi, in confronto a quelli del suo esuberante ex), ma le sue relazioni erano scivolate via senza che Ushijima potesse fare il punto della situazione. Oikawa era stato l'unico a fornirgli una spiegazione di cosa non andasse nel suo modo di fare. E forse, nel presentargli il suo migliore amico, gli aveva voluto lanciare un ulteriore messaggio. Poteva sentire la sua voce squillante snocciolare un discorso che suonava più o meno così:

'Ci rinuncio a capirlo Iwa-chan. È testardo come un muro, proprio come te. Vedi di ficcargli bene in testa che è una persona meravigliosa, perché a me proprio non mi ascolta.'

L'alba scostò con le sue dita dorate il fitto fogliame, ma Ushijima era già scivolato in un sonno profondo. 

  
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