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Autore: themermaidwriter    13/09/2017    1 recensioni
"L'immagine dell'ultima volta che rivedi qualcosa o qualcuno è quella che ti rimane più' impressa nella mente." Questa è la breve storia di un passato che mi è scivolato dalle mani senza che me ne accorgessi. E chi lo sa, potrebbe anche somigliare alla tua.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La Casa.


Ogni volta che con la macchina ci troviamo nelle strade di campagna, mi giro verso il finestrino e indico le case abbandonate. Ho una vera ossessione per i fantasmi. Penso a chissà quante presenze infestino quelle case, senza rendermi conto che la ragione per cui esistono delle presenze sono le storie che quelle case devono aver contenuto nelle loro mura.
Chissà quanto tempo fa, magari quanto ne è passato dall'ultima volta che sono stata in campagna. Mi correggo: dall'ultima volta che sono stata felice in campagna. Perché l'ultima volta che ci sono stata era come se tutto intorno a me fosse arido, le persone erano aride. Nonno era seduto sulla sedia, sul piazzale, rivolto verso le scale, il suo volto non traspariva emozioni.
Quando lo vidi sul divano, a casa e non potevo avvicinarmi per via dei miei valori bassi dopo la terapia, lo vedevo spento. E' sempre rimasto cosi, fino alla fine, ogni tanto con il volto arrabbiato oppure si lamentava per il dolore. Non l'ho mai piu' rivisto con un volto rilassato o sorridente. Ma come poteva? Come poteva guardare quella casa in modo diverso? Si stava sgretolando davanti ai nostri occhi.
All'interno era ancora tutto ammassato nel soggiorno, come è sempre stato in tutta la stagione invernale. La roba se ne stava lì silenziosa ad aspettare la luce dell'estate e di essere sistemata per raccogliere l'orda di persone che l'avrebbe investita una volta che i miei nonni si fossero trasferiti. Sfortunatamente lo sapevamo tutti che quelle cose non avrebbero mai piu rivisto la luce del giorno, il vento dell'estate e le risate delle persone. Era veramente l'ultima volta. Ed è stato straziante.
L'immagine dell'ultima volta che rivedi qualcosa o qualcuno è quella che ti rimane piu' impressa nella mente. Farai fatica a ricordarla com'era prima. Ogni volta che ci penserai quell'ultimissimo ricordo ti tormenterà la mente. E' cosi che ricordo i miei nonni prima di morire ed è così che ricordo la casa. Solo che non è solo questo, è di piu' di un semplice ultimo ricordo di una casa che sta per essere abbandonata.
C'era la sbarra alla fine del passatoio, la stessa che da piccoli non potevamo superare. C'era una casa che restava sempre chiusa con un pozzo e dietro una storia per spaventarci e non farci avvicinare. C'era la 'casa degli inglesi' una casa che mi piaceva molto, che cambiava spesso affittuari, ma con una bellissima altalena sulla quale ci intrufolavamo mentre non c'era nessuno e nonno annaffiava le piante. C'era anche una piscina molto piccola ma che ci affascinava. Parlando di altalene, c'era la nostra.
L'aveva fatta nonno e non era la prima che faceva, ma questa era molto piu' bella delle altre, era piu' grande e ci passavamo un sacco di tempo su, lì, in quell'aiuola che occupavamo sempre per giocare, affianco alla rete dove abbiamo conosciuto i nostri vicini. Era una famiglia interessante e parecchio strana. Ci divertivamo a creare storie su di loro quando non giocavamo insieme. Tra gli alberi sui quali ci arrampicavamo fiancheggiava un passaggio. Non dimenticherò mai il profumo dell'albero di citronella posto all'inizio del vialetto sul quale c'era un lavandino malmesso e appena svoltato l'angolo ecco il barbecue che aveva fatto mio nonno, affianco alla pianta di rosmarino. Ancora adesso quando sento odore di bruciato mi viene spontaneo immaginere quando cucinavamo la carne e automaticamente quello stesso odore si confondeva con il rosmarino. Succede anche nel mio immaginario.
Scendendo le grandi scale, sempre sulla destra, una pianta nella quale ci nascondevamo e ci passavamo del tempo. Una delle tante. Il passaggio in pendenza sulla quale ci lanciavamo col triciclo e la coccinella. Quello che portava alle galline, chiamato così perché una volta c'era una gabbia che le conteneva laggiù. Solo alcuni dei tanti animali che hanno percorso il perimetro di quella casa.
Il grande piazzale di notte diventava spaventoso a causa del buio e di giorno teatro del suono di un migliaio di cicale, si trovava di fronte al garage dove nonna andava a friggere e noi a prendere le bibite che non entravano nel frigo della cucina. Era pieno di cianfrusaglie e ragni che chissà perché ma lì non mi spaventavano ancora. Adesso quel garage non esiste più, è stato murato. Non ci sono più le porte, le finestre che aveva fatto nonno. La calce ha rinchiuso per sempre un posto in cui non sarò più in grado di entrare, che non rivedrò mai più come prima e che, in realtà, non vorrei rivedere, facendo sempre appello alla legge dell'ultimo ricordo. Non ho alcuna voglia di vederla devastata, così come non ne avrò voglia in futuro.
La casa era molto grande, dal garage, superata l'aiuola dove giocavamo, si tornava sul piazzale che spesso aveva visto i palloni di tutti i materiali e dimesioni superare chi giocava dalla parte della brecciolina e correre a riprenderli quando finiva al di là del muretto bianco, quello su cui nonno, dopo averci portato a raccoglierle, prendeva un sasso e apriva la buccia delle mandorle. Ci andavo davvero matta per le mandorle.
Si salivano le scale e ci si trovava sulla veranda riempita in ogni angolo dalle piante di mia nonna. Quella veranda che veniva utilizzata per i pranzi, le cene dopo un pomeriggio di mare, per giocare e ricreare svariate avventure, dove ho imparato a fare la ruota e dove sono nate frasi memorabili, ma soprattuo era il luogo in cui la sera si festeggiava il compleanno di mio nonno: come oggi, 31 luglio, prendevamo le stesse decorazioni, tutti gli anni, dallo stesso cassetto nella stanza di nonna e addobbavamo la veranda. Era tutto così semplice e significava tanto, ma mai quanto adesso.
Un piccolo salotto, quel salotto. Quello in cui una volta ci mettemmo a ridere per il nome delle patatine, in cui guardavamo la tv il pomeriggio insieme a nonna sulle sdraio o sul divano e dove quando pioveva ci sedevamo sul balconcino della finestra, quella che dava sulla veranda, con gli infissi verde smerlando, durante i momenti di pioggia in cui faceva troppo caldo per stare dentro, ma era impossibile stare fuori poiché le goccie colpivano troppo violentemente il pavimento azzurro che calpestavamo perlopiù scalzi. La cucina era il luogo dove nonna cucinava per tutti, dove sistemavamo la spesa che portava nonno e dove sono successe tante cose. Ricordo che fu lì che mi annunciarono per telefono la morte della mia nonna paterna, a me che ancora della morte non capivo nulla. Ricordo quella foto che abbiamo nell'album di nonno al suo lato del tavolo che teneva in braccio mia cugina da piccola ed io sorridente al suo fianco con dei boccoli castani sulle spalle. Ricordo i pranzi con i mille e più dialoghi pieni di parole stupide. Mio nonno che incitava mio cugino piccolo a mangiare perché era sempre l'ultimo e mia cugina che toglieva dal piatto qualsiasi condimento.
Dove i dialoghi sono nati e morti lì.
Il bagno, quello che veniva usato a fino a tardi, quello in cui si andava sempre in due. Profumava sempre della menta del dentifricio e del bagnoschiuma ai frutti di bosco.
Sento spesso quel profumo.
La stanza dei miei nonni di un marrone scuro proviente dai mobili antichi che la arredavano. C'avevo dormito svariate volte in quella stanza. il letto era soffice ma la l'atmosfera era un po' asfissiante. Non so perché, ma la ricordo così. Come quella sera in cui mi misi a piangere, da sola, in quel letto perché mi mancava la mia mamma. Ero molto piccola.
Dalla finestra della stanza si vedevano i fuochi d'artificio che ogni tanto festeggiavano i lunghi matrimoni notturni nella masseria di fronte. Ricordo che quasi ogni notte ascoltavamo la musica assordante che entrava nella nostra stanza e nonna che ci invitava alla finestra a vedere le luci, ma noi volevamo dormire.
La stanzetta che aveva accolto generazioni di bambini. Silenziosa aveva assistito ad ogni tipo di gioco e di notte aveva vegliato sul loro sonno.
E' tutto qui.
Sono quattro mura e una grande distesa di verde e fiori colorati.
Eppure così piena dei fantasmi delle storie passate e quelle storie includevano la mia, ma anche quella delle persone che sono state lì, chiuse in ufficio a decidere il destino dei propri ricordi. Ormai quei ricordi non appartengono più a loro. Ormai è diventata una casa vuota pronta a raccoglierne di nuovi, quelli di altre persone, di altre famiglie che ignoreranno la lunga storia di quella casa e delle persone che c'hanno messo piede.
Potrei passare ore ed ore a raccontarle, a parlare di ogni singola cosa successa in quella casa ma mi ci vorrebbe un'altra vita intera.
Ogni tanto penso che questa decisione sia meschina, senza cuore. Sembra che i miei parenti l'abbiano presa senza pensarci sopra, senza ricordare il loro passato nella casa, senza pensare che quello è il posto che nonno amava, che aveva costruito pezzo per pezzo e che adesso non avrebbe più fisicamente fatto parte di loro, di noi.
Spesso la penso così, sembra che vogliano solo liberarsene, che vogliano solo i soldi e non fanno altro che replicare alle mie lamentele al riguardo, con i motivi per cui non possono tenerla. Questo è ciò che appare, ma spero solo che volutamente stiano nascondendo il rammarico dovuto a questa decisione. Forse noi, perché siamo più piccole, lo lasciamo intravedere di più e non sappiamo controllarci.
Quando papà torno a casa, dopo quell'incontro, capì che era finita, ma non riuscì a realizzare, come con tutte le cose. Credo di non averlo ancora fatto. Probabilmente quando mi ritroverò nel salotto di nonna, circondata dai miei parenti, quelli che riesco solo a guardare come se fossero mandanti di un crimine, uscirà fuori questo discorso. Qualcuno la prenderà alla leggera, mia nonna avrà la voce rotta dal dispiacere ed io resterò immobile sul divano ad ascoltare e forse, dico forse, realizzerò. E' proprio vero che la distanza è importante in una relazione, di qualsiasi tipo. A volte è una benedizione, spesso. Divide ciò che dovrebbe stare insieme. A volte è un bene perché separa ciò che da vicino è più nitido e fa male agli occhi e fa male al cuore.
Quando qualche giorno fa passando su una strada per andare al mare vidi quella casa diroccata, fu quello il momento in cui mi resi conto che quella casa aveva una storia dietro, prima di diventare un edificio vuoto e avvolto dalle verdi piante incolte che attraversavano gli spazi tra i muri come una piovra fa con i tentacoli. Ne oscura la bellezza e non resta che un luogo dimenticato. Mi resi conto che così la casa non sarebbe più stata un luogo dimenticato dal mondo. Qualcuno se ne prenderà cura, anche se non sarà la nostra, con le nostre storie e i nostri dialoghi, anche se prenderanno posto nuovi ricordi. E' questa la cosa che più mi intristisce: qualcuno che non sono io la chiamerà 'nostra', ma almeno quella casa sarà viva. Non sarà quell'edificio sulla strada avvolto dall'edera, continuerà a vivere e chissà cosa le succederà.
Una volta pensavo che l'avremmo posseduta per sempre. Un luogo eterno. Sarei tornata tra trent'anni e tutto sarebbe rimasto com'era sempre stato. Ho ancora quella voglia, la voglia di tornare lì un giorno e ricomprarla, farla di nuovo mia. Forse questa fantasia rimarrà soltando nella mia testa, come tutte le mie fantasie e come è giusto che sia è bello pensare che un giorno questo desiderio potrà ottenere la sua bramata svolta. Mio cugino ancora lo dice ad alta voce e mio fratello lo segue. Io annuisco ma riesco solo a pensare che siano parole e parole. Rimarrano lì, mentre ascolto il fruscio delle siepi e penso alle giornate di vento e al rumore delle foglie sugli lì alberi, lì in campagna.

the mermaid's notes: questa è prima la storia che scrivo e finisco dopo anni e anni in cui non lo facevo più. L'ispirazione è nata da uno sfogo personale. Parole ed emozioni a cui sentivo di dover dare voce, per questo motivo è nata questa piccola pagina del mio passato. In molti, leggendola, mi hanno detto di essersi identificati con il contenuto, una cosa che non era nelle mie intenzioni, ma di cui sono lo stesso contenta di esserci riuscita. Per me è una storia molto importante e sono felice di poterla condividere. Se anche voi sentite di volerlo fare, le recensioni sono più che apprezzate!
   
 
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