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Autore: Sendy Malfoy    13/09/2017    11 recensioni
[Quarta classificata al contest “born under the stars” indetto da aware_ sul forum di EFP sezione Harry Potter]
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“La neve, quando cade, ricopre silenziosamente tutte le nefandezze di questo mondo donando alla vista una parvenza di soffice candore, quasi a voler risanare ogni ferita e ripulire ogni lordura.”
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Il tema principale del contest che ha ispirato questa storia riguarda i segni zodiacali, io ho scelto il segno dell'Acquario ed ho deciso di associarlo al personaggio di Astoria Greengrass.
Poiché la sua esatta data di nascita è a noi ignota, io ho deciso arbitrariamente per il 14 Febbraio 1982, ciò la rende Acquario di terza decade. Per come la immagino io, questo è il segno zodiacale perfetto per lei.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astoria Greengrass, Draco Malfoy, Serpeverde | Coppie: Draco/Astoria
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
- Questa storia fa parte della serie 'Di costellazioni, fiocchi di neve e lettere mai spedite.'
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[Questa storia ha partecipato al contest “born under the stars” indetto da aware_ sul forum di EFP sezione Harry Potter]

Nome sul forum: SendyMalfoy [Efp: Sendy Malfoy]
Titolo: Come i fiocchi di neve
Introduzione: “La neve, quando cade, ricopre silenziosamente tutte le nefandezze di questo mondo donando alla vista una parvenza di soffice candore, quasi a voler risanare ogni ferita e ripulire ogni lordura.”
Generi: Introspettivo, Malinconico, Romantico
Personaggi: Astoria Greengrass, Draco Malfoy, Serpeverde
Avvertimenti: One-shot
Note ed eventuale uso dei punti bonus: Ho scelto Astoria ed il segno dell'Acquario, non conosciamo la sua data di nascita perciò ho deciso che potrebbe essere nata il 14 Febbraio 1982, le ragioni di questa mia scelta sono sia relative a questo contest che al fatto che più mi immagino questo personaggio ed il suo carattere, il suo modo di pensare e di essere, più mi convinco che l'Acquario di terza decade sia il segno zodiacale più adeguato a lei. Curiosità: così facendo esce anche fuori che l'ascendente è il segno della Vergine. Ovviamente tenterò di ambientare la storia in Febbraio, apice dell'inverno e mese per antonomasia dell'Acquario. Ps: San Valentino non ha niente a che fare con tutto questo.

 
Segno scelto e citazione:
Aquarius: “The world cannot be translated; it can only be dreamed of and touched.”
Dejan Stojanovic, from The Creator


“Il mondo non può essere interpretato, se ne può solo sognare, e sfiorarlo.”


Ad Alessandro, che mi insegna a correggere i miei errori,
a Noemi, che mi ha dato il coraggio di scrivere,
all'Acquario, che mi ha donato la fantasia.

 

Come i fiocchi di neve

 

Le era sempre piaciuto l'inverno, forse perché era nata in una fredda e pungente sera di Febbraio.
 
Amava la neve. La neve, quando cade, ricopre silenziosamente tutte le nefandezze di questo mondo, donando alla vista una parvenza di soffice candore, quasi a voler risanare ogni ferita e ripulire ogni lordura. Ma la neve, fredda e bagnata, può diventare pesante e soffocante, la si può amare in maniera smisurata ma non bisogna mai farsi cogliere impreparati. 

Una giovane contemplava il paesaggio della sera invernale, affacciata alla finestra della sua stanza nella villa di famiglia, il capo reclinato da un lato, sorretto in malo modo dai dorsi delle mani e i gomiti poggiati sul davanzale. I suoi larghi occhi verdi, d'un verde cangiante e indefinito, scrutavano vivaci e assorti l'esterno nevoso. Era in atto una pesante nevicata, i fiocchi cadevano dal cielo rivelandosi sotto la flebile luce dei lampioni. Quei cristalli, che a un occhio disattento potevano sembrare tutti uguali, erano, al contrario, tutti diversi fra loro. Non ne esisteva uno che fosse esattamente identico all'altro, non era questa forse una metafora dell'umanità? Il suo pensiero si tese verso luoghi sconosciuti, vagando tra le riflessioni più assurde e disparate: siamo come i fiocchi di neve? Ma questi si adagiano tranquilli al suolo, compiono la loro opera catartica, collaborano coesi, diventano una massa soffice e indistinta, unita, una cosa sola.
 

Perché è così difficile essere come i fiocchi di neve?

 

Domande bizzarre come questa affollavano la mente di Astoria Greengrass, una giovane strega di nobili natali, discendente di una famiglia rispettata. Il sangue puro, le buone maniere, i comportamenti ambigui, cosa avevano fatto di male per ritrovarsi una figlia del genere? Una pecora nera, una ribelle, una spostata...

 «Sei un'incosciente, ragazzina! Sei nata per far penare me e tuo padre, non è vero? Cosa diranno di noi gli altri, i nostri pari, non ci pensi? Se non la smetterai con queste tue idee strampalate getterai il disonore sulla nostra famiglia!»

Le parole che sua madre le aveva rivolto qualche anno prima, durante i tempi nefasti della guerra, le ronzavano in testa come un insetto fastidioso. Aveva chinato il capo e chiesto scusa, aveva promesso, non sapeva bene neppure lei cosa. I loro pari? Chi diavolo erano poi i loro pari? Cos'è che non avrebbe dovuto fare mai più? Avere dei dubbi? Chiedere ad alta voce “Perché non possiamo essere come i fiocchi di neve?”

    La guerra era ormai finita due anni prima ma era impossibile dimenticarne gli orrori, il sangue versato, le vite spezzate, l'odio, il dolore, la morte. Quelle nefandezze che avevano a malapena sfiorato la vita della fanciulla, troppo giovane e ostinata per esser messa a conoscenza degli affari di famiglia, troppo dalla parte sbagliata per meritare la fiducia dei suoi compagni, troppo Purosangue per combattere a favore di una giusta causa. Era stata allontanata assieme ai suoi compagni di casa, estromessa dall'atto decisivo, impossibilitata ad aiutare. 
Ma le notizie viaggiano veloci e ormai tutti sapevano, Astoria sapeva. Sapeva della sofferenza, delle ferite che non si rimarginano, delle scelte sbagliate e delle giovani vite sottratte all'affetto dei cari. 
Il candore freddo della neve avrebbe potuto lenire la consapevolezza di non aver fatto abbastanza? Per un attimo il suo sguardo si rabbuiò, scosse il capo cercando di mandar via questi pensieri, cercò di pensare a qualcos'altro...

***

    ...C'era un giardino, un enorme, curato e opulento giardino. Un uomo dai lunghi capelli  biondi, quasi bianchi, stava sgridando un bambino altrettanto biondo, che poteva avere all'incirca sette anni, gli strappò dalle mani una scopa giocattolo e gli rivolse un severo sguardo di disapprovazione «Che ti serva di lezione, Draco» furono le parole che uscirono algide dalla bocca dell'uomo. Il bambino guardava il suo manico di scopa con gli occhi che diventavano lucidi, pronti a riempirsi di lacrime. «Non ti azzardare a piangere! Gli uomini non piangono... E sparisci immediatamente dalla mia vista!» disse infine l'uomo, voltandosi e ritornando verso il maniero a intrattenersi con i suoi ospiti.

    Il bambino prese ad allontanarsi nella direzione opposta a quella del padre, triste, furente, rassegnato, colpevole. Una figura minuta seguì i suoi passi, addentrandosi nel giardino, pochi attimi dopo lo raggiunse e gli si sedette a fianco. «Non è colpa tua!» disse decisa una voce, dal tono dolce e acuto, come quella di una bambina di cinque anni. Draco si voltò di scatto, colto alla sprovvista da quella presenza inattesa e non richiesta «Che vuoi? Non dovresti stare qui, Astoria! Vattene via! Non voglio prendermi un’altra sgridata per colpa tua!». Lei lo guardò indispettita e furba allo stesso tempo: «Io ho chiesto il permesso di uscire fuori a giocare. Volevo aiutarti, dopo quello che ti è capitato... Tuo padre ti ha detto che non devi piangere, ma non è vero, tu sei solo un bambino...» Draco la interruppe bruscamente: «Tu non sai niente, sei solo una femmina! Non ho bisogno di te e del tuo aiuto, dovresti imparare a farti i fatti tuoi!». Nel sentire queste parole, una piccola smorfia apparve sul viso di Astoria che si alzò e mosse qualche passo lontano da lui «E comunque non è vero! Tu sei antipatico, ma tutti hanno bisogno di qualcuno che li aiuta!» e se ne tornò da dove era venuta.

***
    Ecco un altro strano ricordo che faceva capolino tra le pieghe della memoria. La giovane sorrise, un misto di mestizia e serenità, di gioia e preoccupazione. Molte cose erano cambiate da quel giorno.
Dei passi la distolsero dai suoi pensieri, si voltò con lentezza verso la fonte di quel rumore e vide sua sorella.
«Per Salazar, Astoria! Sei ferma alla finestra da due ore, cosa ci sarà di tanto interessante da guardare? Una stupida nevicata?»
«Sarà pure una stupida nevicata, ma a me interessa. Che vuoi Daphne?» rispose con tono annoiato.
«C'è qualcosa che non va?»
«Sto bene, è tutto a posto» “sento delle cose che non sono pronta a condividere con te, nonostante tu sia mia sorella”
«Allora falla finita con queste tue stramberie, Astoria. Infilati il cappotto, dobbiamo uscire.»
«Dobbiamo uscire? E per andare dove, di grazia?»
«Ti porto ai Tre Manici di Scopa. Blaise e Theodore ci aspettano per una burrobirra, su forza...»
«E se io non avessi voglia di andare a bere una stupida burrobirra con te e con i tuoi stupidi amici?»
«Non fare storie, lo sto facendo per te, ti do quantomeno la possibilità di sembrare una persona normale, non una disadattata come quella stramba di Lunatica Lovegood» disse Daphne calcando con disprezzo le ultime parole.
«Chi sei tu per giudicare le persone? Dovrei stare una serata intera con te e quei due deficienti a sentirvi parlar male della gente. Una prospettiva allettante!» sputò fuori Astoria con sarcasmo.
«Fai come ti pare. Sicuramente Lunatica ha una vita più movimentata della tua, ti ridurrai come Malfoy che è diventato l'ombra di se stesso! E se lo merita per come si è comportato... Dai, sorellina, non vorrai passare la tua vita come un'emarginata a guardare fuori dalla finestra!» rincarò la dose, con un insano entusiasmo nella voce.
«Mhm. Non mi hai convinta. So benissimo perché vuoi che esca con te e i tuoi “amichetti”, non c'è bisogno di fare tutte queste scene, Daphne» e, controvoglia, indossò il suo soprabito viola.

    Era inutile, tutto quello che era successo non sembrava aver lasciato la minima traccia nel cuore di sua sorella e dei suoi genitori. Astoria non riusciva a spiegarsi come fosse possibile restare così insensibili, indifferenti. Avvinghiati all’egoismo di pensare in maniera esclusiva ai fatti propri, senza provare il minimo rimorso per tutto quel male. La giovane non era a conoscenza del ruolo che la sua famiglia aveva rivestito in tutta quella vicenda, poteva solo immaginarlo.

Tutti erano coinvolti, lei stessa sentiva di esserlo.

 

Perché non possiamo essere come i fiocchi di neve?

 

    Forse il periodo delle domande era passato. La neve cade, ricopre ogni cosa, si ferma per un po'. A volte troppo tempo, a volte troppo poco, poi si scioglie e svanisce lasciando solo un umido ricordo della sua effimera presenza. 
Quel che sta sotto è il mondo reale, ad Astoria forse faceva un po' male ammetterlo, ma era così e continuare a interrogarsi sul perché le cose fossero andate in un certo modo, sul perché le persone si comportassero come se nulla fosse accaduto, ormai non aveva più senso. Le sarebbe servita un'eternità per capirci qualcosa, se mai ci fosse stata, ma lei tutto quel tempo non ce l’aveva e forse non c'era proprio un bel niente da capire.

***

    L'effervescente aria della sera invernale accolse le due sorelle fuori dall'ingresso del locale. L'odore secco della neve pervase le narici della giovane e lei, ancora persa tra i suoi pensieri, seguì la sorella all'interno.     


I Tre Manici di Scopa le apparvero chiassosi come un tempo. Un accogliente tepore si diffondeva all’interno della locanda e diversi avventori la affollavano in quella fredda e nevosa sera di Febbraio. Dove sarebbero dovuti andare del resto? Non certo fuori a fare una passeggiata… Si addentrarono per raggiungere il tavolo dove gli amici le stavano aspettando. Ad Astoria parve di riconoscere molti visi tra gli astanti, ex studenti di Hogwarts, qualcuno le fece un cenno di saluto che lei ricambiò con educazione. Arrivarono al tavolo, salutarono i tre ragazzi che vi sedevano e si accomodarono.

Astoria sentì Daphne sbuffare infastidita, la vide lanciare un’occhiataccia a due dei tre ragazzi che sedevano con loro, Theodore Nott e Blaise Zabini, e bisbigliare a quest'ultimo qualcosa del tipo “Che ci fa lui, qui? Non ci vergogniamo a farci vedere in giro con quello? Perché lo avete invitato?” Astoria guardò l'oggetto a cui erano indirizzati il disappunto e la cattiveria della sorella. Vide un ragazzo biondo dall'aria cupa, un bambino di sette anni con l'anima assente e con gli occhi bagnati, un giovane uomo che stava ancora sopportando il peso di qualcosa più grande di lui.     


Sentì Zabini rispondere sottovoce alla sorella: «L'ha invitato Theodore. Era pur sempre un nostro amico, che problemi ti fai?» Daphne lo guardò storto: «Sarà stato pure un vostro amico, io non voglio avere niente a che fare con quello. Comunque ormai è qua...» i due lasciarono cadere il discorso e cominciarono a conversare come se nulla fosse.

Astoria guardò la sorella con aria disgustata, poi si limitò a fingere di ascoltarne i discorsi vani, annuendo e sorridendo quando veniva chiamata in causa. A un certo punto il suo sguardo si soffermò sul ragazzo biondo. Lo osservava bere dal suo bicchiere, disinteressato quanto lei alla conversazione degli altri tre.

 

A quanto pare non sono la sola che non vorrebbe trovarsi qui.

 

«Allora, Astoria...» fu la voce di Nott che la distolse dai suoi pensieri «Daphne ci stava giusto dicendo che vorresti entrare alla Scuola Specialistica per Guaritori del San Mungo, è vero?». Qualcosa attirò anche l'attenzione del ragazzo biondo, che cominciò a osservarla. Astoria non ebbe nemmeno il tempo di rispondere che Theodore continuò «Ma che vi prende a tutti con questa storia della Medimagia? Non andrà mica di moda fare i guaritori? Sono studi pesanti, sai? Non potresti scegliere qualcosa che ti si addica? Qualcosa di più semplice? Diglielo anche tu, Draco, che è una scuola difficile quella! Stai ancora lì, a studiare, del resto... Eh eh eh...» Astoria guardò Theodore Nott di sottecchi, ma prima che potesse aprir bocca, Draco Malfoy, che per tutto il tempo era rimasto in silenzio, fece un profondo sospiro e poi prese la parola: «Davvero molto divertente Theodore, forse sto ancora studiando perché ci vuole parecchio tempo per perfezionarsi nell’arte dell’alchimia e delle pozioni? Che, per inciso, è la mia materia di studio. – distolse per un attimo lo sguardo dal ragazzo e lo rivolse brevemente ad Astoria – In secondo luogo, non vedo che difficoltà possa incontrare Astoria nell'intraprendere un percorso in Medimagia, mi pare di ricordare che i suoi risultati scolastici fossero di gran lunga migliori dei vostri... Detto questo, vi ringrazio davvero per questa emozionante serata ragazzi, io devo andare». Pronunciò l'ultima frase con pungente sarcasmo, lasciò cadere qualche moneta sul tavolo si infilò il cappotto e si avviò verso l'uscita della locanda.

Gli occhi di Astoria seguirono la sua figura attraverso il grande specchio posto dietro al bancone, fino a vederla scomparire oltre la porta, in seguito posò lo sguardo sulla sorella. Non era intenzionata a sorbirsi ancora a lungo i suoi inutili discorsi e le stupide frecciatine dei suoi amichetti idioti. In verità anche loro la vedevano come una disadattata. Inoltre, era abbastanza sicura che in sua assenza parlassero di lei in maniera analoga a quella in cui parlavano di Luna Lovegood.

Si alzò dalla sedia e cominciò ad indossare il suo soprabito «Ma che fai?» la guardò, interdetta, la sorella «Sono stanca, ci vediamo a casa, forse. Buona continuazione» le parole uscirono dalla sua bocca prive d'entusiasmo, si allontanò e con passo deciso raggiunse l'uscio del locale.

 
Non appena si trovò fuori dal locale, cercò di fare dei lunghi respiri. Si sentiva arrabbiata e ferita ma in fondo continuava a ripetersi che non le importava cosa pensassero quei tre imbecilli, trasse un altro respiro, profondo, e l'aria gelida e pesante le riempì i polmoni e le svuotò la mente. Mentre era intenta a calmarsi poggiò un braccio sul legno umido della bacheca degli annunci posta alla sinistra dell’ingresso della locanda e osservò i manici di scopa, appesi al di sopra di esso, che pian piano si ricoprivano di nevischio. Qualche attimo dopo qualcos’altro catturò la sua attenzione e d’un tratto cominciò a seguire alcune orme fresche lasciate nella neve. Come per gioco, posava i suoi piedi, molto più piccoli di quelli che dovevano aver lasciato quei segni, in ogni impronta. Uno dopo l'altro seguiva quei passi sconosciuti e misteriosi e li contava, uno, due, tre, cinque, sette, ventuno, quarantaquattro, sessantotto, ottantan- andò a sbattere contro lo schienale di una panchina e per poco non perse l'equilibrio.


«Greengrass, ti sei messa a pedinarmi? Ma dico, è mai possibile che tu debba sempre invadere i miei spazi?» non c'era astio in quelle parole. «Io pensavo ai fatti miei, e sono arrivata qui seguendo quelle... Ehm ehm… – esitò, sentendosi una stupida – ...Credevo fossi andato via, non mi aspettavo di trovarti in questo posto, a dire il vero, non mi aspettavo proprio di arrivarci».

 

Hai seguito delle impronte per terra, non ti ha sfiorato il sospetto che effettivamente potesse esserci qualcuno alla fine del percorso?

 

«Comunque, andrò via, non intendevo disturbarti, ma già che ci sono... Grazie Draco» sussurrò la ragazza in tono sincero.
«Puoi sederti, se vuoi...»

Astoria annuì, spolverò un po' di neve dalla panchina e, in silenzio, prese posto accanto al ragazzo; lui continuò «Perché mi stai ringraziando?»
«Perché non dovrei?» rispose candidamente lei.
Lui la guardò dubbioso «Certo che sei strana, Greengrass...»
Lei rise, pacata, e disse: «Ormai dovresti saperlo... Perché ti sei allontanato?»
«Semplice, cominciavo a non tollerare le stronzate di quei tre...»
«Oh, no, no… Non intendevo quello, non mi importa molto di loro...» I suoi occhi cercarono quelli del giovane e con voce tremula ma decisa aggiunse: «Perché ti sei allontanato, in questi anni? Da me, credevo fossimo… – fece una breve pausa – Amici.» concluse sincera.
«Io non ho amici, Astoria, credo di non averne mai avuti e probabilmente non ne avrò mai. Adesso, dopo tutto quello che è successo, nessuno vuole essermi amico. Credi che non sappia quali assurdità si dicono sul mio conto? Io sono un'onta per tutti, sia da una parte che dall'altra… Ogni volta che mi faccio vedere in giro le sento addosso le occhiatacce degli altri, me ne accorgo quando si voltano e bisbigliano maldicenze sul mio conto...» a quel punto Draco abbassò lo sguardo e rilassò le spalle, aggiungendo con voce sommessa: «Ma forse hanno anche ragione...».

Sporadici fiocchi di neve ricominciarono a cadere lentamente, Astoria allungò una mano per tentare di raccoglierne qualcuno sul suo palmo «Guarda! Non sono bellissimi?»


Draco strinse le sopracciglia e socchiuse gli occhi come a cercare di capire cosa stesse facendo la ragazza. Lei quasi non ci fece caso e continuò come se stesse spiegando qualcosa di estremamente complicato e importante: «I fiocchi di neve, Draco, sono tutti diversi fra loro. Eppure coesi come sono ci regalano questo spettacolo della natura, questo candido manto bianco, uniforme, luccicante, puro... Perché non siamo come loro? Perché non riusciamo ad essere come i...» lui allungò lentamente la mano e le prese dolcemente il braccio la interruppe, calmo «Astoria, ma non ti accorgi che siamo già come i fiocchi di neve? Se questi fossero davvero così coesi, come dici tu, non esisterebbero le valanghe».
Lei lo guardò, colta alla sprovvista: «Io... Io non ci avevo pensato...»
«Non puoi pensare sempre a tutto»
«Avrei dovuto... E ora? Pensi sia proprio così?»
«Sì, Astoria, è così e basta, non puoi trovare una giustificazione, le valanghe non hanno scusanti, le cose accadono, ormai è inutile interrogarsi sul motivo, cercare di capire, trovare una spiegazione, accadono e basta. Il mondo, Astoria, è così e basta!» era amareggiato, lei gli mise una mano sulla spalla.
«Hai ragione, a far così ci si fa solo rubare tempo prezioso dalla sofferenza. Ma nessuno mi può impedire di sognare qualcosa di diverso, qualcosa di migliore...» la mano, prima sulla spalla del ragazzo, con delicatezza andò a sfiorargli una guancia «Neanche a te, Draco, neanche a te possono impedirlo... – gli occhi della ragazza brillavano d'una luce viva e consapevole – La valanga, non è colpa tua!». Lui si lasciò convincere dall'entusiasmo di quegli occhi così vivi e penetranti che sembrava che gli stessero leggendo  l'anima. Astoria aveva catturato l'attenzione del ragazzo che rimase attento ad ascoltarla. Lei continuò: «Lascia che arrivi la primavera, il sole scioglierà la neve, ed il pericolo sarà passato – Astoria si accorse che Draco la stava fissando ed era completamente rapito dalle sue parole, ma non capiva se in senso positivo – Credi che io sia una squilibrata, vero? Avrei dovuto tacere, adesso è meglio che io vada...». Lei si alzò ma lui le afferrò con rapidità e fermezza un polso, facendo sì che tornasse a sedergli accanto, su quella panchina. I suoi modi forse erano stati un po’ troppo bruschi ma quel gesto non colse Astoria alla sprovvista quanto il fatto che lei ne fosse compiaciuta. Non ebbe tempo di dire nulla che lui aggiunse solamente: «Rimani».
 

Vorrei divenir acqua per scendere a valle con te.

  
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