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Autore: ThisIsReal    14/09/2017    0 recensioni
L'amore è una cosa semplice, o forse no?
Due ragazze intrappolate in una guerra con se stesse e con gli altri.
Potrà mai il mondo accettare due ragazze che si prendono per mano come indifferente accetta guerre senza religioni?
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una notte per ricominciare.

A tutti i cuori in viaggio e a quelli che sono già tornati senza mai tornare veramente.


“Ti presterò i miei soldi per venirmi a trovare,
ti presterò dei soldi per venirmi a trovare.
Ci vorrebbe una notte, una notte, una notte,
soltanto per viaggiare.
Una notte, una notte, una notte per ricominciare.”



L'amore è una cosa semplice, lo diceva qualcuno di più famoso di me in una certa canzone. Certo, secondo la scienza è così: questione di chimica, semplicemente. Aumento di dopamina e ossitocina nel cervello. Ma che cosa sono la dopamina e l'ossitocina? Sono neurotrasmettitori prodotti nel cervello durante le situazioni piacevoli, come mentre si mangia una pizza. Certo, io ne ho sempre capito di più di cibo che di persone. Eppure ora, vedendo il letto vuoto e freddo, ho capito che la tua presenza mi manca. Mi manca il tuo sorriso, le tue fossette scavate nelle gote arrossate, le tue labbra piene e gonfie dopo che -insaziabile- non smetto di gustarle come fossero il più prelibato frutto esotico dopo un’esistenza solitaria trascorsa in quell'arido deserto che è la mia esistenza. Senza te non ci sono oasi, non c’è riposo, non c’è dolce risveglio.
Ma chi sono io? Senza di te, intendo. Sono Alessia, ma non può esserci Alessia senza Camilla. Perché? Perché ricerco la tua ombra in ogni sfumatura, in ogni libro letto e riletto.
Volgo lo sguardo verso la finestra: è notte fonda. Dovrei dormire, ma so che non ci riuscirò. Non ci riesco più dopo che ho assaggiato l'etere delle tue braccia, non ci riesco più senza di te. Il mio sguardo ritorna sulle lenzuola bianche, bianchissime anzi, così bianche e allo stesso tempo così sporche perché nulla e veramente pulito se non ha il tuo odore. La mia mano fredda e secca inizia a vagare lì dove dovresti essere tu. Ti vedo, ho sempre avuto quella pazza razionalità di immaginarti alla perfezione. Sei distesa supina, il volto riverso sul quel cuscino che troppo ha visto e poco può raccontare, i capelli crespi scendono come filigrana sulla tua schiena nuda e morbida. Che pazza, mi sembra quasi di sentire la tua pelle aderire perfettamente al palmo della mia mano. Chiudo gli occhi e torno anch’io supina, rifugio il mio volto nel mio cuscino -quel cuscino su cui mi sembra impresso il tuo profumo irrimediabilmente- ed in un attimo sono di nuovo lì da te.

Il treno corre veloce stridendo velocemente sulle rotaie metalliche, finché non si ferma improvvisamente. Perdo un battito, l’istinto di tirarmi un pizzicotto per capire se ciò sia reale o meno è troppo forte così lo faccio. Dannazione. È reale. Tu sei reale. Io sono reale. Resami conto di non essere in uno di quei sogni che da anni mi perseguitano, raccolgo velocemente il mio fedele zainetto fino ad ora nascosto tra le mie gambe e corro verso l’uscita più vicina. Quando arrivo le porte automatiche sono ancora chiuse. Mi mordo il labbro inferiore, non ci hanno mai messo così tanto ad aprirsi, o forse non me ne sono mai accorta perché semplicemente non avevo nessuno da cui andare o ritornare, nessuno importante come te. Finalmente le porte sembrano aprirsi, lentamente, solo uno squarcio alla volta, però non posso più aspettare. Le porte stanno ancora finendo di aprirsi, ma io sono già fuori. Corro, corro come non ho mai corso in vita mia, il volto chino sul marciapiede e le gambe che sembrano muoversi da sole, spasmodiche e forsennate. Non c’è nessuno davanti a me o più semplicemente non li vedo, non voglio vederli, non ho bisogno di vederli, non ho bisogno di loro, ho bisogno solo di te. Alzo lo sguardo solo per un istante, eppure è sufficiente per vedere i tuoi capelli biondi come grano maturo fluttuare mentre sei al telefono. Mi stai chiamando, non mi hai ancora visto arrivare, ma decido di non rispondere nonostante l'instancabile vibrazioni che attanaglia la mia tasca. Corro più veloce, i miei polmoni – come quelli di qualunque altro fumatore che si ostina a correre forsennatamente – mi manderanno presto a fanculo, ma non importa. Pochi metri mi separano da te: la mia vista irreparabilmente annebbiata dalle lacrime non m'impedisce di scorgere il tuo viso illuminarsi quando mi vedi, sei ancora più bella dell'ultima volta. Un groppo alla gola mi attanaglia, supplica di uscire, ma lo respingo. Lo stomaco si lamenta, sono queste le farfalle di cui tanto parlano? A me sembrano elefanti, fa male, ma non posso fermarmi, non ora. Allungo le braccia per lanciarmi al tuo collo come un truffatore sulla vetta del trampolino più importante della sua vita. Circondo il tuo collo con le mie mani quando una dolce lacrima mi attraversa. Perché piangi? Ci siamo solo noi due, tutto scompare. Qui non possono trovarci i nostri problemi, non qui, non in questo abbraccio. Questa nostra guerra, fatta di sguardi, carezze, graffi, baci e morsi è solo nostra. Poso la mia mano sulla tua guancia paffuta, sei così calda da riuscire a sciogliere quel ghiacciaio, all’apparenza impenetrabile, che è il mio cuore. Solo ora mi accorgo che tu non mi abbracci. No, Cami. Non andare. Resta ancora un po’. Ho bisogno di rivivere ancora un po’ quel giorno di mezza estate che qui, in questa dimensione infernale, sembra così freddo. Ti stringo più forte a me per riscaldarti, sei diventata improvvisamente così fredda e prima di vita. È troppo tardi, vero? Sei andata via.

Riapro gli occhi a fatica. La mia fronte è madida di sudore e gli occhi pieni di lacrime. Non posso più resistere così, senza di te rivivendo una storia già letta e riletta. Mi sporgo verso il comodino e aprendo il cassetto recupero il pacchetto di sigarette, lo apro, l’ultima Winston Blu. La porto lentamente alle labbra, mi stai distruggendo Cami, e la accendo prendendo un’abbondante boccata di quel mistruglio velenoso di tabacco.
«Ero andata in bagno» dici con il tuo spiccato accento spoletino comparendo sulla soglia della porta. Le lucette natalizie variopinte illuminano il tuo profilo nudo e perfetto. Non c’è bisogno di parole, hai letto nei miei pensieri, come sempre. Ti avvicini felina a me e prendi il mio volto angosciato tra le mani. Sussurri qualcosa sulle mie labbra prima di coprirle con le tue, inizialmente non comprendo, poi tutto si fa più chiaro quando le tue dita iniziano a vagare su di me, dentro di me, con me.
«Non è un sogno, Ale».
Non è un sogno, Cami.
  
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