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Autore: EcateC    14/09/2017    8 recensioni
La vera storia di Harleen Frances Quinzel, la rigida dottoressa newyorkese che si lasciò sedurre da Joker per diventare la famigerata Harley Quinn, la pagliaccetta bella e simpatica che tutti conosciamo.
Ma da lasciarsi alle spalle una vita di privazioni a conquistare il cuore del super criminale di Gotham c'è una bella differenza, ed è qui che riposa la vera inversione dei ruoli. Provare per credere.
Genere: Dark, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harley Quinn, Joker, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Nascondiglio del Joker.

Due settimane dopo la sconfitta di Incantatrice.

 

 

 

 

“198, 199…” con un ultimo, estenuante sforzo Joker si sollevò con le braccia oltre sbarra di ferro. Indossava solo un paio di pantaloni verdi sportivi e il girocollo di pelle con la scritta ‘PUDDIN’ che era appartenuto a Harley. L’aveva trovato per terra poco dopo il drammatico incidente in aereo: sicuramente Harl l’aveva perso per sbaglio.

“200!”

Atterrò al suolo con un tonfo, i palmi delle mani erano dolorosamente segnati e quasi faticava a stare in piedi dallo sforzo. Ma non per l’allenamento, quello lo faceva da sempre… Batman continuava a essere doppiamente più grosso di lui, non poteva certo regredire in massa muscolare.

No, non era il workout, c’era ben altro che lo stava logorando e gli stava togliendo il sonno, l’appetito e la sua imperitura voglia di sorridere.

Era Harley Quinn.

Due settimane. Aveva passato solo due settimane insieme ad Harley prima che gliela strappassero via, ed erano stati quindici giorni divertentissimi, tra i più divertenti della sua vita. Certo, qualche volta l’aveva fatto arrabbiare e l’aveva distratto dai suoi esperimenti con delle continue, moleste richieste di attenzioni, ma niente in confronto al piacere e alla squisitezza che aveva tratto dalla sua compagnia… Era incredibilmente perfetta, la sua sagoma al femminile, la degna regina di Gotham che non si era mai concesso di cercare.

E ora era lontana, tenuta prigioniera chissà dove da quel diavolo di donna africana.

Ormai era diventata una questione di principio, voleva indietro la sua donna e la voleva subito. Ne aveva già persa una in passato, non poteva succedergli di nuovo… Dove si trovava questa fottuta “ruota che gira”?

Era sempre stato restio a mostrarsi debole, perfino con se stesso non era mai del tutto sincero, ma quel famigliare senso di vuoto e impotenza che si era ripresentato, lo opprimeva di ira da un lato e di paura dall’altro.

“Io non farò la fine di Jeannie, te lo giuro” gli aveva promesso Harleen la sera della sua ‘trasformazione’ ed egli era stato riluttante, ma aveva voluto crederle, e alla fine tutto era andato splendidamente. Si era abituato molto presto a convivere con lei, aveva diviso con lei il letto, il cibo, i tre bagni (che invero si erano dimostrati pochi) e le aveva perfino fatto confezionare dei vestitini, ove la scritta “Property of Joker” risaltava efficacemente come ammonimento rivolto a tutti gli uomini.

Chissà se Deadshot e company avevano colto la portata di quell’avvertimento… La sola idea che ci avessero provato con Harley lo faceva impazzire dalla gelosia. D’altronde come potevano resisterle? Harley era favolosa, e con quei pantaloncini inguinali il suo sex appeal puntava dritto alle stelle. Joker quasi si pentì di aver scelto per lei un outfit così provocante… Ma una cosa lo rassicurava: lei in realtà non era una ragazza facile. Ammiccava e faceva la maliziosetta più o meno con tutti, ma non l’avrebbe mai tradito sul serio, c’era come un limite non scritto, una linea maginot che segnava i confini tra il flirt innocente e l’eccesso di complicità.

Di nuovo, richiamò alla mente le parole della dottoressa Quinzel.

“Promettimi che ci sarò solo io, che tu mi sarai fedele sempre, come io lo sarò con te”

Buffo che gli venissero sempre in mente le sviolinate della psichiatra durante quegli istanti di incertezza… Perché, alla fine, era andata proprio come voleva lei. Harleen l’aveva avuta vinta su tutti i campi, Joker aveva cacciato le prostitute e l’aveva presa con sé, gettandosi dentro a una cisterna d’acido solo per salvarla.

E alla fine il compromesso raggiunto era stato accettabile, vantavano un diritto di esclusiva l’uno sul corpo dell’altra, un’obbligazione reciproca che si compensava alla perfezione.

Solo che ora lei non c’era e i loro ruoli si erano come ribaltati: prima era lei quella che lo rincorreva, lo cercava e lo trovava in qualunque posto e a qualunque rischio, ora toccava a lui. E Joker stava adempiendo a questo nuovo compito con grande determinazione: non aveva altro obiettivo, altro scopo, altra aspirazione all’infuori di salvare Harley Quinn; Batman, il potere e il dio denaro potevano anche attendere. Ma più passavano i giorni, più l’impresa si dimostrava difficile e la sua impazienza degradava in frustrazione. Inoltre, non aveva nemmeno Jonny e Gaggy su cui contare: il primo era in ospedale dal giorno dell’incidente aereo, in attesa di essere processato, mentre il secondo stava scontando in carcere la bellezza di quattro ergastoli e sessantacinque anni.

In definitiva, gli era rimasto solo Batsy. Il Pipistrello era l’unico che poteva distrarlo un po’, l’unico che poteva alleviare le sue pene… Si mise a ridere, Batman era una delle poche certezze che aveva nella vita. Gli aveva portato via Harley, è vero, ma gli aveva accennato di quella diavoleria walleriana chiamata Suicide Squad.

“Come farei senza di lui? Peccato che non sia nato donna”

Quasi provvidenzialmente, sentì un rumore sospetto. La sua bocca si curvò in un ghigno malefico e, ancora sudato, spalancò le braccia lunghe e pallidissime.

-Amore mio, stavo giusto pensando a te-

Ma non comparve chi si aspettava. Al posto del Cavaliere Oscuro c’era una bellissima donna coperta solo di un leggero ma intricato busto di foglie e fiori...

-Ma quale onore!- esclamò Joker con enfasi, facendo un inchino alla nuova arrivata -Madre Natura che viene a fare visita a un comune mortale!-

Poison Ivy fece un sorriso tirato e scese le scale, ancheggiando in modo vistoso. Se non fosse stato per la carnagione verde e i capelli mossi, avrebbe potuto incarnare la perfetta rappresentazione di Jessica Rabbit.

-Sai, ero qui che mi domandavo perché quel pagliaccio squattrinato non fosse ancora andato a salvare la sua ragazza- esclamò con tono interrogativo e una sottile linea di disgusto -Che cosa diavolo starà facendo di così importante da dimenticarsi di Harley Quinn? E poi lo trovo qui, in questo buco, a imbottirsi di steroidi anabolizzanti come un sedicenne-

Joker le fece un sorriso tanto ampio quanto minaccioso -Non ricordo di aver telefonato al giardiniere- scherzò, beccandosi un’occhiataccia -A cosa devo la graditissima visita? Disinfestazione di pipistrelli?-

-Te l’ho detto perché sono qui, buffone. Dov’è Harley? Che cosa aspetti a salvarla?-

-Ci sto laaaavorando- le rispose con una smorfia, facendole segno di guardare verso la fila di computers accesi sul tavolo.

Ivy guardò con scettica superiorità la quindicina di Macbook, tutti con gli schermi pieni di dati e simboli illeggibili, e poi si rivolse a lui.

-Credi che giocare a fare l’Hacker dispettoso ti possa portare indietro Harley Quinn?-

-L’Hacker dispettoso- ridacchiò Joker, scuotendo la testa come un matto -In effetti tu non sai che cosa sono capace di fare con questi meravigliosi meccanismi… L’ho già rintracciata una volta e ho disinnescato il chip che le avevano iniettato nel cervello, a distanza, senza nemmeno toccarla con un dito. La tua amichetta presto tornerà a casa-

-Sarà…- Ivy alzò le spalle con noncuranza e lo squadrò da capo a piedi, senza imbarazzo -Quindi, peso paglia? Cosa aspetti a offrirmi da bere?-

Se avesse avuto le sopracciglia, Joker le avrebbe corrugate.

-Nel senso che ti devo… Annaffiare?-

Ivy roteò gli occhi e lo guardò sghignazzare pazientemente, anche se avrebbe voluto trapassarlo con un grosso ramo colmo di spine. Ma d’altronde non era quello il reale motivo della sua visita.

-Sei in forma, Joker- continuò infatti con voce suadente, avvicinandosi -Non sembri molto afflitto per la sua lontananza-

-Non sono il tipo d’uomo che si piange addosso-

-Mmh, neanch’io, sai?- gli sorrise, scrollandosi indietro i capelli rosso fuoco -E questa è una delle tante cose che abbiamo in comune: Siamo vendicativi ma non serbiamo rancore-

Joker si fece attento, ma senza smettere di sorridere. La pericolosa Meta-umana era in avvicinamento…

-Ah, no?-

-Guarda me e te, ad esempio. Ci sono stati molti alti e bassi tra di noi. Tu hai inquinato il mio parco, io ho mandato all’aria molti dei tuoi piani diabolici…-

-Troppi- precisò il clown.

-…Però alla fine abbiamo sempre fatto pace- continuò Ivy, facendogli l’occhiolino.

-Anche su questo avrei qualcosina da ridire-

-Oh, suvvia, J… Non eri tu quello a cui piacciono gli scherzi?- gli domandò con aria innocente. Ormai gli si era avvicinata talmente tanto che i suoi seni gonfi gli sfioravano il petto.

-Beh, in genere preferisco farli piuttosto che riceverli- le rispose il clown, cercando di guardarla negli occhi -Anche se per te, mia verdognola divinità, posso sempre fare un’eccezione-

-Così ti voglio- gli sussurrò Ivy, incrociando le braccia sopra le sue spalle. Lui fece la stessa cosa però sul suo punto vita. Flirtava con lei, ma aveva i riflessi pronti e i cinque sensi in allerta: era pronto a scattare come un giaguaro al primo passo falso della donna. In fondo conosceva bene Poison Ivy e il suo modo d’agire, era già successo che lei avesse tentato di sedurlo con il malcelato fine di ucciderlo. Ciò non toglie però che ogni occasione era buona per toccarla o per strapparle un bacio… O almeno fino a quando non aveva conosciuto Harley.

-Mmh…- gemette, umettandosi le labbra -Non ti dispiace se testo un nuovo veleno su di te?-

-Sono immune alle tue secrezioni da coccinella-

-Lo so- gli sussurrò guardandolo dritto negli occhi, il volto leggermente piegato a sinistra. Sporse le labbra rosse e carnose e tentò di baciarlo, ma proprio quando stava per riuscirci, lui la fermò.

-Alt,alt,alt,alt!- la allontanò Joker col sorriso intatto -Mia carissima, adorata Poison Ivy, sei stata il mio sogno erotico più ricorrente, uno dei miei primi pensieri il pomeriggio quando mi svegliavo con… Beh, puoi immaginare con cosa, e per quanto la tua proposta si prospetti allettante e rosea di aspettative, devo declinare- la umiliò aspramente, liberandosi dalla sua stretta -Questo pagliaccio è già impegnato. Non lo vedi?- continuò, indicandosi il collo -Ho anche il collare-

La bella Meta-umana fece un’espressione sbalordita, quasi inorridita.

-Non è possibile… Allora è vero?- esclamò con un filo di voce, sempre più incredula -Ti sei innamorato sul serio di lei?-

-LO SAPEVO!- gridò Joker, additandola -Era una stupida prova di fedeltà, tipo quelle che fanno le fighette al liceo, non è vero? Il prossimo step quale sarà? Mi chiamate sul cellulare e mettete giù prima che io risponda?-

L’amazzone verde arrossì e lo fulminò con lo sguardo.

-Certo che era una prova, lurido parassita- ringhiò con un’espressione disgustata, gli occhi color bosco dardeggianti come i capelli -Credi davvero che io possa essere minimamente interessata a te o al tuo inutile tirapiedi?-

-Jonny?-

-Sì, lui. Volevo solo trovare un pretesto per indurre Harley a lasciarti… Ma per questa volta ti è andata bene, buffone, sei stato fortunato-

-Un momento… Ti sei presa una cotta per il mio cupcake, è così?- la sua risata diabolica la fece montare su tutte le furie

-Harley presto si renderà conto di che razza di idiota tu sia, e quando accadrà, io sarò qui ad aspettarla-

-Sì, sì. Aspetta e spera, bellezza- la irritò ulteriormente, sorridendo maligno -Ma se intanto vuoi inserirti nel nostro talamo per ingannare l’attesa, sappi che sei la benvenuta-

-Due parole- gli rispose Ivy -Neanche- sollevò l’indice -Morta- sollevò il medio -È guerra aperta, Joker- concluse, dandogli le spalle.

 

 

________________________

 

 

-Trenta giorni a novembre, con aprile, giugno e settembre…-

 

In una prigione di massima sicurezza con doppie sbarre, una ragazza bionda canticchiava e sorseggiava del caffè preparato dalla sua macchinetta per espresso nuova di zecca. Aveva anche un banale romanzo d’amore aperto sulla branda, ma non lo stava leggendo realmente.

 

-Di Puddin’ ce n’è uno, tutti gli altri son nessuno!-

 

Fece un sorriso soddisfatto e finì la nona tazzina della giornata. Cercò poi di guardare le pagine, ma senza gli occhiali da vista non riusciva a leggere granché. “Maledetta Harleen!”

-Scusate, non si può avere un libro con le figure?- domandò a voce alta verso il signor nessuno -Ehiii? Mi sentite? Mi sto annoiando tanto!-

Ma nessuno le rispose.

L’ergastolo con l’isolamento diurno era la tortura delle torture, la peggiore pena che potessero infliggere a un essere umano. Harley Quinn sospirò tristemente, cercando di rifugiarsi nei suoi ricordi.

Quante cose erano capitate in quei pochi mesi... Era evasa finalmente da Belle Rave, aveva incontrato dei nuovi amici simpaticissimi, aveva sconfitto come una vera eroina la strega Incantatrice e poi… E poi aveva perso Puddin'. Harley strinse forte il libro tra le mani, diamine quanto le faceva male il cuore quando ci pensava! Era come se fosse chiuso dentro una trappola che si rimpiccioliva ogni volta che si fermava a pensarlo, ma non per questo l’Arlecchina si lasciava andare alle lacrime.

Non poteva piangere, Harley Quinn non piange, Harley Quinn ride e sorride, proprio come le aveva insegnato Puddin’.

Ma c’erano dei momenti bui in cui Harley non riusciva proprio a sorridere. C’erano dei momenti in cui la speranza si occultava e il timore che Joker fosse morto sul serio in quell’aeromobile la soffocava, togliendole quel poco di lucidità che era rimasto nel suo inconscio, quel poco di Harleen Quinzel vagante in lei.

“Non può essere morto, vero Harleen?” domandava alla sua alter ego, che reputava molto più affidabile di lei. E la risposta che immaginava nelle sua testa, ripeteva sempre la stessa parola: No.

No, non poteva essere morto.

Non Joker.

Non il suo Puddin’.

Non ora che l’aveva finalmente accettata, non ora che avevano trovato un loro equilibrio, tanto strambo quanto idilliaco, fatto di notti insonni, bravate e lunghi riposini pomeridiani.

Quanto le mancava dormire accanto a lui alle quattro del pomeriggio, e se anche Joker era sempre girato sul fianco opposto e aveva una pistola calibro 22 tra le coperte di pelliccia, era come un sogno averlo vicino. A lei bastava allungare una mano e sfiorargli la schiena per sentirsi subito felice, per sentirsi a casa. Mentre adesso…

No, non poteva essere morto. È il Joker di Gotham! Anche i suoi nuovi amici gliel’avevano ricordato…

-Ci vuole ben altro che un incidente aereo per far fuori il tuo amico- le aveva sussurrato Deadshot, impietosito -Sai quante volte gli ho sparato, io? Oramai ho perso il conto… Nah, Harley, quelli come lui non tirano le cuoia così facilmente-

Perfino Capitan Boomerang aveva trovato una parola di conforto…

-Non ti offro una birra solo perché il tuo ragazzo è un autentico psicopatico…Potrebbe essere anche qui, dietro quel cespuglio…- le aveva detto, guardandosi intorno con fare sospettoso -Se è morto però chiamami, Pinky vorrebbe tanto vederti nuda!-

E anche El Diablo, nel suo mutismo protratto, era riuscito a dirle qualcosa di carino…

-Il cane bastardo è vivo. Ci scommetto un tatuaggio-

 

Harley sorrise allietata, aveva conosciuto degli amici davvero fantastici! A Puddin’, continuò a pensare, sarebbero sicuramente piaciuti.

Ciò non toglieva, comunque, che la possibilità che fosse sopravvissuto in quell’incidente aereo era una su un milione. Harley aveva visto l’aereo schiantarsi contro un palazzo e prendere fuoco, l’aveva visto con i suoi occhi, solo un miracolo avrebbe potuto salvare il suo Puddin’….

 

 

 

Joker faticava a respirare, non sentiva più le gambe e la sua vista era appannata a causa del fumo. Cercò di sollevare con tutta la forza che aveva i resti di quel veicolo che lo tenevano dolorosamente imprigionato, ma il loro peso era esagerato e lui, da sdraiato com’era, non riusciva a dare il meglio di sé. Ringhiò e non demorse, l’aereo caduto era in fiamme e nel giro di pochi secondi sarebbe esploso. Non poteva morire così banalmente!

Cercò di nuovo di liberarsi, e proprio quando arrivò a perdere ogni speranza, si sentì afferrare da due braccia grosse e possenti, che lo trascinarono fuori da quella carcassa di ferro elettrico. Cadde poco lontano da loro un pezzo di ala arroventata, ma chi lo stava trasportando con così tanta forza sembrava non temere il pericolo. L’aria pulita aiutò Joker ad affilare lo sguardo e malgrado il dolore nelle membra, riconobbe subito il suo salvatore: mantello nero, spalle larghissime, due metri di altezza. Fece un sorriso genuino.

-L’eroe è venuto a salvare… La principessina in pericolo…- esclamò faticosamente, con la voce arrochita -Cominciavo a temere… Che non saresti venuto-

-Taci, sciagura dell’umanità- gli rispose Batman, duramente -Non farmi cambiare idea-

-Ammettilo, Batsy, non puoi fare a meno di me-

-Sto solo ricambiando il favore. Una vita per una vita, dopo saremo pari-

Joker capì, il Cavaliere Oscuro si riferiva a quella volta in cui lui lo aveva risparmiato. In realtà il super criminale aveva esitato a sparargli solo perché voleva realizzare la sua brama più grande, ossia spogliarlo della maschera e scoprire finalmente la sua vera identità. Non chiedeva altro, ucciderlo era l’ultimo dei suoi pensieri.

Intanto, con un boato, l’aereo esplose del tutto. Batman si fermò e si protesse sotto il suo mantello, fatto di uno speciale materiale anti proiettile e resistente al fuoco, e senza volerlo riparò anche il criminale che giaceva tramortito sotto di lui. Il suo indebolimento fisico non gli impedì comunque di allungare le mani e di afferrargli a tradimento la maschera da pipistrello, col proposito di sfilargliela via. Batman si difese e gli scagliò un pugno ben assestato nel viso, facendogli sbattere la testa al suolo. Ma malgrado tutto il dolore, il criminale iniziò a ridere.

-Accidenti, Batboy- ridacchiò Joker, col volto bruciato e tumefatto -Scommetto che sarebbe più facile toglierti le mutande-

-Ma perché non vi ho lasciato morire là dentro…-

-Vi?-

Joker sentì un gemito di dolore alla sua sinistra. Il supereroe aveva trascinato in salvo anche Jonny Frost, precedentemente alla guida del mezzo. Costui si trovava accasciato per terra, in gravi condizioni.

-Porta Jonny in ospedale- gli ordinò il clown, e poi aggiunse con un ghigno -Mio eroe-

-No feccia, porto te all’inferno, dove meriti di stare: all’Arkham Asylum, in una cella grande quanto una noce- poi accennò un sorriso -E stai certo che questa volta sceglierò io la tua psichiatra, e la sceglierò bene-

-Questa però è una minaccia- gli disse il criminale, atterrito dall’idea di trovarsi davanti una befana con i baffi.

-Puoi dirlo forte-

-Amico… Se ora porti via me, un uomo morirà- insistette Joker, riferendosi a Frost -Vuoi davvero avere una vita umana sulla tua illibata coscienza? Pensi di riuscire a sopportarne il peso?-

-Se è per risparmiarne altre mille, sì-

-No, Batsy, no, no, no… Io sono venuto in pace, voglio solo riavere indietro il mio zuccherino. È una richiesta lecita-

Ma Batman non lo ascoltò neanche e, continuando a tenerlo ben stretto, digitò un tasto per mettersi direttamente in contatto con la centrale.

- Gordon, ho preso Joker. Raduna le forze speciali-

Il clown fece una smorfia, quante volte aveva sentito il Cavaliere Oscuro pronunciare quella frase? E ora ritornare all’Arkham senza Gaggy, Jonny o una deliziosa psichiatra da sedurre poteva diventare un serio problema.

-Batsy, andiamo, sono uscito due mesi fa- lo supplicò, mentre l’altro dava le coordinate del luogo in cui si trovavano.

-È anche troppo tempo di libertà- gli disse, per poi concludere compiaciuto -Puddin’-

Joker gli mostrò i denti rabbiosamente, sentendo per la prima volta qualcosa molto simile all’imbarazzo.

-D’accordo, pipistrello, ma sappi che sarò mooooolto arrabbiato con te quando uscirò-

-Sto tremando di paura- gli rispose Batman con aspra ironia, senza nemmeno guardarlo. Osservava Jonny Forst, sdraiato in una pozza di sangue che diventava sempre più grande. L’istinto di prenderlo e portarlo subito in salvo era forte e pungente.

-Ascolta, non lo capisci che in questa battaglia siamo dalla stessa parte?-  continuò Joker, agitato -Vogliamo entrambi porre fine a questa follia della Squadra Suicida, io per un motivo e tu per un altro. Hai idea di che cosa potrebbero fare quelle belle personcine se unissero SUL SERIO le loro forze? Diventerebbero imbattili e di Gotham non resterebbe che un misero mucchietto di polvere e calcinacci…-

-E allora che cosa proponi di fare, Joker?- sbottò Batman, guardandolo dall’alto come se fosse la più misera delle creature -Di combattere insieme? Hai davvero il coraggio di concepire una cosa del genere?-

Il clown ridacchiò -No, caro, solo di lasciarmi fare. Lasciami andare e mi occuperò io in persona dei Suicidi. Parola di scout-

-A-aiutami…- esalò Jonny Frost verso il supereroe, interrompendoli -Ti prego, aiutami-

-Fidati del tuo vecchio amico, Batsy, non hai altra scelta- continuò subdolamente il clown -Loro sono in troppi e scommetto che da quando il tuo collega Superman è morto, il lavoro per te si è triplicato, vero?

-Non ho bisogno di te, Joker- esclamò Batman senza esitazioni, liberandolo bruscamente dalla sua stretta -Ma non voglio lasciar morire il tuo amico. Riprenditi presto, perché non appena avrò fermato quel gruppo di scalmanati, verrò a cercare te. Parola di scout-

 

 

 

 

-Signoore guaaaardieee? Potrei avere un po’ di zucchero per il caffè?- gridò l’arlecchina, con il naso rivolto all’insù -Il caffè è buono, ma senza zucchero mi sembra un po’ amaro…- Harley sorrise e si guardò intorno, ma come sempre nessuno la degnò di una risposta -No, è? Va be’, non importa! Amici come prima-

Ma in quella cella non c’era anima viva, non un suono, non un sospiro, niente. Solo due guardie lontane e costantemente girate di spalle.

La ragazza si morse il labbro, la solitudine l’opprimeva, le veniva da piangere. Ormai sospirava in continuazione e insieme ai sospiri esalava parte delle sue speranze. Si sedette quindi sulla branda a gambe incrociate e riprese in mano il romanzo rosa. Lesse tre pagine, la scrittura era scorrevole ma il contenuto era talmente pieno di cliché è banalità che persino a lei risultava insipido. Dopotutto, fino a pochi mesi prima leggeva riviste scientifiche, quotidiani e trattati di medicina psichiatrica… Il suo cervello, per quanto martoriato, continuava a essere molto più istruito della media. Cosa avrebbe dato per un bel manuale di anatomia! Almeno lì c’erano le figure.

-Beh, forse è arrivato il momento di bere un bel caffè!- esclamò vivacemente -Chi di voi maschietti vuole bere un caffè con Harley? Non siate timidi, non lo dirò a Puddin’!-

Ma dato che nessuno le rispondeva, la ragazza fece un bel sospiro e si avvicinò nuovamente alla macchinetta, premendo il pulsante d’avvio. Il liquido nero e caldo cominciò a fluire copiosamente da due beccucci, lasciando un leggero strato di schiuma sulla tazzina. Harley lo guardò incantata, calma e senza pensare a niente, ma proprio in quell’istante un boato fece letteralmente esplodere il muro alla sua sinistra.

Harley gridò e trasalì, guardando scossa un gruppo di soldati in divisa riversarsi a cascata dentro la prigione. Spararono contro i loro colleghi senza alcuna esitazione e imbracciavano armi da fuoco che non erano certo permesse nell’istituto penitenziario: fucili di precisione, mitragliatori, bazooka… Harley si protesse gli occhi con un braccio, uno di loro aveva addirittura un’enorme ruota elettrica, che utilizzò per segare la porta blindata della sua prigione, provocando una marea di scintille.

I casi erano due, pensò la ragazza, tesa. O erano venuti a salvarla, o erano venuti a ucciderla e la seconda ipotesi era molto più plausibile della prima.

Poi i soldati si fecero subito da parte per far passare un uomo. All’apparenza era come loro, vestito sempre da guardia penitenziaria con il viso completamente coperto da un casco, ma la sua figura era diversa dalle altre, incuteva un certo timore, era strano a dirsi.

Costui entrò dentro alla cella ed esitò un momento a guardare la reclusa e Harley lo ricambiò, spalancando gli occhi. Il suo cuore iniziò a galoppare, le sue gambe a tremare e la testa a girare.

L’avrebbe riconosciuto fra mille.

Joker si tolse la visiera e le sorrise, incredulo lui stesso di averla finalmente ritrovata.

-PUDDIN!- gridò Harley senza fiato, lanciandosi contro di lui per abbracciarlo, senza poter credere ai suoi occhi.

-Torniamo a casa- le sussurrò, stringendola possessivamente, talmente forte da farle male. Mai l’aveva abbracciata così, l’ultima volta che era successo era stato nella cisterna d’acido, quando lui l’aveva afferrata e sorretta forte per riportarla in superficie. I baci fra loro erano sempre stati frequenti, ma l’abbraccio no… Quello era off limits. Era un gesto troppo affettuoso, implicava una condivisione d’amore troppo alta per gli standard del clown.

-Ti amo tanto, Puddin’- sussurrò Harley sull’orlo delle lacrime, baciandolo disperatamente. Si scambiarono un bacio senza sincronia, le loro bocche si muovevano alla cieca senza attendere la reazione dell’altra, spinte da un bisogno ignorato per troppo tempo.

-Puddin’ sapevo che non eri morto!- esultò colma di gioia, stritolandolo tra le sue braccia -Puddin,Puddin,Puddiiiin!-

-Così però mi rompi le costole, Pumpkin pie-

-Scusa- gli rispose lei, troppo felice per sentirsi imbarazzata.

-Ora andiamocene da qui… Ti ricordi quella pelliccia d’orso? È ancora là che ci sta aspettando, ma prima, c’è una cosa che devo darti-

Tirò fuori dalla divisa rubata il girocollo di pelle bianca con la scritta “PUDDIN” e glielo allacciò sul collo.

-Ecco, molto meglio-

-Come hai fatto a trovarmi?- gli domandò lei, continuando ad aderire sul suo corpo per la paura che sparisse nel nulla. Lui la guardò negli occhi e le fece un sorriso d’argento.

-Anch'io trovo sempre ciò che amo, Harley Quinn-

 

 

 

 

_________________________

 

 

 

 

Qualche tempo dopo…

 

 

-Signorino Bruce, ha sentito cosa è successo in Europa?-

Batman si voltò verso Alfred Pennyworth, il suo fedele maggiordomo tuttofare.

-No, cosa è successo?- gli rispose con tono preoccupato, interrompendo il suo rigoroso allenamento quotidiano. Non era da Alfred presentarsi nella sua palestra alle prime luci dell’alba… Qualunque cosa fosse, doveva essere grave.

-Si tratta della Gioconda di Leonardo da Vinci, signore- iniziò il maggiordomo, guardandolo di sottecchi -Pare che sia scomparsa nel nulla-

Bruce strabuzzò lo sguardo -Che cosa!?-

-Sì, davvero sconvolgente. Tra qualche ora i notiziari ci informeranno meglio, ma secondo la procura di Parigi si è trattato di un furto epocale, congegnato da menti criminali esperte. Pensi che hanno trafugato il dipinto senza nemmeno scassinare il portone di ingresso-

-Emozionante. Sono certo che la Gendarmerie risolverà la questione- esclamò Batman, con l’intento di chiudere il discorso.

-Ergo? Non intende intervenire in soccorso di Parigi?-

-Ma certo che no- gli rispose l’altro con tono scontroso, appendendosi di nuovo agli anelli ginnici -Alfred, non posso occuparmi anche dei ladri d’oltre oceano. Sorvegliare il perimetro di Gotham è già un lavoro più che sufficiente per una persona sola… E tu lo sai bene. Ci penseranno gli eroi europei-

-Oh, che sbadato. Confidiamo pure nell’intervento sollecito di Zorro e di Harry Potter- gli rispose con quel suo tipico, sottile sarcasmo -Mi sembra un’ottima politica di sopravvivenza-

Bruce sorrise, mentre due grosse gocce di sudore gli scivolarono sul viso -Zorro comunque sarebbe californiano…-

-Oh, avrei giurato che fosse spagnolo. Beh, è una ragione in più per adoperarsi in soccorso dell’Europa, signorino-

Batman temporeggiò. Ci mancava solo che Alfred si mettesse a fare il grillo parlante, come se Bruce non si instillasse già abbastanza sensi di colpa da solo.

-E Joker? E Poison Ivy? E Harley Quinn? Chi penserà a loro mentre sarò via?-

-Ho come il sospetto che non ce ne sarà bisogno…-

-Che vuoi dire?-

-Nulla, signore, sono solo un povero maggiordomo che cerca di essere utile al suo committente- esclamò con innocenza -Ma non posso fare a meno di notare che il furto di Parigi è stato una mirabile opera criminosa, degna di un vero professionista. Ci pensi, chi può essere così folle da credere di poter rubare il quadro più custodito del mondo e di riuscire perfino nell’impresa?-

Batman si lasciò cadere a terra, fece un sospiro, chiuse gli occhi e imprecò mentalmente.

-Alfred…-

Il maggiordomo gli sorrise -Vado a preparare il Batcottero?-

-Vai-  concordò il più giovane, con il brio di un condannato a morte -Partenza prevista per oggi alle undici-

Il maggiordomo fece un compiaciuto cenno d’assenso e lasciò il suo povero e indaffarato supereroe.

Poi, come colto da un’illuminazione indefinibile, Bruce prese il suo accessoriatissimo smart phone e guardò nella casella delle mail. Come immaginava, c’era una missiva non letta, firmata ‘utente sconosciuto’. La aprì e nel display comparve a tutto schermo una foto che ritraeva due sorridenti Joker e Harley Quinn, che stringevano bramosamente l’opera d’arte più famosa del mondo. Sotto la didascalia in verde acido recitava una frase per nulla confortante.

 

…E se le facessimo i baffi? :)

 

 

Che razza di idioti” pensò Bruce, ma lo fece sorridendo.

 

 

 

 







 

Note
 
*Nessun dipinto Leonardesco è stato maltrattato durante la realizzazione di questo capitolo*
 
Eheh, ciao ragazzi! ;)
Quindi eccoci qui, siamo arrivati alla fine… Spero che l’epilogo vi sia piaciuto, come avete notato abbiamo fatto un bel salto temporale e siamo finiti direttamente alla fine del film ‘Suicide Squad’. Spero che come idea vi sia piaciuta e che non abbia deluso le vostre importanti aspettative... Vi dirò, la mia idea dell'epilogo era diversa, originariamente dovevano comparire tutti i 'Suicidi' e Harley doveva pregare Joker di aiutarla a farli evadere una volta rincontratolo, però alla fine ho preferito accentuare la loro storia d'amore, che è poi il fulcro di questa storia.
Niente, se devo tirare le somme di questa storia, posso ritenermi soddisfatta, ma non tanto per la storia in sé, che comunque revisionerò per bene (anzi, vi chiedo umilmente scusa ora per tutti gli errori/orrori/distrazioni che avete notato nei capitoli precedenti) ma per le attenzioni, davvero incredibili, e per l’incoraggiamento che mi avete dimostrato malgrado i miei insopportabili ritardi e difetti. Davvero, probabilmente non sarei arrivata fino qui senza il vostro supporto, e per questo voglio ringraziare chi mi ha seguito dall’inizio alla fine, e in particolare
 
hera85
The Mystic
dolcetta_forever
Sitter

Ma anche…

Gessi199512
Rabù darkevil
Bella Riddle51
 
E poi a a tutti voi, presenti o silenziosi, che mi avete accompagnato, GRAZIE!
Un bacione a tutti,
 
Ecate


 
   
 
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