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Autore: Chiara32    15/09/2017    0 recensioni
Questa storia parlerà di un uomo che dopo la morte dei suoi genitori di un amore falso ricomincia quasi a vivere da single.
In un'altra parte della città una donna che fa il medico e le piace il suo lavoro un giorno le loro vite si uniscono e si incontrano senza sapere che la loro vita verrà segnata proprio in quei pochi minuti passati insieme.
Passeranno momenti difficili, ci saranno equivoci e inoltre capiranno che il loro amore sta nascendo dal nulla.
Ma proprio quando lui cerca di avere un’altra possibilità scopre che lei ha avuto un incidente, entrata in coma cerca di dirle quello che non ha potuto dire prima e poi…
Genere: Sentimentale, Sovrannaturale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Sovrannaturale
Capitoli:
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Capitolo 1
 
 
Edward stava facendo il suo solito giro pomeridiano intorno al parco, i suoi passi  erano molto  veloci e riecheggiavano nel silenzio di quel luogo vuoto e
così misterioso.
Era  una splendida  giornata di settembre e l’autunno si stava già inoltrando, infatti, le prime foglie avevano già cominciato a cadere ricoprendo tutti i lati delle strade dandone un’immagine  quasi pittoresca.
Tutte le strade che percorreva erano piene di sfumature, di bambini che continuavano a giocare a pallone mentre le bambine giocavano ad essere anche loro, piccole madri con i neonati nel passeggino e chi cercava di calmarli.
Era fortunato ad abitare lì vicino, poteva passare ogni giorno assaporando la qualità della vita, i bambini che correvano nei prati, gli adolescenti che uscivano da scuola, gli anziani che passeggiavano nel parco con il loro bastone.
Non aveva mai odiato queste cose, da bambino ricordava che anche lui giocava felice e che crescendo aveva scoperto quale cosa straordinaria era il cambiamento,
come diventare ragazzo senza chiedere il perché, ma soltanto, viverla come un compito facile da affrontare.
Adulto e consapevole, delle sue scelte seguiva il suo cammino senza guardarsi mai indietro, oltrepassando ogni ostacolo insofferente dei suoi studi  universitari.
Era fiero di aver intrapreso questa strada e niente lo avrebbe fermato, tranne alcune insidie velenose che facevano parte della vita che amava.
Non sapeva che qualcosa stava capitando alla sua famiglia, ma  una sorpresa lo attendeva dietro l’angolo colpendo le persone a cui teneva di più.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                           Ricordava ancora sua madre ammalata nel suo letto, il viso non più giovane pieno
di dolore, la fronte sudata e le sue mani come ogni altra parte del suo corpo orribilmente pallida come un lenzuolo ormai logoro.
Le labbra spaccate in una smorfia di sofferenza, e la voce sempre più bassa e profonda che metteva paura oltre che malinconia..
Suo padre dopo un anno morì  di depressione, non solo per il disagio e la solitudine che gli attanagliava  il respiro, ma perché non poteva più vivere senza di lei.
Concluse edward che l’amore non era un sentimento da poco, era assai forte e complicato allo stesso tempo, a suo parere, che poteva cambiare la vita rendendola
piena di sorrisi, di  tristezza e anche tragicamente vuota e aspra.
Il dio aveva creato il mondo per mettere alla prova tutti e quelli che si sentivano buoni e amavano tutto della vita sembravano chiamati per raggiungere il loro
nuovo mondo dove potevano vivere in armonia ed essere se stessi.             
Quel pomeriggio era tornato a casa prima del solito e non capiva perché fosse
 così stanco, può darsi che era il ricordare sua madre e suo padre a causargli
quello strano malessere che lo faceva sentire stanco di tutto.
Per dimenticare quel brutto periodo si era gettato in una storia che credeva fosse inequivocabile ma amaramente scoprì quanto nutriva di giorno in giorno una cosa che non c’era.
Si rese conto subito di rimembrare cose passate, così decise di darci un taglio e di pensare unicamente a se stesso e al suo caro presente.
Trattenne un sospiro, tutto sbiadiva ai suoi occhi e  pensare spesso a Jenny,
con quel viso ipocrita e quegli occhi che pensava  fossero sinceri, risvegliavano
in lui la voglia di cancellare quel rapporto, pieno di bugie.
Convinto e straziato, non si perdonava per essere stato uno sciocco ad aver condiviso la perdita dei suoi genitori con una persona che non conosceva abbastanza.
Non lo confortava, rievocava  solitamente dubbi che lo tenevano per giorni ad odiarsi per la sua inutile sensibilità.
Nella mente si offuscava  ogni piccolo ricordo di lei e ciò gli permise di tornare a
sognare su nuovi avvenimenti lavorativi e naturalmente amorosi.
Non vedeva l’ora di farsi una doccia  calda, a questo punto, si spogliò e messosi l’accappatoio si ricordò che l’acqua non c’era a causa di un guasto temporaneo.
Nulla funzionava di quello che aveva, anch’essa gli rendeva la vita impossibile,
in una casa piena di ogni occorrenza era strano che non funzionasse.
Nonostante le continue richieste che aveva fatto per telefono, ancora nessuno gli aveva  fatto visita ed era stanco di continuare a lavarsi a casa di amici.
Stufo ed esausto, raggiunse  di corsa il corridoio che portava al salotto  dove su di
un tavolino accanto al divano color crema, c’era un l’elenco del telefono.
Con calma  sfogliò quelle pagine rileggendo per bene tutto quello che vi era dentro, fin quando trovò il numero dell’idraulico.
Il telefono si mise a squillare mentre  lui s’immaginava già sotto l’acqua  che gli scorreva addosso scivolandogli da parte a parte.
Qualcuno rispose e la voce femminile dall’accento maturo lo riportò alla realtà.
La sua voce si tranquillizzò e  dopo  che quella signora gentile ebbe appuntato il suo nome e l’indirizzo su di un foglio davanti a lei, lo salutò con un sorriso e riagganciò.
Capitava a volte che s’incantava dinnanzi ai vari oggetti posti sugli scaffali
e riconosceva che vi era ordine ed eleganza.
Chiunque entrato sarebbe rimasto sorpreso che un uomo adulto e in carriera avesse tempo a disposizione anche per esporre in quel modo splendido statuette e porcellane di ciascun genere dipinte a mano che appartenevano a sua madre e di suo padre non vi era rimasto che  un  vecchio fermacarte nella stanza accanto sulla scrivania e un libro sull’ecologia e sugli ambienti.                
Si rabbuiò, bastava ben poco per riportarlo nel proprio buco nero in cui vi cadeva,  senza alcun appiglio sprofondando senza più una  fissa meta.
Edward attese a lungo in accappatoio, per un momento pensò che sarebbe venuta una donna, ma sicuramente si sbagliava.
Non ragionava più come un tempo, pochi mesi fa avrebbe preannunciato il futuro
ma ora i suoi pensieri erano speranze senza luce.
In poche parole, non si avveravano, la fortuna gli aveva voltato le spalle levando
fino all’ultimo residuo del suo passato quand’era felice.       
Suonarono alla porta e con un balzo si precipitò, con calma girò la maniglia e
 il suo sguardo si posò in basso.
Le scarpe erano da uomo, salì ancora a guardare e il suo volto cambiò del tutto espressione, era certamente un uomo, non poteva essere altro.
Si scansò per farlo passare e dopo un sospiro d’assenso, chiuse lentamente la
porta deluso.
Si sedette sul divano e di lì a poco si addormentò, si vedeva da lontano che aveva bisogno di riposo e di un bel bagno rilassante.
Senza immaginare quali pensieri aveva in testa, quali ricordi gli stavano dando il tormento, ma lui faceva solo il suo lavoro e quindi non si preoccupava vedendo
la favolosa casa in cui abitava.
Dopo un paio d’ore, si sentì scuotere e al risveglio davanti ai suoi occhi vide l’idraulico che gli sorrideva e ancora assonnato anche lui rispose con un sorriso.
Raccolse le sue cose  e uscì di casa  lasciandogli il conto su un piccolo tavolo nell’ingresso e dopo un ultimo cenno sparì  dietro la porta ormai chiusa.
Eddy  era ancora  seduto, appoggiato allo schienale tenendo le braccia
incrociate sul petto, che cosa aveva sognato?
Questa era una domanda alla quale non si poteva rispondere, non si ricordava
che cosa aveva visto, ma era certo che non rappresentava nulla bi buono.
Si decise a controllare che tutto fosse a posto nel bagno, girò piano la manopola  della doccia e quasi si sorprese a sentire l’acqua  che scendeva  bagnandogli le dita.
Tolse l’accappatoio ormai convinto e lo poggiò al muro entrando così nella doccia.
S’insaponò il petto liscio e abbronzato e  mentre gli scendeva l’acqua sul viso
stava sorridendo, qualunque cosa lo avesse spaventato poco fa, l’acqua che
bagnava il suo corpo lo rendeva  felice.
Bagnato e  fresco si rimise indosso l’accappatoio  e andò in camera, dove il suo
 letto sembrava attirarlo verso di sé.
Si sdraiò senza pensarci due volte, stranamente quel bagno aveva avuto su di lui anche il potere di dargli la serenità che desiderava  e di farlo sentire a suo agio anche nella sua grande casa da solo.
Dopo essersi  voltato verso il muro cadde in un sonno più profondo.
I suoi occhi nocciola  si aprirono e nel alzarsi  si passò una mano tra i folti
capelli neri.
La stanza era buia e difficilmente si poteva vedere  bene, ma niente gli faceva paura,   tranne alcuni oggetti della sua camera da letto che accennavano qualche movimento.
Ogni tanto si guardava attorno  e percepiva altri rumori che poi stranamente
tornavano al silenzio.
Si allontanò dal letto e ad ogni singolo passo cercava di stare attento, poteva
cadere inciampando in qualcosa perché quei rumori  erano proprio lì, come se fossero unicamente, accanto a lui.      
Arrivò al piano di sotto, in cucina dove qualcosa ancora si muoveva, scrutò nel vuoto, di nuovo in cerca  del rumore e subito capì da dove proveniva.
Fissò  in lontananza  l’anta  di  un armadietto  che si aprì piano e continuandolo
ad  osservare ad un tratto cominciò a sbattere  sempre più forte finché si fermò
di colpo.      
Si avvicinò con cautela, con decisione  aprì  del tutto l’armadietto e non vide
nulla, ma bastò qualche secondo per distrarsi  e senza sospettare il benché minimo movimento quella cosa  gli saltò addosso graffiandolo al petto e facendolo urlare  come un pazzo.
Non riuscì a liberarsi di quella cosa finché non si accorse che egli era un animale, preso coraggio e guardò in faccia il suo aggressore, assomigliava ad un gatto nero, era grande come una tigre e in più, cosa fondamentale, aveva  gli occhi scarlatti
come il sangue.
Lo colpì parecchie  volte  senza causargli nessuna ferita mentre invece quel gatto
lo graffiava in pieno petto, mentre cercava  qualcosa da tirargli, l’animale si allontanò per poco e prendendo la rincorsa fece un salto su di lui e  gli diede un gran morso alla spalla  inducendolo ad urlare, più di prima.
Indebolito e straziato, quell’essere lo acchiappò scaraventandolo su di un tavolo di marmo rosso dove vi erano posti dei bicchieri.
Atterrato di botto, si ritrovò a soffrire ancora di più, quei pezzi di vetro si erano incastrati nelle ferite.
Quell’animale aveva cominciato a muoverlo su e giù per fargli sentire ogni pezzo di vetro rotto sotto la sua schiena.
In quel modo poté notare dietro di lui  qualcosa con la coda dell’occhio,  che luccicava grazie alla luna,  che mandava alcuni raggi di luce.
Era un coltello, cercò di allungarsi all’indietro come poteva e nel momento che fu
ben saldo nella sua mano glielo conficcò  nel petto e con un calcio  lo spinse via attendendo la sua eventuale  mossa.
Il gatto dagli occhi  spaventosi  emise un grido ma non di dolore, arrabbiato e
ferito piegò il muso in una smorfia ridendo e sparì  dietro il muro vicino a
pochi passi da lui.
Eddy non capì  cos’era successo realmente, ma nel muoversi  sanguinò dalla
spalla  e tutto gli fu quasi  chiaro perché era debole e stava soffrendo per il dolore.
Faceva fatica a mettere a fuoco e nel giro  di un attimo cadde sul pavimento della cucina dove svenne.
Era ancora a terra, si era svegliato da poco  e cercava di alzare il braccio dove portava l’orologio nuovo, era passata solo mezz’ora e non  poteva rimanere
seduto  sulle mattonelle fredde.
La temperatura era scesa e stranamente fu sorpreso nel sentire freddo, tanto da coprirsi con le proprie braccia e salire  le scale il più  presto possibile.
Poco prima di  tornare a letto, pensò  per un attimo di medicarsi  la spalla e non avendo cerotti adatti alla ferita si mise intorno una garza.
Dopo averla chiusa  si posò sul letto programmando che il giorno seguente sarebbe andato da un dottore.
Si strinse addosso alla coperta, dopo di che ritrovò la pace e il silenzio totale.
Per la prima volta nella sua vita ebbe paura, anche l’aria che respirava era ghiacciata come si sentiva lui anche se era  pienamente avvolto in un plaid.

 
   
 
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