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Autore: Signorina Granger    15/09/2017    6 recensioni
[Raccolta di OS dedicate ai protagonisti di "Act II"]
Lavoro, amore, famiglia, amici... dopo essersi Diplomati ci sono molte cose che li aspettano, un'intera vita da vivere.
Ma forse godersela non sarà così semplice, dovendo fare i conti con la prima guerra magica.
Genere: Fluff, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maghi fanfiction interattive
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra, Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Magisterium '
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Eltanin & Aiden          
 

 
Eltanin Black IMG_4929 e Aiden Burke IMG_4931




Quando si svegliò, la prima cosa che Eltanin Black fece fu rigirarsi su un fianco sul materasso per lanciare un’occhiata alla sveglia che teneva sul comodino, rendendosi conto con disappunto che non era affatto mattina, ma notte fonda. 

Eppure lei non si svegliava mai nel cuore della notte. 
Ci mise solo pochi secondi ad individuare ciò che aveva interrotto il suo sonno, ossia un lieve rumore di passi fuori dalla sua camera, nel corridoio. Ed era abbastanza sicura di essersi svegliata perché aveva sentito qualcosa cadere poco prima. 

Di norma si sarebbe girata dall’altra parte e avrebbe continuato a dormire, ma quella sera era praticamente da sola in casa, visto che suo padre molto probabilmente era ancora fuori e anche i suoi fratelli. E da qualche tempo stare tranquilli era diventato sempre più difficile. 

Scostò le coperte, alzandosi dal letto senza far rumore e allungando una mano verso il comodino per prendere la sua bacchetta prima di avvicinarsi alla porta, aprendola silenziosamente. 
La ragazza si guardò intorno prima di uscire nel corridoio, seguendo la direzione dei passi che aveva sentito poco prima, avvicinandosi così alle scale. 

L’ex Corvonero si sporse leggermente oltre la ringhiera per vedere se ci fosse qualcuno sulle scale, ma non scorgendo nessuno si affrettò a scendere il più piano possibile, tendendo le orecchie per sentire anche il minimo rumore.   
Mentre scendeva i gradini si disse che forse non era una grande idea, che magari avrebbe dovuto andare a controllare in camera di sua madre… forse era solo suo padre che era tornato a casa, ma quello non era decisamente il suo passo. 
 
Scorgendo distintamente una lieve luce in un corridoio Eltanin esitò, non sapendo cosa fare prima di avvicinarsi al muro e maledicendo mentalmente i suoi fratelli: proprio quella sera dovevano essere fuori? Se ci fossero stati sarebbe già corsa in camera di Elnath per implorarlo di andare a controllare se ci fosse qualcuno in casa per poi incollarglisi addosso peggio di un koala con la sua mamma. 
  
Andiamo El, non fare la fifona!  
  

La giovane strega, sentendo che i passi si stavano avvicinando proprio nella sua direzione, respirò profondamente prima di sporgersi con la bacchetta in una mano e nell’altra il pesante candeliere d’argento che aveva appena preso dalla cassettiera lì accanto.  

Fortunatamente prima di scagliare un qualche incantesimo realizzò CHI si stesse trovando davanti, incontrando così la familiare espressione scettica di sua madre, che le stava davanti con le braccia conserte, in vestaglia e la bacchetta in mano:

“Avevi intenzione di tramortire il Mangiamorte che pensavi fossi con un candeliere, El?” 
“MAMMA? Che ci fai in giro alle tre, mi hai spaventata!” 

Eltanin sospirò, abbassando immediatamente il braccio mentre la madre sbuffava, prendendole il candeliere dalle mani per metterlo a posto:

“Io? Tu stavi per uccidermi, come la mettiamo? Perché ti sei alzata?” 
“Ti ho sentita… E tu? Perché sei ancora in giro a quest’ora? Stai aspettando papà alzata, vero?” 
 
Le labbra di Eltanin si inclinarono in un sorriso, parlando quasi con aria divertita mentre invece la madre rimase impassibile, limitandosi ad osservarla con aria annoiata:
   
“No, volevo bere un bicchiere d’acqua.” 
“Hai sempre la brocca sul comodino, bugiarda.” 

“Non parlare così a tua madre! Vai a letto.” 
“Mamma non sono più una bambina, ho diciannove anni!” 
“Vai a letto comunque.” 
 
Di fronte al tono fermo e leggermente seccato della madre Eltanin roteò gli occhi, annuendo prima di sorriderle di nuovo, sapendo che non avrebbe mai ammesso che non dormiva quasi per niente da quando il padre aveva cominciato a fare il doppio dei turni notturni.  
 
“Va bene… salutami papà, visto che sappiamo tutte e due che lo aspetti sempre sveglia perché non riesci a dormire quando è fuori.” 
“Sposati un Auror, poi ne riparliamo.”   

“Sì, lo capisco, Markus è ancora all’Accademia ma Berenike già si preoccupa…” 
“El, vai a dormire!”  



*

 
 Maggio 1972

  
Aiden Burke si guardava intorno con aria quasi annoiata, chiedendosi quanto ci sarebbe voluto per cominciare: i matrimoni erano sempre estremamente lunghi, quando poi si trattava di quelli tra due Purosangue si prolungavano parecchio visto il gran numero di invitati. 
La cerimonia doveva ancora iniziare ma gli invitati avevano già preso posto sulle sedie bianche disposte sul prato, sotto alla grandissima tenda bianca che occupava una buona porzione del parco della residenza.  

Gli occhi chiari di Aiden si posarono sullo sposo, già fermo davanti all’altare, e poi sul ragazzo biondo che gli stava accanto e con cui stava parlando, suo “cognato” Elnath.
Edward Shafiq stava per sposarsi, eppure aveva solo tre anni più di lui, 23… del resto però quasi tutti nella loro società si sposavano molto presto. Specialmente in quel periodo. 
 
Sentendo una voce decisamente familiare il ragazzo si voltò, sorridendo quasi senza volerlo nel scorgere una ragazza dai capelli scuri e con un vestito color corallo addosso camminare sul tappeto bianco che di lì a poco sarebbe stato attraversato da sua sorella, dispensando sorrisi e saluti a destra e a sinistra tra gli invitati.  
Eltanin si era fermata un paio di file più indietro per salutare le cugine Berenike e Libra con i rispettivi fidanzati, ma quando lo vide gli sorrise, congedandosi per raggiungerlo e prendere posto accanto a lui, in prima fila.  
 
“Eccoti… Sei riuscito a trovare il tuo posto in mezzo a questa miriade di sedie, complimenti.”  
“Lascia perdere, stavo per dare vita ad una rissa con quella rompiscatole dell’organizzatrice, che non credeva che il posto fosse in prima fila, dove si siede la famiglia.” 

“Ma tu sei praticamente di famiglia! Lei hai detto che stai con me?” 
“Certo, ma non ci voleva credere! Lasciamo perdere… sei bellissima, comunque. Tua sorella è nervosa?” 

“No, felicissima… mio padre invece negli ultimi due giorni si aggira per casa come in trance, mormorando cose come “la mia bambina si sposa” ogni volta in cui mette gli occhi su Elly.”   

Eltanin si strinse nelle spalle, facendo sorridere il fidanzato. 
Poco dopo i due vennero raggiunti anche dalla madre della ragazza, che prese posto accanto alla figlia minore. 
  
“Ciao mamma! Avete risolto il problema del velo?” 
“Sì, e abbiamo anche trovato i petali che Selene deve spargere… Ora forse potrò mettermi comoda e rilassarmi, organizzare questo matrimonio è stato più stressante dei mesi di gravidanza, in pratica.” 

“Non me ne parlare mamma, siamo piani di matrimoni… Oggi si sposa Elly, a Settembre si sposano Libra e Robert e a Giugno dell’anno prossimo Elnath e Danae!” 

Aiden sgranò gli occhi quasi con orrore al pensiero di tutti i lunghissimi matrimoni che lo aspettavano in futuro vista la grande quantità di cugine che la fidanzata aveva. Matrimoni in cui avrebbe dovuto sentirsi porre la domanda “E voi, quando vi sposerete?” almeno cento volte. 


“Ti sei scordata di Bella e Rodolphus Lestrange!” 
 
Oh no
 
“Hai ragione! E se ci dessimo malate?”  
“Potremmo farlo!” 
“Ma sì, tanto quei due si sposano per convenienza, non gliene fregherà niente se manchiamo!” 

“Signora Black, io mi aggrego alla sua idea!”  


*


Un anno dopo


Eltanin entrò in casa praticamente di corsa, con un enorme sorriso stampato sul volto e rischiando quasi di travolgere l’elfa che era andata ad accoglierla:

“Nelly! Dov’è mia madre?” 
“In Sala da Pranzo signorina Eltanin…” 

“Grazie!” 

La ragazza superò l’elfa, così felice che forse si sarebbe anche fermata per abbracciarla se non avesse avuto tanta fretta di trovare sua madre.

Elizabeth era effettivamente nella sala da pranzo più piccola che usavano tutti i giorni, seduta al grande tavolo di mogano in compagnia di Electra, che sfoggiava un considerevole pancione, e di Danae Rosier. 

“Ragazze! Scusate il ritardo…” 
“Ah, eccoti… stiamo scegliendo i fiori, ci dai un parere?”  

Elizabeth si voltò, rivolgendo un’occhiata curiosa alla figlia minore mentre la ragazza annuiva senza smettere di sorridere, quasi saltellando sul posto:
  
“Certo… e presto dovrete darmene uno anche voi!” 

Le tre ammutolirono simultaneamente, guardandola senza proferire parola… o almeno finché Eltanin sollevò la mano sinistra, mostrandola a madre, sorella e futura cognata:

“Mi ha chiesto di sposarlo!” 


*

 
Settembre 1973


“Se avessi saputo che nel giro di un anno e mezzo tutti i miei ragazzi si sarebbero sposati… Non mi sembra vero.” 

Eltanin sorrise mentre abbracciava sua madre, vestita, truccata e pettinata e pronta per sposarsi. 

“Neanche a me mamma.” 
“Liz, ti stai per caso commuovendo?” 

“Stai zitto Altair! Dev’essere la mia allergia al polline.” 
“Abbiamo festeggiato tre mesi fa le Nozze d’Argento e non ti ho mai sentito accennare ad una qualche allergia, in 25 anni.” 

Altair roteò gli occhi, guadagnandosi un’occhiata torva da parte della moglie mentre scioglieva l’abbraccio con la figlia, sorridendole prima di rivolgersi alla nipote che era in piedi accanto a loro:

“Ok Selene… sei pronta?”  
“Certo zia! Ormai sono esperta.”  
 
“Non hai tutti i torti, è la quinta volta in due anni… tieni i tuoi petali.” 

Lizzy sorrise alla nipotina di otto anni, porgendole il piccolo cestino mentre la bambina sorrideva, dicendo ad Eltanin quanto fosse bella mentre Elnath, che teneva la piccola Alhena in braccio, si rivolgeva nervosamente alla sorella gemella, in piedi accanto a lui:

“Ehm… Elly, credo che voglia la sua mamma, è un po’ nervosa.” 
“Ok, dammela.” 

Electra annuì, facendogli cenno di passarle la figlia di quattro mesi per poi sorridere teneramente alla bambina mentre Eltanin si lisciava le pieghe della gonna, sorridendo:

“Ok, possiamo andare… mamma, Nath, andate pure a sedervi… papà, sei pronto?” 
“A vedere anche la mia terza figlia che si sposa? Onestamente non penso proprio, ma non ho molta scelta. Sei felice?” 

“Tantissimo.” 
“Allora va bene così. Ti voglio bene.” 

Altair sorrise alla figlia più piccola per poi chinarsi e darle un bacio sulla fronte mentre El sorrideva a sua volta prendendolo sottobraccio, guardandolo con affetto:

“Anche io.” 


*


“Eltanin, hai iniziato a prepararti tre ore fa. Quanto ci vuole ancora?”   

Il numero delle feste a cui aveva preso parte negli ultimi anni, da quando aveva finito di studiare ad Hogwarts, era decisamente calato rispetto a quanto era stato abituato in precedenza… sembrava che con l’arrivo della guerra pochi avessero voglia di festeggiare, ma non se ne faceva un cruccio, anzi, era quasi felice di dover prendere parte a quegli eventi solo per festività o qualche fidanzamento.  

Aiden si fermò sulla soglia della camera da letto deserta, la giacca del completo in mano mentre sentiva la moglie rispondergli dal bagno:

“Sono quasi pronta, lo sai che è un processo lungo… mi dovevo lavare i capelli, sistemare le unghie, fare la maschera… e soprattutto scegliere cosa mettere.” 
“Forse se avessi meno vestiti sarebbe più semplice…” 

Il borbottio di Aiden non sembrò arrivare alle orecchie di Eltanin, o in alternativa la ragazza decise di ignorarla mentre metteva finalmente piede fuori dal bagno con un vestito blu addosso:

“Avevo pensato di mettere questo, non l’ho ancora mai indossato, ma ora che ce l’ho addosso so per certo che cosa mi dirai.” 

La Corvonero rivolse un’occhiata scettica al marito, intuendo cosa stesse per dire vedendolo sgranare gli occhi, osservando il suo vestito con sincero disappunto:

“Vuoi metterti questo? Ma non morirai di freddo con la scollatura sulla schiena? E quella davanti? E lo spacco?” 
“Ecco, appunto… ho capito, vado a mettermi quello color argento.” 

Eltanin roteò gli occhi e fece per girare sui tacchi e andare a cambiarsi, ma fu costretta a fermarsi quando Aiden la prese per un braccio, rivolgendole un lieve sorrisetto:

“Buona idea, ma aspetta… ti do’ una mano a toglierlo.” 


*

  

Aiden Burke teneva gli occhi fissi su un punto della parete che aveva davanti, seduto su una sedia nel bel mezzo del corridoio, a pochi metri dalla porta che conduceva alla sua camera da letto. 
Teneva le mani intrecciate, tormentandosi leggermente le dita mentre sedeva leggermente incurvato, la schiena protesa in avanti di qualche centimetro mentre aspettava, in silenzio. 
 

Solo sentendo delle voci e dei passi affrettati il pozionista alzò lo sguardo, provando un po’ di sollievo vedendo i suoceri. 

“È in camera?” 
“Sì, ma non so se la faranno entrare, Signora Black…” 

Elizabeth non sembrò prestare caso alle parole del genero, puntando dritta alla porta della camera per bussare con leggera impazienza, aprendola senza nemmeno aspettare una risposta anche se la protesta da parte del medimago non tardò ad arrivare:

“Signora, preferirei che non ci fosse un pubblico mentre visito i pazienti!” 
“Sono sua madre, e dopo 20 ore di travaglio per farla nascere sa quanto me ne può fregare delle sue preferenze?” 

La porta si richiuse con uno scatto alle spalle di Lizzy, mentre Altair invece si fermava di fronte ad Aiden, restando in piedi e appoggiandosi al muro:

“Che cos’ha?” 

“Non lo so. È da un paio di giorni che non sta bene.” 

Aiden scosse leggermente il capo, sospirando rumorosamente mentre si rimetteva dritto sulla sedia, appoggiando la testa contro la parete mentre aspettava. Non sapeva di preciso da quanto fosse seduto lì, ma gli sembrava che il medico fosse arrivato da un’eternità. 

Per diversi minuti il silenzio calò nuovamente nel corridoio, mentre sia Altair che Aiden stavano in silenzio ad aspettare che qualcuno uscisse dalla camera per portare qualche notizia, possibilmente buona.  
 
Le preghiere dei due vennero esaudite quando la porta si aprì ed Elizabeth uscì dalla camera, rivolgendo un sorriso a trentadue denti al marito:

“Aiden, penso che tu possa entrare adesso. Altair, andiamo a casa.” 
“Adesso? Voglio vedere El prima! Come sta?”
“La vedrai domani, ora si deve riposare… e deve parlare con Aiden. Su, muoviti.” 
 
La donna rivolse al marito un’occhiata eloquente mentre lo prendeva sottobraccio, affrettandosi a salutare Aiden prima di allontanarsi, trascinandosi appresso un Altair sempre più confuso:

“Lizzy, ti senti bene? Perché sorridi così?” 
“E me lo chiedi? Finalmente una buona notizia in un periodo del genere… diventerò nonna per la terza volta! Anzi, quarta, perché anche Danae è incinta!” 

“Quattro nipoti a 49 anni, credo sia una specie di record…” 


*


Dopo aver ricevuto un flebile invito ad entrare Berenike Black in Fawley aprì la porta, rivolgendo un piccolo sorriso alla ragazza che la guardava di rimando, seduta sul suo letto sotto le coperte. 

“Ehy… Come stai?” 
“Sono stata anche meglio. Spero davvero che tu te la stia passando meglio di me.” 

Eltanin piegò le labbra in una smorfia, mettendosi più dritta contro la pila di cuscini che Aiden le aveva sistemato poche ore prima mentre la cugina le si avvicinava, sorridendole mentre sedeva davanti a lei, sul materasso:
 
“Sono stata male anche io, all’inizio… passerà, vedrai.” 
“Ti prego, sappiamo tutte e due che non è normale stare così, non a questo punto.” 
 
Eltanin scosse leggermente il capo, incupendosi leggermente mentre la cugina la osservava con occhio critico, studiandone il volto pallido:

“Perché a parte il pancione sembri quasi dimagrita anziché ingrassata? El, mangi?” 
“No. Se mangio poi sto peggio, va così da quasi cinque mesi. Persino bere acqua mi dà la nausea… e non ne posso più di stare a letto, ma non riesco a fare niente! Mi vengono le vertigini anche solo se mi alzo in piedi.” 
 
Eltanin sospirò, incrociando le braccia al petto e sprofondando nei cuscini mentre ripensava alla costante preoccupazione con cui i suoi fratelli, i genitori e soprattutto Aiden la guardavano e trattavano. Non lo sopportava davvero più, ma disgraziatamente mancavano ancora due lunghissimi mesi al parto. 

“Immagino che capiti, a volte. Ma non preoccuparti, sono sicura che andrà tutto bene.” 
“Lo spero.” 

“So a cosa stai pensando, El… ti ricordi quanto fossi terrorizzata quando ho scoperto di essere incinta? Volevo avere figli, certo, ma non facevo che pensare a mia madre. Ma poi Libra, Markus, tua madre e soprattutto TU mi avete convinta che non deve andare così per forza… forse sono ancora un po’ preoccupata, ma non certo come nelle prime settimane. E ti assicuro, Eltanin, che tra qualche settimana avrai il tuo bambino e starai di nuovo benissimo.” 

Berenike sorrise, allungando una mano per prendere quella della cugina e stringerla, guadagnandosi un lieve sorriso da parte della mora:

“Grazie.” 


*


“Perché ci vuole così tanto?” 
 
Elnath Black, incapace di restare seduto per più di cinque secondi di fila, continuava a fare avanti e indietro per il salotto dove si era radunata parte della sua famiglia, tenendo tra le braccia la nipotina di ormai un anno e mezzo.  
Quando Electra era comparsa al Dipartimento per avvertirli lui e il padre stavano lavorando, ma non ci avevano pensato un attimo a lasciare tutto di punto in bianco per precipitarsi a casa di Eltanin e di Aiden, dove ad aspettarli avevano trovato Lizzy. 
 
“Nath, è il parto, ci vuole un po’ di tempo! Danae come sta, invece?” 
“Bene, ma le ho detto di restare a casa con Enif.” 

Elnath continuò a misurare la stanza, come stava facendo da quasi cinque ore, mentre il silenzio tornava ad avvolgere i presenti, mentre Lizzy e Altair erano seduti vicini su un divanetto e, di fronte a loro, Aiden era vicino a sua sorella, in silenzio e con lo sguardo quasi vacuo. Aveva anche provato ad entrare in realtà, ma era stato mandato fuori subito dopo… anche se, da quello che aveva potuto capire, il travaglio non stava andando propriamente benissimo per la moglie. 
 
“Andrà tutto bene, vedrai.” 

Kayla sorrise al fratello, appoggiandogli una mano sulla spalla ma senza ottenere una risposta visto che Aiden si limitò ad annuire distrattamente, continuando a tenere le mani premute contro le labbra, i gomiti appoggiati sulle ginocchia.



Quando si sentirono dei passi tutti i presenti alzarono lo sguardo, trovandosi davanti una Berenike sorridente:

“Allora?” 
“Potete cominciare a sorridere… è un maschio. O almeno, uno dei due lo è.” 

“Uno dei due?” 
Aiden guardò la rossa quasi con gli occhi fuori dalle orbite, ma la ragazza si limitò a sorridere, annuendo prima di girare sui tacchi e tornare dalla cugina, che era in compagnia di Electra e dei medici. 

“Due? Beh, congratulazioni.”   Kayla sorrise, dando una leggera pacca sulla spalla del fratello che invece non disse niente, ancora leggermente stralunato dalla notizia.  




“Aiden? Puoi venire, se vuoi.” 
 
Electra comparve sulla soglia della stanza circa mezz’ora dopo, sorridendo al cognato e invitandolo con un cenno a raggiungere la sorella nella loro camera per poi annunciare alla famiglia che il secondo bambino era una femmina. 

E mentre reagirono tutti con gioia alla notizia Lizzy e Altair sgranarono gli occhi quasi con orrore, mentre la Tassorosso si metteva praticamente le mani nei capelli:

Merlino, due gemelli…” 
“Un maschio e una femmina…” 
“Non di nuovo…” 
“Cosa abbiamo fatto di male?” 





“Come stai?”
Aiden si fermò sulla soglia della camera, gli occhi verdi fissi su Eltanin, che gli rivolse un lieve sorriso mentre teneva un bambino tra le braccia, e accanto a lei, Berenike l’altro. 

“Meglio, adesso.” 
Il Serpeverde si avvicinò al letto quasi con leggera titubanza, restando in piedi e sbirciando i due bambini mentre alle sue spalle Electra sorrideva, suggerendo alla cugina di lasciarli soli. Prima di uscire dalla stanza Berenike gli mise la bambina tra le braccia, sorridendogli prima di strizzargli l’occhio e seguire la cugina, chiudendosi la porta alle spalle. 
 
“Direi che questo proprio non l’avevamo previsto.” 

Eltanin rise leggermente, annuendo alle parole del marito mentre Aiden sedeva sul materasso accanto a lei, sfiorando con un dito le minuscole mani della bambina:

“Beh, avevamo deciso un nome da femmina e uno da maschio, no? Così possiamo usarli tutti e due. Ciao Alexander.” 
 
Eltanin sorrise, lasciando un bacio sulla fronte del figlio mentre Aiden sorrideva, appoggiando il capo contro il suo:

“Sono felice che tu stia bene, ho passato le ultime settimane praticamente in agonia visto che sei stata malissimo per tutta la gravidanza.” 
“Lo so, anche io. Ma come puoi vedere stiamo tutti bene, a quanto pare ci vuole ben altro per togliermi di mezzo che due bambini.” 


*


“Mi stavo chiedendo dove fossi sparito… Che cosa ci fai qui?” 

“Sto guardando il vostro albero genealogico… è davvero impressionante.” 

Eltanin sorrise appena, attraversando la stanza per raggiungere il marito e prenderlo sottobraccio, appoggiando il capo contro la sua spalla:

“Diciamo che siamo in tanti.” 
“Le bruciature sono le persone che sono state ripudiate, suppongo. Perché Cedrella Black è stata cancellata dall’albero?” 

“Mia madre mi ha detto che ha sposato un Weasley… la mia famiglia non l’ha presa bene, pare. Quanto ad Andromeda… beh, già lo sai.” 
Eltanin si strinse leggermente nelle spalle, lanciando un’occhiata quasi malinconica alla bruciatura riportata sopra al nome della cugina, ripensando all’ultima volta in cui l’aveva vista, anni prima. 
 
“Vieni di sotto? Elaine reclama la tua presenza per giocare a cavalluccio.” 
“Ma ho mal di schiena da quante volte mi ha usato da trasportino!” 
“E tu dille di no!” 
“È tua figlia, secondo te ci riesco? Te lo dico io, no.” 
 
“Lo so, ed è molto divertente vederti rincretinirti quando ti chiama “papino”.” 

Eltanin rise ma il marito non la imitò, borbottando che lui non si rincretiniva affatto mentre uscivano insieme dalla stanza per tornare dalla famiglia della ragazza.
 

*

“Non sei felice, quindi.” 
“No. Lo sono, solo che… forse non è sicuro, ci hai pensato?” 

Aiden inarcò un sopracciglio, guardando la moglie seduta di fronte a lui con leggera preoccupazione, ma Eltanin sembrò non farci caso, scuotendo il capo:

“Forse, ma non mi interessa.” 
“A me sì. El, quando hai avuto i gemelli i medici hanno detto che avresti potuto avere altri figli, ma che visto quanto sei stata male per praticamente otto mesi su nove non sarebbe stato per niente sicuro per te.” 
“Me lo ricordo, ma non deve andare male per forza, magari questa volta starò meglio!” 

“Non lo puoi sapere. Forse dovremmo… hanno detto che forse dovremmo prendere in considerazione l’idea di interrompere…” 

Eltanin non lo lasciò finire, alzandosi per poi parlare con tono fermo, allontanandosi dal tavolo:
“Io non interrompo un bel niente, scordatelo. Avrò questo bambino Aiden Burke, hai la mia parola.” 
“Credi che io non lo voglia? Lo dico perché non ti voglio perdere!” 
 
Aiden si alzò a sua volta e a quelle parole Eltanin si fermò, sorridendogli leggermente mentre gli prendeva il viso tra le mani, guardandolo quasi con cipiglio intenerito:

“Lo so. E infatti non mi perderai.” 
“Perché devi essere sempre così testarda?” 
“Sono nata così, fattene una ragione… ma mi ami lo stesso, no?” 


*

 
Seduta su una poltrona nel soggiorno, Eltanin Black in Burke stava leggendo la posta in tutta tranquillità, mentre Alexander ed Elaine giocavano davanti a lei, sul tappeto. 
Se tre anni anni prima non aveva fatto i salti di gioia quando aveva dovuto smettere di lavorare con largo anticipo a causa della sua precaria situazione, con quel terzo figlio le cose sembravano destinate ad andare meglio, tanto che aveva continuato a lavorare fino a poco meno di tre mesi prima… e quando era a casa era ben felice di occuparsi dei gemelli, forse stare qualche settimana lontana dalla sua scrivania dove scriveva articoli su articoli non le avrebbe fatto male. 

Aprì per prima la lettera che le era appena arrivata da sua cugina Libra, leggendo le pochissime parole che la ragazza ci aveva scarabocchiato sopra con evidente fretta prima di sbarrare gli occhi e parlare a voce molto alta per farsi sentire dal marito:

“AIDEN! Vieni qui, subito!” 
“Cosa c’è mamy?” 

Elaine distolse lo sguardo dal suo puzzle per rivolgersi alla madre, guardandola con curiosità mentre Eltanin invece sorrise, lasciando le lettere sul tavolino sistemato accanto alla poltrona. 

“Ragazzi, adesso andiamo a trovare la zia Berenike, ok? Probabilmente ci saranno anche la nonna, il nonno e gli altri zii.” 
 
La strega fece per alzarsi e si trattenne dall’imprecare davanti ai figli quando si rese conto che non ci riusciva a causa del pancione.

“Ecco, non sono neanche capace di alzarmi adesso, non vedo l’ora che nasca… AIDEN, MUOVITI!”
“Sono qui! È successo qualcosa?” 

Aiden comparve sulla soglia della stanza quasi con il fiatone, come se avesse corso, mentre la moglie annuì, rispondendo con fare sbrigativo:

“Sì, si sono rotte le acque!” 
“Cosa? Ma El, è troppo presto, manca un mese!” 

“Non a me, a Berenike! Coraggio, andiamo… e dammi una mano, questa poltrona sprofonda troppo!” 

Aiden roteò gli occhi, avvicinandosi alla moglie per prenderle una mano e aiutarla ad alzarsi, guardandola prendere Elaine per mano subito dopo per uscire dalla stanza.  

Lui invece raccolse Alexander dal pavimento, prendendo in braccio il bambino di tre anni e mezzo prima di seguire moglie e figlia:

“Papà, cosa vuol dire che l’acqua si è rotta?” 
“Te lo spiego un’altra volta Alex… su, andiamo.” 


*


“Io davvero non comprendo come tu abbia fatto a perdere Adhara. Come si fa a perdere una bambina che neanche cammina, di cinque mesi, in casa propria?” 

Aiden Burke sbuffò sonoramente mentre, inginocchiato accanto al suo letto, sollevava il bordo del piumone per controllare che la bambina non si fosse intrufolata sotto al letto mentre la voce di Eltanin arrivava alle sue orecchie dalla stanza accanto:
 
“Ma l’hai vista gattonare? È velocissima, una cosa assurda! Mi giro e lei è già sparita!” 
“Sei un caso perso. Mai avrei pensato di tornare dal lavoro e dover cercare una bambina di cinque mesi.” 

Aiden si rimise in piedi per uscire dalla stanza, percorrendo il corridoio per raggiungere le scale quando incrociò Elaine, che teneva il suo orso polare di peluche – più grande di lei – sottobraccio e che sorrise allegramente al padre:

“Papy, state giocando a nascondino?” 
“Sì. La mamma non riesce a trovare tua sorella… mi dai una mano a trovarla?” 
“Va bene! Io vado di qua, sono bravissima in questo gioco!” 

 
La bambina sorrise prima di girare sui tacchi e allontanarsi lungo il corridoio, mentre il padre roteava gli occhi:

“El, finirà che nostra figlia di quattro anni la troverà prima di noi.” 
“Beh, allora invece di far prendere aria alla bocca cercala! Io vado a destra, tu a sinistra.” 
 

Quando, pochi minuti dopo, Aiden si fermò davanti ad un corridoio sorrise nel vedere una bambina avvolta in un piccolo body, con i capelli castani spettinati e il ciuccio in bocca che gattonava sul pavimento liscio e freddo, apparentemente incurante di essersi allontanata dai genitori.

“Eccoti qui… la mamma ha ragione, sei un fulmine… ma per oggi hai fatto l’esploratrice abbastanza, non pensi?” 
Aiden fece per raggiungere la bambina e prenderla in braccio, ma questa vedendolo rise e invece di avvicinarsi al padre si girò e si diede bellamente alla fuga, continuando a gattonare come se nulla fosse.

“Ma dove pensi di andare? Adhara, vieni qui!”


*


Alexander Altair Burke Image and video hosting by TinyPic  Elaine Elizabeth Burke  Image and video hosting by TinyPic  Adhara Calliope Burke  Image and video hosting by TinyPic  Enif Electra Black  Image and video hosting by TinyPic   Mira Eltanin Black  Image and video hosting by TinyPic
 Alhena Shafiq Image and video hosting by TinyPic   Caleb Shafiq  Image and video hosting by TinyPic   Diadema Shafiq Image and video hosting by TinyPic


1978



“Solo io trovo che sia strano?” 
“Strano? Scioccante!” 
“Dite che sia successo qualcosa? È pressoché irriconoscibile!” 
“Direi, non l’avevamo mai vista così!” 
“Forse ha sbattuto la testa da qualche parte… dovremmo chiedere a papà, magari.” 


Elnath, Electra ed Eltanin Black erano in piedi, fermi uno accanto all’altro sulla soglia del grande salotto dove loro, per anni, avevano passato interi pomeriggi a giocare quando erano piccoli. Ormai si ritrovavano a guardare i loro figli giocare in quella stanza, ma in particolare i tre fratelli si stavano concentrando sulla madre, che era seduta sul divano con Adhara in braccio, impegnata a sorridere ai nipoti come probabilmente mai l’avevano vista fare. 
 
“Di cosa state parlando?” 

Sentendo la voce del padre i tre si voltarono verso l’uomo, che teneva il nipote Caleb di tre anni per mano, Diadema di uno in braccio mentre Elaine di quattro gli stava vicino, stringendogli un lembo dei pantaloni con una mano.

“Della mamma! L’hai vista?” 
“Vivo con lei da diversi anni quindi oserei dire di sì.” 
“Ma non ti sembra strana? Guardala! Sorride, ha gli occhi a cuoricino, dispensa baci e carezze a destra e a sinistra…” 

“Rilassatevi, è l’effetto che le fanno i bambini, quando eravate piccoli era uguale.” 
“Davvero? Elly, tu ti ricordi?” 

“Affatto. Ma forse perché ci sgridava molto spesso perché combinavano macelli dalla mattina alla sera.” 

Electra sorrise, stringendosi nelle spalle mentre Elaine si rivolgeva al nonno, sollevando entrambe le braccia nella sua direzione:

“Nonno, anche io voglio stare in braccio!” 
“Anche io!” 

“Di questo passo la mia schiena cederà ben prima dei sessant’anni… vieni tesoro.” 

Altair si chinò, prendendo in braccio anche Elaine, che sorrise con aria soddisfatta mentre il cugino invece si rivolse alla zia, sfoggiando un largo sorriso:

“Zia?” 
“Ti prendo in braccio io, tesoro.” 

Eltanin sorrise a Caleb prima di sollevarlo, dandogli un bacio su una guancia mentre a qualche metro di distanza Enif, Mira e Alhena litigavano per chi dovesse stare in braccio alla nonna: 

“Nonna, perché tieni sempre Adhara?” 
“Mira, lei è piccola, non sa camminare, per questo la teniamo sempre in braccio.” 

“Ma anche noi vogliamo stare in braccio!” 

“Il nonno sarà ben felice di coccolarvi tutte, fanciulle.” 

Lizzy piegò le labbra in un sorriso, continuando a solleticare distrattamente i piedi di Adhara mentre le tre bambine si rivolgevano al nonno, sfoggiando tre enormi sorrisi prima di corrergli incontro. 

“Nonno, ci leggi una storia?” 
“Nonno, mi tieni in braccio?” 
“Giochiamo a prendere il thè?” 

“Oddio, altre tre… Lizzy, grazie tante!” 
“Ma tesoro, non prendertela con me, sei tu che dici sempre che le donne non sanno resisterti… ora sei pieno di donne che ti reclamano!” 


*


“A che cosa serve?” 

Alexander continuò a rigirarsi tra le piccole mano l’orologio che vedeva sempre al polso del nonno e che, pochi minuti prima, gli aveva chiesto di poter vedere. 
L’Auror, seduto accanto a lui sulla sua sedia, nel suo ufficio, sorrise al bambino, sporgendosi leggermente per indicargli i numeri sul quadrante:

“Serve per capire che ore sono.” 
“E come si fa?” 
“Magari la prossima volta in cui vieni a trovarmi te lo insegno.”

Alexander annuì prima di abbassare nuovamente gli occhi sull’orologio d’oro bianco, girandolo e sfiorando con le dita le tre lettere incise sul retro del quadrante.

“A, A, B. Cosa vuol dire?” 
“Sono le mie iniziali… e anche le tue, in effetti. Me lo ha regalato la nonna, ma quando sarai più grande potrai averlo tu.” 

Alexander alzò nuovamente lo sguardo, indirizzando un sorriso al nonno che invece allungò una mano per spettinargli i lisci capelli biondo cenere mentre la porta dell’ufficio si apriva e Eltanin compariva sulla soglia, sorridendo a padre e figlio:

“Ciao… grazie per averlo tenuto papà. Elaine è stata con Aiden, ma di lasciarli tutti e due da lui non me la sono sentita, ho il terrore che possano ingerire per sbaglio chissà quale intruglio.” 
“Io ormai sono abituato con i marmocchi El, c’è da capirlo… Ciao ometto, ci vediamo domenica. Elaine, non mi vieni a salutare?” 

La bambina non se lo fece ripetere due volte, sorridendo per poi avvicinarsi al nonno e abbracciarlo, sottolineando di aver visto il padre preparare un sacco di intrugli fino a poco prima. 

“Davvero? La prossima volta vieni a lavorare con me invece che con papà? Mi devi fare da assistente!” 
“Va bene!” 
“Anche io voglio farlo!” 

“Papà, se proprio ci tieni te li lascio qui anche tutti i giorni, nessun problema…” 
“Ora non esagerare, signorina…” 


*

 
1998




“Papà?” 
Aiden Burke distolse lo sguardo dal giornale dove, per la prima volta dopo molto tempo, erano riportate delle buone notizie, per concentrarsi sulla figlia che era in piedi sulla soglia della stanza, gli occhi fissi su di lui:

“Sí?”
“Come sta la mamma?” 
“Va avanti, come tutti.” 

“È ancora lì?” 
“Penso di sì.” 

Aiden annuì, ripiegando il giornale e facendo cenno alla figlia di avvicinarsi. Elaine non se lo fece ripetere due volte, andando a sedersi accanto a lui sul divano e appoggiando la testa sulla sua spalla, parlando a bassa voce:

“Secondo te è arrabbiata con me?” 
“Certo che no… tesoro, tua madre ti adora. È a pezzi per lo zio, ma se fossi morta tu lo sarebbe stata ancora di più, non farti certe idee… è solo un po’ difficile per lei, ultimamente.” 

Aiden si sforzò di sorridere alla figlia, accarezzandole i capelli e guardandola annuire leggermente. 

“La mamma ti vuole bene. E anche lo zio te ne voleva.” 



Ci sono giorni in cui sei circondato da tanta gente, ma ti senti comunque tremendamente solo



Non sapeva perché fosse lì, in piedi davanti a quella lapide per l’ennesima volta.
Fissarla per ore non lo riporterà indietro, Eltanin

Suo marito aveva ragione, ne era consapevole, ma non poteva fare a meno di andare lì. Stare davanti a quel pezzo di pietra conficcato malamente nel terreno, davanti a lui. 

Eltanin respirò profondamente, ricacciando indietro le lacrime.
Aiden le aveva detto più volte di smettere di andare lì, in quella specie di cimitero improvvisato per le vittime della battaglia del 2 Maggio ad Hogwarts, ma non lo aveva ancora ascoltato. 

Forse avrebbe dovuto stare con la sua famiglia, che stava soffrendo al suo stesso modo. Eppure, non aveva ancora visto i suoi genitori dal funerale, non era mai andata a trovarli in quelle settimane. 
 Era piena di persone che l’amavano, eppure si era completamente chiusa dietro un muro. 


“Ciao.” 
Eltanin si voltò, incontrando così lo sguardo di sua sorella Electra, in piedi ad un paio di metri da lei. 

“Ciao.” 
Electra si avvicinò di qualche passo, abbassano lo sguardo per posarlo sulla lapide senza dire niente per qualche istante. Non aveva più visto nemmeno sua sorella, anche se forse era stato stupido visto che era l’unica a capire come si sentisse.

“È strano, vero? Pensare che se ne sia andato per sempre.” 
“Molto. Tu come stai?” 
“Mi manca.” 

Electra si strinse nelle spalle, parlando a bassa voce mentre un lieve sorriso carico di amarezza le increspava il volto, osservando il nome del gemello inciso sulla pietra. 

“Anche a me.” 



Tutto quello che vuoi è andare a casa, nel conforto della tua famiglia


Lo sentì sedersi accanto a lei ma non ci fece molto caso, continuando a tenere gli occhi fissi sulla finestra, osservando il giardino dove anni prima aveva guardato i figli giocare. 

“Tutto bene?” 
“Sì.” 

Annuì distrattamente, sentendo la mano del marito sfiorarle la sua ma non accennò a distogliere lo sguardo, completamente persa in ricordi ormai sfuocati nella sua mente. 

“Sai, ero assolutamente convinta che me ne sarei andata per prima tra noi. Prima di te, ma soprattutto ben prima dei ragazzi. Le persone vengono a dirti che la vita è piena di cose inaspettate, magari anche di debolezze. Forse una proprio qui, vicino al cuore… e ti spiegano che semplicemente non c’è nessuna spiegazione, che è così, che è la vita e basta. E che un giorno mi addormenterò e semplicemente non mi sveglierò mai più. Ma nessuno viene a spiegarti perché ti ritrovi a dover seppellire tuo figlio che dovrebbe andarsene ben dopo di te. Nessuno viene a spiegarti che cosa devi fare, a quel punto.” 

“Non c’è un manuale, Liz. Ognuno reagisce a modo suo… Non abbiamo ancora visto El dal funerale, credo che non abbia visto nemmeno Elly. E Aiden dice che va lì tutti i giorni.” 
“Lo facevo anche io. Quando mia madre è morta. Vorrei vederla, ma forse bisogna dare a tutti il tempo di cui necessitano.” 



Ma a volte neanche la tua famiglia riesce a darti conforto… perché viene fuori che anche loro hanno avuto uno di quei giorni 



“Non riesco a spiegarlo. Un fratello non è come un genitore, non è un amico e nemmeno un partner, dovrebbe essere l’unica persona che ti sta vicino dall’inizio, fino alla fine. Ma a volte se ne va troppo presto.” 
“Troppo.” 

Eltanin annuì leggermente, parlando con un filo di voce e continuando a fissare il nome del fratello mentre accanto a lei Electra faceva lo stesso. Erano in piedi, vicine, ma senza toccarsi. 

“Io e lui… lo sai, facevamo tutto insieme. Quando eravamo piccoli eravamo insperabili, ad Hogwarts siamo stati smistati nella stessa Casa, abbiamo studiato insieme all”Accademia… abbiamo lavorato insieme. Anche quando le nostre strade si sono divise, eravamo ancora insieme, in un certo senso. Sempre, ogni giorno. E pensare che non ci sia più… è come se avessi perso una metà, una metà fondamentale.” 

“Lo so. Come se non potessi più essere la stessa.”   
Eltanin annuì, asciugandosi la singola lacrima che le stava rigando una guancia mentre la sorella si voltava verso di lei, sorridendole:

“La mamma dice che solo gli stupidi nascondono il dolore. Il lutto è la prova che hai amato.”
“Ironico visto che la mamma non piange mai e fatica ad esternare quello che prova.” 
“Dovresti conoscerla abbastanza da aver capito che non le piace essere così. Che vorrebbe dirci più spesso quanto ci vuole bene, a noi e a papà.” 

“Forse… dovremmo andare da loro. Forse hanno bisogno di noi adesso.” 

Eltanin tentennò, parlando con un filo di voce mentre la sorella maggiore imbeve annuì, sorridendo appena:

“Oppure siamo noi ad aver bisogno di loro. Andiamo… E smettila di venire qui, Aiden me lo ha detto.” 

Electra prese la sorella sottobraccio, che sbuffò e borbottò qualcosa sul fatto che Aiden a volte esagerasse mentre la maggiore le sorrideva, camminando sul prato, in mezzo alle lapidi accattaste l’una sull’altra 

“Non ti ho ancora chiesto scusa.” 
“Per che cosa?” 
“Per averti chiusa nello sgabuzzino quando avevi tre anni… forse la tua claustrofobia è colpa nostra.” 
“Ma davvero? Non ci avevo mai pensato, tu pensa.” 

“Beh, a nome mio e di Nath… scusa, El.” 


Tutto quello che puoi fare è aspettare che giorni così passino 



Non appena se le era trovate davanti le aveva strette in un duplice abbraccio, stritolandole per poi sorridere alle figlie, facendo loro cenno di seguirlo. 

“Liz? Abbiamo visite.” 

La donna si voltò, esitando nel trovare entrambe le figlie davanti a lei, sulla soglia della stanza. Ma poi, per la prima volta dopo giorni, Elizabeth Black sorrise. Ma Eltanin la imitò, limitandosi a guardarla. 




Risate 
Chiudeva gli occhi, e sentiva le risate. La sua, quella di sua sorella, quella di suo fratello. 
Chiudeva gli occhi, e le sembrava di ricordare il prato in mezzo al quale stava correndo, gli occhi fissi sul bambino che la precedeva. 

Rideva, ma allo stesso tempo era arrabbiata, perché non riusciva a prenderlo. Era più veloce di lei, più grande e più alto. 

“Aspettami!” 
Allungò una mano, ma non riuscì a toccare il fratello, che si girò, sorridendole con aria divertita:

“Sei troppo lenta, piccoletta.” 
“Un giorno sarò più veloce di te, Nath. Di te e di Elly.” 

“Non credo proprio.” 

Si sentì afferrare da dietro e un attimo dopo la bambina era distesa sull’erba, ridendo, ancora. Ridendo perché i fratelli le stavano facendo il solletico.

E vedeva ancora gli occhi dei gemelli, così chiari e così simili, guardarla ridenti. 


“Ragazzi! È pronto, venite dentro!” 

“Arriviamo!” 
Elnath si voltò verso la madre, che li chiamava dalla soglia di casa, per poi rivolgersi di nuovo alla sorellina, sorridendole prima di alzarsi e aiutarla a fare altrettanto. 

“Non sei riuscita a prendermi El, ho vinto io.” 

La bambina sbuffò ma prese comunque sia il fratello che la sorella per mano, camminando sul prato per raggiungere la madre:

“Vinci sempre tu, non è giusto!” 
“Magari un giorno vincerai tu, chissà. Ma sarò sempre il tuo fratellone, più grande e più alto di te.” 



“Ciao mamma.” 

Eltanin sorrise alla madre prima di avvicinarlesi, lasciandosi scivolare accanto a lei sul divano per poi abbracciarla, raggiunta ben presto anche dalla sorella. E alla fine, anche da Altair.

“Scusa se ci ho messo tanto.” 


Così, puoi andare a letto. E sperare di svegliarti in un domani migliore 








…………………………………………………………………………
Angolo Autrice:

Sono riuscita a mettere le mani su una connessione, quindi eccomi qui… ovviamente spero che vi sia piaciuta, la prossima sarà dedicata a Markus e a Berenike, molto probabilmente.

A presto, 
Signorina Granger 





   
 
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