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Autore: Ellery    15/09/2017    1 recensioni
Francia, Marzo 1942 - Un piccolo caccia della Royal Air Force viene abbattuto nella campagna francese, lungo il Fronte Occidentale. Per i due piloti non c'è alcuna speranza: catturati da una brigata tedesca, torturati per informazioni su una importante azione militare degli Alleati. Allo spietato capitano Weilman si contrappone il Maggiore Erwin Smith, altrettanto desideroso di ottenere informazioni; almen fino a che qualcosa non scatterà nella mente del giovane ufficiale, portando alla luce vecchi debiti e promesse.
Aveva cercato in tutti i modi di tenere su l’aereo, tirando al massimo la cloche, sterzando ripetutamente per non costringere il piccolo caccia allo stallo, ma era stato tutto inutile: le ali non riuscivano a catturare correttamente l’aria, trapassate come erano, mentre dal motore usciva una scia di fumo nero.
La ff, a più capitoli, si propone di partecipare alla Challenge AU indetta sul forum da Donnie TZ. Prompt: Historical AU! IIWW = seconda guerra mondiale.
Genere: Guerra, Sentimentale, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Farlan, Church, Hanji, Zoe, Irvin, Smith
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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34. Oltre il fronte
 

Marzo 1942. Territorio occupato, Nord della Francia. Frontiera Repubblica di Vichy.
 

Erwin incespicò in una radice sporgente, imprecando a denti stretti. La gamba sinistra protestò vigorosamente, ma non lo tradì. Allungò una mano, appoggiandosi alla spalla di Mike.
«Ce la fai?» chiese questi, ottenendo in cambio un deciso annuire.

Erano partiti di primo mattino, facendosi accompagnare sino al confine. Armand aveva guidato il camion sino ad un paio di chilometri dal fronte, lasciandoli poi proseguire a piedi. Il sole, da poco sorto, indorava un paesaggio desolato. L’umidità della notte e dei giorni precedenti impregnava ancora il terreno, rendendolo scivoloso. I boschi si erano presto ritirati alle loro spalle: gli alberi, sempre più radi, avevano ceduto il posto ad una brulla campagna, solcata soltanto dai cingoli dei mezzi pesanti, dalle orme degli pneumatici e dei soldati ancora addormentati. In lontananza, si poteva scorgere il fumo delle sigarette che le sentinelle accendevano per scacciare la noia e la solitudine. Poco oltre, i larghi solchi delle trincee, scarsamente attive a quell’ora del mattino.

Avevano indossato le divise naziste, ma più per precauzione che per vera e propria necessità. Nessuno aveva badato loro, ignorandoli come si ignorano gli insetti. Ancora qualche centinaio di metri ed avrebbero passato le linee, ritrovandosi nel territorio della Repubblica di Vichy.

«Appena ti darò il segnale, togliti la giacca e prosegui solo con la camicia. Sentirai un po’ freddo, ma almeno non ti buscherai una pallottola» sussurrò Mike, ma Erwin teneva lo sguardo incollato sull’orizzonte:

«C’è qualcuno.» disse, mentre lo sguardo rimaneva incollato su due figure poco distanti. C’erano dei soldati, seduti su dei massi sporgenti.

Sembrava si stessero dividendo qualcosa. Sigarette, forse? O cioccolata? Vestivano divise completamente diverse: il primo non mostrava più di diciotto, vent’anni; portava l’uniforme tedesca, con il braccio sinistro segnato dalla svastica. Dei corti capelli biondi incorniciavano un viso massiccio, robusto, i cui lineamenti grezzi si perdevano nel collo taurino e nelle spalle forti. Le sue dita stavano indugiando su un involucro di carta azzurrina, mentre il fucile giaceva a terra, quasi dimenticato.
L’altro pareva coetaneo, ma indossava la giubba verdognola dell’esercito americano. Appariva più alto del compagno, con una zazzera castana sfuggente da sotto l’elmetto. Stava rannicchiato, le ginocchia strette al petto e le labbra intente a sgranocchiare qualcosa.

«Cambiamo strada?» Erwin mosse ancora un passo ed un ramo secco si spezzò sotto il suo peso; quel rumore, nel silenzio mattutino, bastò a richiamare l’attenzione dei soldati.

Il biondo sollevò una mano, facendo loro segno di avvicinarsi:
«Da questa parte! Abbiamo del cioccolato.» mormorò in uno stretto tedesco macchiato dall’accento bavarese.

Erwin fece per indietreggiare, ma la robusta mano di Mike lo bloccò:
«Se fuggiamo, penseranno che abbiamo cattive intenzioni e ci inseguiranno o spareranno. È meglio affrontarli, anche se… non capisco. Che ci fanno un soldato tedesco ed uno alleato in piedi a quest’ora?»

«Non lo so.» replicò, lasciandosi accompagnare in direzione dei due. Via via che si avvicinava, scorgeva nuovi dettagli: la bandiera statunitense sulla divisa del moro, la borraccia appesa al suo fianco, la carta delle barrette gettata a terra «Buongiorno.» salutò, infine, quando non fu che a qualche passo di distanza.

«Buongiorno a voi! Accomodatevi. Siete di ronda?»

«Mh, sì…»

«Non vi invidio per niente. Volete del cioccolato? Non fate complimenti, prendete!» il biondo tese una tavoletta, lasciandogli solo il tempo di spezzarne un quadratino, prima di passarla a Mike «Camminate su e giù o avete una meta?»

«Andiamo nella Repubblica.» la voce di Mike irruppe nel discorso, accompagnata da un mezzo sorriso «Facciamo rifornimento di tabacco. Voi fumate? Volete delle sigarette?»

«Volentieri! Un paio di stecche saranno sufficienti» il biondo menò una pacca sulla spalla del compagno «Non capisci una parola di quello che diciamo, vero?» proseguì passando ad un inglese stentato «Ah, Bertholdt. Ti insegnerò a capirci, vedrai. Presentati, suvvia.»

«Guten Morgen. Ich bin Bertholdt.»

«Niente male, eh?» una mano si tese in loro direzione «Sono Reiner e voi?»

«Klaus.» Mike volse l’indice verso il maggiore «E lui è Derek. Sono curioso, però… come mai un soldato tedesco divide cioccolata con un americano?»

«Non vorrete farci rapporto, spero.» il tono di Reiner volse al preoccupato in un istante, schiarendosi poco dopo «In realtà, non ci importa di questa guerra. Ci hanno spedito qui, ma… avevamo entrambi progetti diversi. Sognavamo qualcosa di diverso.»

«Per esempio?»

«Beh, io… ho una famiglia piuttosto numerosa a cui badare. I miei fratelli e sorelle sono ancora piccoli e mia madre è sola. Qualcuno deve pur tirare avanti la baracca, no? Ci sono campi da coltivare, vacche da mandare al pascolo, frutteti da potare e… loro non possono sobbarcarsi un carico simile da soli. Spettava a me occuparmi di tutte queste cose, ma a Gennaio è arrivato l’avviso di arruolamento. Ho sostenuto un breve corso d’addestramento per soldati semplici e poi mi hanno cacciato qui, a marcire tra le trincee.» un altro pezzo di cioccolato sparì tra le labbra «Capisci perché non me ne importa niente? Questo non è ciò di cui abbiamo bisogno. La gente qui muore e basta. Non siamo preparati a sufficienza per tutto ciò. Io sono soltanto un contadino; Bertholdt è un ragazzo di…your city

«Dallas.»

«Di Dallas che vorrebbe aprire un bar e sposare la sua ragazza. Probabilmente, non farà nessuna delle due cose. Probabilmente, creperà qui e Annie si ritroverà ad aspettarlo inutilmente piangendo sulle rare lettere che riusciamo a spedire.» una pausa ed un sorriso incerto «E voi? Da dove venite?»

«Da Berlino, ma non abbiamo storie tanto diverse dalle vostre da raccontare.»

«Capisco. Ci porterete delle sigarette, allora?»

«Faremo il possibile. Whisky ne volete?»

«Certamente! Più roba riesci a portare qui e meglio sarà. Possiamo chiedere a Bertholdt di aiutarvi a passare il confine, che ne dite?»

«Sarebbe un’ottima idea.»

«In cambio di un pacchetto di biscotti alle mele, magari?» Reiner tese la mano e Mike la strinse prontamente:

«Affare fatto.»

 
***
 

Marzo 1942. Repubblica di Vichy. Base Alleata di Limoges.
 

Raggiungere Limoges non fu difficile: Bertholdt li scortò sin oltre le trincee alleate, fermando un camion di soldati diretto alla base. Li fece salire, mentre Mike spiegava all’autista la vera natura del loro viaggio: avevano importanti informazioni per il generale Zackley, da trasmettere con assoluta urgenza. L’uomo li fece accomodare sul retro, stretti tra un nerboruto soldato del Nevada e uno del Texas, che per tutto il viaggio discussero animatamente delle tecniche di coltivazione del mais.

Quando scesero dalla camionetta era da poco passato mezzogiorno. La base era in piena attività: alcuni soldati stavano terminando gli esercizi fisici, altri la manutenzione delle armi ed altri ancora erano giù in fila  per il pranzo. Nessuno badò a loro, finché un uomo anziano non si presentò a Mike:

«Colonnello Pixis, signori.» snocciolò, tendendo loro la mano callosa «Thomas» accennò all’autista, che non si era ancora allontanato dal mezzo «Ha dichiarato che avete importanti informazioni per il generale Zackley. Credo vi potrà ricevere a breve. Chi devo annunciare?»

«Mike Zacharias. Sono già stato qui, in passato. Appartengo ad uno dei gruppi di frontiera della Resistenza Francese.»

«Ah, si. Mi ricordo di voi. Avete anche una compagna, se non vado errando.»

«Nanaba. È mia moglie, sì.»

«Una donna forte, volenterosa; difficile dimenticarsi di una così» il  vecchio imbarcò un sorrisetto malizioso, prima di rivolgersi ad Erwin che, per tutto il tempo, era rimasto in silenzio, osservando quel vivace scambio di battute «E voi?»

«Maggiore Erwin Smith.»

«Il vostro nome non mi suona nuovo. Siete tedesco?»

«Sì. Forse vi ricorderete di Hannut.»

«Fin troppo bene, purtroppo. Rammento di un certo maggiore Smith, in effetti. Siete voi, deduco.»

«Esattamente.»

«Sono indiscreto se vi chiedo cosa siete venuto a fare? Se siete qui, immagino abbiate disertato o, quanto meno, non siate più il benvenuto in Germania; saprete, tuttavia, che la vostra posizione non vi è affatto favorevole, vero?»

«Devo conferire con il generale. È di estrema importanza. Non rimane molto tempo e…»

Una mano si sollevò all’improvviso:
«Va bene, è sufficiente. Vi farò chiamare appena possibile. Nel mentre, gradite ristorarvi al refettorio? Sono certo che sarete affamati.»
 

***


La mensa era ospitata in una delle tante casupole che costellavano la base. Baracche in legno, per lo più, che fungevano tanto da dormitori, quanto da infermeria, uffici, sale visita e così via. I militari sembravano abituati a quello stile di vita sin troppo sobrio e senza pretese.

Mike recuperò due scodelle di zuppa di patate, portandole al tavolo che si erano ricavati. Avevano preferito isolarsi, scegliendo di accomodarsi in un angolo, lontano dal chiasso che un gruppo di piloti stava allegramente producendo; soltanto un ragazzo si era avvicinato, chiedendo loro se desiderassero partecipare alla scommessa: John Wood avrebbe sfidato a braccio di ferro quell’energumeno di Parker; erano interessati a guadagnare soldi facili con un piccolo azzardo?

Entrambi avevano declinato l’offerta ed erano tornati a concentrarsi sulla minestra.

«Sei preoccupato?» Mike ruppe il silenzio, spiando l’amico: Erwin mostrava un’espressione indecifrabile, come se fosse ormai indifferente a tutto. Non risultava spaventato, ne impensierito per la propria sorte. Cosa sarebbe stato di lui, dopo il colloquio con il generale? Sicuramente, non gli avrebbero regalato una pacca sulle spalle e una vacanza al mare. Eppure, il maggiore non sembrava affatto turbato. Era quasi rassegnato, come se il futuro non lo riguardasse nemmeno più. In fondo, cosa gli rimaneva? Soltanto il mantenere la promessa fatta ad un amico e nient’altro.

«Perché dovrei esserlo?» la risposta non tardò a giungere, spenta e tenue come se l’era immaginata.

«Non pensi che ti costringeranno a parlare? A vuotare il sacco su tutto ciò che sai sull’esercito tedesco, sui suoi piani e…»

«Sono qui solo per riferire dell’Operazione Chariot.»

«E poi?»

«Mi rimetterò al loro giudizio.»

«Non ti capisco. Che fine ha fatto il maggiore Smith che conoscevo? Quello testardo, brillante, che non si arrendeva davanti a nessuno?»

Erwin gli rivolse un sorriso stanco, amaro:
«Credo sia sepolto su una collina nei dintorni di Le Blanc.»


 

Angolino: sono riuscita ad aggiornare in un tempo quasi-decente... Finalmente, sono arrivati a Limoges. Penso Erwin fosse stanco di rimbalzare qui e là per l'europa come una pallina, ma... alla fine, ce l'ha fatta. I prossimi capitoli spero usciranno in tempi altrettanto decenti e spero di non ritardare troppo con la conclusione della storia ^^ perchè si, siamo quasi (molto quasi) alla fine.
Ho aggiunto un piccolo siparietto con Reiner e Bertholdt; in realtà, cercavo solo un modo rapido per far passare il fronte ai protagonisti e farli accompagnare a Limoges nel minor tempo possibile. Ho fatto ricorso a questo piccolo inciso.
Al solito, ringrazio le mie socie per i pareri sul capitolo (loro leggono sempre le anteprime ^^) e... grazie a voi, se siete arrivati fin qui.
Un abbraccio e alla prossima
  
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