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Autore: themermaidwriter    16/09/2017    0 recensioni
"Perché in una storia ci sono sempre di mezzo i bar? Era questo il pensiero che Jess condivideva e che continuava a porsi fissando l'edificio. Giurava di essere passata per caso. "Non volevo venire qui" sorrise a un passante, forse urlando un po' troppo. Sospirò lasciando seguire un brontolio. In ogni storia c'è sempre un bar in cui gli amici si ritrovano, dove il gruppo di eroi di turno si riunisce, dove i personaggi di una serie tv si baciano scioccando l'intero pubblico, facendo dimenticare loro la palese tensione sessuale e regalando un simbolo alla coppia di turno. Chissà cosa sarebbe successo se quei bar fossero andati a fuoco. Niente piani per sconfiggere il male, niente storie d'amore. Uno, due, tre. Era proprio il terzo bar."
E se Nick e Jess non fossero i Nick e Jess che conosciamo noi? E se si fossero incontrati per caso all'interno di un bar?
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cece Meyers, Jessica Day, Nick Miller, Schmidt, Winston Bishop
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Set fire to the third bar
Another Universe


"Cece, non ho alcuna intenzione di entrare qui dentro!" la ragazza mora puntò i piedi sul marciapiede dinanzi alla porta del locale. Il terzo edificio, contando da destra e forse quello che sembrava essere più stabile di tutti. Un marrone scuro, tipico delle bettole di Los Angeles, quella Los Angeles che i turisti con conoscevano e Dio solo sa che se l'avessero conosciuta non sarebbero più tornati. 
Almeno questa era la visione di Jessica di un locale diverso da un bel ristorante sulla costa di Portland, dove era cresciuta e dalla quale si era trasferita da poco. Non conosceva nessuno, solo la sua amica Cece, una modella che avrebbe lasciato a bocca aperta uomini e donne di tutti i continenti e con la quale passare del tempo insieme equivaleva a farti sentire sempre un po' più piccola, sempre un po' più bassa, davvero quando torni a casa non prenderti le misure, non so spiegare come succede. E poi beh, meglio anche se non ti guardi allo specchio o la tua immagine potrebbe distorcersi un pochino dalla realtà facendoti sembrare una melanzana con le braccia. 
Con questo non vorrei mai rovinare la visione di Cecilia, è persona fantastica e una grande amica. 
Mi è sembrato giusto introdurre l'amica Cece per prima, perché l'amica Jess si sentiva sempre un po' al secondo posto. Oh, ma Jess aveva tante bellissime qualità e lei lo sapeva: In quel piccolo involucro color pastello si nascondevano dentro fuochi d'artificio. 
"E' solo un inconveniente, Jess. A Richard si è rotta la macchina e mi ha detto di aspettarlo qui." 
"Bene allora non entreremo." mise le due mani sulla cintura nera che andava contornare una gonna larga verde estate. 
Le figure di due uomini evidentemente ubriachi e evidentemente avanti con l'età le lanciarono due sguardi che le fecero rabbrividire e più di ogni altra cosa le fecero cambiare idea: In questo modo, vestite di disagio, si convinsero ad entrare nel bar. 
"Come se dentro non se ne possano incontrare altri." sentenziò Jess riportando a sé le reminiscenze dei programmi gialli che guardava la notte e i quali l'avevano fatta diventare un tantino paranoica. Non scherzo, ha comprato delle trappole per topi che ha disseminato per casa, si, per le evenienze, e come esca ha usato una figurina del baseball, perché si, come altro potresti catturare un uomo che ti entra in casa? Solo attirandolo nella tua trappola da cartone animato. 
E tornando alle tante qualità di Jessica Day questa potete sicuramente metterla tra i Pro. 
Una volta nel bar le loro aspettative rimasero deluse e con loro anche Jess, sorpresa d'essersi fatta un'idea sbagliata del posto. Era molto semplice e pieno di gente di diverse età accomodate al bancone circolare in mezzo al locale o seduti ad uno dei larghi tavoli ordinati e coperti da una tovaglia a quadretti bianchi e rosa. 
Mai visto tutto quel marrone e mai viste tutte quelle scritte che urlavano 
'Chicago' appese alle pareti. Di sicuro il proprietario di questo posto non veniva certo a Pittsburg. 
Gli occhi di Jess continuarono a roteare in alto finché l'amica con le diede un colpetto con il braccio per richiamarla. 
"A questo punto potremmo anche bere qualcosa." Cece fece un'occhiolino a due ragazzi seduti ad un tavolo alle spalle di Jess. 
"Fa pure Cece, io credo che affronterò il bagno." Fece un respiro profondo per darsi coraggio mentre l'amica s'allontanava. 
Una schiera di donne nella sua testa le stavano dando pacche sulle spalle e stavano commentando tra loro quanto fosse coraggiosa la scelta di utilizzare un bagno pubblico. Tutte le donne lo sanno che forse, anche se quello fosse stato Il Plaza, fare pipì in un bagno visitato da sconosciuti non era un'avventura che tutte erano così spavalde da affrontare. 
E mentre s'avvicinava a passo deciso verso il bancone, per chiedere informazioni, un'improvvisa visione le si parò davanti. Due uomini s'erano alzati dai propri sgabelli e da quello che avevano raccontato dopo, probabilmente fu colpa di un bicchiere di troppo e un commento inappropriato sulle petunie del giardino dell'altro. Gente susciettibile a Los Angeles eh? 
Jess si ritrovò nel bel mezzo dell'azione e prima che potesse rendersi conto di un tale pericolo, metà del locale la vide in un attimo lunga per terra, si su quello squallido pavimento marrone e più che uccellini a girarle sulla testa sembravano dragoni. Un pugno netto le aveva colpito la guancia, lasciandole una grande macchia rossa, ma per fortuna non l'aveva mandata K.O. La preoccupazione di Cece, che le stava inginocchiata accanto, si fece un pochino più limpida quando la ragazza aprì gli occhi. 
E quello fu il Momento. Sapete, quel momento a cui ripensi circa quattro, cinque giorni dopo e se tutto va bene anche dopo un anno? Quello che non fa altro che ricordarti la questione del 'Se' 'Se non fossi entrata in quel bar', 'Oh Se solo non avessi preso quella strada', 'Ah Se solo non fossi svenuta', 'Grazie al cielo parlavo il cinese mandarino.' E tutti questi pensieri ingarbugliati alla fine portano sempre alla stessa conclusione: 
'Oh beh mi sono fatta un male cane ma, per fortuna, non ero da un'altra parte.' 
Il Momento aprì il sipario e decise che era ora di andare in scena; protagonista dell'atto: Nicholas Miller, un ragazzo semplice, non potevi avere dubbi su di lui perché Nicholas era così, proprio come lo vedevi. Originario di una certa 'Chicago' se non si fosse capito, e che in tutta fretta si lanciò sulla ragazza distesa proprio sul pavimento del suo locale e che con quel suo mantenersi la testa in modo teatrale non prospettava niente di buono. 
"Posso aiutarla?" la frase uscì dopo un paio di tentativi, con la voce terrorizzata all'idea che una donna si fosse fatta male nel suo locale, proprio quando non era presente. Ne aveva sentite di storie di gente che aveva chiuso bottega dopo essere stata spennata da un incidente del tutto casuale. 
Nick tese la sua mano porgendole un volto tranquillo e sorridente, dato a mascherare l'evidente preoccupazione per se stesso e che, fortunatamente, venne percepito come tale. La ragazza rimase un attimo in silenzio a fissarlo, come una normale, anche se inconsapevole reazione al Momento. Un minuscolo frammento di tempo si mostrò a Nick come il più lungo ed estenuante di tutti e che già aveva scosso, senza far batter ciglio a nessuno, l'assetto dello stesso universo. Jessica pose la mano come la cosa più semplice di questo mondo, prese la sua e con l'altra si spostò gli occhiali neri sul naso, per vederci meglio. Con un movimento armonico entrambi erano di nuovo tesi e nel mettersi in piedi la gonna verde della giovane sobbalzò in aria e sfiorò per caso la figura del ragazzo che stava per lasciarle la stretta. 
"Tutto bene?" sussurrò lui. 
"Tutto bene..?" balbetto. "POTEVO MORIRE!" esclamò la ragazza, puntando un dito con tono arrabbiato per la domanda che le era appena stata posta. 
Nick mise entrambe le mani dietro la nuca lasciandosi scappare un 'OMG' di stupore per una tale drammaticità e per il guaio in cui sentiva di stare per cacciarsi. 
"Calmati tesoro.." Cece mise le braccia intorno alle sue spalle e la accarezzò per tranquillizzarla. 
"Oh ma non potevi morire, andiamo." Nick rise senza rendersi conto di quello che stava dicendo. 
"Come scusa?" Jess aprì la bocca sorpresa e aveva tutta l'aria di chi stava per fare una minaccia. "Ma lei chi è? Tu chi sei?" si rivolse al pubblico seduto ai tavoli. "Chi è quest'uomo?" iniziò a urlare usando una voce con poco autocontrollo. 
"Sono io." rispose con semplicità. 
"Voglio parlare con il proprietario." si rivolse al ragazzo non sapendo chi fosse. 
"E lo denunceremo." Cece si intromise puntando un dito verso di lui. 
"Si..No!" urlò Jess per poi rivolgersi all'amica sussurrando. "Non voglio denunciare nessuno.." 
Nick si guardò intorno cercando di trovare il più velocemente possibile una soluzione a quell'incombente disastro. "Sono io." si fermò con le due braccia sui fianchi, dov'era posata la camicia a quadri. "Faccia pure." la sfidò dimostrando di non aver trovato il giusto espediente. "Non ho paura di voi universitarie." sottolineo l'ultimo termine trasformandolo in un insulto. "E' proprio per la gente come voi che ho lasciato Il college. Un branco di amebe senza spina dorsale." "Le amebe non hanno spina dorsale." Cece non era nemmeno sicura se fosse in errore. 
"E' quello che ho detto." rispose lui con semplicità. senza capire quel gioco di parole uscito male. 
"Non ci volevo neanche entrare qua dentro." sbuffò Jess muovendo la frangia e sentendosi a questo punto davvero stuzzicata. 
"E allora perché è entrata?!" Nick allargò le braccia, poi si voltò indietro con espressione imbronciata rimproverandosi di non riuscire a stare zitto. 
La frase non fece altro che innervosire la ragazza e quando stava per ribattere, Cece riprovò a calmarla e insieme decisero di andarsene senza creare ancora più scandali. 
Jessica si mosse con un gesto teatrale verso la porta, com'era suo solito, sbattendo i suoi capelli lunghi e neri in faccia al ragazzo. 
"E cerchi di non incontrarmi mai più." sentenziò con la porta mezza aperta. 
Nick sbuffò e modificò il suo viso con un'espressione interrogativa. "Lei non dovrebbe incontrarmi mai più." ma alla fine della frase Jessica se ne era già andata.


"Vado.. adesso!" il ragazzo moro grugnì a se stesso implorandosi, incoraggiandosi e comandandosi di bussare a quella porta. "Okay, adesso.." e quando stava per farlo per davvero, una voce femminile lo interruppe. 
"Che cosa ci fai qui?" Jess sorprese il ragazzo davanti alla porta di casa sua. 
"Ehm.. io.." iniziò a balbettare "cercavo Cece.." continuò a balbettare per poi esplodendo in una voce che a modo suo doveva essere suadente. "Cecilia." finì.
"Oh no, un altro ammiratore di Cece." Jess fece le due virgolette in aria, con le due dita e poi superò il ragazzo cercando di entrare in casa sua e facendo da scudo con il corpo affinché non riuscisse malauguratamente a raggiungerla. Susseguì una strana danza in cui si alzavano ed abbassavano in una sfida in cui lui voleva guardare all'interno della casa e lei voleva impedirglielo. "Le dirò che sei passato..." lo indicò con la mano con cui non teneva dei libri, nell'attesa che pronunciasse il suo nome. 
"Schmidt." fu incisivo per poi cambiare la sua pronuncia altre sei, sette volte. 
"Schmidt lo stalker, okay.." iniziò a chiudere la porta. 
Il ragazzo bloccò la sua chiusura con la mano. "Non sono uno stalker." 
"Okay.." sussurrò lei. "Beh, anche se lo fossi ti capirei.." lasciò i libri su un mobile accanto a lei e si rigirò le dita tra di loro. ".. anche io ero, lo sono stata.. non sei strambo." si sistemò gli occhiali. 
Così Schmidt preso dal panico di aver incontrato qualcuno non così sano di mente come sembrava o comunque per non ammettere di essere a un livello probabilmente superiore, tirò fuori una frase che suonava come una scusa. "Sono qui per invitare Cece a una festa universitaria." deglutì. "Mi ha chiesto lei di passare a prenderla Venerdì sera, alle 8, ovviamente sei invitata anche tu." sorrise. "okay ciao." e con un gesto veloce, di chi non voleva ancora di più sprofondare nell'abisso della vergogna, si dissolse nel nulla lasciando Jess e il suo maglioncino rosso sulla soglia dell'appartamento.


Quando Schmidt passò a prenderle era più euforico che mai. Le fece accomodare entrambe in auto, ovviamente confinando Jess sul sedile posteriore. Non era del tutto felice di partecipare a una festa al buio con un ragazzo che non conosceva, tutto il contrario di Cece che con gioia aveva accettando un'altra scusa per poter far festa e farsi coccolare da un povero zerbino che avrebbe fatto di tutto per lei. 
Il ragazzo era evidentemente emozionato di passare la serata con la giovane modella, così tanto da distrarsi completamente e fare il giro della rotonda sei volte per poi parcheggiare lontanissimo dal luogo della festa. Camminarono per un po' e si ritrovarono davanti a un edificio marrone, sembrava quasi un retro il quale varcarono per la porta di servizio. Il marrone scuro e la puzza di tacos scaduti al di fuori dell'edificio avrebbero dovuto darle qualche indizio ancor prima di entrare. 
Fece un primo passo all'interno. Si strinse la borsa nera agganciata al golfino blu e lo riconobbe: "Il terzo bar!" esclamò sovrastando metà del chiacchiericcio presente nella sala. "Schmidt perché c'hai portate qui?" si rivolse, ancora sorpresa, al ragazzo preso a squadrare Cece. 
"Perché è il bar del mio amico.." si voltò verso sinistra dando una pacca sulla spalla ad una maglietta scura che si voltò verso di loro. 
"TU!" 
"TU!" 
Entrambi interruppero Schmidt. "Vi conoscete?!" esclamò sorpreso per poi guardarsi intorno verso una Cece che si era già allontanata e che lo richiamò a sé come un cagnolino e così, allegramente, saltellò da un'altra parte. 
Jess si imbronciò. "Non è stata una tua idea vero?" sussurrò. 
"Cosa? Non ti conosco nemmeno. Non invito gli sconosciuti nel mio bar, potresti essere una rapinatrice.." si grattò il collo. "Potresti essere astemia." 
"Che cosa?" rise "dammi una birra." afferrò quella nella mano del ragazzo e bevve un sorso della quale si schifò anche un po'. "e tutti i tuoi soldi." 
Diede un altro sorso, così, senza motivo, pulendosi la bocca con un mano e porgendo la birra di nuovo nelle mani di Nick, disse: "Credo proprio che andrò via." 
E prima di voltarsi ebbe il tempo di ascoltare le sue parole: "Puoi restare se vuoi." Poi Nick si girò velocemente verso un angolo del bar e lo indicò senza dare il tempo alla ragazza di dire qualcosa, sentì quel suo 'E' il mio turno' e poi lo vide andare via, salire su un tavolo, in quell'angolo del bar e prendere un microfono in mano, entrando a far parte di quello che pareva un karaoke improvvisato. 
Senza una parola la musica cominciò a battere e sulle note di "Enjoy The Silence" dei Depeche Mode, diede loro una ragione per suicidarsi a meno che non l'avessero già fatto al solo pensiero che una voce così stonata potesse interpretare una loro canzone devastandola brutalmente. 
"Dobbiamo andare Jess." Cece si precipitò al suo fianco senza notare che Jess era rimasta a fissare quel bizzarro e brutale spettacolo. 
"Perché?" si rivolse a lei un po' intontita. 
"Ho baciato quello strano ebreo." dandò un'occhiataccia a Schmidt. 
"Cece, sei razzista." 
"Ha detto che sono la sua terra promessa." 
"Andiamo!" prese sottobraccio l'amica dirigendosi verso l'uscita. 
Prima di uscire dalla porta diede un ultimo sguardo al palcoscenico improvvisato. "Jess che aspetti?" la incitò. 
"Mi ha brutalmente devastata." e con un gesto veloce chiuse la porta alla sue spalle.


Perché in una storia ci sono sempre di mezzo i bar? 
Era questo il pensiero che Jess condivideva e che continuava a porsi fissando l'edificio. Giurava di essere passata per caso. 
"Non volevo venire qui" sorrise a un passante, forse urlando un po' troppo. 
Sospirò lasciando seguire un brontolio. 
In ogni storia c'è sempre un bar in cui gli amici si ritrovano, dove il gruppo di eroi di turno si riunisce, dove i personaggi di una serie tv si baciano scioccando l'intero pubblico, facendo dimenticare loro la palese tensione sessuale e regalando un simbolo alla coppia di turno. 
Chissà cosa sarebbe successo se quei bar fossero andati a fuoco. 
Niente piani per sconfiggere il male, niente storie d'amore. 
Uno, due, tre. 
Era proprio il terzo bar. 
Chissà cosa sarebbe successo se avesse incendiato il terzo bar, chissà cosa non sarebbe successo. 
I pensieri si fecero aggrovigliati, tanto da non capirne più né l'inizio né la fine. Alzò il capo verso l'insegna, tenendosi stretta alla cinta della borsetta blu. 
Rimase solo un attimo e a passo deciso continuò per la sua strada.

Un ragazzo scuro di carnagione lanciò una nocciolina centrando il braccio dell'uomo che puliva con uno straccio stra-vecchio il bancone del bar. 
"Beccato! Altri 3 punti." abbassò il braccio tirato in alto per la vittoria e tracciò una linea con la matita su un tovagliolo di carta bianco. 
"Non vale Winston, eri troppo vicino." ribatté Schmidt guardando attentamente le distanze. 
"Amico, sono seduto accanto a te." 
"Potreste smetterla? Sto lavorando." si intromise Nick infastidito. 
"Che problema hai amico? Tu adori giocare al nostro Nuts as fast I can.
"Si Nicholas, sei strano. Confidati." 
"Non sono una teenager, Schmidt." abbassò la voce e si curvò sul bancone di fronte a loro. "Lo scrivo solo sul mio diario." scandì bene le parole. 
In quel momento la porta si spalancò e non il solito cliente era entrato nel bar, altrimenti non avrebbe catturato l'attenzione del barista. Jess era tornata indietro facendo passare non più di dieci minuti da quando aveva preso la strada opposta. Era tornata, non se lo spiegava, era tornata e basta. 
Rimase un po' sulla porta e abbassando lo sguardo si andò a sedere a un tavolo la cui vista dava su un grazioso panorama degno di una camera a cinque stelle, valeva davvero la pena scegliere quella location, la gente si fa in quattro per prenotarlo prima degli altri, lo sapete? Si, il bancone. 
Prese la rivista che aveva arrotolato sotto il braccio e iniziò a dare una svelta e finta lettura proponendosi come scopo quello che di lanciare lo sguardo a ciò che succedeva davanti a lei. Un nascondiglio poco astuto che decise di abbandonare per dedicarsi ad un imbarazzante scambio di occhiate. 
Nick non aveva un bell'aspetto: un po' bianco e sudando freddo faceva avanti e indietro per darsi coraggio nell'affrontare la spaventosa prova di mostrarsi spavaldo e presentarsi a una donna. Una missione che da sobrio sembrava ancora più difficile. 
Un passo avanti al lato sinistro del bancone e poi un passo indietro, ancora uno in avanti e uno indietro. Si fermò nel mezzo e si diede un ultima spinta facendo in modo di essere abbastanza vicino da non poter cambiare idea. 
Respirò senza catturare un odore che lo incoraggiasse e a passo spedito si diresse verso il tavolo. 
Jess lo intercettò e distolse subito lo sguardo. I brividi alle gambe si espansero per tutto il corpo e mandò giù un nodo grande quanto il suo pugno. 
"Ciao." disse lui posando un mano sulla tovaglia tamburellando con le dita. 
"Ciao." spuntò fuori la testa dalla rivista che aveva prontamente rimesso in faccia nella speranza che la rendesse invisibile. 
"Posso portarti qualcosa?" riprese gentile. 
"No." rispose sincera. 
"E allora cosa ci fai qui?" si spostò tutto su un fianco. 
"Una Soda grazie." cambiò subito risposta mostrando un largo sorriso. 
L'uomo si sedette al posto di fronte a lei, nell'angolo del tavolo circolare. 
"Sono Nick, Nicholas Miller." le tese la mano. 
"Jessica, Jess" sorrise ."Day." accettò volentieri la stretta. 
"Hai un nome parecchio strano." notò. 
"Beh, Nicholas, che vuoi farci.." sorrise ironica. 
"Sembra uscito da una striscia a fumetti." si fermò intercettando il suo sguardo perplesso. "Era un complimento." concluse liberando aria. 
"Se lo chiami complimento questo." lasciò andare il magazine sul tavolo alzando gli occhi al cielo. 
"Okay.." sussurrò lui alzandosi dal tavolo senza più parole da dire, solo perché sentiva di sprecarle. "Ti porto la Soda." imbronciò le labbra. 
"Bella canzone." lo fermò intuendo, da come la guardava che non aveva capito a cosa si riferisse. "Il karaoke, alla festa." lo guardò dal basso. 
"Oh si, una delle mie preferite." sorrise. 
"Io, ultimamente, sono ossessionata." 
"Da che cosa?" chiese curioso più sul perché la conversazione stesse continuando. 
"Sweet Disposition." 
Non disse una parola, non chiese come, non chiese perché. 
L'incanto silenzioso, di due anime che si scrutavano, finì nell'istante in cui Cece fece la sua entrata nel bar, chiamata in soccorso dall'amica, suscitando l'attenzione della metà del bar e soprattutto quella del povero Schmidt che diede addio alla sua mascella. 
Quando Jess si voltò rispondendo al saluto dell'amica, fasciata in un vestito rosa, Nick ne approfittò per defilarsi e tornare dietro alla protezione del mitico bancone. 
"Heeey Cece! Come mai da queste parti?" sorrise la ragazza prima di darle il tempo di sedersi. 
"Mi hai chiamata tu." si accomodò rubando il posto di Nick. 
"Shh, Cece.." diede uno sguardo dietro di lei. 
"No.." si inventò subito una scusa. "Volevo parlarti della prossima festa, quella in discoteca." disse cercando di distogliere l'attenzione dal vero motivo per cui era entrata. Il vero motivo, il vero motivo non lo sapeva neanche lei, figuriamoci se avrebbe voluto buttarsi a capofitto in una discussione in cui cercavano di calcolare quale possibilità l'avesse spinta ad entrare. Non ci voleva neanche arrivare a quella soluzione. 
"Ma se a te non piacciono le discoteche." 
"Ho voglia di divertirmi!" rispose ridendo e battendo entrambe le mani sul tavolo.
Divertirsi, distrarsi, un po' la stessa cosa. 
Quando un uomo grassoccio portò la limonata a Jess, la stessa se lo chiese il perché non fosse stato lui a portarle il bicchiere. Inevitabile porsi la domanda, no? 
Fu questo il motivo per cui durante la conversazione, senza farlo apposta, i suoi sguardi ricadettero tutti su di lui, impegnato a discutere su un argomento che Jess sentiva appena e chi cui ne aveva percepito solo un pezzo. Stava chinato sul bancone e si manteneva con una presa forte con le due braccia scoperte dalle maniche della camicia bluastra. 
Continuava a parlare con i suoi amici, senza che lei sapesse che invece gli sguardi di lui (nonostante ogni tanto ne scappasse qualcuno), gli stava riservando per un'altra giornata.


Le luci rosse e blu si infrangevano sul vestito bianco di Jess, disegnavano scintillanti linee oblique, ma lei non se ne accorgeva per niente. Immobile tra la folla con un bicchiere di un qualche liquido frizzante in mano che sorseggiava in solitaria. Era annoiata perché era vero che a lei discoteche non piacevano per niente. Eppure era lì, la sua mente le aveva consigliato un'altra volta di recarsi in un luogo che quasi disprezzava solo perché si diceva, da qualche parte nella sua testa, che è in posto inaspettato quello dov'è più facile trovare un pezzo di felicità. 
Era in attesa di quella felicità di cui aveva tanto sentito parlare. Così bevve un altro sorso e si guardò ancora in giro e poi, poi il Momento diede il via al secondo atto. Un brivido l'attraversò e il cuore se andò improvvisamente da un'altra parte lasciando un buco in mezzo al petto e la stessa sensazione di una caduta in discesa dalle montagne russe. 
Nicholas Miller fece la sua straordinaria entrata, casualmente, proprio dove Jess avrebbe potuto vederlo con facilità. Era lui, il motivo per cui il bicchiere le iniziò a tremarle in mano. Sicuramente e facilmente individuabile con il suo outfit poco adeguato intercettò immediatamente la ragazza, la quale, senza dubbio era ciò per cui si era fiondato in un locale dopo l'altro. Non era più un segreto, o meglio, non lo era mai stato. 
"Jessica.." sussurrò lui avvicinandosi a quel bastoncino tremolante. 
"Nick." disse decisa. " 
Erano gli unici immobili al centro di una sala che gremiva di gente danzante in quel semi-buio fastidiosamente assordante. E nemmeno la musica era di loro gusto. 
"Cosa ci fai qui?" continuò lei, pur sapendo che non gli avrebbe mai dato la risposta più sincera. 
"C'è una festa, adoro le feste. E' come essere allo zoo." 
Jess imbronciò il volto piegando la testa da un lato. "Io odio gli zoo." 
"Ed io odio questo tipo di feste." terminò con semplicità. "Almeno c'è da bere." le rubò il bicchiere dalla mano e bevve un sorso. 
"Anche io." si riprese ciò che era suo senza scomporsi e bevve anche lei guardandosi intorno evitando gli occhi del ragazzo. 
"E allora perché sei qui? Io ho un bar che è mille volte meglio di questa topaia." 
"E' una festa annuale." riportò lo sguardo su di lui. "E' rassicurante che ogni anno, anche le cose che non ci piacciono ritornino." alzò il bicchiere. 
"Non direi lo stesso delle tasse." rise e fece ridere anche lei. 
"Credo che andrò via." sorrise. "Mi hai convinta. Forse non vale la pena aspettare che le cose, semplicemente, accadano." 
"Forse." 
Jess lo guardò per un istante, prese la sua mano e gli lasciò il bicchiere per poi dirigersi fuori dal locale senza dare altre spiegazioni. 
Lo lasciò lì a bocca aperta, ma quella più sorpresa fu sicuramente lei. 
Fece un calcolo approssimato delle possibilità che c'erano di rivederlo, rivederlo e rivederlo, ovunque, anche fuori da quello stupido bar e poi ci rinunciò perché non era proprio un asso in matematica. Evidentemente c'era qualcosa nell'oscurità cosmica, una strana teoria dei mondi che voleva che accadesse e lei lo accettò e basta. 
Continuò a camminare desiderando con tutta se stessa che quella convinzione dell'attesa che aveva, si rivelasse dannatamente sbagliata.


Il locale era buio eppure Jess aveva trovato la porta aperta. Non provò neanche a sedersi perché non sapeva esattamente dove andare. 
Rimase in piedi, al centro del terzo bar e tra ogni suo respiro le zampillava in testa il pensiero di andarsene. Quanto era stata stupida a tornare lì e concedersi di aspettare. 
Improvvisamente la luce si espanse nella stanza facendola voltare verso la porta. 
"Sapevo di trovarti qui." la voce di Nick la sorprese, la sorprese davvero. 
Lo stava aspettando, ma non ne era del tutto consapevole. 
"E come facevi a saperlo?" rise senza aspettarsi risposta. "Come facevi a sapere che ero alla festa?" ritornò seria. 
Lui le si avvicinò e rimase in piedi di fronte a lei. "Chi ti ha detto che ero lì per te?" 
Non rispose, ma gli si avvicinò di più. 
"Sai l'avevo sentito dire in giro." poi la verità si lanciò fuori. "Da te, veramente, quando lo dicevi alla tua amica nel mio locale." 
Ingoiò la convinzione di averlo incontrato per una fortuita coincidenza dettata dal destino e poi la verità se la confidò da sola. "Ed io sono andata a quella festa perché avevo sentito che ne parlavi, ma è evidente che.." 
"... lo dicevo perché dovevi esserci tu." finì la sua frase. "Quindi non sono l'unico che era lì per cercare qualcuno." si dimostrò soddisfatto grattandosi il mento. 
"Non sono il tipo che va in giro in cerca di estranei o che si aspetta di incontrarli ovunque vada." 
"Eppure siamo qui." e non aveva torto. 
Nick ormai era abbastanza vicino per poterle sfiorare le mani e quando ne fu certo, oh beh, l'avrebbe fatto anche se non lo fosse stato, attorcigliò le mani nelle sue e sentì la temperatura che la ragazza emanava. Felice di scoprire d'esser emozionata quanto lui. 
Jess non fece un solo passo indietro, anzi, se avesse potuto, avrebbe fatto ancora un passo avanti fino a toccare il corpo dell'altro con il suo. 
Cosa le importava se non si conoscevano davvero? Era lì di fronte a lei ed era un certo Nicholas Miller che veniva da Chicago, aveva un bar a Los Angeles, il terzo di una fila di edifici ed era tutto così marrone ma che le importava? Non aveva più scuse per rinunciare. La testa e il cuore concordarono sull'accaduto: l'aveva baciato e lui non s'era ritratto. 
L'aveva stretto e lui aveva ricambiato. Sorpresa che dopo un secondo per riprender fiato, lui l'avesse baciata di nuovo e di nuovo e anche alquanto appagata dal fatto che c'avesse messo un po' di lingua, tanto non poteva fare male. 
"Non era programmato." disse lui guardandola ancora negli occhi. "Vorrei chiarirlo. Non sono il tipo che va in giro a baciare la gente dopo averle pedinate." fece una pausa. "Solo una volta è successo, ed era Winston." rise "Era uno dei suoi scherzi." 
La ragazza non potette fare a meno di ridere del suo bizzarro comportamento. 
"Oh, devo.. ecco.." la superò senza più guardarla e andò sul bancone a rovistare tra delle carte. Lei lo seguì e mentre lui spulciava tra una pila di fogli, Jess ne prese qualcuno e iniziò a leggere senza che se ne accorgesse. 
"Hey!" Sbottò lui togliendole i fogli dalle mani. "Sei uno scrittore." sorrise. "Devo pur imparare a conoscerti." 
"E' più difficile di quanto sembri confessare a qualcuno che i tuoi pensieri più intimi e stravaganti lì può comodamente trovare su un pezzo di carta." 
"A me piacerebbe conoscerli." sorrise. 
"Questo è per te." le porse un calendario dell'anno corrente. "Oh e anche questo." si spostò sulla sinistra e accese un mp3, che chissà quanto era vecchio, ma che fece suonare le note di.. 
"Sweet disposition." disse lei. "la mia ossessione." 
"Aprì il calendario." la Nick la invitò a farlo e lei eseguì. "Cerca il giorno segnato il rosso." 
"Il 21.." pronunciò, non capendo cosa volesse significare. 
"E il tuo calendario e il 21 è il giorno del nostro primo appuntamento. 
Non voglio che te ne dimentichi." gli saltò fuori un sorriso da ebete che lei ricambiò. 
"Grazie." rispose mentre si abbandonava alla trovata che aveva ideato. 
Le parole si fecero da parte e la musica fu lì per sostituirle. 
"A moment, a love, a dream aloud." risuonarono nella sala senza alcun imbarazzo mentre continuavano a guardarsi e a stringersi le mani lasciando scappare un altro bacio che si confuse con l'ondeggiare dei loro corpi stretti che danzavano sulla canzone. Era una scena così bella da vedere che se Walt Disney l'avesse vista ne avrebbe sicuramente tratto un film come si deve. 
Quella canzone era la sua ossessione e presto sarebbe diventata quella di entrambi. E poi ancora non sarebbero più riusciti a fare a meno l'uno dell'altra. 
Ah, chissà cosa sarebbe successo se avesse dato fuoco al terzo bar e ringraziò di non averlo fatto.


The Current Time: 
"Se mi avessi visto nel bar e fossi stata una sconosciuta.. mi avresti esclusa in base alla taglia del mio seno?" Jess si indicò insinuando qualcosa che lui non aveva detto. 
"Assolutamente no, il tuo seno è perfetto." rispose Nick e lei ne rimase lusingata.




the mermaid's notes: sono tornata con una nuova fan fiction su i miei amati ness e questa volta ho preso l'ispirazione da un bellissimo fan video '(Never) Cross the bar' (di cui sarò felice di passare il link, se mai me lo chiedeste). In genere ciò che scrivo riflette sempre le mie 'ossessioni' del momento e come avrete notato sono citate un paio di canzoni di cui mi sono recentemente innamorata. E' la mia prima AU e spero che la storia e i personaggi possano trasmettervi le stesse emozioni che hanno trasmesso a me anche in questo contesto.
Qualsiasi tipo di recensione è ben accetta!    
                                                              

   
 
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