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Autore: stefanvox94    17/09/2017    0 recensioni
Un racconto su quello che la superficialità può nascondere, anche se forse non per sempre, in un rapporto controverso ma mai volgare tra due coinquilini, uno ufficialmente gay e l'altro ufficialmente etero.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Buongiorno, dottor Vittori. Credo sia ora di alzarsi. La colazione è già pronta, ho preparato tutto quello che lei di solito richiede. Latte col Nesquik e due fette di pane di grano duro con marmellata di pesche.
- Buongiorno anche a te, piccolo dottorino… eternamente in erba.
- Gné gné, avrò una laurea prima o poi, proprio come te.
- Sì, ma il dottore, in tutti i sensi, lo sarò io, un giorno.
- Credi di farmi invidia parlando in questo modo? – chiede Guido, alzando il sopracciglio dopo aver tirato su la tapparella e spalancato la finestra per “far prendere aria alla stanza da Nerd del dottor Vittori”, come è solito annunciare quasi ogni mattina.
- Assolutamente no, stavo solo ricordandoti dei miei meriti, delle mie capacità e delle innumerevoli opportunità che potrò avere in futuro.
Guido scoppia in una risata isterica, ma per lui divertente da sfoggiare in faccia al suo coinquilino ogniqualvolta senta il desiderio di tentare di disintegrare l’ego di un ragazzo conosciuto l’anno prima nello stesso studentato in cui tuttora alloggiano.
- Oh, no, eh… adesso parliamoci chiaro, Tiberio Vittori.
- Adesso ci diamo del “tu”, dottorino eternamente in erba?
- Sì, adesso ci diamo del tu – risponde Guido, seccato per l’interruzione. – Io non ho MAI rosicato per le tue capacità, opportunità e blablablà… voglio solo farti notare che… sinceramente… non me ne frega una beata minchia delle tue aspirazioni o roba simile; io so cosa voglio, frequento Giurisprudenza per un motivo, e tu devi smetterla di scassarmi le balle con le tue manie di popolarità, notorietà, egocentrismo…
Tiberio salta dal letto, lo abbraccia forte e gli tappa la bocca con la mano sinistra.
- Va bene – gli sussurra. – Ho capito, non mi vanterò più, giurin giurello – aggiunge, baciandolo sul naso. Guido storce gli occhi dopo il gesto, sebbene non gli dispiaccia ricevere attenzioni del genere da parte di Tiberio.
- Volevo solo aggiungere una cosa – torna a parlare il “dottorino eternamente in erba”, quasi faticando a respirare – che dovresti andare in cucina, la colazione è lì che continua ad aspettare un pigrone come te.
- Me lo hai già detto, ci vado subito - gli promette Tiberio, passando a prendergli le mani e a guardarlo negli occhi in maniera quasi ipnotica.
Lo studente di medicina dell’appartamento 229, condiviso insieme al “giurisprudemente”, come è solito soprannominarlo, lascia la sua stanza singola e si dirige verso il Latte col Nesquik e le fette di marmellata.
Guido prende fiato, guardando al di fuori della finestra della stanza di Tiberio. Cerca di capire anche stamattina quale sia la strada migliore da prendere per arrivare in facoltà. Si dà un minuto di tempo per risolvere il tutto. È già vestito per bene, pettinato e con lo zaino pronto ma lasciato temporaneamente sul sofà. Si mette a riflettere e ad analizzare la situazione continuando a guardare in lontananza.
“La via principale oggi è troppo trafficata, quella pedonale è ancora piena di zoccole e spacciatori che aspettano gli ultimi clienti… andrò dietro lo studentato, prendo il 27, arrivo in Piazza Maggiore e cammino fino al Verri, lì, a quest’ora, non ci sono più barboni o punkabbestia”.
Sentendosi soddisfatto per aver organizzato tutta l’andata impiegandoci meno del minuto prestabilitosi, si allontana dalla stanza di Tiberio, si guarda per un’ultima volta allo specchio del suo bagno e si avvia verso l’uscita di uno dei tanti appartamenti per due dello studentato Fioreschi.
- Non fare colpo su troppi ragazzi – si raccomanda Tiberio con la bocca piena di pane e marmellata alle pesche – uno “giurisprudemente” non può certo gestirne troppi.
Guido lo fulmina con lo sguardo, poi si rimette in moto, bloccandosi nuovamente dopo due secondi.
- Ah, dimenticavo… Quando torni, credo alle 17:00 perché è martedì, chiedi gentilmente al portiere se sono arrivati dei pacchi per me. Se c’è Gianfranco, non fare nulla, perché quello è uno stronzo, un finocchio vecchio e represso che non ti permette di toccare nulla di mio, altrimenti prendi quei pacchi e portali su. Sono due pacchetti non troppo pesanti, ma non vorrei che si accumulassero insieme agli altri… tornerò alle 19:00 e il postino avrà consegnato un sacco di roba di altra gente e io dovrei mettermi lì a cercare i miei…
- Sì, va bene, va bene… Non agitarti. Vai tranquillo – gli fa Tiberio, che trova divertente e allo stesso tempo un po’ seccante il desiderio di controllo assoluto di Guido.
- Buona giornata, dottore. Si prepari a salvare vite – Guido gli strizza l’occhio e chiude la porta, poi scende in fretta le scale dal terzo piano: non gli va di aspettare l’ascensore e perdere altri secondi preziosi che sono già andati via per gli sciocchi battibecchi con il suo caro Tiberio.
“Magari facessi colpo su qualche ragazzo” pensa, però, nel mentre. Non si è mai sentito abbastanza carino, nonostante, in realtà, sia piaciuto e piaccia tuttora ad alcuni ragazzi. Ma lui, paradossalmente, in questi casi, fa finta di niente: quando ottiene qualcosa vuole qualcos’altro. Ad esempio, ottiene l’attenzione di un compagno di facoltà, gay anche lui, gli sembra intelligente ma dopo un po’ anche abbastanza noioso. Allora lascia perdere. Certo, è lecito farlo. Non bisogna per forza approfondire una relazione solo per non rimanere da soli. Ma lui è così in tutto: raggiunge un traguardo? Si sente comunque scontento e vuole di più. E così si mette a prefissarsi un altro obiettivo. In genere esagera in questo senso con lo studio: prende un 28? Lo accetta, perché non vuole perdere tempo e diventare un avvocato troppo tardi, ma rimprovera se stesso per non aver dato il massimo. Magari festeggia pure, per un 28 in diritto tributario, ma non si sente in paradiso. È consapevole di questo, ma non lo ammette a se stesso per non “sprecare energie con inutili paranoie”, come lui stesso afferma di tanto in tanto.
“Magari facessi colpo su qualche ragazzo”.
Se lo ripete. Poi pensa a Tiberio e a come si comporta in maniera carina con lui.
Tiberio ha la ragazza, ma molto spesso, nei momenti di difficoltà, che lo fanno sentire ovviamente inesperto e quasi vergognosamente bisognoso di Guido, è a quest’ultimo che si rivolge e non alla sua Carlotta. Un bisogno che non riesce a spiegarsi… forse perché non ci pensa più di tanto, non pensa sempre a tutto come il suo amico.
“Oh, ecco il 27”.
L’autobus è arrivato. Ricomincia per davvero la routine giornaliera.
 
Guido mette piede nell’atrio della casa dello studente alle 19:01. Ha fatto un minuto di ritardo perché per strada un tizio lo ha bloccato chiedendogli le indicazioni per la stazione centrale. Notando la presenza del signor Gianfranco in portineria, pensa bene che Tiberio non abbia avuto la possibilità di prendere i suoi pacchi e portarli su, nel loro appartamento.
- Salve, c’è posta per me?
Gianfranco, sulla cinquantina, pelato, in forma, un po’ pallido, lo porta nel ripostiglio apposito e gli dice semplicemente di darci un’occhiata, tornando poi a starsene seduto davanti allo schermo del suo computer, col quale tutti si domandano curiosi cosa combini tutto il tempo, al posto di controllare archivi e scartoffie varie. Guido cerca, quasi scocciato, la sua roba, in mezzo a scatole e scatoline spedite da Amazon in genere per i Nerd dello studentato.
- Scusa per il ritardo - annuncia, dopo aver preso l’ascensore per il terzo piano, aver spalancato la porta principale del 229 e aver depositato i due pacchi vicino all’appendiabiti. La casa appare, a quest’ora, allo stesso modo: le luci bianche illuminano sia la cucina, sia il salotto, sia il corridoio. Solo le due stanze singole separate e il bagno, unico posto con delle mattonelle blu, sono momentaneamente al buio. Il tavolo del soggiorno, bianco come le pareti, è un tantino sporco di tabacco: Tiberio ama far su una sigaretta al ritorno dalle lezioni. Poi toccherà ovviamente al “giurisprudemente” pulire ciò che ha lasciato. Intanto, lo studente di medicina, prepara del pollo e condisce la sua insalata. - Vedo che ci siamo dati al salutare -  continua Guido, presentandosi in cucina e spalancando gli occhi di fronte alla ciotola piena di insalata e pomodorini. Tiberio gli ha chiesto il motivo delle sue scuse per un ritardo che non gli è pesato per niente, ma il suo coinquilino ha preferito non rispondere e andare direttamente a provocare un po’ l’amico a cui tiene tanto ormai da un annetto.
- Non lo faccio per gli ipotetici benefici di cui parli te e altri stupide pecore che farfugliano cosacce senza senso su internet, credendosi dei veri e propri medici, o meglio, tuttologi. Lo faccio per sentirmi pieno senza mangiare troppo e… quindi per non mettere su altra pancia -  spiega Tiberio.
- Oh, ma smettila, stai bene così! -  si complimenta con lui Guido, non curante, ogni tanto, delle provocazioni ricambiategli dall’amico. Dopo avergli regalato uno dei suoi sorrisi splendenti come i suoi occhi verdi, essersi sistemato i capelli mori (ma più chiari di quelli di Tiberio, che è invece noto, come Guido lo ha descritto già durante una delle prime giornate al Fioreschi, per “l’oscurità degli occhi, del capello e dell’animo”), si siede sulle gambe del ragazzo che è intento a terminare la preparazione di quel pollo tanto desiderato.
- Smettila di toccarmi la pancia – lo sgrida Tiberio, alzando semplicemente la voce, ma senza muovere un dito contro di lui. Guido è infatti passato alle mani, le provocazioni verbali non sono servite a risvegliare l’entusiasmo del futuro medico.
- Oh, ma come siamo nervosetti stasera – sogghigna Guido – hai avuto per caso una piccola discussione con la tua dolce Carlotta? – continua a stuzzicarlo. Notando il suo sguardo infastidito, si rialza in piedi e lo lascia stare. Sa bene che quando tocca l’argomento “dolce Carlotta” non fa di certo molto piacere a Tiberio. Chissà perché, ma, se non è lui a chiedere consigli al riguardo, odia ricevere domande inaspettate che abbiano a che fare con la ragazza con cui si è fidanzato ufficialmente due anni prima. Allora il giovane studente, tornato a casa da un minuto o poco più, si stacca immediatamente dall’amico e corre verso i fornelli per preparare un po’ di lenticchia. Questo, improvvisamente, però, lascia Tiberio deluso: anche lui adora, in fondo, ricevere attenzioni da quel ragazzo così energico e determinato con cui condivide l’alloggio. E così smette per qualche secondo di sistemare il pollo nel piatto e lo fissa: è ancora vestito per bene, come ogni giorno, con una delle sue camicette di un color pastello, i jeans rigorosamente grigi o neri e le scarpe eleganti che a volte sostituisce con un paio di boots marroncini. Sa bene che in genere prima mette il suo cibo a cuocere o a riscaldare e poi va a cambiarsi nell’attesa, indossando una tuta con la quale, probabilmente, andrà a correre sul tapis-roulant del piano terra prima di docciarsi e andare a letto.
- Tu invece mangia un po’ di più… non vorrai mica che i tuoi ragazzetti toccassero soltanto ossa?
- Parli con me? – si volta verso di lui Guido, puntandogli una forchetta.
- E con chi, se no? Abbiamo altri coinquilini nel 229?
- Magari ce ne fossero, almeno troverei qualcuno con cui distrarmi e sopportare meglio la tua presenza.
- Non hai messo in conto che probabilmente questi ipotetici coinquilini potrebbero odiarti e trovare me simpatico – gli fa Tiberio
- Difficile da immaginare – afferma con convinzione l’altro, - dovresti soltanto ringraziare il Dio a cui tu non credi per aver trovato uno come me. Ti sveglio al mattino, ti incito a darti da fare, a volte ti preparo anche la cena (oggi è martedì e sei tornato per primo, casualmente pensando a preparare soltanto la tua di cena), ti ricordo che devi fare la lavatrice, ti pulisco la stanza (il bagno no, non sono mica la tua sgualdrina), a volte, quando mi sento generoso, ti riempio di complimenti e…
- Okay, ho capito – risponde Tiberio, mollando per un attimo le posate e guardandolo negli occhi. Poi comincia a sorridere, divertito.
- Cosa c’è di buffo? Avanti, dimmi, cicciobbello.
- Ho capito, ho capito…
- Cos’è che hai capito? Che sei una testa di minchia?
- Ho capito che… tu… sei una casalinga. Sei la MIA casalinga.
Guido abbassa la testa, e, nonostante l’altro continui a sghignazzargli in faccia, si fa serio e si avvicina con lentezza, con passo pesante, verso il tavolo occupato momentaneamente per metà.
- Finiamola qui, bello di casa, perché se poi comincio a nominare Carlotta, anche senza dire chissà cosa, tu fai il broncio e dai silenziosamente la colpa a me.
Tiberio sa che scherza. Fanno sempre così. Torneranno presto a ridere, magari a passare la serata insieme sul divano davanti al televisore, a farsi il solletico e ad assaggiare del vino bianco. Questo ovviamente dopo i minuti che Guido dedica, suppergiù ogni sera, allo sport.
- Mi arrendo questa volta.
Guido, credendo di aver sentito male le parole dell’altro, interrompe la sua breve ma brusca marcia in direzione del bagno, si rigira verso di lui e gli fa: - che cos’è che hai detto, perdonami?
- Mi piace quel tono elegante.
- Ripeti le ultime parole.
- Mi piace quel tono elegante.
Il “dottorino eternamente in erba” riprende a camminare, desideroso di spogliarsi e indossare degli indumenti comodi, ma Tiberio prova di nuovo a frenarlo.
- Mi arrendo perché è successo qualcosa.
- Raccontami quando torno, ora devo metter su questa tuta, son stanco di tenere addosso questa roba che amo ma che dopo una giornata lancerei dalla finestra. ‘Ste scarpe, poi, sono bollenti come i miei piedi – si sente rispondere in lontananza. In realtà, curioso di sapere di cosa si tratta, si trasforma in quattro e quattr’otto nella “casalinga disperata” che il suo finto partner, intimamente, stima. – Mi dica tutto, dottore. Che problemi presentiamo questa volta? – domanda, tornando a controllare scrupolosamente la lenticchia.
- Carlotta – dice seccamente Tiberio.
L’altro stacca gli occhi dalla cosiddetta “carne dei poveri”, che però gli piace tanto e che considera come uno dei cibi più nutrienti per l’organismo umano, lancia un’occhiata perplessa a Tiberio e abbozza un sorriso non tanto finto. – L’innominabile?
- Sì, lei – sospira l’amico, che taglia nervosamente la sua carne bianca, osservato da un Guido che si ritrova senza parole.
- Se ne vuoi parlare più tardi, io ci sono – gli propone dopo pochi attimi, sapendo che non può perdere tempo: bisogna cenare, allenarsi almeno un po’, lavarsi e poi rilassarsi davanti a qualche show televisivo. – Oppure, se è urgente, puoi far subito, va bene? Dimmi un po’.
- No, non è urgente – lo rassicura Tiberio, mischiando pollo e insalata.
- Come preferisci… ma… vorrei chiederti solo una cosa.
- Forza, dai, dimmi – ribatte Tiberio, passando il tovagliolo per il muso e il baffetto.
- Mi daresti un po’ della tua insalata, gentilmente? – Guido gli spalanca gli occhi e sfoggia la pelle rosea e il viso liscio, fingendosi dolce e pietoso, consapevole di “sedurlo” in questo modo. – Prometto che dopo il tapis-roulant e, se vuoi, anche prima della doccia, ti preparo una ciotolina di finocchi e carotine, così ti sentirai… “pieno”, come tu dici.
- Ti ci spezzetterai anche tu, quindi, insieme alle carotine, nel piattino?
- Il tuo senso dell’umorismo è sempre così scontato, prevedibile, noioso e inappropriato – gli elenca il ragazzo “ufficialmente gay”, espressione che è solito precisare quando qualcuno gli fa una domanda anche semiseria sull’argomento durante uno di quei salottini radical chic da studenti fuori o in sede.
Dopo la sentenza delle 19 e qualcosa (sparata questa volta dall’orgoglioso ragazzo gay del 229 di uno studentato vicino al centro di Bologna, di un martedì qualsiasi, in pieno autunno), l’aria in quella cucina si acquieta; solo rumori di posate, pentole e vettovaglie varie risuonano in uno dei piccoli spazi condivisi da due studenti così… “diversi e paralleli”, come recita lo stato WhatsApp di Guido: una frase dal contenuto ambiguo e mai spiegato ad amici o conoscenti curiosi di sapere, come si usa nell’epoca contemporanea, il motivo della scelta di tre parole simili per un’applicazione ormai alla portata di chiunque.
 
- Buonasera, vicina ubriacona - saluta Tiberio, rivolgendosi a Noemi. La ragazza è appena approdata dal suo monolocale, situato proprio di fronte al 229. Sfoggia come sempre magliettine e pantaloni di tuta molto “pretty”, in genere scegliendo colori come il rosa, il viola o il verde smeraldo. Né Tiberio né Guido hanno mai capito al cento per cento la sua personalità, ma è sicuramente il secondo ad essere legato maggiormente a lei: gli piace il fatto che, nonostante prenda la vita con divertimento, riesca a conciliare perfettamente università, impegni vari e vita sociale. Vuole avviarsi di già verso un’imparziale indipendenza, tenendosi impegnata con successo, sebbene faccia affidamento di tanto in tanto su qualche tranquillante prescrittogli dal medico di base. La sua media, in economia, è del 29,5. È al secondo anno e spera di poterla mantenere.
- Buonasera a te, Tiberione… anche oggi siamo riusciti a cucinar qualcosa per alimentare quella bella pancetta? - ricambia Noemi, portando dietro i capelli rosso naturale con una mano e reggendo con l’altra una bottiglia di vino bianco Chermit, uno dei più economici ma anche il meno peggio tra quelli scontati esposti in un angolino emarginato nel supermercato più vicino, un centro commerciale di medie dimensioni frequentato molto spesso da studenti fuori sede.
- Ciao, bella! - esplode Guido, in accappatoio. Ha sentito la voce della sua amica e, prima ancora di asciugare i capelli, non ha resistito ed è corso fuori dal bagno per salutarla e per vedere quale tipo di alcolico ha portato anche stavolta. - Torno subito, d’accordo? Ci metto cinque minuti.
- Devi per forza lasciarmi con questo esemplare di uomo noioso? - gli chiede, con tono falsamente dispiaciuto: non le importa aspettare altri cinque minuti. Sa bene che Guido sarà pronto anche in meno tempo, e durante l’attesa potrà gironzolare come fosse casa sua, scegliere i bicchieri migliori e maneggiare l’apribottiglie con la sua autentica destrezza. Tutto ciò, probabilmente, continuando a battibeccare con Tiberio. La differenza tra lei e Guido è sostanzialmente che Noemi riesce veramente a ironizzare con lo studente di medicina, ad insultare e ad essere insultata con una leggerezza disarmante, senza mai alterarsi. Quindi non sarà mai possibile assistere a una discussione tra l’“ubriacona” e il “panzuto”. Questi soprannomi e altri insulti, dopotutto, innocenti, bastano e avanzano.
- Non ti azzardare ad andare via - la minaccia Guido, coi capelli umidi e arruffati. Non vede l’ora di brindare con lei: gli sta simpatica ed è una buona compagnia dopo una giornata stressante. Avrebbe forse preferito rimanere con Tiberio, per farlo parlare e scoprire cosa è successo tra lui e la sua ragazza. Ma di solito Noemi si trattiene per mezz’ora o quarantacinque minuti al massimo, poi li lascia da soli.
- Non me ne vado, ci mancherebbe pure. Su, va’ ad asciugare quel pelo, non ti scordare i cristalli liquidi prima del phon.
- Ma certo, torno subito… e non litigate, voi due.
- Tranquillo, caro Guidetto -  fa lei, aspettando che si chiuda di nuovo nel bagno per poi sussurrare: - Fallito.
- Baldracca - ribatte subito Tiberio.
Non appena si sente l’asciugacapelli acceso, i due finti nemici possono rialzare la voce.
- Com’è andata oggi, in mezzo ai corpi morti? Li hai sventrati per bene? - domanda la ragazza, mentre dà di già un’occhiata ai bicchieri.
- Ti ho detto più volte che ancora non sono arrivato a fare quelle cose - risponde Tiberio, senza guardarla in faccia, tentando di ritrovare il telecomando tra i cuscini del sofà.
- Oh, addirittura “quelle cose”? Usa una terminologia più appropriata, Tiberione, non mancare di rispetto nei confronti del tuo percorso di studi e della tua splendida carriera accademica e scientifica.
Guido torna da loro, portando in sala un profumo di olio di mandorle, probabilmente un aroma sia del bagnoschiuma che dello shampoo. Dopo aver passato le mani tra i capelli di Tiberio, che continuava ad essere indaffarato al computer, siede sul divano verde, scelto dalla vicina come posto per adagiarsi. Noemi è infatti pronta a bere: ha due bicchieri mezzi pieni di vino in mano e ne offre uno subito al suo vicino, un ragazzo che ha adorato dal primo momento per la sua determinazione e socievolezza. La serata trascorre, tuttavia, molto bene: i due parlano in continuazione mentre il baffuto ticchetta con le abili dita sulla tastiera del pc. Dopo una quarantina di minuti, Noemi saluta, lancia un insultino del tipo:
- Addio, medico sfigato - e chiude la porta principale del 229.
- Vuoi parlarmi adesso? - domanda Guido.
Tiberio lo fissa per un attimo, mentre sembra tentato a dire qualcosa di importante, ma viene trattenuto da una forza reprimente interiore.
Si sente bussare per la seconda volta in quella serata. Guido si precipita con uno sguardo perplesso davanti alla porta e la spalanca in un batter d’occhio.
- Ho dimenticato di dirti che devo parlarti per due minuti – Noemi gli afferra il braccio sinistro e lo spinge fuori di casa – vieni da me.
- Sei pazza? Non ho preso il badge! – le urla Guido, quando ormai la porta è chiusa.
- E che c’è? Non te la senti di disturbare il maritino tra poco, bussando o chiamandolo? – gli fa Noemi, imitando un broncio da piagnucolona.
- Parla piano! – bisbiglia nervosamente Guido – Che cazzo spari ‘ste cazzate qui?
- Cazzate, eh? – continua a dimostrarsi maliziosa lei, invitandolo a fare presto e ad entrare nel 227.
- Cosa vuoi dirmi? – tuona Guido una volta messo piede nella stanza da letto della cucina.
- Allora? Come va col maritino dottorino?
- Cosa stai insinuando? – chiede il ragazzo, spalancando le braccia.
- Ah, niente, figurati… secondo te non voglio sapere come va tra te e lui dopo quello che è successo?
- Non dovrebbe interessarti.
- Siamo confidenti, noi due… te lo sei scordato? Ci diciamo tutto – Noemi sembra molto agitata, spazientita e anche dispiaciuta.
- E va bene: non è successo niente, okay?
- Cosa? Neanche una parola al riguardo?
- Proprio così. Per qualche giorno c’è stato imbarazzo, credo… o almeno, da parte sua. Ma poi, niente di niente.
- Voi due siete pazzi. Credi davvero che sia come se non fosse successo nulla e che non lo rifarete più?
- Non mi interessa, ormai, sinceramente.
- Come no…
- … anche perché quella sera eravamo ubriachi – continua Guido – e lo sai meglio di me che ero fuori…
- Fuori di te? Al massimo puoi dire di esserti concesso di essere te stesso, semmai. Per una volta. Perché continui a nascondere, a reprimere? E poi… quanto a lui… andiamo, su… e non parlarmi della fidanzata. Quella è solo una scusa.
- E allora mettiamola così. Sono io, probabilmente, che sto cambiando. Sto conoscendo un ragazzo… due, in realtà. Sono gay, decisi e disposti a frequentarmi. Non voglio perdere altro tempo con roba inutile.
- Ti direi la stessa cosa se tu non provassi qualcosa per lui.
- Smettila di dire cazzate – le risponde, con aria più che infastidita.
- Ah, cazzate? Io vedo tutto, io sento tutto, mio caro. Si sente nell’aria appena varco la porta del vostro dolce appartamentino…
- Adesso basta, Noemi. Devo tornare.
- Devi tornare da lui? Ti manca di già?
- Se hai bisogno di me, chiedi pure. Ma non voglio portare avanti questo discorso. Se vuoi altra compagnia, basta domandare.
- Non ho bisogno di compagnia, solo di verità – scrolla le spalle e lo accompagna verso l’uscita – devo finire il paper da consegnare domani, poi provo a sentire qualcuno al telefono, corteggiarlo finché non sarò ricambiata e mi sentirò stanca e… buonanotte.
- Bene così – fa Guido, ancora serio. – Ci vediamo domani.
- Sì, assolutamente, devi raccontarmi di questi due ragazzi… dunque mi sono persa un po’ di cose, a quanto vedo.
- A domani.
- Ciao, salutami il maritino – si raccomanda la ragazza, stavolta provando a mantenere la voce bassa.
Guido rientra, pensando a come atteggiarsi per fare in modo che l’amico parli. Non gli serve, però, rifletterci su più di tanto, dato che Tiberio lo coglie di sorpresa: lo afferra, lo abbraccia e gli parla nell’orecchio. Sembra preoccupato, tormentato… insomma, stranamente, ma non eccezionalmente, bisognoso del suo Guido.
L’altro si sente improvvisamente avvolto e riscaldato da quelle braccia che non trova mai invadenti.
- Hai sempre avuto ragione… SEMPRE. Non sono mai stato capace di crederti fino in fondo, di prenderti sul serio.
Guido si sforza di non tremare, ma gli risulta difficile anche pronunciare una sola parola. Forse ha ragione Noemi: non deve nascondere nulla. Eppure non VUOLE sentirsi così.
È tornato in trappola. Un’altra volta.
   
 
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