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Autore: LatazzadiTea    19/09/2017    4 recensioni
Oscar inizia a rendersi conto di ciò che prova, quando André smette di parlarle come faceva un tempo. Ora che tutto sembra cambiato, lei cercherà di ritrovare se stessa aprendo il suo cuore a un nuovo sentimento. Il suo amore per lui cresce dentro al suo cuore facendosi strada giorno per giorno, divendo sempre più intenso e opprimente, quanto il silenzio che la circonda senza il suono della sua voce.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alain de Soisson, André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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- Vi vedo spenta madamigella Oscar, il vostro incarnato non è al suo solito splendore... - si lamentò il vecchio pittore.

- Dovete perdonarmi, ma le fatiche a cui sono costretto per adempiere al mio dovere di soldato non mi giovano affatto... - replicò Oscar sarcastica.

Era tornata a casa febbricitante, sforzandosi di non far trasparire troppo il suo malessere, per non far preoccupare nessuno, Nanny sopratutto. Da quando André era partito, Marie non si era più alzata dal letto. Anche lei sembrava in attesa del suo ritorno, come del resto lo erano entrambe, domandosi quanto sapesse delle condizioni in cui versava suo nipote. Sì sentì pervadere da una sensazione di impotenza e smarrimento mentre la frustrazione aumentava ad ogni ora; avrebbe voluto condividere con lui quel momento difficile per trovare la forza di affrontare tutto insieme, e invece, lui non c'era. Non poteva, ma avrebbe voluto partire alla volta di Arras per avere notizie. Lo avrebbe raggiunto ovunque, pur di rivederlo e abbracciarlo ancora. La distanza che li separava era fisicamente dolosa per lei: sentiva il suo giovane corpo fremere di desiderio, i sensi risvegliati dopo anni di astinenza richiedevano soddisfazione. Malgrado la malattia e contro tutto, il suo cuore e le sue carni anelavano a quelle dell'altro, all'amore e alla vita come mai le era accaduto prima di allora. Non voleva certo morire, e certamente non desiderava arrendersi, ma lottare senza l'altra metà della sua anima si stava rivelato più difficile del previsto, sopratutto in quei momenti di tristezza e sconforto in cui aveva pensato di non farcela.

- Vi chiedo scusa Monsieur, sono stata scortese con voi - disse Oscar cercando di darsi un minimo di contegno.

- Non fa nulla madamigella Oscar, siete bellissima anche così. Il passionale struggimento che oggi colgo nel vostro sguardo, darà al dipinto quell'accenno di realismo in più che cercavo... - si permise di dire l'uomo.

- Badate a come parlate alla mia bambina, scostumato! - esordì Marie dal suo letto. Quell'inaspettato guizzo di vitalità la fece sorridere, Nanny non si smentiva mai e sapeva tirar fuori forze e risorse sconosciute al mondo dei comuni mortali quando si trattava dei suoi ragazzi.

- Non scaldarti così tanto nonna, non ti fa bene alla salute - l'ammonì benevolmente Oscar.

- Sciocchezze! Anche se ho vissuto abbastanza, non è ancora la mia ora! - controbatté la vecchia governate.







Qualche ora più tardi, quando il pittore se ne fu andato, Oscar ricevette un altra visita, quella del medico di famiglia. Era stato suo padre a chiamarlo per Marie, che malgrado le continue proteste, alla fine era stata costretta a farsi visitare. Fu proprio Oscar a chiedergli di vedere anche lei, con la scusa della stanchezza causata da quei massacranti giorni di guardia che aveva dovuto affrontare al comando dei suoi uomini ai lavori dell'assemblea.

- Da quanto state così? - volle sapere il dottore.

- E' qualche mese che sto male ormai - ammise lei senza avere il coraggio di guardarlo.

- Madamigella Oscar ecco, non vorrei, ma devo chiedervi se posso osare domandarvi le circostanze di questa vostra anomala condizione... - disse il medico stranendola. Il dottore sembrava essere in imbarazzo e lei non comprese il perché.

- Che volete dire, non capisco? - domandò Oscar stupita.

- State dicendo che non ne avete idea? Comprendo la delicatezza della vostra posizione, ma come potete continuare ad affaticarvi ancora così tanto nelle vostre condizioni? - replicò l'uomo addolorato.

- Lo so dottore, come sospettavo da tempo è tisi, vero?- domandò Oscar quasi freddamente.

- Sì purtroppo, ma la tisi si può curare Oscar, almeno in questo stadio. E se volete che accada, dovrete abbandonare l'uniforme e ritirarvi a vita privata, riposarvi, e mangiare in modo sano e corretto fin da ora - le spiegò il medico.
- Oltre al fatto che se non farete così, non sarete abbastanza forte per portare a termine questa gravidanza madamigella... - aggiunse l'uomo. Quella notizia la colpì come un fulmine a ciel sereno.

Oscar deglutì nervosamente, sicura di aver capito male.

- G-Gravidanza? Avete detto gravidanza, ho capito bene? - ripeté incredula.

- Credete che non sappia riconoscere le condizioni del vostro stato solo perché è all'inizio? - ribatté il medico del tutto contrariato.

- Non ditelo a mio padre vi prego, lui non deve saperlo! - reagì malamente Oscar in preda al panico.

- Non lo farò madamigella, state tranquilla. Ma agite in fretta Oscar, qualsiasi siano le vostre intenzioni - le rispose il vecchio dottore.

- Lo farò, non desidero certo morire... - Oscar si portò una mano in grembo senza tuttavia riuscire a gioire per quella notizia.

- Ah, scusatemi se ve lo chiedo, ma dov'è il vostro André? Sono preoccupato anche per lui, è tanto tempo che non viene nel mio studio - gli domandò ancora l'uomo.

- E' per via della sua vista che me lo chiedete? - volle accertarsi Oscar.

- Sì, speravo di potervi porre rimedio ma a quanto pare, la vostra testardaggine e anche la sua. Ho perso tanto tempo prezioso madamigella Oscar, e temo che a questo punto sia tardi - disse il dottore con un tono greve e soffrente nella voce.

L'uomo si accomiatò con le lacrime agli occhi, li aveva visti crescere, e il suo turbamento era più che giustificato, pensò Oscar tornando a sedersi sul suo letto.

All'improvviso, il pensiero di quel bambino le fece battere il cuore all'impazzata e salire le lacrime. Si domandò che aspetto avrebbe avuto o a chi avrebbe somigliato, a lei o al padre? A entrambe forse? Quando poteva essere crudele e meravigliosa al tempo stesso la vita, si disse, decidendo di alzarsi e scendere a vedere Marie. Il suo primo impulso era stato quello di voler condividere con lei una simile notizia, ma poi ci ripensò, decidendo di aspettare il ritorno di André per farlo.

Non sapeva bene come spiegarselo, ma sentiva che il tempo in cui stavano per ricongiungersi non era lontano.







La sensazione che provò nel cercare di aprire l'occhio da poco operato, fu tremenda. Il dolore più devastante che avesse mai sentito lo colpì così prepotentemente allo stomaco, da fargli rimettere quel poco che era riuscito ad ingerire la sera prima. Il conato fu violento, e sua madre gli tenne alzato il capo per aiutarlo ad espellere tutto, senza sporcarsi la candida veste da notte; malgrado la stanza fosse buia, Joséphine sembrava muoversi agilmente fra gli arredi, come se anche lei si fosse abituata all'oscurità che da giorni aveva inghiottito il figlio.

André annaspò, con ancora il sapore acido e greve nelle fauci a disgustarlo.

- Madre... - mormorò cercando quel tocco delicata e fresco.

- Sono qui André - gli rispose Joséphine accogliendo dolcemente la mano del figlio nella propria.

Quella voce calda e sommessa lo calmò, riportandolo nell'ovattato oblio di quel sonno indotto e necessario. Anche Edgard si alzò, stirandosi gli arti indolenziti. Aveva dormito su una delle poltrone della camera da letto di Josèphine fin da dopo l'intervento, e se lui era riuscito a riposare abbastanza durante quelle dure notti d'attesa, per la madre non era andata così. Le poche ore di sonno che si era concessa erano state talmente tormentate, da farle preferire di non dormire affatto, almeno fino a che avrebbe trovato la forza di reggersi ancora in piedi.

- Andrà tutto bene vedrete... andate a riposare ora, veglierò io André - le disse dopo aver scostato appena le pesanti tende che impedivano alla luce solare di entrare nella stanza.

Joséphine gli lanciò uno sguardo stanco, e rifiutando la generosa offerta del suo secondogenito, accennò un breve sorriso.

- Riposerò quando André si sarà ripreso... Potrebbe svegliarsi ancora, e chiamarmi. Il mio posto è accanto a mio figlio adesso - gli rispose la madre.

- Oscar! Oscar... sono qui, Oscar... - la voce di André squarciò di nuovo il silenzio in cui era ricaduta la stanza e la madre tornò a consolarlo con la sua muta presenza.

Nel delirio della febbre aveva alternativamente chiamato lei e quella donna, come se entrambe fossero l'unica ancora di salvezza a cui aggrapparsi. Poteva capire bene cosa stesse provando quel suo figlio sfortunato, l'aveva provato a sua volta quello strazio, quel dolore immenso e quel costante vuoto nell'anima che si sentiva lontano dalla persona amata, lei sapeva bene cos'era. Rivedere il volto tanto caro del suo amato Robert, riflesso in quello del figlio, era stata una gioia immensa, e al contempo, un incommensurabile dolore. Tuttavia, dopo quell'incontro insperato, il suo cuore aveva finalmente smesso di sanguinare; il suo adorato bambino era tornato da lei, e niente e nessuno glielo avrebbe strappato ancora dalle braccia, pensò Joséphine baciandogli la fronte.

Dal canto suo, Edgard si allontanò per rinfrescarsi e salutare il fratello minore: Alexander avrebbe anticipato la partenza. I cinque giorni concessi da André erano già ampiamente scaduti, ma in quelle condizioni certo non poteva viaggiare. Avrebbe spiegato il perché di quel ritardo alla diretta interessata, e provveduto alla sua protezione al posto di André, qualora fosse stato necessario.

- André mi ha chiesto di scrivere due lettere per lui, una è per l'anziana nonna, l'altra è per la figlia del generale Jarjayes. Mi raccomando Alex, non fare sciocchezze! Sei un ufficiale belga in terra straniera, perciò, non immischiarti in questioni che non ti riguardano. E sopratutto fratello mio, tieni a freno la lingua! - lo mise in guardia Edgard conoscendo bene il carattere istintivo e irruento del fratello minore.

Alexander annuì seccato. Una volta arrivato in Francia e appurato di persona la reale situazione, avrebbe deciso cosa fare, ma solo dopo aver accompagnato Gilbert a casa sua, ad Arras. Il giovane gli era stato affidato da André, come le sue lettere, o la ricompensa in denaro che gli era stata promessa in cambio del suo aiuto, sebbene il ragazzo l'aveva fortemente rifiutata a causa dell'eterna gratitudine che portava ai suoi benefattori. Alexander si sentì profondamente turbato anche dal pensiero di come quella terribile situazione politica e sociale, stesse mettendo così duramente alla prova persone come suo fratello André, o il piccolo Gilbert, così gentile, buono e onesto, da far invidia anche al più virtuoso degli uomini. Il gesto di suo fratello maggiore poi, gli aveva lasciato una nota amara in bocca. Non aveva fatto tanta strada per godersi quegli istanti di felicità al fianco della madre ritrovata, l'aveva fatta solo per dirle addio in vista di un inevitabile incontro col destino. Il giovane ufficiale salì in carrozza dando alla casa natia un ultimo sfuggente sguardo, prima di partire per Parigi.

Ormai era in gioco, e doveva giocare.








Nel tentativo di rimediare allo scompiglio creato, il ventitre giugno del 1789 i rappresentanti dei tre stati si riunirono di nuovo, accolti dall'ennesima giornata di pioggia battente. Ma a sorpresa di tutti, se al contrario nobiltà e clero poterono accedere alle sale dell'assemblea attraverso l'ingresso principale, per i rappresentanti del popolo si aprirono solo le porte di servizio.

- Perché i rappresentanti del popolo non entrano dalla porta principale? - domandò Oscar a uno dei nobili presenti.

L'uomo in questione che era un marchese, si limitò a risponderle con sufficienza che per ordine del sovrano solo i ceti più elevati potevano varcare la soglia, mentre agli altri, era concesso di entrare all'assemblea dal retro. Oscar non poteva credere che un ordine simile arrivasse dal re in persona, era un affronto bello e buono, e per di più illegittimo. Non avrebbe fatto altro che aumentare l'odio del popolo verso il sovrano, e fomentato altre rivolte e scorrerie. A quell'ennesimo affronto Oscar reagì molto male, non avrebbe mai accettato di farsi complice di una simile ignominia.

- E questo basta a mettere a tacere la vostra coscienza, Marchese de Dreux-brézé? Non vi importa nulla delle terribili conseguenze che questa decisione avrà sul popolo francese? - ogni tentativo di far ragionare gente inetta come quell'uomo fu inutile e Oscar dovette arrendersi ancora una volta.

- Lasciate stare comandante Jarjayes a noi non importa di bagnarci sotto la pioggia ed attendere il nostro turno per entrare. Essere qui in rappresentanza del popolo, è un tale motivo d'orgoglio! Nulla ci impedirà di adempiere a questo dovere, non vacilleremo davanti a nulla, né davanti alle ingiurie, né davanti alle offese - esordì un uomo alle sue spalle.

Quel giovane avvocato era Maximilien de Robespierre, lo aveva conosciuto già qualche anno prima ad Arras, la sua città natale. Oscar era rimasta molto colpita da quel giovane uomo dallo sguardo pieno di passione, dalla fierezza e dal coraggio che sembravano guidare ogni sua azione. Era ammirevole il modo in cui lottava per quella causa, malgrado la inquietasse. Il malcontento crebbe ancora e alla protesta già accesa si unirono altre voci, fra cui quelle di alcuni dei suoi soldati della guardia. Alain in particolare si sentì ribollire il sangue da quella decisione arbitraria e intervenne senza nessun ordine diretto da parte dei suoi superiori.

- Alain! Ma che stai facendo? Fermati! - gli intimò Oscar correndo a fermarlo.

- Voglio ammazzarlo quel de Dreux-brézé, lasciatemi andare... - sbottò l'uomo in preda alla rabbia.

- Per risolvere cosa? Per farti arrestare e finire davanti al plotone d'esecuzione? - cercò di farlo ragionare lei.

- Comandante, come potete tollerare una cosa simile? Perché non vi opponete a questo sopruso? - replicò Alain cercando di calmarsi.

Ma non ci volle molto perché Oscar venisse messa di fronte a una scelta decisiva, quando qualche ora dopo arrivò la notizia che l'assemblea era stata sciolta dal re e che i rappresentanti del popolo si rifiutavano di andarsene, si intimò una rappresaglia armata. Quell'ordine fu dato proprio a lei, al comandante dei soldati della guardia.

- Come? Dovrei sparare e uccidere? Dovrei puntare le armi contro i rappresentanti del popolo? Non darò mai quest'ordine ai miei uomini, potete scordarvelo! - rispose Oscar con fermezza.

- Come osate definirli ancora in quel modo, ormai sono solo traditori! Mi dispiace Oscar, ma non mi date scelta, affronterete il tribunale militare - controbatté il generale Bouillè al limite della sopportazione.

- Non potete farlo generale, una cosa simile non è mai accaduta prima d'ora, fermatevi! - lo supplicò Oscar.

Quando Bouillé uscì da quelle stanze senza darle minimamente ascolto, Oscar capì che doveva fare qualcosa. Non poteva più tirarsi indietro, era ora di reagire. I tre ufficiali che la tenevano prigioniera in attesa di arrestarla, sembrava ben intenzionati a trattenerla fino a che il generale Bouillè non avesse convinto i suoi soldati della guardia, a seguirlo fino all'assemblea, cosa che però non avvenne. Oscar dovette assistere a una scena terribile dalle grandi vetrate della stanza in cui era stata trattenuta. Molti dei suoi uomini non accettarono di prendere ordini dal comandante in capo dell'esercito, venendo colpiti e arrestati sotto i suoi occhi sbalorditi. Per evitare altre defezioni, il generale scelse di affidare quell'ordine alla guardia reale, dandole l'ennesimo schiaffo morale. Alain che l'aveva seguita per vegliare ancora una volta su di lei, realizzò quasi immediatamente cosa stesse succedendo, tanto che quando la voce concitata di Oscar gli arrivò all'orecchio, fece letteralmente irruzione nella stanza per aiutarla a fuggire.

- Comandante, dove portano i miei compagni? - domandò Alain.

- Alla prigione dell'abbazia Alain, ma penseremo dopo a loro. Dobbiamo tornare alla sala delle assemblee o ci sarà un massacro! - gridò Oscar prendendogli la spada dal fianco.

La folle corsa non durò molto, quando arrivarono una guarnigione delle guardie reali con a capo Girodelle, era già alle porte dell'assemblea. Il peggio non era avvenuto solo grazie all'intervento di molti nobili, che contravvenendo agli ordini del re, erano rimasti a proteggere i rappresentanti del popolo a spade levate. Grazie a quegli uomini, Oscar aveva avuto il tempo di arrivare sul posto e mettersi in mezzo. Per un lungo interminabile istante, il suo sguardo zaffireo incontrò quello smeraldino di Girodelle, che mutò d'espressione nel vederla così sconvolta e impaurita.

- Fermatevi! Dico a voi colonnello Girodelle, e a voi soldati della guardia reale, sparerete anche su di me? Sparerete al vostro ex comandante e su questa gente indifesa e disarmata? Lo farete? - urlò Oscar a braccia aperte.

Quando si rese conto di essersi completamente esposta al fuoco, Oscar si sentì pervadere da un sentimento così forte da farle temere di non essere più sana di mente. Mille proiettili avrebbero potuto trafiggerle il petto, mettendo fine a tutto. Non aveva mai provato una paura così profonda di morire, e il suo pensiero andò ad André. La sua assoluta priorità era proteggere il loro bambino, e per un momento, fu sul punto di cedere. Fortunatamente, Girodelle non ebbe il coraggio di andare fino in fondo, gli bastò un gesto perché le guardie reali abbassassero i fucili e tornassero nei ranghi, facendo dietro front sotto lo sguardo incredulo dell'intera piazza antistante l'edificio dell'assemblea. Nel silenzio abbattutosi tutto intorno all'improvviso, a Oscar parve di udire un suono, come una voce chiamarla da lontano. Alzò il capo mentre le lacrime si mischiavano alle gocce di pioggia: anche il cielo sembrava voler piangere quel giorno.

- Andrè sei tu? Oh André, André ... - mormorò più volte prima di ritrovare la forza di abbandonare quel luogo e tornare a casa.





 
   
 
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