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Autore: Jofenn    19/09/2017    1 recensioni
Gio e Michelle – l’ordine dei loro nomi è corretto così, perché sa di musica – si conoscono da cinque anni, cioè da quando Michelle aveva più o meno quattordici anni e frequentava il primo anno di liceo. Le loro vite non sono più le stesse da quel pomeriggio lì, in cui Michelle decise di mettere tutto da parte, e di credere soltanto alla sorprendente e sempre nuova e formidabile e emozionante dote della vita: cambiare.
Teatro, vita, amore. Non sono forse uno parte dell'altra in qualsiasi ordine li si ponga?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il foglio è vuoto
questo lo so
ed esso è muto
raccontarsi non può
per questo mi prendo
il compito e la pena
di non narrar la storia
con questa cantilena
state tranquilli
state sereni
la prossima cosa
sarà certo in prosa.

 



A Michelle piace:
  • Chiedersi il perché del suo nome.
  • Fare attraversare i pedoni sulle strisce per vedere le loro reazioni.
  • Bere acqua frizzante.
  • Parlare in dizione dopo aver visto un bel film.
  • Che le chiedano se è innamorata.
  • Che le chiedano i suoi colore-numero-film-canzone-libro-qualsiasialtracosa preferiti.
  • I quadri di Klimt, in particolare il periodo d’oro.
  • Mangiare in famiglia la domenica.
A Michelle non piace:
  • Che la interrompano o che cambino discorso mentre sta parlando.
  • Vomitare.
  • Chiamare al telefono qualcuno che non ha mai visto di presenza.
  • Parlare del suo aspetto.
  • Scrivere sui quaderni a quadretti.
  • Truccarsi per gli spettacoli teatrali.
  • Venire sostituita (in qualsiasi contesto).
 
A Gio piace:
  • Il teatro.
  • Non lamentarsi del tempo che passa.
  • Accettare il tempo che passa.
  • Passare il tempo a non sprecare tempo.
  • L’acqua frizzante.
  • Nobilitare il genere umano.
  • Andare ad Amsterdam per musei.
  • Essere grato.
A Gio non piace:
  • Che qualcuno venga escluso.
  • Andare a fare la spesa.
  • Litigare con suo padre (soffre di demenza da due anni, è impossibile ragionarci).
  • Il suo lavoro.
  • La sua canzone preferita impostata come sveglia.
  • Vantarsi.
  • Il caffè.
 
Gio e Michelle – l’ordine dei loro nomi è corretto così, perché sa di musica – si conoscono da cinque anni, cioè da quando Michelle aveva più o meno quattordici anni e frequentava il primo anno di liceo.
Non è un mistero che a Gio non piaccia il suo lavoro. La madre lo costrinse, all’età di diciannove anni, ad iscriversi alla facoltà di architettura. Lei aveva sempre lavorato nell’ambito della tutela dei beni culturali e pensava che quella fosse l’unica via possibile e universalmente giusta per tutti. Inoltre anche la sorella maggiore di Gio era nel settore e si era appena laureata per la specializzazione. Mentre la sorella minore, che aveva una minuscola speranza di fuggire alle grinfie del destino, era ancora al quarto anno di liceo. Ma poco dopo anche a lei toccò la stessa sorte.
Per alcuni, trovare rapidamente un impiego e trarne ampi vantaggi economici, può sembrare un sogno, una realtà impossibile ma ideale e alla quale ambire durante gli studi. Per loro era stato come la fine della libertà e l’inizio dell’Abitudine e di cose malvagie simili.
Gio aveva ripreso un respiro quando, capendo che da lì a poco avrebbe desiderato uccidersi o cambiare identità e scappare, scoprì il teatro. E sentì come la necessità e il dovere di diventarne un fedele conoscitore.
Si munì di biglietti per vari spettacoli e scoprì un archivio online dedicato interamente alle repliche delle più famose opere teatrali. Si dedicò a questa nuova passione come fosse un secondo lavoro e quindi con un certo senso di responsabilità e, nuovamente, di dovere. Ci vollero pochi mesi perché sentisse premere dentro il desiderio di sperimentare il Teatro.
Così aprì un piccolo laboratorio teatrale, supportato da una realtà religiosa di paese. Per tre anni l’iniziativa andò avanti a gonfie vele: persone di ampie fasce d’età si presentavano per vivere il Teatro, alcune solo per scherzare e perdere tempo, altre per investire sul proprio futuro. Era persino riuscito a scavarsi un posticino di nicchia nella stagione teatrale, che ogni anno – con segreto entusiasmo e aspettativa – lo contattava per chiedergli quali novità avesse in mente per l’anno venturo.
Fu quindi per la fama del laboratorio e per il suo nome sulla bocca di tutti, che Michelle decise di presentarsi un pomeriggio in chiesa. Non frequentava la chiesa da parecchi anni, circa dalla separazione dei suoi genitori. Le sembrava banale ammetterlo, ma la verità era che semplicemente aveva smesso di crederci. E di credere alla sacralità delle relazioni e, più specificamente, del matrimonio.
Ma quel pomeriggio lì, decise di mettere tutto da parte, e di credere soltanto alla sorprendente e sempre nuova e formidabile e emozionante dote della vita: cambiare. 
   
 
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