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Autore: Betta_96    20/09/2017    1 recensioni
...Eppure era vero, tu lo avevi visto, era stato davanti a te: il fantasma del bosco di cui parlano tanto, aveva fatto la sua apparizione quella sera, davanti ai tuoi occhi e non aveva buone intenzioni, voleva portarti insieme a lui nel mondo dei morti o forse voleva portare via solo la tua anima...
Genere: Dark, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Era una tranquilla notte Agosto, la luna splendeva come non mai vispa nel cielo e un leggero venticello faceva da ninna nanna muovendo dolcemente qualche ramo degli alberi. Eppure tu non riuscivi a prender sonno. Continuavi a rigirarti nel letto, non sapevi nemmeno tu da quante ore ormai, avevi anche tentato di facilitarti il sonno bevendo un bicchiere di latte caldo, facendoti una camomilla, una doccia, ma niente, Morfeo voleva proprio farti un dispetto quella notte...di colpo il buio viene infranto dalla luce soffusa della lampada vicino al tuo letto: “Insomma Peter, ne hai ancora per molto con questo baccano?! Mi fai capire che ti prende?!”; a furia di alzarti e rigirarti nel letto hai svegliato tua sorella, che con voce impastata dal sonno cerca invano di mettere fine alla tua insonnia di quella notte. “Scusa Nina, è il caldo che non mi fa dormire”, ti giustifichi, servendole una delle scuse più banali che potevi trovare, ma alla quale lei, purtroppo o per fortuna, sembra non dare troppo ascolto, tornando a dormire. In realtà, tu lo conosci il vero motivo per cui non riesci a dormire, ma ti sembra così ridicolo, da vergognarti persino di raccontarlo a te stesso. Decidi di alzarti, ormai arreso al fatto di non dormire e anche per non infastidire ancora tua sorella...“Diventa così insopportabile quando riposa male”, pensi e ti dirigi verso il soggiorno. Lungo il corridoio che divide camera tua dalla destinazione scelta, inizi a pensare alle voci che girano da circa due settimane nel tuo paese, voci alle quali non hai mai dato retta, almeno fino alla sera prima, quella precedente a questa frustrante notte...quella sera avevi deciso di andare a fare un giro insieme al tuo amico Leonard, fedele amico d’infanzia e compagno di banco; anche lui, come te, era scettico sulle storie che giravano, ma, un po' per noia, un po' perché non lo sapevate nemmeno voi, quella sera avevate iniziato a parlare proprio di quello. “...Certo che Peter, ne parlerebbe tutta la scuola se uno di noi lo vedesse per davvero questo fantasma, ti immagini i commenti? Diventeremmo degli eroi, delle star, dei...” “Dei completi scemi! Ma cosa stai dicendo Leo?!” lo avevi improvvisamente interrotto tu, buttandogli un’occhiataccia interrogativa: da quando il tuo amico s’interessava al paranormale? Di spettri che tornano dall’aldilà per infastidire o addirittura rapire la gente per strada? “Cosa c’è? Stavo scherzando!” aveva replicato lui, mentre ancora lo fissavi dubbioso sul perché di quelle affermazioni...“Va bene dai, torniamocene a casa ora, si sta facendo tardi e mi sta venendo sonno” aveva infine concluso, dandoti una pacca sulla spalla, un po' per salutarti, ma soprattutto per interrompere lo stato di trance in cui eri caduto. Perché ti aveva infastidito così tanto quello che aveva detto Leo? Alla fine era una stupidaggine a cui tu non credevi, o no? Scacci questi pensieri e ti riprendi, lo saluti anche tu con una gesto d’affetto, dicendogli che vi sareste sentiti l’indomani e, mettendoti le cuffie nelle orecchie, ti incammini verso casa.

Durante il tragitto, ti sgridi da solo per essertela presa così tanto per una frase così scema e ti riprometti di chiedere scusa al tuo amico il giorno dopo. Sei così assorto in questi pensieri che non ti accorgi di sbagliare strada...all’improvviso inciampi in qualcosa che quasi ti fa cadere per terra e solo a quel punto alzi la testa e ti rendi conto che quella non è la strada che porta a casa tua. “Che stupido!” ti dici, mentre cerchi di attivare la torcia del cellulare per capire meglio dove sei finito, dato che è talmente buio che non riesci nemmeno a distinguere i contorni delle case intorno a te. Quando finalmente riesci a farti luce, non vuoi credere a ciò che ti trovi davanti: la cosa a cui sei inciampato poco prima, sembra essere molto simile a una lapide, una lapide ridotta in condizioni pessime, ma giureresti su quello che hai di più caro che difronte a te ci sia la tomba di qualcuno. Provi allora ad illuminarla per leggere qualcosa, un nome, una data, ma sembra essere così vecchia e logora, che l’unica cosa che riesci a distinguere è una croce incisa nella pietra e “98”, che ti sembrano essere probabilmente due numeri appartenenti a quella che un tempo era una data. “Cosa ci fa questa cosa qui?” ti domandi a voce alta per farti coraggio, “non posso essere finito al cimitero, sono dal lato opposto!”, in effetti alzando la torcia non ti sembra di trovarti in un cimitero, ma allora dove sei? Non fai in tempo a soddisfare la tua curiosità, che qualcosa ti tocca una spalla...ti giri di scatto per vedere cos’è, e forse avresti fatto meglio a non farlo: una figura nera molto alta e grossa ti sta agitando con veemenza le braccia davanti, sembra volerti scacciare da quello che è il suo territorio, quello che tu stai invadendo. Aspetta Peter, cosa stai dicendo? All’improvviso sta per prenderti, almeno così ti sembra, allora retrocedi, ma inciampi di nuovo sulla lapide che stavolta ti fa cadere...nella caduta ti cade il cellulare dalle mani, ma non ci fai troppo caso, in questo momento pensi solo a come scappare e infatti ti rialzi in fretta e inizi a correre, anche se le gambe ti si sono bloccate e sembrano non voler collaborare. Sei così terrorizzato che non ti accorgi che direzione stai prendendo, ma la fortuna vuole darti una mano, e nel giro di pochi minuti, ti ritrovi difronte il portone di casa. Ti frughi nervosamente nelle tasche dei pantaloncini, in cerca della chiave per aprire, e dopo vari tentativi per infilarla nella serratura, riesci finalmente ad aprire il portone ed entrare. Sei salvo. Resti per qualche secondo con la schiena poggiata alla parete, sei sudato per la corsa fatta poco prima, hai la gola secca e chiusa e le gambe non smettono di tremarti. Non hai più la forza nemmeno di pensare, ti lasci cadere a terra seduto e, mettendoti le mani nei capelli, provi a calmarti: le tempie ti pulsano tanto da farti far male la testa, hai ancora il fiatone e il cuore ti batte come a volerti uscire dal petto...“Oddio, ti senti bene?”, ti senti domandare ad un tratto e nonostante fossi ormai al sicuro dentro casa, sobbalzi e alzando di fretta la testa colpisci il muro. “Peter, cos’hai? Sei tutto sudato!” continua a domandarti tua sorella, ma tu non le rispondi e continui a fissarla...mai come adesso sei stato così felice di vedere tua sorella e di essere a casa. “No, cioè sì, tutto bene, ho solo corso per tornare, stava per piovere” le rispondi e senza aggiungere altro la sorpassi e scappi in camera tua. Sai con certezza che Nina non aveva creduto alla balla che le avevi detto, del resto fanno 30° e siamo in pieno agosto, non possono averti spaventato quattro gocce, ma non potevi nemmeno raccontarle quello che ti era successo, faticavi persino tu a crederci.

Eppure era vero, tu lo avevi visto, era stato davanti a te: il fantasma del bosco di cui parlano tanto, aveva fatto la sua apparizione quella sera, davanti ai tuoi occhi e non aveva buone intenzioni, voleva portarti insieme a lui nel mondo dei morti o forse voleva portare via solo la tua anima...

No Peter, stai delirando, cerca di tornare in te” ti dici, mentre sei seduto a gambe conserte sul divano del soggiorno, sorseggiando un bicchiere di thè al limone. Ripensare alla vicenda di quella sera ti aveva fatto tornare quello strano magone e anche un po' di paura, allora decidi di accendere la TV per farti un po' di compagnia. Ti alzi dal divano, posi il bicchiere sul tavolo in legno massello, stai per prendere il telecomando quando senti come una strana presenza alle tue spalle, come uno strano calore che ti avvolge dalla schiena...una luce accecante inizia a invadere con prepotenza la stanza e tu sei lì, immobile, con il braccio a mezz’aria che trattieni il respiro: “Cosa vuoi da me?” inizi a dire con un filo di voce, “Io non ho paura, non ti temo!”, affermi con maggiore decisione, più che altro per convincere te stesso. D’improvviso la porta del soggiorno si apre ed entra tuo padre, che con la caffettiera in mano e lo sguardo assonnato ti guarda come se non ti avesse mai visto prima: “Nemmeno io ti temo figliolo” afferma sbadigliando “perché mai dovresti aver paura di me? Vieni, fammi compagnia mentre faccio colazione” e va via lasciandoti di nuovo da solo. In quel momento speri che almeno tuo padre non ti abbia preso per pazzo, almeno non completamente, pensando che ti riferissi a lui con quella stramba affermazione, ma di certo tu pazzo ci dovevi essere o probabilmente lo stavi diventando: ti accorgi di essere rimasto con il braccio sospeso per tutto il tempo, allora lo abbassi percependo un lieve formicolio, ma cosa più importante, ti rendi conto che il calore percepito poco prima, era causato dal sole che stava facendo capolino dalle montagne e illuminandoti il soggiorno stava dandoti il buongiorno. “Che sciocco!” pensi e guardando l’orologio della stanza che segnava le 6.30, raggiungi tuo padre in cucina.

“Vuoi del caffè? O preferisci l’orzo?” ti domanda tuo padre, mentre si sta versando una tazzina di caffè, “Sì dai, va bene il caffè” rispondi di fretta e ti avvicini al frigorifero per prendere del latte e delle uova. Inizi a cuocere le uova sul fornello, ma assorto nei tuoi soliti pensieri, non ti accorgi che stanno per bruciare , fino a che non ti senti dare uno strattone e due occhietti vispi color del cielo ti guardano furiosi... “FACCI ANDARE ANCHE A FUOCO ADESSO! MA VUOI FARE ATTENZIONE A QUELLO CHE FAI PETER?!”. “Buongiorno anche a te Nina!” rispondi con tono sarcastico a tua sorella, versandoti il latte nella tazza, lei di rimando scuote la testa e, sbattendoti la padella con le uova davanti la faccia, ti lancia un’occhiataccia. Continuate la colazione senza rivolgervi la parola, fino a che tu non ti alzi e ti dirigi in camera, lasciando tua sorella in cucina, presa a mandare un SMS probabilmente diretto al suo ragazzo...“Oh cavolo!” esclami improvvisamente portandoti una mano alla fronte: realizzi improvvisamente che invece tu il cellulare non ce l’hai e non ce l’hai perché ti è caduto. Solo al pensiero di dove lo hai perso ti vengono i brividi, ma allo stesso tempo cerchi di pensare ad un modo per recuperarlo: non puoi tornare il quel posto, anche perché non hai la minima idea di dove si trovi, ma non puoi restare nemmeno senza.

Inizi a camminare su e giù per la stanza, cercando un’alternativa possibile al tornare lì, quando all’improvviso senti suonare alla porta, esci allora dalla stanza e ti dirigi verso l’uscita, apri la porta e con tuo stupore non trovi nessuno...“Fantastico, ora ci mancano anche gli scherzi!” esclami innervosito, stanco di tutte le cose che ti stanno succedendo dalla sera prima a questa parte. Stai per chiudere la porta, quando per caso ti vanno gli occhi sul tappeto appena fuori la tua porta: c’è una scatolina di cartone, posata con cura proprio sullo zerbino di casa tua. La afferri e chiudi la porta, torni in camera tua e la apri...“Ma questo è...è il mio cellulare!” ti dici, “ma come ha fatto ad arrivare qui? Chi lo ha portato? Perché non...” e interrompi d’improvviso le tue domande, giungendo come d’incanto a quella che ti sembra la risposta a tutti i tuoi dubbi...iniziano a tremarti le mani, cominci a sudare e come se non bastasse il cellulare inizia a squillare…sei talmente nervoso che non riesci nemmeno a realizzare che sullo schermo è apparso il nome “Leo”: “P-Pronto…?” inizi, facendo uscire una voce strozzata peggio di quando ti avevano operato alle tonsille ed eri rimasto senza voce, “Finalmente Peter! E’ da un’ora che ti chiamo, pensavo t’avessero rapito gli alieni!” trilla il tuo amico dall’altra parte, senza nemmeno far caso al tuo tono da funerale, poi continua proponendoti di vedervi a casa sua tra un’ora, “devo farti vedere assolutamente una cosa!” aveva detto e senza darti modo di replicare, aveva messo giù. Rimani qualche secondo seduto sul tuo letto a fissare lo schermo ormai spento del telefono, ancora incredulo di come, appena la sera prima, stavi scappando da un fantasma che voleva farti chissà cosa e che adesso invece ti aveva addirittura riportato il…“ma no Peter, smettila, non è possibile! Smettila!” ti rimproveri, scattando in piedi per mettere fine alle tuo solite paranoie, che a tuo parere, stanno prendendosi troppo spazio nella tua testa, così afferrando i vestiti buttati sulla sedia, ti chiudi in bagno a fare una doccia e a prepararti per andare da Leonard.

Lungo la strada che divide casa tua da quella del tuo amico non riesci a fare a meno di iniziare ad auto convincerti che sicuramente il telefono lo aveva trovato qualcuno che ti conosceva e lo aveva riportato al proprietario: “Sì, deve essere stato per forza così...ma allora perché questo qualcuno non si era fermato? Perché aveva suonato e poi era fuggito via?”...ecco, avevi ricominciato con i misteri. Decidi allora di non risponderti, per non farti venire di nuovo strani pensieri e anche perché eri arrivato.

I genitori di Leonard erano una delle famiglie più ricche del paese, tant’è vero che Leo viveva in una villa con piscina ed era circondata da un giardino con siepi curatissime. “Ehy Peter, ciao! Cosa fai impalato davanti al cancello? Entra, vieni” ti aveva esortato il tuo amico, affacciandosi alla finestra, allora apri il cancello e vai dentro.

“Ecco Peter, guarda” così dicendo il tuo amico ti aveva puntato proprio in faccia lo schermo del suo iPad…“Leo, così non vedo niente! Dà qua” e prendendo il piccolo schermo tra le mani inizi a leggere a voce alta: “Avvistato in un remoto paese del Nord America il fantasma dei boschi: tutto il paese è sotto shock...”: ti blocchi d’improvviso, come se qualcuno ti avesse appena tirato un pugno dritto allo stomaco...stai sudando freddo e continui a fissare incredulo le parole appena lette, ma a farti piombare in quello stato d’angoscia non era stato il testo, ma la foto allegata sotto l’articolo...“E’ lui” affermi quasi sotto voce. “Lui? Lui chi? Ehy, Peter, mi ascolti? Lui chi? Che ti prende? Sei diventato pallido, stai bene?” ti dice scuotendoti il tuo amico, ma tu sei troppo sconvolto da ascoltarlo…“devo andare a casa!” affermi ad un tratto “...mi sono...mi sono ricordato che mio padre mi aveva chiesto di...” “Cosa Peter? Cosa ti aveva chiesto tuo padre?!” ti interrompe Leo, quasi urlando, “Senti Peter, ti ho fatto qualcosa che non va?! Sono due giorni che sei strano, me lo vuoi spiegare che c’è?! Mi stai facendo innervosire adesso!” e così dicendo, ti sfila l’iPad dalle mani per posarlo sul comodino. Tu continui a guardarlo con un’espressione da ebete, restando seduto immobile sul letto...quando decidi di dargli una mezza spiegazione, è Leo a non volerti più ascoltare e aprendo la porta della sua stanza inizia di nuovo a urlarti contro: “VAI, VAI A FARE QUELLO CHE “TI HA DETTO TUO PADRE”! FORZA! STUPIDO IO CHE TI HO ANCHE CHIAMATO!”. Stavolta il tuo amico si era offeso sul serio, non era mai successo prima che ti trattasse così…“no Leo, aspetta...scusa, non ce l’ho con te” avevi provato infine a scusarti, quasi a implorarlo di non cacciarti, ma lui sembrava essere fermo sulla sua decisione e infatti, strattonandoti per un braccio, ti aveva messo in un batter d’occhio fuori dalla stanza, sbattendoti la porta in faccia...nonostante aveste la stessa età, Leo era più alto e forte di te, non gli ci era voluto molto dunque a trascinarti via. “Cosa succede Peter? Ho sentito Leonard gridare, tutto bene?”...la madre di Leo aveva sentito il baccano e preoccupata vi aveva raggiunto, trovandoti impalato davanti la porta della stanza, “Sì...va tutto bene...nulla di grave” le rispondi e guardandola meglio in viso, noti un livido proprio sotto l’occhio...non le chiedi nulla, ma di certo non sei stupido, qualcuno doveva averglielo procurato. “Ho preso in pieno lo sportello della cucina…che sbadata” senti dirle d’un tratto, spostandosi una ciocca dei suoi biondi capelli proprio in quel punto: eri rimasto a fissarla e la signora Rosalie se ne era naturalmente accorta…“mi spiace, dovrebbe metterci del ghiaccio...ora vado, arrivederci Signora Leblanc” le avevi risposto e scendendo le scale, te ne eri andato. Lungo il viale per arrivare al cancello, alzi lo sguardo verso la finestra del tuo amico, seriamente dispiaciuto per il litigio…“ma non potevo spiegargli tutto?!” ti dici e così dicendo, decidi di prendere il cellulare e mandargli un SMS di sincere scuse: “Perdonami Leo, sono stato un deficiente...se non ci fossi stato tu, non avrei mai superato la morte di mia madre...sei come un fratello, ti prego di perdonarmi.”. Rimetti il cellulare in tasca e dando un’ultima sbirciata alla finestra, chiudi il cancello e vai via.

“Sono a casa!” urli tornando a casa, ma non ricevi risposta. Vai in cucina per berti qualcosa e sul tavolo trovi un biglietto scritto sicuramente da tua sorella: “Sono da Victor, ci resto anche a cena. Nina.”...“Bene, almeno staremo tranquilli stasera” pensi e ti siedi sorseggiando un succo di mela. Ti senti vibrare la tasca, allora tiri fuori il cellulare e leggi il messaggio: “Ho esagerato anche io, non avrei dovuto cacciarti così, scusami...vediamoci domani da te.”. Per fortuna l’amicizia che lega te e Leonard va oltre ogni litigio...il cellulare vibra di nuovo, è sempre Leo che, tipico del suo modo di fare ti manda un ultimo messaggio con scritto “Ah, comunque lo so che sei un deficiente...un deficiente misterioso”, allegandoci una faccina che fa la linguaccia. La cosa ti strappa un sorriso, ma al tempo stesso ti riporta alla realtà: quella foto ti ritorna alla mente in maniera così nitida da farti chiudere lo stomaco, così lasci il bicchiere di succo quasi pieno e vai in camera tua.

Sono quasi le otto, ma tuo padre non è ancora tornato, preoccupato provi a chiamarlo, ma scatta la segreteria. La cosa ti mette più ansia del dovuto, tant’è che inizi a pensare che gli sia successo qualcosa...“forse ha incontrato il fantasma e se l’è portato via” ipotizzi, ma ti rendi subito conto dell’assurdità della tua ipotesi; pensi bene di aspettare tuo padre in soggiorno, “starà per tornare” ti dici e prendendo il computer portatile esci dalla stanza. La curiosità però è più forte di te, vuoi saperne di più di questo fantasma, forse indagando ti passa anche un po' di paura, magari scopri essere una stupidaggine inventata da qualche maniaco del paranormale, così accendi il portatile e inizi a fare la ricerca.

Trovi decine di articoli su questo “fantasma del bosco”, alcuni affermavano essere l’anima di un contadino, al quale un incendio appiccato da qualche mascalzone, gli inaridì la terra a tal punto da non fargli crescere più niente; da allora cercava vendetta portando via l’anima di tutti i ragazzi che malauguratamente lo incontravano, altri invece dicevano fosse lo spirito di un vecchio barone, la cui moglie non gli diede mai un figlio, così la uccise e poi si uccise sparandosi un colpo alla testa. “Sei qui” senti ad un tratto e sobbalzando sulla sedia ti volti terrorizzato… “papà, mi hai fatto prendere uno spavento...non ti ho sentito rientrare” gli dici e chiudendo lo schermo del computer, ti dirigi insieme a lui in cucina.

 

“...e quindi ecco qua che stasera si è fatto così tardi. Lo dico sempre io , “ci si deve organizzare meglio”, che così non funzionano le cose! Ma naturalmente il capo non sono io e devo stare alle regole...ma mi stai ascoltando Peter?”...tuo padre stava sfogandosi con te sulle sue disavventure a lavoro, ma tu lo stavi praticamente ignorando, preso a pensare all’articolo letto poco prima, ma lui, non sapendolo, aveva iniziato a fissarti intensamente in attesa di una tua risposta…“che...che c’è? Perchè mi fissi?” gli avevi infine domandato, completamente ignaro del suo lungo discorso fatto poco prima. “Niente Peter, come non detto...vado a farmi una doccia, prepara qualcosa per cena” e così dicendo si era alzato e si era diretto fuori dalla cucina...“certo che non ne combino una giusta” avevi pensato e per farti perdonare, decidi di cucinargli il suo piatto preferito: la pizza; da buon italiano, tuo padre, adorava i piatti tipici del suo paese, ma da quando, per mancanza di lavoro era stato costretto a trasferirsi altrove, gli capitava sempre meno di mangiarli. Per fortuna qui a Toronto oltre a un buon lavoro, aveva trovato anche l’amore, l’unica cosa che non gli aveva fatto rimpiangere il suo allontanamento da casa: Rose, tua madre, era una donna bellissima, con due occhi color del ghiaccio e dei capelli rossi lunghissimi. Tua sorella le somigliava parecchio. Purtroppo una notte fu travolta da un’auto pirata e da qual giorno vivete da soli, tu, tua sorella e tuo padre…ti asciughi una lacrima sfuggita al tuo controllo, ti mancava così tanto tua madre, avevi solo 6 anni quando morì...“CHE PROFUMO! Cosa stai...PIZZA!” aveva esclamato quasi emozionato tuo padre, piombando in cucina ancora con indosso l’accappatoio, “vado a vestirmi e poi mangiamo...mi raccomando, mettimene un bel pezzo!” aveva infine concluso. Felice di avergli strappato un sorriso, inizi a tagliare la pizza.

 

“Era speciale Peter! Complimenti! Dopo la scuola dovresti fare un corso di cucina, sei veramente portato sai?” ti aveva detto tuo padre, mentre sciacquava i piatti… “potrei farci un pensierino...” gli avevi risposto e data l’ora tarda, passata a parlare di quanto fossero buoni i piatti che cucinavi, gli dai la buonanotte e te ne vai in camera. “Speriamo di riuscire a dormire stanotte” pensi, mentre ti infili il pigiama...inevitabilmente avevi ricominciato a pensare agli articoli, alle foto e a quella sera, ma eri troppo stanco e senza accorgertene piombi in un sonno profondo.

Durante la notte un rumore proveniente dall’armadio ti sveglia di soprassalto; tutto era buio. Ti alzi per controllare, ma appena apri l’armadio eccolo di nuovo davanti a te: il fantasma di quella sera era tornato per darti la caccia e ti aveva trovato...non riesci a muoverti, rimani inerme a fissarlo mentre ti sta agitando le braccia davanti...proprio come quella sera. D’improvviso ti afferra, inizi a gridare terrorizzato, ma lui non vuole lasciarti, anzi, strattonandoti inizia a chiamare il tuo nome, una, due, tre volte e non smette…“PETER! PETER! EHY, SVEGLIATI PETER!”: apri finalmente gli occhi. Trovi tua sorella quasi sopra di te, che tendendoti per le spalle ti guarda incredula… “finalmente ti sei ripreso...” afferma e lasciandoti, si siede stremata sul letto, “...continuavi a gridare come un matto, pensavo ti sentissi male!” aggiunge. Per fortuna era solo un incubo, che ti aveva terrorizzato a tal punto da farti svegliare zuppo di sudore; “Oddio Nina, ho avuto un incubo terribile...” le dici trafelato, lei ti guarda assonnata e sbadigliando, esce dalla stanza...“Ma che ore sono?” ti domandi alzandoti dal letto e, guardando la sveglia sul comodino, rimani incredulo nello scoprire essere le 9.00…“cavolo, pensavo fosse notte...stupidi sogni!”.

 

“Più tardi dovrebbe venire Leo, dobbiamo fare una cosa” dici a tuo padre, mentre addenti una fetta biscottata con della marmellata di more, lui non ti risponde, ma fa cenno con la testa di aver capito e di essere d’accordo. Finisci in fretta la colazione e ti dirigi verso il soggiorno per guardare un po' di televisione nell’attesa che arrivi Leo, quando come un fulmine a ciel sereno, ti ritorna in mente la storia del fantasma...in realtà ci ripensi perché vedi il tuo PC ancora sul tavolo della stanza, acceso dalla sera prima. Ti siedi e quasi automaticamente apri lo schermo e inizi a leggere a voce alta: “...per i più coraggiosi, la tomba si trova nel parco a est del paese, vicino la fabbrica abbandonata...”. “Ecco dove sono finito la scorsa sera” inizi a pensare, ma il tuo pensiero viene interrotto dal campanello di casa e dalle voci di tuo padre e Leo… “Salve Signor Ravera, Peter c’è?” senti chiedere Leonard, con il suo forte accento inglese, “Sì caro, è in soggiorno...ma chiamami Claudio, basta con le formalità” gli risponde tuo padre concludendo con una risata che contagia anche Leo. Ti affacci dalla porta del soggiorno e fai cenno a Leo di raggiungerti.

 

“E quanto tempo pensavi di aspettare per raccontarmelo?” ti chiede Leonard, mentre entrambi state sorseggiando dell’aranciata, “è che è folle capisci? Adesso però sta diventando un’ossessione, ci penso tutto il giorno...è quasi invalidante! Ti sei accorto anche tu che...ecco, sono diventato odioso...anzi, scusa ancora per ieri” gli rispondi…“no, figurati” ti rincuora il tuo amico e dando un morso alla torta di mele aggiunge tristemente: “è che da me le cose non vanno troppo bene...l’azienda di mio padre ha fallito e da quel giorno ha iniziato a bere...”. “Cavolo, non lo...immaginavo Leo...mi dispiace” provi a consolarlo e inizi a spiegarti il perché di quel livido sotto l’occhio della madre...“quando è ubriaco...” “picchia mia madre sì, come se poi fosse colpa sua se non è stato in grado di mantenersi il lavoro!”, ti interrompe il tuo amico furioso, ma non con te, con suo padre, con la situazione, con sua madre che non lo denunciava...“comunque dai, non voglio intristirti...” aveva aggiunto alla fine. Ti dispiaceva moltissimo per il tuo amico e per farglielo capire, gli dai un forte abbraccio, che lui ricambia volentieri, poi tornate a parlare di altro.

“Senti, andiamo in quel parco, io lo so dov’è, dista poco da casa mia...ti va?” ti aveva proposto Leonard: rimani un po' sorpreso dalla proposta, anche perché non l’avevi proprio presa in considerazione la possibilità di recarti di nuovo lì, cioè, probabilmente lo avresti dovuto fare se non ritrovavi il cellulare ma visto che…“hai paura?” ti aveva iniziato a punzecchiare il tuo amico, accortosi che stavi di nuovo perso nei tuoi pensieri, “ma sul serio hai paura? Ci sarà sicuramente un’altra spiegazione, dai! I fantasmi non esistono! Se pure esistessero non credo che fanno del male alla gente...sono i vivi che fanno male alla gente” aveva infine affermato e tu, per non far di nuovo intristire il tuo amico, data la piega che stava prendendo il discorso, accetti la proposta.

 

“Ma era proprio necessario venire a quest’ora?” chiedi, mentre le gambe già iniziano a tremarti…“era meglio che non venivo, lo sapevo” ti dici, ma il tuo amico ti prova a far coraggio dicendoti che appena notate qualcosa di particolarmente strano, andate via, “se ci venivamo di giorno però, di certo non trovavamo nessun fantasma” afferma poi ironicamente, ma tu sei troppo teso e non cogli l’ironia, anzi, la cosa ti fa venire ancora più l’angoscia e smettendo di camminare, dici al tuo amico che hai cambiato idea e che torni a casa. Per tua sfortuna Leo non te lo permette e tirandoti per un braccio, ti obbliga a camminare, “andiamo fifone, non ci sta nessun fantasma”.

In poco tempo vi ritrovate nello stesso posto di quella maledetta sera…“e..e...eccola, la...la lapide...ora andiamo per piacere, non mi piace questo posto” dici terrorizzato al tuo amico, ma lui non ti ascolta e accendendo la torcia, inizia ad illuminare i dintorni: ci sono alberi, giostre abbandonate e panchine in legno molto vecchie. Ad un tratto senti dei passi e noti in lontananza una luce...cominci a richiamare l’attenzione del tuo amico: “Leo, andiamo...arriva qualcuno...Leo, rispondimi!”...niente, il tuo amico sembra sparito. Ti viene quasi da piangere, la paura ormai ti sta facendo tremare ogni singolo muscolo…“Chi va là?” senti d’improvviso, ma stavolta non ti giri, sei come pietrificato...quando la luce si fa sempre più vicina, ti accovacci per terra, arreso al tuo destino, “non ho scampo” ti dici...passano alcuni secondi, ma con tuo stupore, nessuno ti prende, nessuno ti tocca...solo una voce soffocata inizia a parlarti: “Ehy, tutto bene?”, alzi allora la testa, ancora intorpidito dalla paura: davanti a te trovi un uomo con i capelli bianchi, radi e una lunga barba, che con un grande sorriso ti porge una mano per alzarti, aggiungendo “Sei tu allora! E dimmi, anche tu conoscevi Martha?”.

E questo chi è?” inizi a domandarti, mentre ancora sei accovacciato per terra tremante, “non mi sembra un fantasma...ma chi può dirlo?...” e con questo pensiero, scatti all’indietro, finendo seduto sull’erba, ancora con gli occhi fissi su questo...uomo? “No aspetta, non andartene di nuovo via...” inizia quasi a implorarti “...io non mi avvicino se tu non vuoi, ma posso giurarti che non voglio farti del male, voglio solo...” “VATTENE! COSA VUOI DA ME?!” lo interrompi, cominciando ad urlargli contro, senza nemmeno renderti pienamente conto del perché, “...TORNATENE DA DOVE SEI VENUTO! LASCIACI IN PACE!” avevi continuato e solo a quelle parole ti rendi conto che, quello che tu credevi un fantasma, stava piangendo: delle calde lacrime stavano rigando il suo volto rugoso, i suo occhi ti guardavano tristemente, non parlava più, le sue labbra avevano iniziato a tremare…“non credo che i fantasmi sappiano piangere” ti eri detto, profondamente dispiaciuto del tuo gesto. “Scusami...non...non era mia intenzione...” inizi a scusarti, ma lui ti aveva interrotto facendoti un cenno con la mano, “no, lascia stare, non ti scusare...non ci si scusa con quelli come me”: in quel momento il senso di colpa inizia a scavarti fino all’anima. Quella frase ti aveva lasciato così tanto amaro in bocca, che senza accorgertene, ti eri alzato e avvicinandoti, avevi messo una mano sulla spalla di quell’uomo...perché sì, ora avevi la certezza che lo fosse.

 

“Grazie per avermi riportato il cellulare” dici, e Jerome, questo era il suo nome, sorridendoti, ti aveva risposto che non dovevi ringraziarlo, “se non fossi scappato quella sera, te lo avrei ridato subito” aveva poi aggiunto “ti ho anche chiamato, ma correvi così tanto che non hai sentito”.

Tutto sommato era un vecchietto gentile e socievole, ti stava facendo piacere parlare con lui, ma ti sfuggiva ancora una cosa…“scusi Jerome, come faceva lei a sapere il mio indirizzo?”, “già, che ne sapevo...” aveva iniziato a risponderti lui e non avevi potuto fare a meno di notare il tono malinconico con cui stava parlando, “...sai Peter, tanto tempo fa, l’appartamento in cui vivi adesso tu, era casa mia...vivevo lì insieme a Martha, mia moglie. Eravamo sposati da poco ed eravamo felici, lei lavorava come segretaria e io mi arrangiavo come potevo, facendo lavoretti alla giornata, insomma, non potevamo lamentarci. Un brutto giorno però pioveva molto, Martha stava tornando dal lavoro, quando un’auto l’ha travolta, portandomela via per sempre...”; il racconto di Jerome ti stava ricordando molto l’incidente di tua madre. “Da quel giorno ho smesso di fare qualsiasi lavoro, non avevo voglia nemmeno di alzarmi la mattina…Martha era tutto quello che avevo e lo avevo perso. Purtroppo se non lavoravo, non avevo neanche i soldi e nel giro di un mese, mi sono ritrovato per strada: il padrone di casa, visto non che non gli pagavo più gli affitti, mi aveva cacciato...disperato, solo e senza soldi, ho iniziato a fare delle cose di cui, mio caro Peter, me ne pento ancora oggi: ho iniziato a rubare, a fare rapine...entravo nelle case delle famiglie ricche e le svaligiavo. Non ero più io, ma non aveva senso più niente ormai e vedere tutta quella gente star bene, a differenza di me, mi faceva sentire peggio...sono andato avanti per quella strada per molti mesi, fino a che...cadendo da un balcone, sono finito in coma”. Nella vita Jerome era stato molto sfortunato e ancora oggi non se la passava gran che bene, ma c’erano ancora molte cose che non capivi: perché sua moglie era sotterrata in quel parco? Perché veniva a trovarla solo di notte? E perché…“perché tutti pensano che lei sia un fantasma?” gli avevi chiesto, troppo incuriosito da quelle voci. Il tuo nuovo amico aveva cominciato a ridere, divertito non capivi in che modo, da quella tua affermazione…“tu pensa tante volte la vita Peter: il giorno che ho avuto l’incidente, andò a fuoco questa fabbrica qui a fianco...io dormivo qui, quindi, quando fu ritrovato il cadavere bruciato di un uomo, tutti pensarono che fossi io!”, “Ah, quindi presi dal senso di colpa, hanno iniziato a pensare che sarebbe tornato per perseguitarli?” avevi ipotizzato tu, ma ti sbagliavi… “No, semplicemente, quando sono uscito dal coma, sono tornato a trovare mia moglie...avevo espresso il desiderio di farla seppellire qui, in questo parco giochi, perché è qui che lei...sì, insomma, hai capito...siccome tutti mi credevano morto, quando mi hanno rivisto...”, “Hanno pensato che fossi un fantasma!” eri intervenuto tu, “Esatto Peter...e io, siccome sono dispettoso, ho deciso di venirla a trovare di notte, così la gente si mette ancora più paura...pensa, girano persino delle voci che affermano che io sia stato un barone” e aveva ricominciato a ridere e tu, insieme a lui.

Ad un tratto senti chiamarti e alzandoti dalla panchina noti Leo in lontananza…“Ehy Leo, vieni, sono qui!” gli rispondi agitando il braccio per farti notare; “Lui è un mio...ma dov’è?”…con tuo dispiacere noti che Jerome non c’è più. “Mamma mia Peter, questo parco è immenso!” esclama il tuo amico raggiungendoti, “comunque in fondo c’è un’altra lapide, con scritto “Jerome Bernier”, vuoi vederla?” aggiunge, sedendosi stremato per la lunga camminata. Ti siedi un po' confuso, vorresti andare a vedere la lapide, ma sta scendendo la nebbia e inizia a far fresco…“ora...ora, è tardi Leo...magari domani” rispondi allora, ancora incredulo ed entrambi vi alzate per andarvene.

Prima di uscire dal parco ti volti indietro, per assicurarti di non essere completamente impazzito e infatti, proprio sulla panchina dove poco prima era seduto con te, c’è Jerome insieme ad una donna...ti guarda e sorridendo ti saluta, poi si alza e tenendo per mano quella donna, lo vedi allontanarsi, per poi sparire di nuovo. “Addio Jerome, sii felice” sussurri e col sorriso sulle labbra, torni a casa.

   
 
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