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Autore: painless    20/09/2017    0 recensioni
Due violoncellisti uniti dal legame con la musica.
Mark e Micol, compagni di scuola e compagni di leggio, iniziano a cercare la propria strada nella vita e il loro posto nel mondo, inconsapevoli del fatto che le loro strade si scontreranno in un turbine confusionario di emozioni.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico, Universitario
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Ormai era quasi mezzanotte e ci ritrovammo buttate sul letto tutte insieme a parlare delle sciocchezze più assurde, pronte per crollare in un sonno profondo da un momento all'altro. 

"Voglio ballare" - Improvvisamente Emily si mise seduta sul letto guardandoci una per una, poi ripeté: "Voglio ballare"

"Prendi il telefono, un paio di cuffie e balla, basta che non ci caschi addosso mentre dormiamo"

"Ah, ah, ah Louise. Sei sempre divertente. Intendo dire che voglio ballare, ad una festa, ora"

"Emily é mezzanotte meno un quarto, non c'è nessuna festa nei dintorni, e anche se volessimo andare in qualche locale non abbiamo i vestiti adatti"

"C'è pur sempre l'armadio di Mic"

"Sì, ma abbiamo mangiato talmente tanto da sembrare delle salamelle"

"Andiamo, vi prego! Non ce la faccio più a stare qui senza fare niente. Non andiamo a ballare da quanto, un mese? Due?"

"Non se ne parla" - dissi - "Domani devo anche alzarmi abbastanza presto"

"A dire il vero, una festa nei dintorni ci sarebbe. James ha organizzato una festa a casa sua, potremmo andare lì. Stiamo per un paio d'ore, poi se ci annoiamo torniamo a casa prima, che ne dite?"

La proposta di Sarah fu accolta dalle altre con immediatezza. Non ci fu modo in cui potei provare a ribattere. Così, nel giro di venti, forse trenta minuti, mi ritrovai insieme alle altre in macchina di Sarah dritte verso una festa colma di persone sconosciute.

"Come facevi a sapere che James organizzava una festa? - urlò Emily dai posti di dietro per sovrastare la musica che proveniva dalla radio. 

Abbassai il volume.

"Ne stavano parlando delle ragazze al corso di biologia questa mattina. James ha chiesto a un po' di persone di fare passaparola pur di organizzare una di quelle feste enormi"

"L'importante è che ci sia la musica" 

"E l'alcool!" - sottolineò Jenna, facendoci ridere.

Nel giro di poco tempo, ci ritrovammo davanti una casa a dir poco enorme posta nel cuore della strada. James abitava a Coggeshall Avenue, non troppo lontano da casa mia. Appena scese dalla macchina, l'elevato volume della musica ci confermò la presenza di una festa non proprio piccolissima. Bussamo, ma ovviamente fu inutile, perchè la porta era socchiusa. Entrate tutto ciò che riuscimmo a vedere furono ammassi di persone che si accalcavano nella pista da ballo improvvisata e bicchieri pieni di alcool che giravano per la casa come contenessero acqua. Feci un respiro profondo, ormai rassegnata, e l'odore acre del sudore e dell'alcool mi penetrò in profondità nelle narici facendomi tossire.

"Iniziamo bene" - pensai

"Bhe, che stiamo aspettando? Non siamo venute qui per ballare?" - Emily ci guardò impaziente di buttarsi in pista.

"Non guardare me, sono troppo sobria per ballare. Il mio corpo reclama alcool, chi viene con me?" - La voce di Louise era percepibile a malapena sopra tutto quel casino

"Vengo io" 

Mi feci avanti, non perchè volessi bere, ma semplicemente per evitare di andare a ballare in quella baraonda. Non ero mai stata quel tipo di ragazza che si tira indietro davanti alle feste, ma quel giorno il mio umore non era affatto dei migliori, e non c'era nulla per cui volessi davvero festeggiare. 

"Vi aspettiamo in pista" - Urlò a quel punto Jenna, mentre le altre erano ormai già sparite nella folla. 

Io e Louise andammo a quel punto alla ricerca di alcool. Non difficilmente, arrivate in cucina, trovammo ciò che stavamo cercando. 

"Cazzo, James non si fa mancare niente a quanto pare"

Nella stanza, il tavolo centrale, era stato adibito a bancone, ed un ragazzo dietro di lui era impegnato a versare da bere a chiunque si presentasse a quel "bancone" arrangiato. Ci avvicinammo e ci mettemmo in fila. Dopo non molto arrivò il nostro turno. Mentre il ragazzo prendeva l'ordinazione da Louise ebbi l'opportunitá di guardarlo meglio in volto. Aveva un paio d'occhi chiari a dir poco stupendi, incorniciati da dei capelli castano chiaro, quasi color grano. A distrarmi da quella visione fu il ragazzo stesso, nel momento in cui poggiò il drink davanti a me. 

"Direi che ora non manca niente, possiamo andare" 

Okay, pensa Micol. Pensa. Un modo per andare in pista più tardi possibile, pensa. In fretta. 

"Non possiamo bere con calma e poi andare a ballare? Con tutta la confusione che c'è sicuramente non riusciremmo a bere"

"Un modo lo troverai, muovi quel culo e andiamo a ballare"

Determinata a non volermi muovere, avanzai una proposta.

"Ho la soluzione: tu vai a ballare, io rimango qui a bere e appena finito vi raggiungo. Compromesso?"

Mi guardò qualche secondo per poi accennare un "Eh va bene". Nel giro di pochi secondi anche Louise era sparita nella folla. Ora il mio unico obiettivo era restare in quella stanza da sola senza sembrare una scema. Adocchiai una sedia messa al lato del  tavolo e la occupai. Presi il telefono mentre lentamente bevevo uno dei soliti intrugli che solo Louise poteva ordinare. Il pensiero di scrivere un messaggio a Mark per chiedere a che ora sarebbe venuto l'indomani mattina mi balenò nella mente, ma in un attimo cancellai l'idea. Era tardi, e probabilmente stava dormendo, o era con Charlie... o peggio magari stava dormendo con lei. 
Continuai a bere fissando lo schermo del telefono, isolandomi completamente dal contesto intorno. 

"Se continui a bere così piano quello durerà fino alla prossima festa"

Alzai lo sguardo: il ragazzo del "bar" che poco prima ci aveva versato da bere mi guardava in modo confuso e divertito.

"Si vede così tanto che non ho voglia di bere?" 

"Se non ne hai voglia non dovresti farlo"

"Non ho voglia di rovinare la festa alle mie amiche" 

"Tutto chiaro. Ragazzina astemia che beve per non sentirsi esclusa dal gruppetto, wow che storia emozionante"

Mi voltai irritata.

"Come scusa?!"

"Non é forse così?"

"Affatto"

"Se lo dici tu"

"Coglione" - sputai fuori quell'insulto senza quasi rendermene conto.

"Cosa hai detto?!"

"Ho detto che sei un coglione, un grandissimo coglione" 

Mi alzai e, posato il bicchiere nel primo posto che mi capitò sotto tiro,nonostante non ne avessi voglia, raggiunsi le altre per andare a ballare.
Riuscii a trovarle con più facilitá del previsto e subito mi costrinsero a scatenarmi con loro. 
Ballai, senza pensare più a niente. L'unica cosa che riuscivo a sentire erano i bassi delle casse che continuavano a perforarci i timpani con la loro intensità.
La musica mi trascinava in un mondo a parte, quando dal nulla sentii una mano afferrarmi il braccio e tirarmi via. 

"Ma che cazzo..." 

Tentai di divincolarmi dalla stretta presa e non appena ci riuscii alzai lo sguardo per capire chi fosse stato a trascinarmi via così. Mi ritrovai faccia a faccia con un paio d'occhi azzurri, apparentemente familiari: quelli dell'irritante ragazzo al bancone.

"Si può sapere che fai? Sei impazzito?"

"Avremmo una discussione da finire"

"Non ho proprio nulla da dirti"

"Tu forse no, ma io sì"

Terminata la frase, mi prese per i fianchi e mi spinse con sè fuori dalla porta di ingresso. Ogni mio tentativo di liberarmi era inutile, la sua forza era troppa paragonata alla mia stazza minuta. 

"Ma sei matto? Ma chi ti credi di essere!" 

Arrivati sul pianerottolo dell'abitazione iniziai ad urlare in maniera esagerata, mentre lui indifferente si accendeva una sigaretta. 

"Dimmi un po', insulti sempre gli sconosciuti che incontri?" - la sua voce era calma e divertita, completamente opposta alla mia, che era invece alta e contrariata. 

"E tu trascini sempre via le ragazze che incontri?"

"Non si risponde ad una domanda con un'altra domanda"

"Tu hai dei seri problemi"

"Io, o tu che continui ad urlare come se ti avessero appena ucciso il gatto? Anzi fossi in te abbasserei la voce prima che qualcuno qui attorno possa chiamare la polizia"

"Mi é lecito sapere per quale motivo mi hai trascinata fuori come uno psicopatico, o dobbiamo invecchiare qui?"

Mi guardò senza rispondere, continuando a fumare tranquillo la sua sigaretta.

"Allora?" - incalzai di nuovo, nella speranza di ottenere una risposta.

"Non é carino insultare una persona che non conosci, é anche pericoloso a dire la verità"

"Se sei un coglione non é di certo colpa mia"

"Se davvero vuoi continuare ad insultarmi, almeno dovresti conoscermi"

Mi guardò e mi fece l'occhiolino: cosa cavolo stava succedendo?

"Non ho bisogno di conoscerti ancora per capire che sei un'idiota, ti si legge in faccia"

"Ah sì?"

"Decisamente"

Lo vidi avvicinarsi a me, pericolosamente. Con la mano libera in una mossa agile e veloce estrasse il telefono dalla mia tasca per segnarci sopra il suo numero, subito dopo si mandò un messaggio per avere il mio numero. Mi restituì il telefono, e proprio mentre stava per dirmi altro la porta si spalancò e mi ritrovai davanti le altre.

"Ecco dove diamine eri finita! Dobbiamo andare, Emily sta uscendo fuori di testa. Prima che finisca come l'ultima volta sarà meglio andare"

Annuì senza dire nulla. Lasciai che mi passassero avanti per potermi voltare verso il barista irrequieto. Nessuno dei due disse mezza parola. Mi salutò con un cenno ed un sorriso, che non ricambiai. Poco dopo eravamo in macchina sulla via del ritorno. 
   
 
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